Finalmente Zara II
Premesso che non conosco la signorina Anna Burgio, devo dire che anche per me la notizia dell’apertura del punto vendita della catena spagnola di Zara a Palermo è sembrata molto interessante.
Per un periodo mi sono occupato di studiare i “trend” ovvero le mode nel senso più generale del termine, quelle sociali e culturali, del come nascono, si diffondono e muoiono e del come si esportano.
Ecco c’è uno studioso di nome Malcolm Gladwell che qualche anno fa ha scritto un libro molto interessante sulle modalità di diffusione delle mode. L’ipotesi dello studioso era che le mode si comportassero esattamente come le epidemie, attraverso il meccanismo del contagio i comportamenti individuali diventano sempre meno individuali fino a raggiungere un “punto critico” oltrepassato il quale esse si diffondono così velocemente da non essere più controllabili.
Contrariamente a quanto hanno sostenuto alcuni fra i nostri simpatici commentatori, Zara non è un negozio per fighetti palermitani, un negozio che esaurisce la portata della sua presenza a Palermo, nelle beghe fra Palermo-bene e resto-della-città. Al contrario, l’apertura di Zara, proverò a portare qualche argomento a favore della mia tesi, ha a che fare con il raggiungimento di un punto critico scaturito dall’aggregazione di moltissimi micro-comportamenti in un arco di tempo abbastanza ampio, in un contesto geograficamente disperso e in ambiti sociali molto diversi fra di loro.
Sto parlando del trend che negli ultimi anni ha posto la Spagna al centro dell’attenzione mondiale fra i paesi europei e in assoluto.
Vi faccio un esempio: gli “Erasmus”. Se vi ricordate, una decina di anni fa, la meta più gettonata, quella più scelta dagli studenti per trascorrere il loro periodo di studio all’estero era Berlino. La città divisa finalmente riunificata, era un cantiere in piena attività, il posto delle intelligenze, quella in cui a progettare un intero quartiere veniva chiamato Renzo Piano, quella che abbattendo i confini politici poteva creare ricchezza a ritmi eccezionali. Ai tempi si parlava di locomotiva tedesca e il marco tedesco oltre ad aver messo in seria difficoltà anche la vecchia lira italiana diventava sempre più forte, varcando perfino i confini nazionali e imponendosi per esempio in Bosnia quando in Bosnia c’era la guerra (adesso il marco – con il nome di marco convertibile – continua a essere la divisa ufficiale della neonata Repubblica di Bosnia – Herzegovina, al cambio con l’euro di 50 centesimi, mille lire!). La Germania costruiva lo spirito di un’Europa in crescita, aperta e vincente.
Ecco, i tempi sono molto diversi, adesso. L’economia tedesca è in crisi radicale, insieme al proprio modello politico che viene in maniera spregiativa chiamato “franco-tedesco”, all’Unione Europea che viene giorno per giorno “bocciata” dalle opinioni pubbliche nazionali, alle nostre periferie che bruciano di rabbia come le banlieu francesi.
Al medesimo tempo, però, la Spagna diventa silenziosamente il set de L’appartamento spagnolo, il luogo dove l’Europa si può ancora riconoscere e celebrare dopo le batoste. Ancora Madrid e Barcellona diventano nell’immaginario collettivo le città ideali, modelli di città, perfetto equilibrio di storia ed innovazione (ancora su Rosalio abbiamo un esempio in tal senso a conferma di quanto questa aggregazione di comportamenti sia pervasiva). Zapatero, ma qualche tempo prima anche Aznar, diventano i leader politici cui guardare ad esempio. Le opinioni pubbliche leggono il cambiamento nell’approvazione della legge sui matrimoni fra omosessuali e nel ritiro delle truppe dall’Iraq e prendono posizione di fronte ad esso. Per alcuni, viva Zapatero, per altri, Zapatero coacervo di tutti i mali, ma sempre punto di riferimento, avanguardia.
Zara. La mia fidanzata che vive a Skopje va a Tessaloniki in Grecia per comprare da Zara, che costa poco e che si prende pochissimo sul serio, così facendo contribuendo al trend della rinascita spagnola, così facendo essendo al passo coi tempi, integrata, sincronizzata con il pezzo di mondo cui vuole assomigliare.
Riflessioni che condivido, in particolare trovo pertinente la citazione di Malcolm Gladwell che amo moltissimo
Hai proprio ragione!
Anche se a dire il vero non ho conosciuto molti erasmus ansiosi di andare in Germania. L’erasmus infatti è uno stratagemma che permette ai figli dei ricchi* di fare qualche mese di vacanza all’estero. Questo fatto è risaputo da tutti, tanto che anche certi prof lo chiamano “Orgasmus”.
La gente per divertirsi sceglie di andare in paesi solari, non nella fredda Germania.
C’è da chiedersi piuttosto come mai la Spagna ha saputo vendere la propria immagine sul piano internazionale, mentre l’Italia (che è andata forte per secoli!) ora è in declino.
Cosa c’entra tutto questo con Zara? Boh, non ricordo. Cmq anche l’Ikea va forte… ma non è spagnola 🙂 forse c’entra la globalizzazione dei gusti e dei consumi?
* non sarò stato troppo classista?
Fa ridere questa cosa dei figli dei ricchi… ma perche’ si deve trovare sempre il lato negativo ?
BU !
Gran bella analisi. Attenti, la Palermo “bene” (così come tutte le città del mondo “bene”) è abbastanza in estinzione anagrafica. Lenta, ma estinzione. La mescolanza non si manifesta nei redditi, ma nei gusti. E Zara coglie (con grande anticipo) il desiderio di bellezza a prezzi accettabili. Noi ci siamo seduti sugli Armani e sui Versace per troppi anni, per accorgerci poi che il mondo era già andato da un’altra parte.
P.S. conosco molte decine di studenti Erasmus non dotati di genitori ricchi
(sarà, ma da Zara a Roma non sono mai riuscita a trovare nulla che mi piacesse. May I suggest Mango? 😉
gran bel post.
framore, vorresti forse sostenere che non è così?
ci sono fior di statistiche che correlano il reddito familiare al soggiorno erasmus. abbiamo il coraggio di guardare in faccia la realtà.
Zara, come Ikea, è uno di quei mega store dove quasi tutti vanno solo per curiosare, e non perchè hanno bisogno di acquistare qualcosa. E’ un modo di passare il tempo, molto diffuso nelle città dove esistono i grandi centri commerciali affollati di persone che perlopiù si limitano a guardare le vetrine.
A Palermo sarebbe triste infilarsi in un centro commerciale piuttosto che fare una bella passeggiata a Mondello…
a proposito di Zara (ma anche Mango, H&M, Ikea, ecc) si è verificato il fenomeno per cui sono questi grandi “ipermercati” della moda a chiamare stilisti e fargli realizzare collezioni (per esempio Stella McCartney, Karl Lagerfeld) rendendoli accessibili ai più…mi pare che ci siano davvero grandi spunti di riflessione, comunque francesco: ottimi passaggi.
sinceramente, di cuore, è solo un negozio..
dimenticavo di dire che quando la mia zita a Tessaloniki entra da Zara, io aspetto fuori hehehe
Grazie a Ikea ho potuto arredare interamente la nuova casuccia con il mio medestissimo stipendio da apprendista……fossi andata in un qualsiasi altro negozio con la stessa cifra ci compravo solo il divano.
d’accordo! Ikea e Zara non hanno nulla da spartire: portavoce della tipica filosofia dell’arredamento funzional-minimalista svedese l’una, vessillo del popolar-consumismo modaiolo l’altra, non vedo come possano mettersi sullo stesso piano…Cmq Zara sarà trend a PA, confermando il provincialismo di parte della ns. città in fatto di mode :-((
a Dakar non cè Ikea ne Zara perchè il popolo non a di soldi a causa di ministri che pensano solo a diventare piu ricchi loro e poi vanno in televisione e dicono che fanno riforme ma gente non mangia e ha arrabbiato
caro Abdou, anche da noi i ministri sono così…è un male della razza!