Novembre
Marcellino, il tuo novembre era raggiante, una gardenia che si apre al sole, il coraggio ricercato e ottenuto d’attuffàrsi in mare da uno scoglio di undici metri. Il mio novembre invece già allora era stanco, ossa fradice di pioggia che mal sopportano ‘stu minchia di tempo ccà.
Sempre piove a novembre. Sempre.
Chìsta era la risposta che ti davo ogni volta che tu mi domandavi: “Davidù, ti piace Novembre?”.
Io lo so che era il tuo mese del cuore. La mia risposta era però -concedimelo questo- il modo più elegante per dirti che a mmìa novembre mi fa cacare. E tu, comunque, tu lo sapevi che a mmìa novembre ‘un mi calava giù, manco pì niente. Pioggia, maglioni, raffreddori. Ma come mi fa a piacere novembre?
Ma tu, Marcellino, tu mi dicevi: “Nooo, è il carico di senso di novembre che ti fa scantàre, Davidù, ‘u fatto ca novembre ti impone riflessioni profonde e crudeli. E tu, chìsto, ‘un ‘u sopporti. Sì, gli altri mesi ostentano, ma a novembre si impara il mestiere della tessitura. E proprio perché l’estate è ancora chiara nella memoria, i corpi si coprono e quindi si impone allo sguardo la sottile arte del celare”.
Accussì mi dicevi ed io, grevio: “Marcellino: riflessioni profonde e crudeli… mestiere della tessitura… sottile arte del celare… ma comu minchia parli?”.
E tu Marcellino, tu mi sorridevi dai tuoi ventanni, ed in quel novembre millenovecentonovantaquattro sostavi zitto e solo nell’angolo più tenue di una Palermo umiliata dalla pioggia che minchia non finisce proprio cchiù ‘i piovere, diocristo.
Eravamo di idee antitetiche, tu ed io. Palermo la odia la pioggia sostenevo io. “È amore vero”, ribattevi tu, “una città arsa dalla sete che finalmente beve”. Ma accussì bevono gli schiavi, Marcellino, la bocca aperta verso il cielo, labbra che implorano la pioggia, e quando bevi accussì la pioggia non è mai acqua da sete, ma è uno sputo di disprezzo da un cielo crudele e padrone. No. Non mi hai mai convinto, Marcellino. Non ce l’hai fatta. Io e novembre ‘un appattiàmo. Chìsta ‘a verità.
“Davidù, è che io a novembre ci sono nato. Il nove novembre. È bello, no? Tipo nascere il dieci dicembre. O l’otto ottobre. O il sette settembre. Un canto pare”.
Si vabbè, Marcellì, chìsto t’u concedo, ma che minchia ci tràse chìstu c’u fatto ca a novembre piove sempre?
“Niente”, mi dicevano i tuoi occhi neri accussì felici di decifrare la bellezza nascosta nel balordo quotidiano che attraversiamo. E tu la bellezza la trovavi unnegghiè, dappertutto: nell’edera improvvisa sopra le cicatrici arrugginite della Palermo bombardata, nel ruggito della partita a calcio di notte a piazza Kalsa, nelle traiettorie caotiche delle inattese processioni di quartiere al Capo. Cercavano la bellezza i tuoi occhi, e la trovavano sempre, anche se sei nato a novembre e… ma com’è che già scurò?… novembre mese bastardo…
Ma fu proprio a novembre che io e i tuoi occhi vedemmo p’a prima vòta ‘u profilo selvaggio di Nora.
Nora aveva diciannove anni, Marcellino. T’u ricordi? Appena ‘a vìttimo: mamaaaaa, non ci potevamo credere che due mìnne potessero stare accussì aggrìtta da sole. Impossìbbile era. Una sfida alla forza di gravità. Le mìnne di Nora. Serissime. Altissime. Due pietre. Un carme perenne alla bellezza erotica della carne. Ricordo bene, come fosse ieri: taliàmmo le sue mìnne e a bocca spalancata ci alzammo in piedi e partimmo in un sincero, stupefatto applauso, io e i tuoi occhi in religioso silenzio, Marcellino.
E poi il suo volto, il suo viso selvaggio di Nora che si offrì scura e sensuale al taglio di luce. Necessaria, come una partita di calcio sullo sterrato. E pericolosissima, come un tuffo al buio tra gli scogli.
“Si, è vero, Davidù: ma vuoi mettere durante il tuffo la pura bellezza del volo?… poi, se va bene, è mare e non scogli, e ‘u ricordo del salto… ma ‘u tuffo, Davidù, l’ebbrezza del volo, lo stare cadendo sospesi, il tuffo: non è per ‘ste cose ccà ca si vive?”
Ma perché sono i cose cchiù difficili chìdde che attirano di più?
Minchia fìmmina, pensammo entrambi. Il tempo pareva contratto, riprendemmo a respirare più per inerzia che per convinzione. Le mìnne di Nora sono cose che segnano il percorso di chi le incontra.
Ma era novembre, Marcellino.
E novembre è mese di pioggia, ed io, nato ad aprile, ero e sono troppo distante dalle sue ombre e dai suoi scuri improvvisi.
Accussì ci andasti tu da lei, Marcellino, e ci andasti con i tuoi occhi neri ed i tuoi occhi felici ci riuscirono vero a parlar con lei e, in quel novembre scorbutico e uggioso, tu e Nora intrecciaste i vostri sguardi come si intrecciano le gardenie nei capelli, le dita ai nastri rossi.
Oggi è di nuovo novembre qui fuori da me. È novembre e piove e tutto ha adesso un’aria accussì triste che se fossi un angolino di cielo mi mittìssi a piovere puru io, và. E Palermo è abbuttàta, ammantata da tutto ‘sto grigio che annièrba e mi fa stringere santiàte tra i denti.
Accanto a me adesso c’è Nora. È bellissima Nora, come sempre. Ha un abito scuro, lungo. I capelli che si adagiano con elegante lentezza sulle spalle. È in piedi Nora e sta osservando Cecilia. Cecilia è splendida. Lei, figlia della spavalderia di giugno, sta disegnando con le dita petali irregolari sulla terra. I suoi sei anni sono l’unica luce di questo oggi tetro, di ‘sto novembre di merda che mi ferisce con ogni interstizio della sua ombra. Marcellino, ti giuro, dovresti vederla Cecilia, no: meglio, dovresti sentirla parlare, ché la bellezza ‘un è solo nelle linee del corpo.
Cecilia che mi dice: “Zio Davide, ma tu ci sei mai stato nella felicità? Io ci sono nella felicità”.
Cecilia che mi dice: “È bello ‘sto posto qui, mi ricorda un sogno che ho fatto in un tempo però opposto a qui”.
Cecilia che mi dice: “Quanto ci voglio bene a papà? Io ci voglio bene fino al nulla”.
Mi tremano le gambe, Marcellino.
Ho freddo e voglia di pigghiàre qualcosa a carcagnàte.
È novembre, Marcellino, il tuo novembre, ed io sono in piedi e c’è Nora accanto a me e ci sono gli occhi di tua figlia Cecilia che sono neri e uguali ai tuoi, occhi felici che trovano la bellezza e sorridono, e Cecilia adesso sta correndo tra le croci ferme di questo cimitero, ed è un tale sospiro di vita Cecilia che pare una gardenia, anche la pioggia la sfiora lieve, mentre i tuoi occhi neri, Marcellino, i tuoi occhi felici mi sorridono da un tempo opposto a qui, da un altrove in cui stavi nella felicità, una moglie di nome Nora ed una figlia in arrivo che “ho deciso, Davidù: la chiamo Cecilia come a mia madre”, ma qui è Palermo oggi, è il cimitero dei Rotoli chìsto ccà e piove, buttana di eva, piove, e forse è perché il giorno già scurò o forse sono solo i miei occhi o forse è soltanto tutto il mio odio per un fottuto novembre che ladro, nella fragilità di un battito di palpebre, in una curva non vista, in una frenata non giunta, in un tuffo non voluto rubò allora e per sempre da quei due occhi neri e felici il tuo sorriso di gardenia.
Sei l’Angelo delle parole tu…
Quando uno ogni volta di più si supera…
…quando ti ho conosciuto personalmente non ti conoscevo artisticamente, ora che ti conosco artisticamente non sono più ‘mPalermo…
Grande non basta
Sergio
Davidù, hai cucinato un dolore bellissimo, una pietanza che può mangiare solo chi sa stare a tavola. Ci penserò domani mentre netto dai fiori secchi una balata annerita nel suo inutile sforzo di opporsi al tempo. Ma al tempo io mi abbandono forte della corazza della memoria. E dentro di me le balate sono candide. E i fiori non seccano mai. Grazie per avermi fatto ricordare questo. Un abbraccio
Bellissimo. Mi hai fatto venire i brividi. Non ho altre parole
…non dovrei farlo, ma non riesco a evitarlo. mi facisti chianciri, davide. vafant.. tu e novembre.
Appena t’incuoccio si un ti levi t’abbrazzu.
…e si ti levi t’assicutu.
se per dicembre non t’inventi una commedia … non ti perdonerò mai!
camena lacrimosa
Che brividi! I tuoi post lasciano il senso della bellezza della scrittura , grazie
…minchia Davide mi hai fatto arrizzare le carni! Domani metterò i fiori e novembre diventerà carico di ricordi. Di un abbraccio di nonno Salvatore che non c’è più, che mi ha voluto tanto bene, che non ho conosciuto (perchè ero troppo piccolo), ma che mi segue ogni giorno da lassù! Ciao nonno, ci vediamo domani!
“accussì bevono gli schiavi”… ma da dove, da dove riesci a prenderle queste parole?… mi hai fatto piangere, strXXXo, e grazie…
Caro Davide, sì, oggi è novembre,la signora Luciana se n’è andata stamattina nel silenzio dell’ospedale. La saggezza e l’ironia della vecchia Roma rimane nel ricordo vivo che ho di lei e nei suoi occhi furbi e ridenti. Minchia, mi mancava solo il tuo post…
Ciao Luciana, e grazie.
Bello sig. Enia.
Bella la gardenia, belli i nomi, bello novembre.
Se non fosse stato perché ci è nata mia figlia a me novembre non mi avrebbe fatto né caldo e né freddo.
Me l’aspettavo un post su novembre, ma mai mi sarei immaginato questo. Come mai mi sarei immaginata la bellezza di mia figghia quando la vidi per la prima volta.
Bella sig. Enia.
nora e cecilia di marcellino, come teresa e sara di gennaro.
sei bravo, davide. è inutile ripeterlo, forse: ma è così!
ancora una volta: grazie.
Sei riuscito a commuovermi. Oggi ho salutato mia figlia che aveva -ma tu come hai fatti a saperlo?- un sorriso di gardenia…
Sono un dono prezioso le tue parole. Non so perché le scrivi, e no so perché io mi sento in bisogno di ringraziarti, ma grazie Davidù, grazie anche di avermi fatto piangere davanti al computer. Alberto da Messina
Oggi ho salutato mia figlia che aveva -ma tu come hai fatti a saperlo?- un sorriso di gardenia…
ma vogliamo riscrivere il meritevole libro di alajmo dai post di rosalio?
Ma finiamola di farci sensibilizzare dalle parole di un post per esternare le proprie incomprensioni.
Cercate di separare l’arte di scrivere un pezzo di prosa o drammaturigia dalle vostre malinconie. Se no qui non andiamo avanti…
anita
Antita, ma chi boi riri?
Se c’è uno c’avìsse a ghirissine nnu pissiologo, chìdda si tu, ca passi u tempo a jiccàri merXXa sui cristiani…
ma viri chi cuoasi…
‘un ti piace ‘u post: scrivi ca ‘un ti piace, ma smettila di dare giudizi saccenti sui post delle persone
‘u malu chi ffari genera acìto, e se c’è una che non va avanti, visti i toni dei tuoi post, chìdda si proprio tu
scusate, ma i sparasentenze non le sopporto.
Bellissimo post, davide, e bellissimi pure i commenti che ti hanno lasciato.
Ciao, e forza palermo stasera
Antita: anita… puru u computer si siddrìa a scrivere il tuo nick
Algoritmo ti invito a essere garbato con Anita.
“ché la bellezza ‘un è solo nelle linee del corpo” è sicuro.. è nelle tue parole..
Le gambe mi tremano, Davidù.
un sorriso.
Di quale “avanti” parli, Anita? se trovi sia un peccato emozionarsi per delle parole (che sono poi uno dei molti mezzi di comunione tra l’interno e l’esterno) quale è questo avanti?
Se le togli le emozioni e la possibilità di condividerle, cosa rimane della prosa, della drammaturgia che ci consigli di rivalutare? un mero esercizio ortografico?
Scusa, ma non capisco.
Ah…Davidù, il tuo Novembre è il modo migliore per iniziare l’ennesimo novembre…grazie per i tuoi talenti, che arricchiscono anche noi.
🙂
Ci raccomanda Anita: “Cercate di separare l’arte di scrivere un pezzo di prosa o drammaturigia dalle vostre malinconie”. E dice: “Ma finiamola di farci sensibilizzare dalle parole di un post per esternare le proprie incomprensioni” (ma “nostre incomprensioni” era più bello…). Bene.
Ma purtroppamente io penso che una delle motivazioni dello scrittore è quella di fare un “patto” coi suoi lettori. Quello di offrirgli, in cambio dell’attenzione, informazioni, divertimento, approfondimento. Ma anche sentimenti che possono o no essere condivisi. Si può essere complici di uno scrittore che ci piace? Perché no? E se un testo induce alla malinconia, che facciamo? Ci guardiamo allo specchio e ci diciamo: ma che uomo sei? Perché dobbiamo lasciare da solo Leopardi nella malinconica dolcezza del suo annegare nell’Infinito? Pure io ci annego. Va bé non sono Leopardi, ma nel mio piccolo… Insomma Anita, lasciaci essere piccoli piccoli con Davidù. Che può succederci? Una lacrimuccia? Ma lo sai che senza le lacrime diventeremmo ciechi in tre settimane? Di lacrime non è morto mai nessuno. Un consiglio: scantati di chi non piange mai. Perché ha il cuore chiuso in una miniera di carbone, incapace di uscire a riveder le stelle. Con tutto il rispetto.
Parole sante, signor Billitteri!! 🙂
Tutto è così semplice, emozionante e…vivo, nonostante tutto.
Io ci sono nata a Novembre.
uaaauuuu!!
caro, immenso Davide
ho un nodo alla gola puru io.
e due goccioline salate scendono giù per le guance.
inevitabile reazione alle tue parole, leggo, un pò per tutti,
se aggiungi poi che il Palermo n o n ha appena vinto….
un abbraccio
e un altro grande Grazie
E fu così che Rosalio si trasformò in una valle di lacrime…
..eppoi Davidù,
concordo su Novembre.
a parte l’arrivo degli agrumi, colorati e buoni,
anche questo novembre, iniziò freddo e scuro e triste e stanco…
bhè, dulcis…’nni scuru,
sventolo un pò di Rosanero..
perchè ci protegga dai malanni di stagione!!
olè!
bhe, le lacrime sempre un pò pioggia sono..
è giusto così, a novembre.
Sono triste…sarà novembre…sarà il tuo “novembre”? Non lo so. Ero triste già da prima mi è bastato leggere il tuo post per farmi uscire la lacrimuccia…grazie ma vaffanculo Ddavide
E fu così che solo per andar “contro corrente” venite a scrivere che rosalio diventa valle di lacrime e che non si va avanti… Daniele Billitterici dà perle di saggezza con la sua lettera. Complimenti, Daniele, è molto bello e molto vero ciò che scrivi. Mi permetto di aggiungere che è andare sempre contro corrente è il conformismo più frequente oggi.
E poi, ma forse perché io sono malato di come scrive Davide, mi ritengo fortunato a poter leggere i suoi scritti. Io a Davide non lo conosco, ma lo leggo da alcuni anni, dai tempi del pianeta rosanero, e sempre nelle sue e-mail c’è qualcosa che lascia il segno. Ha un talento che ce ne fossero. Solo se fosse di fuori, del “continente”, saremmo tutti a dire quanto è bravo… e poi vi arrabbiate se ci danno dei provinciali…
max non è questo, è che nella bellezza dei racconti di davide non c’è solo la malinconia o il senso di commozione che può suscitare.
Per fortuna i suoi testi hanno sogni e meraviglia, e quindi fanno anche sognare, hanno odori e suoni e movimenti.
E’ secondo me soprattutto questo che li rende diversi dal resto della roba che si trova in giro.
Caro maxrosanero nessuno discute il talento di Davide; solo che, come dice Red Tsunami, nelle sue parole ci sono tante altre sfumature che vengono cancellate dalle lacrime di chi legge! 😉
scrivi talmente bene che viene voglia di imparare a scrivere. come i bimbi che imitano un chitarrista immaginando uno strumento che non hanno ma agitandosi come se l’avessero tra le mani. spero tu giudicherai positivamente (da MAESTRO quale reputo tu sia) questa cosa che mi hai stimolato col tuo NOVEMBRE.
parlano i morti, minchia se parlano! a Palermo poi, u ru’i novembre, pari ca abbanniassiru. il primo a sentirli è il cielo, che si fa cupo e grigio e comincia a piangere su questa terra, amante di un sole che l’ha consumata; Piange il cielo, su questa terra che si nutre di corpi dei suoi figli devoti, ammazzati da fratelli caini. Piange sui volti già bagnati di chi ha perso qualcuno, qualcosa e davanti una croce di pietra, sotto un’acqua che odora di lutto, giura davanti una foto che non si arrenderà. piange il cielo. e poi smette. I vecchi lo sanno, a Palermo i morti camminano. i bambini sperano di vederli da sotto le coperte, nella penombra, riempire di doni, le loro stanzette. perchè a palermo non sono i morti che fanno paura, ma i vivi. e agli eroi questo fa rabbia. ed è la rabbia di chi è stato derubato della sua normalità. di chi è costretto ad essere un eroe, perchè due occhi piangenti e insieme rabbiosi sono un inno al coraggio, perchè a palermo non tutti li ricordano i morti, non tutti li ascoltano, non tutti gli lasciano raccontare le loro storie, non tutti imparano da chi l’ha calpestata prima di loro, questa terra fottuta. questa terra che adesso, dolcissima, guarda il cielo e lo consola.
lacrimi? Ma quando mai! Io quando leggo il sig. Enia scialo. Non ci penso alla tristezza seria. Io m’addiverto
Cari Red Tsunami e Stanton
Io credo che, con l’urgente e subitanea conferma della mia lacrima dopo la prima lettura, mezzala Davide ha fatto
g o l.
Il suo racconto è riuscito trasformarsi: lo susseguirsi di parole è diventato mia immaginazione, che è andata a scuotere e agitare il mio animo, alias Centro dell’emozione, la cosa ha provocato un maremoto emotivo, che è sbordato sotto forma di una min*hia di lacrima sincera…
Dove è il problema?
Non mi pare proprio che abbia cancellato ne’ la qualitè del racconto, nè la sensibilitè dello scrittore, nè la precisionitè del particolare che contraddistingue la scrittura di Davide, ne la geniale forza metaforico-comunicativa dei suddetti particolari e delle parole.
Odori, suoni e movimenti al sicuro. Conservati. Rintra ri mia.
Ok?
E per favore, non rovinate con giudizi disprezzanti la bellezza di questo blog, e la possibilità di commentare, con poche parole, ognuno a modo suo, il lavoro che lo scrittore propone.
E braaavo Davidù!!!
“giudizi disprezzanti” ?
Non credo che qualcuno abbia mai voluto disprezzare qualcun’altro o qualcosa o qualche sentimento!!!
Forse il problema è che su caratteri ascii, piuttosto che dal vivo, non si può comprendere appieno l’ironia.
Peccato.
Perchè pensa alla situazione che anzichè stare tutti dietro a uno schermo, fossimo stati tutti contemporaneamente in una stanza, a leggere il racconto di Davide.
Contemporaneamente tutti, o quasi, si mettono a piangere. Pur nella commozione, penso immediatamente verrebbe da ridere.
No?
Sergio
ciao Sergio,
è che in
“ci sono tante altre sfumature che vengono cancellate dalle lacrime di chi legge!”
sarà per l’annebbiamento della vista..
ma ho percepito un certo sprezzo invece dell’ironia…
scusastemi.
Ecco, hai percepito proprio male!
Adesso mignolino mignoletto e pace fatta, che i blog in cui si litiga anzichè discutere sono proprio brutti.
Già ci basta la televisione.
oioi,
chiedo scusa per essermi espressa in modo forse un pò troppo secco.
no litigi davvero no.
e sicuramente non qui, sotto un post di Davide.
èscusez-moi.
voilà le mignolin!
enia, tiratore scelto di sassi scelti.
sui blog fai sfracelli, metti (o mieti?) interi eserciti pronti ad opporre il petto a chiunque osasse osteggiare il tuo passo zigzag con corredato capello olè.
ti posto, certo che ti posto.
adesso è roma (diresti tu) e a roma pure è arrivato novembre, mese di scorpioni, generale con stellette in petto, capelli corti, sguardo alla Jack Nicholson che alla fine del film si ravvede e s’ammorbidisce come la tua ex .
si chiamava Diana Blu, se ben ricordo, ma anche tu però, se t’accompagni alle dee cacciatrici, che pretendi.
novembre invece si accompagna in queste ore a nostra signora tramontana, una straficona con tutina aderente, tacchi a spillo e frustini, una catwomen senza fusa, che ti taglia la pelle senza troppi complimenti e ti chiede se la vuoi incartata, da portare a casa.
ma la luce oggi era bella, l’avrei preferita in una cornice di silenzio, su un lungotevere sgombro da domenica mattina presto, che adesso ha per terra le foglie ocra dei platani.
pioverà anche, benedettiddio se lo so, ho ancora panni stesi in terrazza da domenica, quando era ottobre, clemente illusoria coda settembrina senza fichi.
ottobre era sole da lenzuola.
poi una notte di qualche notte fa ha fatto acqua.
le mie lenzuola piovane stanno ancora lì, ad aspettare ottobre fedifrago, quel senzapalle di ottobre.
come già ti dissi, le mie amate giuliocesarine foglie di platano in autunno ti fanno un tappeto sotto i piedi che pare un immenso kilim turco, uno stuolo di farfalle morenti che offrono bellezza da calpestare per dirti sì vabbè hai freddo, ma vuoi mettere questo crepitìo di colore sotto di tuoi passi?
le foglie platanine piovono anche quando c’è il sole ma è con la pioggia che tirano fuori i colori, come le conchiglie fanno con l’acqua di mare.
non ci sto a palermo, neanche ci sono nata.
ma mi manca uguale.
è tempo di letargo, per le melanzane aspetto di nuovo.
(joni direbbe back to the garden now…back to the garden…)
foglie,
I.
è un massacro. ogni volta è un massacro leggerti, signor Enia.
Bello, è bello.
Commovente, è commovente.
Ma, diamine, Davidù, uno, dico uno che non finisca con un senso di amaro in bocca c’è?
Sperem per Dicembre (ovviamente, ma non poi così ovviamente, staiu sgherzando)…
brividi, non lacrime, davide.
emozioni.
grazie.
chiara
questa volta il colpo è stato grosso, “signor enia”.
avrei voluto scriverti ma proprio non ce la faccio…
spero di rivederti presto, prestissimo
grazie mille comunque!
E’ un orgoglio leggere un mio concittadino che scrive così della mia città…
Sei un grandissimo!
Straziante come è straziante novembre, talvolta