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sabato 23 nov

Archivio del 15 Febbraio 2006

  • Nuovi autori chi?

    Rosalio è online da due mesi e forse è giunta l’ora di allargare la rosa degli autori (vi dico fin da subito che procederemo sicuramente almeno a una sostituzione…). Mi piacerebbe che giungessero dei suggerimenti sui “nuovi” ma bisogna stare al gioco…

    Gli autori attuali vennero scelti individuando prima i profili (la pr, la gallerista, la scrittrice ecc.) e successivamente i nomi e vorrei procedere così anche adesso. Fermo restando che ci vedrei bene di sicuro un/una musicista, che suggerite?

    Rosalio
  • Viaggio in Sicilia per treni e stazioni

    Verrà presentato alle ore 18:00 alla Biblioteca Comunale (piazza Casa Professa, 1) il libro di Angelo Pitrone Linea di terra. Viaggio in Sicilia per treni e stazioni.

    Attraverso le stazioni e i binari, luoghi di viaggio per eccellenza, si snoda un viaggio suggestivo alla scoperta di una Sicilia insolita e poco battuta. Testi di Franco La Cecla, Roberta Valtorta e un’intervista ad Andrea Camilleri di Gaetano Savatteri.

    Linea di terra. Viaggio in Sicilia per treni e stazioni

    Palermo, Sicilia
  • Mauro Pagani Trio e i Franklin Delano

    Stasera inaugura Areacustica e continua Indiexplosion.

    Mauro Pagani Trio apre Areacustica al CCP Agricantus (biglietto posto unico numerato 13 euro intero, 10 euro ridotto). Mauro Pagani voce, violino e bouzouki, Giorgio Cordini alla chitarra e mandolino e Joe Damiani alle percussioni.

    Prosegue Indiexplosion a I Candelai con i Franklin Delano (folk rock, 5 euro, ridotto 4 euro).

    Palermo
  • Come ti declino il verbo cucire

    Ogni volta che affronto una tematica squisitamente palermitana mi rendo conto di non essere assolutamente forbita in questo campo. Me la guardo da estranea, la città, ad esempio mi colpisce molto l’appellativo cucì. Cucì, qui, non è il passato remoto del verbo cucire, ma l’abbreviazione di cugino. Non vanta una variante al femminile. “Cucì – si dice al passante -, cucì ma ddiri ca ora è? Cucì, ma fari passarmi, cucì?”. Ogni tanto lo senti dire per esteso, “cugino”, ma quasi sempre non esiste nessun vincolo di sangue tra te e il cucì, nessun rapporto di agnizione (si dice così?) è un appellativo che con un cugino vero ti guarderesti bene da usare. Il cucì echeggia tanto quanto il cumpà (che ha la variante femminile, commare) che è l’abbreviazione di cumpare, ma si tratta di due definizioni lontanissime tra loro. Il vocabolario Zingarelli recita che si definisce compare chi battezza il tuo figliolo o ti compra l’anello per la cerimonia nuziale (il cosiddetto compare d’anello), fra i sinonimi che snocciola il thesaurus del computer si trovano connivente e favoreggiatore anche se non manca la semplice parola “amico”. Sono compari il gatto e la volpe, e il comparato viene rispolverato, spesso, nei rapporti delinquenziali, ma non è di questo che voglio parlare, quanto, piuttosto del rapporto amicale. Per individuare quando il cucì si affianca o sostituisce il compà, basta essere un tantino curiosi, domandare in giro, informarsi. Il compà è il tuo amico fraterno, te lo ritrovi sempre, è quello che presenti pieno di orgoglio e dici “questo è mio compare”, allora, mi spiegano, ti verrebbe in mente di apostrofare col compà uno sconosciuto qualsiasi e domandargli: “compà, mi fai addumare?”, quello si potrebbe offendere, “cumpà a cui?”. Come affibbiare tanta fiducia al primo che passa?. Il cucì però glielo puoi anche dare, per questo il “cucì” può essere il prologo di una sciarra “cuci, chi fa? Ti levi ri ‘n menzu i peri?”. Il cucì, tanto per fare sociologia, è un modo per ripetersi “io appartengo a questa gente”. Forse la differenza col compare sta qui: “tu sei mio complice – sembra riassumere -, anche se non sei necessariamente, come me”, e forse per questo di apprezzo di più. O non lo so, boh, voi che dite?

    Palermo
  • Il comma 22 degli asili comunali

    Ieri ho presentato la domanda per iscrivere mia figlia Leyla nell’asilo comunale più vicino a casa mia. Leyla ha solo un mese, ma mi hanno consigliato di farlo subito, perchè per i lattanti ci sono proporzionalmente più posti rispetto alle richieste. Ho saputo dopo che i posti sono solo otto. Riuscire a essere ammessi a un asilo comunale è come vincere un terno al lotto, eppure c’è comunque una retta da pagare e la qualità dei servizi varia da un posto all’altro, passando da uno standard europeo a posti dove scappi a gambe levate nel momento in cui varchi la porta d’entrata (non ho fatto un’indagine scientifica, raccolgo storie da neo-mamme e papà).

    L’ammissione è regolata da un sistema che mi ricorda il paradosso del comma 22. Vengono privilegiati nella graduatoria coloro che hanno un reddito basso. Per esempio, come nel mio caso, le famiglie monoreddito dove gli introiti sono precari e poco sostanziosi. E vengono privilegiate le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano, perchè viene loro difficile badare ai bambini. Naturalmente, tali famiglie hanno di solito introiti più sostanziosi. I due criteri quindi si escludono a vicenda. Se uno dei due genitori non ha lavoro dovrà stare col bambino (ma allora come farà a cercarlo il lavoro?), se entrambi lavorano potranno pagarsi un asilo privato. Continua »

    Palermo
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