Grammatica siciliana
Inauguro il mio esordio su Rosalio, con un argomento che spesso mi è capitato di trattare anche in diretta, in radio e che un po’ mi sta a cuore per deformazione professionale: l’originalità della nostra lingua, il siciliano. Certamente varia e piena di contaminazioni, può essere considerata autonoma e con una grammatica ricca di regole non meno ferree di quelle che possiede l’italiano.
Tanto per fare un esempio, non esiste il tempo indicativo futuro: diciamo “Vengo domani”, non “Verrò domani”; né, tanto meno, vi è traccia del modo condizionale, esiste solo il super polivalente congiuntivo (“Si avissi i picciuli m’accattassi a machina nova”, da cui tragici tentativi di traduzione “Se avessi i soldi mi comprassi la macchina nuova”). Ma ciò che appare ancora più interessante è l’uso “alla latina” di verbi che, in italiano, sono transitivi e perciò vogliono il complemento oggetto (accusativo in latino) e che (in barba all’evoluzione linguistica, in barba ai normanni, agli arabi, agli spagnoli, che pure hanno lasciato numerose tracce anche nel nostro dialetto) in siciliano diventano intransitivi e reggono il complemento di termine (dativo in latino).
Qualche esempio:
Convincere qualcuno > convincere a qualcuno “Convinci a mio padre” (lat. Persuadeo alicui);
Aiutare qualcuno > aiutare a qualcuno “Aiuta a tua madre” (lat. Auxilior alicui)
Incontrare qualcuno > incontrare a qualcuno “Sabato ho incontrato a Luigi!” (Lat. Occurro alicui)
Invidiare qualcuno > invidiare a qualcuno “Invidio a mia cugina che non si maritò” (lat. Invideo alicui).
Ma, come accade con tutte le regole, anche nella nostra lingua vi sono eccezioni, vale a dire, anche dei verbi che già in latino reggevano l’accusativo, in siciliano imperterriti esigono il dativo: è il caso di salutare, che naturalmente vuole il complemento di termine “Salutami a tuo fratello, mi raccomando!”. Non mancano, pure, eccezioni “alla rovescia”, verbi originariamente intransitivi acquistano, come per magia, proprietà transitiva “Scendimi la spesa”, “Gli salgo il pane”, “Esci il cane, prima che piove”…
…stranezze linguistiche che, però rendono il nostro amato idioma unico e insuperabile (pensavo di aver creato uno slogan e invece c’è già il tonno ad eguagliarlo…vabbè) e molto, molto originale.
In attesa di commenti e ulteriori esempi, chiudo questo post dicendo saluto A tutti quelli che mi leggono.
Vorrei segnalare l’uso del riflessivo come rafforzativo di un’azione che produce un vantaggio a chi la compie.
Un esempio: “Lo sai oggi cosa mi sono mangiato? Mi sono fatto una pasta col forno che era senza dignità”
Espressione siciliana ma anche napoletana, su cui ho sempre dibattuto.
“Vado a mare” che poi diventa, pronunciandolo “vado ammare” in luogo di “vado al mare”. Con l’utilizzo della prima espresione, si è costretti per mantener fede alla dichiarazione di volontà, a catapultarsi subito in acqua, una volta raggiunta la località marina (così come chiarito dall’Accedemia della Crusca). Vietato sostare in spiaggia, per farlo dovevate “andare al mare”!!!
cara maria, ironicamente puntuale come sempre! mi auguro, la prossima volta, tu possa deliziarci con lo studio di altre chicche (del tipo “andare nel dottore”)! sono felice tu faccia parte del gruppo di autori di Rosalio!
con l’affetto di sempre
misteriosamente camena
(il mio nome lo intuisci dal soprannome!!!)
Credo proprio che farò un fantastico copia/incolla di questo post su una mail per una mia amica irrimediabilmente polentona nel cuore e nell’anima.
Questa storia dell’uso “alla latina” è bellissima e mi permetterà di metterla a tacere per un pò…almeno, spero!
Benvenuta. Ora che hai posteggiato su Rosalio ci possiamo fare quattro risate. Io ci vado da un altro lato. Traduci:
1) Andiamocene, poiché ce ne dobbiamo andare
2)Mi sono ridotto a contatto col muro perimetrale del nosocomio
3)Orsù, nutriti al tuo desco e fai in modo che esso ti produca una giusta sensazione di sazietà
4) Avevo avvicinato un non vedente allo scopo di aiutarlo nel suo cammino ma egli aprì i suoi occhi e mi procurò una sensazione di vero timore
5)Perché hai tutta questa fretta? Forse devi correre all’asta di beneficienza allo scopo di vincere un organo sessuale?
6)Ho accopagnato il piccolo Salvatore a prendere un certificato di stato di famiglia di cui aveva bisogno
E per ora mi fermo qui. Ma per ora….
PS Ma tu hai letto Homo Panormitanus?
Bel post… complimenti. Mi è capitato spesso di parlare di questi “giochi linguistici” con un amico torinese… 😉
Ciao e benvenuta nel carro…
P|xeL
Questo post è divertentissimo. Anche noi sardi usiamo gli stessi verbi con il complemento di termine….. 😀
….e “Homo panormitanus” è bellissimo! :))))
…solo per fare un saluto a Maria da Barcellona!!
Grazie a tutti dei commenti carini, mi sento quasi imbarazzata!!A Daniele Billitteri rispondo:certo che ho letto “Homo panormitanus” e anche “Femina..”Baci a tutti, grazie dell’accoglienza! A presto
p.s.oggi parlerò in diretta su radio time(tra le 15 e le 17)del blog, dell’articolo e dei commenti, vi aspetto 😉
Vabbuò, se proprio ti imbarazza, ti risparmio l’ennesimo, più che meritato, commento carino… 🙂 Piuttosto, non per fare fretta ma… stai preparando un post di risposta al commento/sfida di Daniele Billitteri, vero? Troppo curioso sono!
Devo dire che ci penso da ieri…ricevere una sfida da Daniele Billitteri non è cosa comune, quindi mi onora…prossimamente parlerò ancora di “sicilianità”, materia che mi appassiona e che non mi stancherei mai di approfondire 😉
Cara Maria, sarebbe interessante approfondire l’uso intensivo che il palermitano fa dell’avverbio “completamente”….”l’autobus non è passato completamente”, “non se ne parla completamente”, “non ne vuole sentire completamente”:)
complimenti all’autrice del post. in questo momento storico la nostra antichissima(nata prima dell’italiano) e multietnica lingua, per colpa dei mezzi d’informazione di massa, si trova in pericolo. io credo sia arrivato il momento per noi siciliani (alla stregua dei friulani, dei catalani, ecc..) d’assumerci la responsabilità di salvare la nostra lingua, facendo un movimento di pressione culturale verso i nostri politici in modo tale da costringerli a fare insegnare il siciliano anche nelle nostre scuole. adottando un vocabolario comune(ad esempio quello del Mortillaro seppure piuttosto antico è molto accurato), magari integrato con l’opera più recente (anni ’70) del Piccitto, siamo ancora in tempo. solo così potremo salvare il nostro magnifico idioma che, per chi non lo sapesse, è stato il punto di riferimento per la stesura della divina commedia di Dante! e col quale hanno scritto gente del calibro di Federico II, Giovanni Meli, Pirandello, Ignazio Buttitta, e tanti altri, fino ad arrivare ai giorni nostri con la sceneggiatura in siciliano di Baarìa scritta da dal grande Tornatore. complimenti di nuovo per aver in qualche modo sollevato la questione.
Chiedo scusa ma “aiuta a tua madre” o ” salutami a tuo zio” ecc è proprio uno “spagnolismo” vale a dire che l’uso della preposozione a davanti a complemento oggetto quando questo è una persona deriva proprio dal Complemento di persona spagnolo che noi siciliani abbiamo acquisito durante la dominazione …
Mi piace immergermi in nuove culture e detti e gergo, che ahimè un pò lontano!