Questa mattina
Pasquale Culotta è scomparso improvvisamente, lontano da Cefalù. In questi casi chi legge pensa al peggio, e infatti è così: scomparso sta per morto. Io penso che Pasquale sia scomparso e, seppur sapendo, lo immagino svanito. L’ho incontrato recentemente, per le vie di Palermo, perché una delle sue traiettorie si è incrociata con una delle mie, e lì s’è creata l’intersezione di abbracci e chiacchiere. Con Pasquale era così, ci si fermava un attimo a parlare dei progetti in corso e si veniva immersi in un tourbillon di idee, notizie, impressioni, attenzioni. Poi lui andava via, spesso trafelato, e svaniva tra la folla e le cose. Mi dispiace di non potere incontrare di nuovo il suo sorriso o lo sguardo di sottecchi, ma sarà altrove a farlo ad altri. Sì, perché per me è soltanto irrimediabilmente svanito, confuso tra persone e architetture, attraverso le quali o dietro cui lo si potrà intravedere, rimanendo accorti o attenti. Il poeta Joao Guimaraes Rosa ha scritto, e così continuo a pensare a Pasquale, “le persone non muoiono, rimangono incantate”: scomparso in questo incantamento.
Ultimi commenti (172.551)