Absit iniuria verbis
Chi si trovi oggi a passeggiare per la città, non potrà fare a meno di notare dovunque sui muri quelle incomprensibili scritte che (regolarmente e cocciutamente) riappaiono dopo ogni tinteggiatura ad opera di non meglio identificabili “artisti” punk che, mi dicono, lasciano così la propria firma ad imperitura memoria della loro esistenza sul pianeta. Trascurando il fatto che al di là di quel segno non c’è altro (non un disegno, non un ritratto, non un qualsivoglia scarabocchio) questa pratica sembra somigliare tanto ad un’ideale presa di possesso, ad un esproprio di un muro (o di una parete che sia) senza neanche lasciare un minimo contributo artistico alle spese che condomini ed amministratori sono costretti a sobbarcarsi di volta in volta. Per non dire di quel che accade ai monumenti, Piazza Castelnuovo in testa quanto al ripetersi degli episodi.
Ebbene, forse non tutti ricordano che fino a circa 20 milioni di capelli fa, i muri cittadini erano pure imbrattati ma, vivaddio, di scritte che almeno avevano un senso o che in qualche modo apparivano come eversive e provocatorie.
Mi riferisco proprio a quell’IMPERATIVO POPOLARE, l’arcinoto SUCA , che per generazioni ha accompagnato il nemico o l’antipatico di turno, il rivale o l’Istituzione, a mò di sberleffo, di disarmante contestazione da parte di chi, forse non potendo diversamente, si prendeva in tal modo gioco di tutto e di tutti. Era un grido, anzi un urlo, carico di acredine o, forse, di rabbiosa amarezza, era uno sberleffo, un gesto di aperta contestazione che intendeva EPATER LE BOURGEOIS, scandalizzare i benpensanti.
Da solo o accompagnato dall’immancabile “Forte” lo trovavi dovunque: dai bagni delle scuole agli ascensori, dai cartelli stradali al registro di classe, fino al muro sotto casa della ragazza che t’aveva lasciato.
Non vorrei proprio apparire come un LAUDATOR TEMPORIS ACTI né, men che mai, come un istigatore alla trasgressione ma….diciamoci la verità! Non è forse anche da questi segni che si coglie il mutamento dei tempi?
Ad maiora.
NdR (Nota di Rosalio): il libro L’imperativo popolare, edito da Sigma edizioni, è stato segnalato da Antoniognius.
E’ la prima volta che leggo una sorta di apologia del “SUCA” palermitano.
Mi Mancava.
Splendida!
ringrazio il proff alessandro vostro collega per averci illuminato e seguito nel mondo dell’informatica P.s il vostro sito e di lusso voto 9 e mezzo ,bellissima la foto del tifoso imperativo cmplimenti sinceri auguri di buone feste fabio dell’ I P S S A R paolo borsellino
e non dimentichiamo l’eufemismo grafico 800A, sigla ormai forse in via di estinzione, ma che ha accompagnato la quotidianetà della mia generazione durante le scuole medie.
sono sempre fabio mi farebbe piacere vedere nel vosrto sito qualche nostra ricetta
chedendo in giro a dei ragazzi
“se aveste una bomboletta di vernice in mano e un muro bianco cosa scrivereste”
la minoranza “ti amo” ma il 92,9 % la ormai storica parolina “Suca” questo sta a significare che il palermitano e molto attaccato alla sua lingua a tal punto di non conoscere altre parole .
ho sentito parekkio parlare d te..grazie a mia madre ke t conosce abbastanza bene anke x le tue fortissime e-mail ke invii molto spesso..complimenti da parte della figlia d una prof d mate ke insegna al ferrara..complimenti anke x le ispezioni effettuate nella città x trovare un SUCA da qualke parte..