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venerdì 22 nov
  • Nomi

    Ore 05:43.
    Il rientro delle lampare.
    Filippo Margiutti fuma avido. Quando svàmpa, gli occhi si fanno fessure. Il fumo s’u tiene rìntra per mezzo minuto buono. Espira lento, il mare dentro le sue pupille.
    È che mi manca sempre, mi confida, in ogni onda che la barca mi rimbalza sotto il culo e ìddu ‘un c’è ‘u lato a mmìa… mi manca, assai mi manca, in ogni totano che pesco e ‘un c’è ìddu a dire: seee, io ‘u pescavo cchiù grande… mi manca il suo profilo stanco… Rino Pacci, il mio compare, mi manca sempre, curnutu di lu suli vero.
    La sigaretta intanto brucia. Il tempo se ne fotte del recupero della memoria. Filippo Margiutti adesso è statua di sale di fronte al mare, la sigaretta è morta suicida tra le sue dita sconvolte di salsedine. Un tronco di cenere che cade a terra, un suono sordo che non rimbalza e poi polvere sopra la polvere, un colpo di piede che già l’ha dispersa nella tramontana. Davanti a noi sette barche stanche, radi gabbiani e un mare ancora scuro ma maestoso sempre. Angelo Buscemi ci porge un’altra sicarìetta a Filippo. Quando stai una vita in barca con gli stessi cristiani ‘un servono cchiù i parole. Anzi, ‘un ci si talìa nemmanco. Hai presente cosa è quando il mare urla, il vento ti cafùdda e la barca t’abbàlla sotto i piedi?
    Niente parole allora, ma: agire. In necessario silenzio. Accussì Filippo ci ha la mano orfana di sicarìetta e la bocca che invece ne ha sete. E accussì Angelo Buscemi ci passa una sicarìetta dal suo pacchetto chiaro. Filippo Margiutti s’a pìgghia e se l’addùma. La fuma avido. Angelo Buscemi si rimette il pacchetto nella tasca destra. Fuma sigarette morbide. Sono più buone in mare aperto, mi spiega. Bruciano più lente, accussì le fumi tu e tu solo, e accussì ‘u vento ladro e bastardo s’a pìgghia bellamente ‘nt’u culo: se vuole fumare, ‘u vento, che se le accattàsse ìddu i sicarìette, eccheminchia. Angelo Buscemi si apre in un improvviso sorriso. Pare una lama d’argento il suo solco di labbra. Gli mancano entrambi gli incisivi. I sue mani sono una sinfonia di calli. I capelli un ricordo dei tempi che furono. Lui, Angelo Buscemi, intreccia le reti con suo cugino, Michele Nerisi. Cantano “Reginella” mentre cercano armonia nel delirio di fili, il risuono del mare che culla le loro fronti pescatrici. “Reginella” è una canzone molto bella, mi spiega Michele Nerisi. Molto bella è. È piena di sospiri non detti. Mentre le reti iniziano a respirare tra le sue mani, inizia a imporsi con sottile implacabilità il ricordo di quella notte buttana e maledetta. In cinque partirono quella notte. In cinque. È che il mare, quando vuole ìddu, a volte esige tributi che ancora oggi non si possono spiegare. Era dicembre, era il 1997 ed era l’antivigilia di natale. Arrusa la miseria arrusa e pulla, dice Filippo Margiutti, mio compare era un pescatore ch’i controcazzi. Rino Pacci il suo nome. Un pescatore ch’i controcazzi. A queste parole segue una litania sottovoce, occhi che non si incontrano se non nelle onde un po’ più in là, dentro un mare nero e oscuro delle quasi 6 del mattino.
    Salvatore Maniaci è il più anziano del gruppo. Il rais. Ha un maglione liso e stretto ed un tatuaggio con la madonna stella del mare sul braccio destro mentre sull’avambraccio sinistro c’è tatuato un coltello con inciso sulla lama il nome Maddalena. Salvatore Maniaci ha 61 anni, e 57 di barca. Prima di parlare inspira tutta la salsedine del mondo. Lo fa con una cura ed una attenzione tale che tutti osserviamo ammirati: io, i pescatori, il mio pandino rosso, le barche capovolte, i totani deposti nelle cassette, i palazzi addormentati di una Palermo umbratile. Tutti osserviamo Salvatore Maniaci inspirare nei polmoni la salsedine. Il vento non gli tocca i capelli bianchi e sospesi, l’aria delle 6 del mattino adesso appare serena e le barche, per un attimo, felici di riposarsi in rada. Salvatore Maniaci ha la fede matrimoniale appesa ad una collana legata al collo. È vedovo di Maddalena Macrì, che mai ci diede la figlia che lui tanto sognava. Salvatore Maniaci parla a denti stretti, alternando parole a respiri. È lento, di una lentezza quasi sacra. Mi ricorda l’ebano, quando anche la luce si scanta a sfiorarlo. Salvatore Maniaci inizia ad elencare le qualità di compare Rino Pacci, pigghiàto dal mare perché la vita ti fotte sempre e comunque, ed il mare è la vita. Sinonimi sono, mica minchiate. In fondo è da 57 anni che lo solca con l’aratro di legno di una barca. 57 anni su 61. Il mare è tutta la sua vita. Salvatore Maniaci parla lento, e nel respiro fra le parole ci ascolti dentro tutto il suono segreto del mare, quel suono che puoi trattenere e riprodurre soltanto quando intorno a te è acqua e acqua e acqua, la terra un ricordo lontano, l’approdo una speranza disperata. Parla Salvatore Maniaci, e parla di quanto bene compare Rino Pacci conoscesse le correnti, meglio di tutti conosceva ‘ste cose compare Rino, i passaggi dei pesci, l’ordine dei venti, la geometria sospesa delle stelle lontane. Parla Salvatore, e Filippo Angelo e Michele: zitti. Ci calano la testa a tempo alternato. Calati junco, ca passa ‘a chìna. Un rosario di bestemmie mute quella calata di teste marinaie. Le mani di Filippo Margiutti che violentano l’ennesima sigaretta. Fumo trattenuto in petto per almeno mezzo minuto buono. Quando tuo compare è morto tra le onde, sbalzato via che tu lo gridi il suo nome ma senti solo il silenzio indifferente del mare, quando tuo compare Rino ti muore davanti e tu non ci puoi fare una beneamata minchia, allora vaffanculo: la sigaretta me la smezzo con il mio cuore, che il fumo rimanga laggiù ancora un po’, ancora un pochino, tanto il dolore non mi lascia, ‘sto cornut’e sbirro.
    Salvatore Maniaci poi non parla più e s’astuta, come candela saggia. La luce della sua voce lascia il passo al buio della memoria. Accussì io mi alzo, saluto con gli occhi e me ne vado via.
    Sono le 06:21.
    Tra n’antìcchia sarà il sole ovunque, e l’obbligo del lavoro salariato che i più chiamano esistenza. I pescatori ancora due ore aggrìtta, s’hav’a vendere il pescato.
    Cammino verso il mio pandino rosso e riesco a sentire i miei passi.
    Minchia, penso, non ho mai saputo prima di oggi i nomi di chìddi ca pescano i totani, mentre davanti a me è una Palermo lenta che, col sonno ancora in bocca, si sta svegliando.

    Palermo
  • 32 commenti a “Nomi”

    1. Certo è che accominciare la jurnata con il sig. Enia è uno spettacolo.

    2. bellissimo.

    3. Talè Davdù, mi ci gioco i coXXXoni… se eri di fuori, tutti ad osannarti e a dire: è il mio scrittore preferito etc etc… Davidù, sei un grandissimo scrittore ed il tuo sguardo su questa città, su questo mondo è reso magnifico dalle tue parole. Penso che ancora non abbiamo compreso l’importanza del tuo lavoro. Grazie

    4. Complimenti enia.
      (Uno che i complimenti te li fece gia’ dal vivo indossando la maglia del “brasili”, tutto sudato)

    5. Riesci ad incantare ogni volta, e a far riflettere… hai un talento straordinario, Davidù… e mi fa rabbia legger di te in giro di qua e dià e MAI, MAI in scena a Palermo col tuo teatro… che pena…

    6. Quando si dice il talento!
      E spero vivamente sia tutto naturale perchè, lo confesso, ho smesso da un pezzo di leggere i libri di un famosissimo scrittore italiano quando ho saputo che li costruiva aridamente e razionalmente semplicemente per vendere…niente di più triste e squallido!

    7. belle davvero questi frammenti di vita

    8. Morire come le allodole assetate
      sul miraggio

      O come la quaglia
      passato il mare
      nei primi cespugli
      perché di volare
      non ha più voglia

      Ragazzo di Palermo, tu sei la nostra migliore speranza della nostra lingua !!

      Erano mesi che pensavo di scriverti ma poi rinunciavo dicendo fra me e me … ” ‘mo quello parla alla Radio e di me se fotte ” .. poi non è stato così e mi ha risposto e io subito ho raccolto l’invito a visitare il blog !

      Al Lingootto mi abbagliasti, oggi posso dirlo a voce alta: sei FORTISSIMO !!

      Quelli della Ubulibri ti hanno ” fatto ” il il libro ” più brutto ” che io abbia mai visto … proprio a te che sei un grande CAMPIONE.

      Vuagliò .. quà ( con accento ) non ci capisce nessuno … fidati !!! Lavorano per il metallo ( che pure serve )

      Quasimodo, Verga, Sciscia … se fossero ancora vivi ti avrebbero già aperto le porte di casa ..

      Ti lascio il saluto più affettuoso con le parole del mio primo autore … Francesco Arleo di cui ( forse ) non ho avuto occasione di parlare.

      Ecco …

      I barconi rietravano e mi offrivano un saluto. Mai troppe parole. Solo qualche gesto all’arrivo e alla partenza. Nei giorni in cui m’imbarcavo lo facevo da muto. Quando sei zitto ti danno più anni e fatichi di meno a stare coi grandi. Di quegli imbarchi non dissi nulla, ma credo che si accorsero del sale che mi arrorrasa gli occhi.

      Ciao Davide

      Ti lascio il mio cell. 349 86 45 137

      Ho tanta voglia di pubblicare un tuo libro con il mio
      brevetto libro_bis.

      Ti leggo

      procurasti il

    9. sono curioso chi è che si firma ” algoritmo ” posso chiedere
      perchè … dalle cose che leggo credo ( sono certo ) che abbia gusto

      enzo

    10. Chapeu, messere Davide.

    11. Sei un gigante, e fregatene dell’invidia ( a ‘mmìria) di chi dice: ah, scrivi in dialetto… ah, parli di questo e non di quello… ah, è facile camillerizzarsi… a parte i fatto che tra te e camilleri non esite paragone (non è un giudizio di merito!… anche perché per me tu sei moooolto più potente), non vedo come ci si possa lamentare del bene che fai a Palermo ed alla Sicilia col tuo lavoro, con la tua scrittura… Mi unisco ai grazie, Davide, perché nel leggerti io non provo invidia, ma orgoglio di avere un concittadino come te. E forza Palermo sempre

    12. Chi ci trasi Camilleri.
      Il Maestro scrive una lingua strana impastata al siciliano, un mix di microdialetti: più suoni che parole vere e proprie.
      Vero, è pur sempre dialetto siciliano, costrutti alla sanfasò.
      Apparentemente alla sanfasò.
      Trovo la scrittura del Sig. Enia molto diversa rispetto a quella del Maestro.
      Trovo la scrittura del sig Enia più radicata e radicale.
      più grezza ma più efficace nel raccontare e cose come le racconta lui.
      Bravo sig. Enia

    13. Per Totò: ciao Totò, sono d’accordo con te sulla differenza tra la scrittura di Enia e di Camilleri, solo che non mi sembra “grezza” la scrittura di Enia, ma ora dura come petrata (vedi: eroina) ora delicata come carezza (vedi: ottobre). Penso sia in tutto e per tutto figlia di questa città.

      Per Maria Luisa: non capisco cosa vuol dire “il talento naturale”… il talento è talento, e basta, o c’è o non c’è. Qua mi sembra che c’è, e non è arido e forse (io mi sbilancerei in “sicuramente”, avendo visto qui a Milano il lavoro teatrale di Enia) tutto è “razionale” e “razionalizzato”. Se sbaglio, chiedo scusa.

      Per tutti: grandissima vittoria ieri del Palermo in terra di Germania

    14. Grezza la intendo non rifinita. Tagliente, pungente, vera, reale.
      Hai presente quelle opere d’arte che apparentemente sembrano non finite ma che invece sono estasianti proprio perché ancora mostrano i segni del grezzume del materiale ancora vivo?
      Ecco, sotto la scrittura del sig. Enia c’è del materiale vivo.
      Camilleri lo leggo mentre al sig Enia lo ascolto.
      Camilleri scrive, mentre il sig Enia parra.

    15. Oh! Finalmente. Chi ci trasi Camilleri, sono d’accordo. Due mondi, due contesti radicalmente diversi. Unica caratteristica comune, se proprio la dobbiamo trovare: entrambi non usano l’italiano, nè il (proprio) dialetto, ma un’efficace (più o meno, dipende da troppe cose, magari anche dal vissuto del lettore) commistione dei due idiomi. E l’analogia qui comincia e qui finisce. Vero è, tutti e due siculi sono, ma il Maestro è “marinisi” ed Enia palermitanu…

    16. Per Totò: chiarissimo! E sono totalmente d’accordo con te, allora. E’ vero, mentre lo si legge, pare di ascoltarla la voce di Davide…

    17. Ho aspirato i Nomi,anch’io li ho lasciati per mezzo minuto accanto al mio cuore, grazie Davidù, e tastalavictoria siempre.

    18. L’elenco dei nomi di questo post lo metterei accanto all’elenco dei nomi della Cuba…

    19. Di quali pescatori parli? Quelli di Porticello o quelli dell’Acquasanta?
      Comunque, mi facisti “arrizzare i cainni” con ‘sto post…

    20. Brava Sandra.
      (non l’hanno capita)

    21. Conosco pochissimo Camilleri … non sono di Palermo ma scrivo in rosa-nero… Ho conosciuto Enia in Fiera e posso dire ad alta voce che è un grande
      Campione.

      Comprai l’ultimo di Camilleri … quello della pensione…non ricordo … dopo una pagina e mezza l’ho richiuso … era un panella fritta male e mezza cruda … forse un giorno lo riprrenderò .. ma non adesso … voi che lo conoscete meglio di me … che libro dovrei leggere di Camilleri !!

      Consigliatemi …

      Vi chiedo … Camilleri resterà nella storia della letteratura !? Non credo … non mi fido .. ha fatto per troppo tempo il giornalista … che è un altro scrivere.

      Io aspetto il prossimo ” passo ” di Enia un ragazzo che sa intingere le parole nel marsala.

      Daremi una mano … mi parlate di Mimmo Cuticchio !!?? E’ famoso …perchè !?

      Ma Davide ha fatto la radiocronaca di Italia Francia !!??

      Vs. enzo

    22. Sono un cinquantenne emigrato al nord oramai da più di trenta anni. Non mi vergogno a dirLe, signor Enia, che Lei è riuscito a commuovermi. La prima volta la vidi su rai3, a report, un paio di anni fà. Ero con Franca mia moglie (Franca è di bologna) e io saltai sopra il divano dicendo: ‘sto picciotto è di Palermo. Poi la ascoltai questo natale alla radio, “Rembò”… c’ero io che ascoltavo la radio e chiancèvo comu un piccirìddo… poi ho comprato il suo libro e ora la trovo su questo sito grazie ad una indicazione di mio nipote Andrea… La volevo ringraziare per parlare di Palermo in questi modi e con così tanta cura e passione… Lei forse no lo fa, ma rende un grande piacere a noi emigrati. Forza Palermo sempre!

    23. ieri sera ti ho visto in scena a Milano, Davidù… bravissimo, mi hai lasciato senza parole. Ci tenevo a ringraziarti…

    24. Davidùùùùùùùùùù abbiamo sbancato san sirooooooooo
      forza palermoooooooooooooooooooooo

    25. Mio zio è pescatore. Gli ho fatto leggere questo tuo post. Ti ringrazio da parte sua (e da parte mia, anche). Sarebbe bello vedere un tuo spettacolo a Palermo, ma perché sempre fuori devono andare i nostri artisti migliori?
      Tutto il bene del mondo, augurio mio e dio mio zio

    26. si potrebbe chiamare davide semplicemente davide o davidù, ma per favore non chiamatelo signor davide dandogli del lei, mi imbarazza. sono la sua mamma e mi rallegro molto a leggere quante persone lo amino e lo stimino, ma molto di più mi rallegro a leggere ,finalmente, dentro l’anima di questo figlio amatissimo. Sei fortissimo e con te tutti i tuoi amici che ti amano e ti seguono.

    27. Come diceva il mio omonimo e per fortuna molto più grande di me (grande sia anagraficamente che spessoremente) principe Antonio de Curtis, al quale io non sono degno di sciogliere nemmeno i legacci delle ghette né di nessun altro tipo di calzatura:
      signori si nasce. E suo figlio, sig.ra Zina, modestamente lo nacque.

    28. Ti ho appena visto in teatro a Milano… sono stupefatta… tu ed il musicista siete più vhe bravi… magici… ho riso e pianto… e adesso leggo questa meraviglia… grazie!

    29. è bellissimo questo post

    30. Ma mamma Zina, siamo noi a rallegrarci. E noi a ringraziarla di aver enormemente contribuito a regalarci lo sguardo incantato e incantevole degli occhi di Davide.
      🙂

    31. Signor Lei Davide, continui accussi (mamma Zina un t’arrabbiare…).
      …e forza Palermo!

    32. Camilleri scrive in siciliano,d
      Davidù scrive in palermitano mpitratu con flessioni di ausitanu,dialetto totalmente scomparso tranne che in alcuni singoli esseri umani,ho una zia che lo parla e criritimi mi mittissi a ginucchiuni pur di ascoltare il suo parlare cantato in una lingua a Noi sconosciuta,le sue cadenze meravigliose e se chiudo gli occhi da qui da dove mi trovo,la lontana e civile Roma marrizzanu i carni altro chè grattachecche,a zia ca ntrizza i riti i so maritu ca varcuzzu a s.Erasmo pronta pi ghisari l’ancora e ghiri na stati a tuariri no miarnu a pisci azzurru. Sulu u nuami vuole i sanariaddi,si chiama Biruzza e forse manco lei sa il suo vero nome reale.

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