Mafiawear
Solita festa fashion nella settimana della moda a Milano. Solite facce note dello show-biz. Vallette sorridenti neo-epurate dagli scandali, finte giornaliste fasciate nei loro completini glamour. E tanti sorrisi, proprio tanti. La notizia non è proprio freschissima, ma i media più autorevoli l’hanno ignorata. L’occasione mondana è il lancio della nuova collezione autunno-inverno 2007 di un nuovo marchio italiano lanciato da un imprenditore veneto. Ma il nome del brand tanto cool fa davvero rabbrividire: mafiawear. Credevo fosse uno scherzo, ma non lo è. L’illuminato imprenditore veneziano lo ha anche registrato, ci ha fatto un sito, e ha messo su una catena di franchising. I dati delle vendite non sono noti, ma dal momento che la madre degli stolti è sempre incinta suppongo che ci siano abbastanza stupidi in giro per l’Italia che acquistano queste pezze visto che il brand esiste già da un anno.
Per Paolo Rubin, il business man che ha lanciato l’idea, il termine è sinonimo di potere, lusso, fascino. Mi domando seriamente se questo illustre ignoto conosca anche minimamente la storia del suo paese, perché fino a prova contraria la Sicilia fa parte dell’Italia.
Ho vissuto la mia adolescenza negli anni delle stragi. Ho provato sulla pelle il senso di abbandono dello Stato e ho fortemente creduto nella rinascita della mia terra. Al di là di tutti i pensieri che possono farsi sulla lotta contro la mafia, sul nostro sistema politico, sui politici stessi, io credo fortemente che la Sicilia sia cambiata, che siano cambiati i siciliani e che sia cambiata l’idea che la gente fuori dall’isola ha di questa terra.
Non posso nemmeno pensare che figure come Chinnici, Falcone, Borsellino, Livatino, Cassarà (giusto per citare alcuni nomi), non abbiano segnato nelle coscienze e nel futuro che dobbiamo costruirci un nuovo percorso e da siciliana mi infastidisco, mi sdegno, mi irrito, di fronte ad un modo così basso di fare business. Ma soprattutto, mi vergogno in quanto italiana, del fatto che nessuno si sia indignato per un fatto del genere, che esula da qualsiasi buona regola di marketing o di strategia d’impresa. Mi vergogno per chi ha perso la vita per lottare e per chi lotta silenziosamente rischiando la vita.
Sconforto,non c’era modo peggiore di iniziare la domenica.
Sono in…..to nero.
Assurdo.
Leggo il vostro blog da poco.
Lo ritengo interessante e non banale.
Questa notizia mi ha lasciato quasi del tutto indifferente.
Indifferente perchè l’ignoranza della gente non ha date, scadenze e soprattutto limiti.
Mafiawear: Che vergogna!
Scusate ma non mi meraviglio affatto.
La gente va in giro con magliette con su scritto deputamadre=figliodibuttana.
Provenzano tutti lo abbiamo visto e tanto elegante non mi sembrava:
vecchio, stracciato e coi pannoloni.
Se qualcuno inventa un mafiawear lussuoso e quant’altro, pare chiaro il riferimento a quei film holliwoodiani dove il mafioso italiano, colombiamo, yakuza o fate voi, si veste già D&G o Armani.
La mafia vera da lì è lontana anni luce.
Il nome mafia è un tabu, e per noi soprattutto.
E non è detto che sia per forza un bene.
Hanno un sito web. C’è una pagina contatti. Andiamo e scriviamogli chiaro il nostro disgusto. Facciamolo in tanti. E poi dimentichiamoli, perché quello che cercano è pubblicità.
Per dovere di cronaca “De puta madre” e’ un’espressione per dire fighissimo…
Ciao Paola!
Non sapevo di questa linea di abbigliamento, ed e’ comunque sconcertante!
Secondo me questo e’ un sintomo evidente del mercato, quindi di chi produce e di chi compra, che e’ senza piu’ rispetto.
La parola mafia, grazie alle produzioni hollywoodiane e ai media, e’ diventato un brand a tutti gli effetti, gia’ sfruttato nel mondo dei video games, infatti e’ in commercio il video game MAFIA (siamo gia’ a MAFIA II, la seconda versione).
Poi, andando su siti dove ci si puo’ creare la propria maglietta, ormai popolari sul web, come eshop.com, e si digita la parola mafia, ne escono gia’ diverse di “creativita’” con la parola Mafia, es. Mafia Business!
Dall’altra parte ci sono i consumatori della societa’ di oggi, dove tutto e’ consumo, come ha fatto notare RedTsunami, l’azienda spagnola deputamadre vendeva magliette con scritto COCAINA…pensa te!!!
se non sbaglio in america i mafiosi sono fighi…in america peró, in un paese dove le gangsta sono il top del figo (rap docet)
Concordo in pieno cara Paola, è proprio disgustoso!
reduce da una esperienza bolognese dove sul bus una persona ben vestita e colta(a sua detta…) ha dato dei mafiosi a tutti i siciliani (me compresa che le sedevo accanto…) non posso che rimanere perplessa leggendo questo articolo…
il problema è che c’è troppo bla bla sulla parola mafia (e in pochi sanno davvero cosa questo significhi).
ps: davvero de puta madre vuol dire “fighissimo”? ho imparato una cosa nuova 😛
Non scherziamo. Letteralmente significa quello che significa. Che poi si usi in certi contesti con altre accezioni è altra cosa.
Caro Cris
è vero..vi è un abuso a sproposito di questo termine e non è nuova l’idea di lucrarci sopra..esempi simili ce ne sono tanti e sono tutti abbastanza squallidi..però ogni tanto disgustarsi credo non faccia male e mi fa piacere vedere che c’è gente che la pensa come me…tanti saluti…a presto!
Il problema non è l’azienda che lancia la nuova linea d’abbigliamento… non fa altro che rispondere ad un bisogno del mercato… il problema è che nel mercato probabilmente c’è questo “bisogno” (altrimenti non avrebbero investito), e che ci sia un terreno fertile per queste assurdità.
mi pare una squallida operazione di marketing….nel bene o nel male l’importante è che se ne parli.
Infatti, mi fa piacere che la notizia non stia avendo molto eco sui media. Forse meglio non parlarne, altrimenti hanno vinto.
Sono andato sul loro sito, con la voglia di lasciare un commento che esprimesse il disgusto per questa iniziativa, spinto da un consiglio che ho letto sopra. Poi ho letto la loro “filosofia”. E’ una battaglia persa. Come diceva una mia amica “non ci sono le basi per una conversazione”. A volte viene voglia di andare a vivere su un isola deserta, con “Wilson” come unica amica (ricordate “Cast Away?). Perchè c’è più senso in un pallone con un viso disegnato che in tutta quella gente che per accumulare sempre più denaro si comporta come un demolitore, pronto a travolgere tutto e tutti, persino i più elementari valori che distinguono l’uomo dalle bestie. Che tristezza…
Alessio
Io intanto l’ho mandata una mail. In ogni caso dovete leggere assuntamente la sezione filosofia e ancor meglio la sezione brand. Una chicca.
[…] Ho letto di gente che si indigna. Vorrei tranquillizzarli, c’è un equivoco. Mafiawear, marchio di abiti, non ha nulla a che vedere con la mafia siciliana. Mafiawear si riferisce a Mafia, isola della Tanzania situata nell’Oceano Indiano vicino la più nota Zanzibar. E Mafia wear sono gli abiti tradizionali del luogo. […]
bah!
ahahha un genio, UN GENIO!
meno male perkè ci eravamo xantati! dunque mi sarei persa in disocrsi del tipo…riabilitare la coppola come simbolo ok…ma il termine mafia..! era come riabilitare il termine stupro…avreste mai indossato un costume o un jeans firmato stuprowear…ma daiiii
nn vi dovreste mai permettere di insultare una persona che nn conoscete perchè è una persona molto simpatica e generosa il business-man!
Finalmente mafiawear è fallita!!!!
E con le Paolo Rubin, il marco ve è suo fratello!!!!!
Eh si…..le amanti hanno questi vantaggi….
Eppure …. il marchio intrigava . . . . 😉
Amanti???
eh si! io e paolo!
E’ la prima volta che scrivo su un blog, lo faccio per ringraziarVi tutti, grazie per il tempo che avete dedicato a scrivere commenti e giudizi sul mio marchio. Giorno per giorno ho sempre più conferme, i ben pensanti sono degli ipocriti fuori dal tempo, bene e male esisteranno finchè esisterà l’essere umano. Vi voglio informare in merito al fallimento di mafiawear, il progetto è sempre più forte e in continua evoluzione. Un ringraziamento particolare va a silvia, ciao a tutti. POL
Io ho lavorato per la famiglia Rubin, è gente buona con grandi valori di umanità un saluto a tutta la famiglia