Alma Mahler: l’ultima femme fatale
Stasera arriva al Politeama l’atmosfera della Vienna di inizio Novecento, Gustav Mahler, e la sua musica.
Si dice che dietro ad ogni grande uomo…beh in questo caso è diverso perché dietro Gustav c’era lei: Alma.
L’inizio Novecento è stato un momento creativo irripetibile per le arti, il costume, la letteratura, la musica. Sono sempre i prodotti culturali quelli che riescono a conservare le vicissitudini, i pensieri, le idee di una congiuntura temporale e a restituirceli integri nella loro autenticità. Spesso però le vicende personali di alcuni di quelli che furono i protagonisti del tempo, risultano quasi più interessanti delle opere d’arte. Questo è vero per Alma Mahler, l’ultima grande femme fatale, la musa, non solo di Mahler ma di Kokoschka, Gropius, Franz Werfel.
La fanciulla bellissima dà il suo primo bacio a Gustav Klimt, logico pensare che dopo un inizio del genere la ragazza non si poteva certo interessare ad un manovale qualsiasi. Alma s’innamora del suo maestro di piano, Alexander Zemlinsky, poi conosce Gustav e se lo sposa, rinunciando però, a qualsivoglia sua personale aspirazione (artistica e musicale). Lui è direttore della Reale Opera Viennese e lei lo asseconda innamorata, conquistatrice indefessa. Gli dà due figlie, poi si trova un amante. Ora, i biografi non sono tutti d’accordo, ma dicono che Gustav morì prematuramente perché la malattia che lo colpì era fondamentalmente stata causata dall’abbandono di Alma. L’altro era Oskar Kokoschka, visionario pittore nordeuropeo, quello de La sposa nel vento (1914), delle pennellate che s’inseguono come vortici e che riflettono un temperamento quantomeno non placido. I due vissero una storia d’amore travagliata, terribile, meravigliosa come tutte le storie d’amore tra intellettuali borghesi di un secolo fa, quando c’erano i te letterari (quelli veri), quando il giovedì sera si passava in casa Freud, quando i movimenti erano la vita delle persone che le facevano. La storia con Kokoschka finì (lui si fece fare una bambola a grandezza naturale perfettamente somigliante ad Alma, persino nei particolari più intimi, dicono i biografi: “per consolarsi”). Alma si risposò, a proposito di movimenti, con Walter Gropius, co-fondatore e direttore dal 1919 al 1928 della Bauhaus.
La Bauhaus: gruppo di geni che decidono di abbandonare tutto e di vivere insieme per fare la scuola di arte e mestieri (artigianato e opera d’arte totale) più geniale del mondo (e della storia fin ora). Kandinskij, Klee, van Doesburg, Moholy-nagy, Mies van der Rohe tanto per dirne qualcuno prima a Weimar e poi tutti a Dessau. Bauhaus è l’utopia della creatività condivisa, inarrivabile concentrazione di idee e Maestri, intuizioni e futuro, insomma, è una cosa abbastanza irripetibile, anche per lo spirito che la crea e che la fa vivere (ma questa è un’altra storia).
L’anno scorso di questi tempi, passeggiavo naso all’insù per la gelata, buia e sperduta Dessau, dove si possono visitare (orari tedeschi permettendo) gli edifici della Bauhaus e di Gropius in particolare, fu lui a progettare la scuola e le case dei maestri. Gropius rivoluzionò l’architettura del Novecento: razionalismo e pulizia, intuizioni sbalorditive nell’uso di materiali nuovi e una versatilità che gli consentiva di andare dal progetto per una caffettiera a edifici pazzeschi.
I biografi dicono che era un giocattolo nelle mani di Alma, lei lo lasciò e si risposò con il meno conosciuto poeta ebreo Werfel e insieme andarono a Venezia, poi negli States. Follie, champagne e la Los Angeles degli anni Quaranta maybe una Cadillac e l’atmosfera dei circoli intellettuali americani (dove di americano c’era solo il suolo ospitante). Poi di nuovo sola Alma, a New York, dove si dice che mise su una specie di museo con i quadri di Kokoschka, le partiture originali di Mahler, i progetti di Gropius, le lettere e i cimeli di una vita vissuta dietro il genio degli uomini con cui amava dividere amore e conversazioni, passione e vita.
Alma con tutti i suoi mariti e i suoi amanti fu una donna sola, una di quelle donne che, forse, se fossero state più padrone delle proprie scelte e della propria vita avrebbero scritto (da autrici e non da co-interpreti) pagine bellissime della storia della cultura occidentale.
Bene, era solo un pretesto per raccontare un po’ di vita vissuta dalla maledetta e affascinantissima classe colta dell’Europa di inizio Novecento che stasera avremo l’onore di sentire al Politeama in una delle sue più intense espressioni e, chissà, magari qualcuno, mentre sentirà Gustav penserà per un momento ad Alma “l’incantatrice fatale”.
Grazie per quest’approfondimento sulla vita amorosa di Mahler….anche se penso che Alma, nonostante non abbia creato nulla di proprio è divenuta cmq una protagonista della storia e della cultura dei primi del novecento ….sicuramente era una donna bella e molto affascinante (di quelle appunto che incantano gli uomini)oppure semplicemente era intelligente,forte ed ecclettica tanto da riuscire a partecipare e destreggiarsi nella vita artistica e sociale dell’epoca….insomma “doveva sapere il fatto suo” insomma una di quelle poche donne fortunate che con il loro “savoir faire” lasciano il segno nel cuore, nell’animo delle persone e della storia pur non avendo mai preso una penna o un pennello in mano….l’interroggativo che ci si dovrebbe porre è…oggi ne esistono di donne con tale temperamento? Amanti a parte?