‘U Signuruzzu senza casa di piazza Spasimo
Spentasi ogni residua eco dell’ultima Kals’art, è in parecchi che si resta con la voglia di sapere quanto, di preciso, le ripetute performance municipal-culturali abbiano finora giovato ai residenti meno abbienti di via della Vetriera e agli altri di Piazza Magione, là dove questa prosegue con Via dello Spasimo. Alla gente di una parte della Kalsa protetta invano perfino dai santi. Come ha testimoniato a lungo l’edicola vuota nel muraglione di un rudere finalmente recintato, pare, per essere ricostruito almeno dai privati. Altarino in cui restarono a lungo un boccale di plastica con due fiori finti ma del quale non siamo riusciti a sapere nemmeno che taumaturgo ospitasse. Una ragazza ci ha detto solo che c’era ‘u Signuruzzu. Sparito, alla fine, insieme ai kalsitani coattivamente sloggiati dopo essersi affacciati per anni dalle imposte pericolanti del piano sovrastante.
Poco per poter parlare, almeno nell’accennata parte del mandamento che un tempo fu “l’eletto”, di altri tangibili miglioramenti apportati dalla nota manifestazione culturale. Mentre resta ugualmente desolante nella stessa Vitriera la lapide di latta ammaccata e scheggiata rimasta a informare, chi vi si avventura, del fatto che in quella strada nacque Paolo Borsellino. “Lapide” significativa della verità che nemmeno i servitori di Dio ricevono qui la stessa mercede terrena. Basti fare il paragone con il marmo che opportunamente e poco distante, in via Quattro Aprile, “la Municipalità pose” per far sapere che là nacque “il servo di Dio Francesco Paolo Gravina Principe di Palagonia”. Benefattore che spese tutto quello che aveva per dare un tetto e pane ai poveri della città. Ma la cui vicenda fa anche riflettere sul fatto che non può essere stato servo di un dio minore il Giudice massacrato con l’intera scorta. Che fece sicuramente del suo meglio per sfamare evangelicamente chi aveva sete e fame di giustizia.
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