Ci sono posti che non scordi più…luoghi impressi nella memoria dell’anima, case che sono state divorate dal tempo, sbattute dalla pioggia, rosicate dalle erbacce, arse dal sole, ma dentro di te vivono ancora…
E succede, all’improvviso, che mentre sei in mezzo agli altri, una parola, un profumo, una faccia ti spediscano là…nella casa dell’anima…e da là non vorresti tornare più.
E ti pare di sentire il fresco delle stanze in un pomeriggio d’afa, quando fuori il sole cuoce i sassi,
di mordere il pane conzato con l’olio nuovo, quello verde che ancora brucia,
di vedere i pomodori appesi al tetto a seccare,
di affondare la faccia in un lenzuolo steso ad asciugare,
di ascoltare racconti su chi partì per l’America, con un baule pieno di speranze e non se ne seppe più niente,
di toccare le more rosse e succose quasi nere e di macchiarti le dita e le unghie e i denti,
di scorgere una troffa di ginestra imperiosa, gialla e prepotente in mezzo alla lava dura di cent’anni, di cogliere il basilicò che facciamo la pasta sennò si perde,
di abbracciare il legno ruvido di un cèvuso che fu piantato quando nascesti tu, ti ricordi? E ora guarda quant’è fatto,
di sentire le gambe che pizzicano perché sei coi piedi quasi dentro al fuoco della conca,
di inspirare dalla strada l’odore del carbone che ti entra su per le nari fino al cervello,
di stringere quelle mani uguali uguali alle tue, precise, la stessa forma delle dita, ma come si fa, nonna?
Di correre attorno a una isterna scrostata appresso a un cane che si chiama Fiorello…
E poi ti ridestano…ti chiama una voce per farti tornare indietro da quella casa…
Sarà che fuori piove…ma stasera ho voglia di restare qua, nella casa dell’anima…
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