Tahar Ben Jelloun a Palermo
Stavo dietro al sogno d’invitare Tahar Ben Jelloun da alcuni anni, l’idea era nata per caso sotto invito di Giovanni Callea che lavorava ai Grandi Eventi, voleva realizzare un progetto molto bello e molto ambizioso: Tahar Ben Jelloun, noto per le sue posizioni contro l’integralismo, fautore della libertà di scegliere la lingua più idonea alla propria scrittura e dunque non per forza scrivere in arabo, diventava il referente di un progetto che portava la nuova poesia araba, non conosciuta in Europa, a Palermo in una sorta di festival in cui poeti italiani si confrontavano con poeti arabi scelti per l’appunto da TBJ. Il progetto andò avanti per un bel po’ per poi sparire nel nulla da un giorno all’altro, senza nessun preavviso, non solo per me che ci ho rimesso i soldi di diversi voli d’aereo per Parigi, ma anche per Ben Jelloun che ci ha rimesso il suo lavoro.
Dunque con grande felicità accolsi la proposta di Enzo Garrasi di far entrare nel progetto La città cosmopolita Ben Jelloun, forte della sua esperienza di abitatore tra due mondi, i soldi c’erano, erano quelli di Alberto Coppola proprietario del Khalesa e della Tonnara Bordonaro.
Il progetto dunque questa volta si è realizzato. A vantaggio diciamo che esperienza straordinaria incontrare questo intellettuale libero, che la libertà se l’è conquistata a fatica non solo dal punto di vista legale ma soprattutto vorrei parlare della libertà di pensiero, merce così difficile da ritrovare negli ultimi tempi. Potere passare tre giornate con lui è stata veramente una grande esperienza, di modo di essere, di libertà dell’intellettuale, una lezione su tutto quello che è e che qui non è.
Quello che dispiace è il parziale disinteresse degli organizzatori che, da un lato, lo hanno invitato, hanno fatto un grande sforzo economico per poterlo avere qui, dopodichè si ha l’impressione che veramente non ne abbiano approfittato, due sono state le uscite pubbliche dello scrittore una al Khalesa, piccola uscita, un po’ stile festa della cresima, con due ragazzine che leggevano alcuni pezzi del suo libro, un buon pubblico ma sempre il solito, quel giro stretto di borghesi palermitani, sempre gli stessi, ciao, ciao, sono qui a lavarmi la coscienza… e poi giù alla Tonnara Bordonaro, nessuno che lo abbia accolto, stavamo dietro al tavolo per cominciare e non c’era nessuno a presentarlo, schiacciato in una stanzetta e, a termine, nemmeno il tempo di scambiare due parole ma la fretta di presentare il nuovo arrivato per il giorno dopo. Credo io, che viviamo alla periferia del mondo e che tutto ci viene difficile, ostacoli ad incontrare la gente, soldi non ne abbiamo, e quando poi li abbiamo, quando poi qualcuno che sa il mondo un vero intellettuale viene qui ed è uno di noi, un uomo del sud, senza peli sulla lingua, semplicemente uno di noi che ha fatto un percorso, lo lasciamo scivolare via, evitiamo l’incontro ravvicinato, permettiamo solo alla piccola élite, i soliti noti, d’incontrarlo ma così come mai cambieremo qualcosa? Ah città irredimibile!
Capisco la delusione. Io per primo sarei venuto se avessi saputo che veniva Tahar Ben Jelloun, ma su quest’iniziativa ho letto soltanto velocemente l’articolo su Balarm che lo chiama “Lelloun” e non mi è venuto in mente che fosse lui.
Rimane comunque il paradosso che in una città con migliaia di studenti universitari agli eventi culturali ci si ritrovi sempre i soliti. Forse perchè insieme alle cose di qualità, come questa, ci sono anche un sacco di convegni di “aria fritta”, ed è difficile di primo acchito capire la differenza. In generale, a Palermo, a differenza che in alcune grandi metropoli, non c’è un’istituzione di prestigio che garantisca il livello culturale degli eventi e di cui ci si può “fidare”. Invece finanziamenti regionali e univerisitari vengono dati a pioggia, penalizzando anzi iniziative valide.
Dicevo giusto ieri al Siino Tony che mi sarebbe piaciuto postare sul Rosalio le mie impressioni riguardo all’incontro con Tahar Ben Jelloun alla Tonnara Bordonaro, ma mi sembrava di essere in ritardo e forse mi sentivo a disagio per la levatura del personaggio, perciò ho glissa. Beatrice Monroy ha rivelato in parte ciò che avevo nel cuore, ciò che avrei scritto.
A me, poco avvezzo alla mondanità intellettuale del genere panormita è sembrato che una parte del pubblico si trovasse lì per caso, necessità o apparenza. Leggevo espressioni annoiate tra i lineamenti attenuati dalla penombra. Non conosco i lavori dell’autore e non sono molto ferrato in letteratura, ma quel che già sapevo mi ha invogliato ad essere presente. Mi è piaciuto subito il timbro della voce, la koiné
francese, la sua sagoma che ricorda un po’ mio nonno contadino. L’ho acoltato con attenzione. Un uomo attuale ma in un certo senso fuori dal tempo: un autetico artista, ancora più che un intellettuale. Così è apparso al mio cuore Tahar Ben Jelloun, mentre il dialogo con Beatrice Monroy si dipanava tra l’ordito storico che va dal secondo dopoguerra ai giorni nostri e la trama tessuta dal vissuto delle due sponde del Mediterraneo. Cito a memoria “La scrittura deve nascere nel cuore e da lì si deve riversare nel mondo e perciò lo scrittore deve poter scrivere nella lingua che gli è più consona; chi conosce il francese letterario e l’arabo dialettale non ha scelta, deve scrivere in francese”. Così si difende dagli attacchi delle genti di lingua araba che lo detestano
perché usa il francese. Difficile spiegarlo a chi crede che un artista debba comunicare qualcosa a qualcuno, a chi la butta sul sociopolitico. Anche gli insetti comunicano, a noi tocca esprimerci, così dice l’enfant terrible Manlio Sgalambro. Tarah Ben Jelloun ha espresso le sue impressioni su Palermo e sulla Cappella Palatina, sintesi transculturale che potrebbe essere memoria ed esempio per i siciliani d’oggi. Ma chi visita la Cappella Palatina? Chi riflette sulla sintesi operata in un tempo a noi remoto e suscitata da delle circostanze fortuite, strati di culture che si sono sovrapposte nell’arco di pochi secoli a seguito delle guerre e delle invasioni? Quel tempo è finito per sempre ma può ancora dirci qualcosa per intepretare il presente? Questa e altre domande sono state lanciate da Tarah Ben
Jelloun ma non c’è stato tempo di replicare. Certamente era necessario presentare il nuovo arrivato per il giorno dopo, ma c’è modo e modo. Io sono letteralmente inorridito.
che palle!
Peccato non aver saputo prima di questa iniziativa, mi avrebbe fatto piacere partecipare.
Se è possibile vorrei sapere dalla signora Monroy dove è possibile reperire i racconti letti alla Notte dei mille racconti (alcuni erano deliziosi)e quale è stato il racconto vincitore
sono davvero contenta dei commenti che sono arrivati su TBJ , ho una registrazione spero di riuscirne a fare qualcosa a disposizione della gente
grazie, mi sento a mio agio con questi commenti e un po’ meno depressa
per i racconti della notte, li trovate sul nostro sito http://www.librariapalermo.it diciamo tra una settimana, abbiamo avuto un poco di problemi