La Biennale e Palermo
Ci sono tre mondi che si incontrano, e si scontrano, durante una grande kermesse: chi la organizza, e concretamente la fa, chi ne è ospite, e si lascia andare a giudizi e opinioni, chi la critica, e ha il dovere etico di sporgersi di là dei detti fronti per guardare avanti, e immaginare, più degli altri, gli sviluppi e le attese. Va anche tenuto in considerazione un menage intermedio le cui sfumature sono labili, e lascio altri al divertimento di dipanare la matassa. Palermo apre le porte, per dirla con un noto riff, alla Biennale di Venezia. Sarà una Biennale veramente palermitana, o ne verrà fuori una versione vicaria della rassegna lagunare? Ancora è presto per dirlo, l’appuntamento è per il 13 ottobre prossimo. Vediamo allora di aprire un’altra porta. I temi generali, individuati da Rinio Bruttomesso (responsabile di questa sezione della Biennale) e dai suoi collaboratori, indagano principalmente la questione del rapporto, non sempre idilliaco, tra le città di mare e il loro mare e, con maggiore attenzione, tra le città e i loro porti. Il tema “Città-Porto” cambia, anche e se si sta attenti, il paradigma a cui siamo stati sinora abituati: città portuali. Evidentemente ci sarà un’accezione differente, degli accenti particolari, delle questioni che le città portuali non sono riuscite a dipanare, e risolvere. Ma, e la domanda spero non sia troppo capziosa, le città-porto che relazione hanno con il corpo e, come si scrisse in un lontano CIAM, con il “cuore delle città”?
Dieci anni fa usciva per i tipi di Laterza un tascabile con questo titolo: “L’Italia da costruire. Un programma per il territorio”, l’autore era Leonardo Benevolo. Credo che sia nota a molti la relazione tra Benevolo e la città di Palermo ma, per i più giovani, ricordo che venne incaricato dalla giunta Orlando di redigere, nel 1989, una prima stesura del nuovo Piano regolatore della città, poi affidato a Pierluigi Cervellati. Non solo, Benevolo ha insegnato Storia dell’architettura presso l’Università di Palermo, Facoltà di Architettura, per molti anni. Insomma, uno che conosce la questione. Il libro attraversa l’Italia e cerca di individuare delle linee di orientamento per gli sviluppi “sostenibili” delle grandi aree metropolitane, delle città d’arte e di una serie di aree i cui rischi di degrado sfioravano e, ahinoi, sfiorano ancora il collasso. In questo piccolo libro (non ho idea se sia stato ristampato) mezza pagina riguarda da vicino la città di Palermo e io, per correttezza d’informazione (si dice così, no?), la riporto per intero per due motivi: ci consente di notare quali trasformazioni, attese nel 1996, si siano verificate sino ad oggi; e, due, quali temi che verranno sviluppati dalla Biennale a Palermo possono essere forieri di sviluppi per la “prossima” città, sia di quella adagiata lungo la linea di costa che della città distesa oltre il vallo di Viale Regione Siciliana.
“A Palermo, agglomerazione e città coincidono fra loro e il restauro dell’organismo urbano può avvenire quasi del tutto all’interno dei confini comunali. Il quadro paesistico antico – la Conca d’Oro coltivata e irrigata, nella sua corona di monti scoscesi – è irreversibilmente alterato dalla cementificazione della piattaforma fra i tre varchi marini, ma offre contemporaneamente lo spunto per una strategia alternativa: difesa rigidissima dei monti e recupero dei brandelli di pianura ancora liberi, come spazi vuoti complementari al tessuto costruito. Saldati a formare una rete, questi vuoti (che includono una parte delle ville e dei caposaldi monumentali, dalla Favorita a Maredolce, e conservano spesso un rapporto diretto con le pendici rocciose) possono sostenere il confronto coi voluni costruiti, e dare alla città del prossimo futuro un equilibrio accettabile, in attesa di ulteriori trasformazioni per ora inattuali.
Il centro storico, anche se possiede un progetto complessivo di restauro urbano, sconta e sconterà a lungo il profondo degrado degli scorsi decenni. I numerosi interventi in corso sono ancora lontani da raggiungere la massa critica per cambiare lo scenario complessivo. Le grandi risorse architettoniche di questa città – il rettifilo cinquecentesco fra Porta Felice e Monreale, col pivot intermedio di Porta Nuova; il Palazzo dei Normanni isolato fra i grandi spazi liberi all’interno e all’esterno delle mura; il fronte a mare con le rifiniture settecentesche da riportare in luce; i vuoti della Magione e del Papireto, da scavare e sistemare; il castello S. Pietro da disseppellire dai moli del porto moderno – aspettano di saldarsi in uno spettacolo continuo, di incomparabile prestigio”.
In considerazione che è la prima volta che la Biennale si allontana da Venezia quello che si svolgerà a partire dal 13 ottobre sarà un evento da non perdere e che comunque darà visibilità alla citta di Palermo. Sarebbe interessante se qualcuno la pubblicasse le iniziative e gli eventi in programma.
“Sarà una Biennale veramente palermitana, o ne verrà fuori una versione vicaria della rassegna lagunare?”
Bella domanda, ritengo che sarà una Biennale anche palermitana, in quanto rassegna internazionale delle esperienze e dei progetti di sistemazione del water-front di molte città portuali nel mondo. Mi chiedo invece se la Facoltà di Architettura di Palermo avrà un ruolo in questa mostra o meno. Dal grado di coinvolgimento si potrà capire se Palermo parteciperà o semplicemente ospiterà la Biennale, se non altro in considerazione dal lavoro svolto da molti docenti e soprattutto studenti della facoltà di Architettura proprio sul tema del water-front della Palermo.
La Biennale di Venezia “sbarca” a Palermo
Palermo, sino a gennaio 2007, sarà sede della manifestazione “Città-Porto”, segmento della sezione speciale della 10ª Mostra Internazionale d’Architettura della Biennale di Venezia, nell’ambito del progetto “Sensi Contemporanei”, con la collaborazione della Regione Siciliana.
Oltre che rappresentare un evento eccezionale per la Città, ricco d’appuntamenti (esposizioni, un premio d’architettura, due cataloghi, un convegno internazionale, una web-television, corsi di formazione), è l’occasione per «affrontare i temi della relazione tra porto e città, oggi particolarmente complessi quanto strategici per lo sviluppo equilibrato dei centri urbani e la crescita competitiva degli scali portuali. Le questioni delle trasformazioni delle cittàporto sono al centro di un profondo interesse, in ogni paese, al fine di studiare e realizzare interventi in grado di migliorare la qualità della vita delle nostre città e di rendere sempre più efficienti i porti, nella sfida del mercato globale ».
Luoghi fisici della manifestazione l’ex deposito delle Locomotive di Sant’Erasmo, Palazzo Forcella De Seta e la Galleria Expa.
La biennale a Palermo è da “leggersi” non solo come tappa di un percorso culturale finalmente aperto alla periferia, ma anche e, forse, soprattutto, come riconoscimento a questa Città, di uno sforzo notevole e significativo nella direzione di una crescita importante e senza precedenti, almeno recenti, sul piano sia culturale in generale, sia estetico specifico delle tematiche del “fare architettura.
Per troppi anni la Città ha vissuto in una sorta di medioevo post-bellico dove il concetto stesso d’Architettura non solo non trovava uno spazio fisico ma finanche, quello stesso spazio veniva invaso sino alla saturazione da oggetti d’edilizia privi d’anima e storia che, come tali, hanno finito col omogeneizzare quasi l’intero paesaggio urbano.
Non sappiamo se oggi sia troppo tardi, di certo però il tentativo di rileggere la Città, e corregerla, attraverso l’Architettura di qualità, testimonia oltre all’Amore rinato di molti dei suoi Cittadini, anche la sensibilità, in tal senso, dei propri Amministratori.
Ritengo quindi che tutte le iniziative che vanno in questa direzione siano non solo auspicabili ma, nel caso Palermo, urgenti ed indifferibili.
Quanto poi al “pensare” questa Città, per dirla come descrive Domenico Cogliandro commentando su “Antitesi” l’evento, come ”…rivolta verso il Maghreb pensando la pianura fluida del Mediterraneo come un territorio i cui sentieri vanno ancora esplorati, e le cui strade tracciate in funzione di una sinergia tra valore della domanda e qualità dell’offerta”, appartiene appunto al dibattito finalmente avviato e, in tal senso, meriterebbe un serio approfondimento in una sede adeguata e non certo nell’ambito di un commento veloce, tuttavia ritengo opportuno evidenziare che Palermo per sua natura rappresenta una Città-Ponte, aperta quindi da sempre alle “contaminazioni culturali” dei nostri vicini mediterranei, tuttavia non può rinunciare al suo ruolo storico di Città Europea, pena la perdita definitiva di una sua connotazione specifica e irrinunciabile che da Federico II alla “Bell’Epoque” l’ha spesso vista protagonista della scena Continentale.
Arch. Flavio Casgnola