25 novembre 1985
Oggi è ancora 25 novembre. A piazza Croci c’era il sole quel giorno. Antonio mi disse: “Andiamo a piedi, non aspettiamo l’autobus”. “No, mi scoccia. Anzi sì, ho cambiato idea”. E ci incamminammo all’uscita di scuola. Antonio amava morbosamente Elvis Presley, io ero più su Beethoven. Lui mi spacciava per sua “Be Bop a Lula”, considerandomi digiuno di canzoni pop e faceva pure la mossa mentre cantava. Io facevo lo stesso con la Quinta di Beethoven (“Bob o bo booom. Senti Antò, ti piace? L’ho inventata stamattina in bagno”). Entrambi corteggiavamo cavallerescamente e senza colpi bassi la stessa ragazza. La disfida venne mandata a puttane da un terzo che non aveva letto di Orlando e dei paladini di Francia. Uno pratico, infatti adesso è ricchissimo.
Dunque, ci incamminammo, quel giorno. Mio padre insegnava al “Meli”, nella mia stessa scuola. Però non potevo tornare con lui perché stava a letto con la broncopolmonite. Dopo dieci minuti di strada, la prima ambulanza sparata verso piazza Croci. La seconda. La terza. Non ci preoccupammo. Non sapevamo. Non indovinammo. Il sole splendeva. Lasciai Antonio al bivio (“Senti Antò ti gusta ‘sto motivetto che ho scritto durante l’ora di religione? Taratattarattattattatataratatatatta! Era la marcia di Radetzky). Arrivai, infine. Sul portone di casa, c’era mio padre e stava entrando in macchina. Pensiero veloce. Mio padre con la broncopolmonite sale in macchina e mi viene a cercare = Mink. Ho fatto davvero tardi e qui finisce a schifio! Poi vidi che si muoveva come una falena impazzita in una bottiglia. Andava e veniva dentro un invisibile e invalicabile rettangolo. Portava ancora la vestaglia. Finalmente lui mi guardò. Non dimenticherò mai. Erano gli occhi di uno che ha visto un altro tornare dal regno dei morti. Mi prese quasi di peso. In soggiorno c’era mia madre con la tv. Lo speaker del tg: “Terribile incidente al liceo Meli. Un’auto di scorta ha falciato i ragazzi all’uscita da scuola. Biagio Siciliano è morto”. Giuditta Milella sarebbe morta qualche giorno dopo.
Oggi è 25 novembre. Ho due desideri. Vivere una vita degna, non sprecarla perché sarebbe un oltraggio. Incontrare mio padre per strada e guardarlo come lui guardò me quel giorno. Come si guarda qualcuno che è tornato dal regno dei morti.
Roberto, da quando conosco questo blog, non salto mai un giorno senza leggere gli interventi scritti.
Con grandissima sorpresa trovo te, carissimo amico mio.
Le tue parole sono sempre meravigliose.
Anch’io ho due desideri:
Vivere una vita degna, non sprecarla perché sarebbe un oltraggio. Incontrare mio padre per strada.
Roby… sei il migliore!
Antonio
Hai il dono, come pochi, di sapere scrivere di certi sentimenti, certe paure. Momenti istantanei che dalla tua mano si trasformano in infiniti.
Temo sempre di non saperti dire quello che provo, nelle poche, rare volte che ci incontriamo. Provero’ ad avere piu’ coraggio la prossima volta.
tuo
Alfredo
Niente di speciale!
Poca fantasia,per intenderci quella che dispensano in ogni frase D.Billitteri e D.Enia, quella si,e’ musica,emozioni, armonia.
Il Signor Puglisi ci serve un minestrone dal sapore strano, troppi ingredienti si oppongono , dove la quantita’ non fa’ qualita’,linguaggio confuso ,cacofonico,
eppure ci parla di musica!
Mi lascia addosso solo freddo e tristezza,ma dentro niente.
Sorvolo le gentilezze con un “grazie” ad Antonio e Alfredo. Il giudizio di Pat Bum è (ovviamente) legittimo. Ma non mi va di fare l’inglese ed esibire un elegante distacco, quindi presento il mio controfischio al fischio. Qui non si parla né di fantasia, né di musica. Si parla di altro. C’è bisogno di parole importanti, ma anche di lettori più consapevoli. Saluti.
Grazie per aver voluto condividere con noi le tue emozioni.
Lei non e’ inglese ,e’ suscettibile e fa’ finta di non capire.
Mi dispiace per lei che non distingue il linguaggio cacofonico dalla lettura piacevole(ho fatto due esempi sopra).
La storiella che lei racconta non obbliga all’approssimazione, la puo’ raccontare “persino” scrivendo bene.
Dicevano alcuni registi di cinema “non e’ sufficiente avere un’idea……”
P.S.la mia sorpresa e’ accentuata avendo letto in questa sede notizie sulla professione dell’autore del testo.
Come puo’ confondere il linguaggio musicale dalla musica vera e propria, o non capire allusioni a prima vista paradossali?
Ripeto, se vuole esempi si vada a leggere Enia e Billitteri oppure i maestri del giornalismo italiano.
Pat bum, chi scrive fa con l’apostrofo (con l’apostrofo!) non ha titolo per criticare la scrittura di nessuno. Prima fai le scuole elementari, e poi torna a leggere Puglisi.
Ciao Rob,
a me m’è piaciuto molto ‘sto scritto, soprattutto quando mi segni la vita del terzo: uno pratico, infatti adesso è ricchissimo. Bella ‘sta frase, una vita in un aggettivo. Sulla verità storica del disastro, non mi permetto neanche una parola che sia una, e mi tengo stretto pi mmìa ciò che i miei occhi, passand’i ddà, ogni volta taliàno oltre la lapide. Ho letto i commenti e, ma tanto ‘u sai meggh’i mmìa, ‘un è ca si può piacere a cuegghiè, anche se non comprendo il paragone tra me e te e soprattutto d’u canazz’i mannara ‘i billittè… Comunque, ero convinto ca tu eri inglisi… ciao robbè
XANTO , io mi sono fermato alla quarta elementare pero’ sono contento di non essere STUPIDO come te!
Se tu non fossi stupido “avrebbe” notato che tutti i miei accenti sono uguali e ti saresti chiesto qual’e’ il reale motivo.
“Dubbito” che tu con la tua pochezza “potrebbe” risolvere il REBUS.
Pat bum, grazie! Adesso ho capito, hai una tastiera senza lettere accentate! Grazie, ho capito! come sono stato stupido. Il problema è che su fa non ci va nemmeno l’accento… (e lasciamo perdere l’apostrofo che aggiungi a qual è, sarà colpa della tastiera).
Robereto scrive benissimo a sa fare il giornalista. Lo so. Io lo faccio da 37 anni e lavoriamo nello stesso giornale. Poi gli stili possono non piacere o no. Ma qui siamo di fronte a una scrittura che già si eleva abbastanza dalle cacatelle che si leggono in giro, a cominciare dal mio giornale. E non credo solo perché… in civitas caecorum, rex manoculo….Grazie Roberto, uomo di buoni sentimenti che cammina come un gorilla ma pensa come una libellula.
Roberto Puglisi ha il pregio di essere vero e il sano distacco che ci vuole per non prendersi troppo sul serio..non è da tutti.
Bye,mr.Puglisi.
Mi permetto di fare notare che pat bum mi sembra un “troll intelligente” (passatemi l’ossimoro che richiama certe bombe) mirato a Roberto Puglisi. Resta valida la regola: «Don’t feed the trolls» (per fare l’inglese).
Direi che è il momento di tornare a toni più accettabili qui in casa mia. Qualche commento è già stato rimosso e altri sono al limite (anche dalla parte in cui il limite si è già passato). Mi raccomando.
Bravo Roberto. Mi hai fatto ricordare la tristezza di quel giorno, il sapere che poteva accadere a chiunque… lo scansarsi quando si sentiva una sirena passare nei paraggi… Cordialmente
Io ringrazio di cuore Davide, Daniele e tutti gli altri. E’ normale che uno stile e una storia possano piacere o non piacere. L’importante è non trasformare la questione in un fatto personale.
I miei complimenti all’autore di questo bel pezzo.
Io accetto le regole e assicuro che non sono una “bomba”, ne’ intelligente, ne’ stupida.
Ho semplicemente espresso i miei gusti.
Lo stile del signor Puglisi non mi piace per niente ed ho anche detto perche’.
Nulla di personale nei confronti di una persona che neanche conosco.
Mi e’ sembrato ,pero’, di intuire una certa “claque” al seguito del signor Puglisi.
Rosalio ha censurato miei post dove rispondevo ad un componente della suddetta “claque”,se mi e’ consentito vorrei consigliare ,di nuovo ,a Xanto, che ha indossato i panni del professore non avendone titolo, di leggere i toscani del trecento, Petrarca per esempio.
Ripeto, con cio’ non voglio turbare i simpatizzanti di Camilleri(anch’io sono suo ammiratore) presenti in codesto sito.
la sensibilità…va oltre…si stava parlando di un anniversario di una morte…e voi state li a fare i ridilcoli acidi.vergogna…i bambini delle elementari davanti a ste cose mostarno maggiore dignità e rispettoso silenzio.
Onore a chi porta nel cuore, nei suoi sentimenti il ricordo di qul tragico triste evento.
Io lo ricordo ed il suo ricordo mi ha fatto venire i brividi.
Bravo e grazie RP.
Ciao !
Sono d’accordo con te Gea e come ha scritto Davide Enia … “mi tengo stretto pi mmìa ciò che i miei occhi, passand’i ddà, ogni volta taliàno oltre la lapide”. Rosalio non è un blog letterario, alcuni autori hanno uno stile magnifico altri meno, lo scopo di questo blog non è scrivere ma scrivere di e su Palermo. Comunque prima di giudicare lo stile di Roberto Puglisi è opportuno leggere anche gli altri articoli che ha pubblicato qui. Si potrebbe anche rivoltare la frittata, ciò che deve restare è freddo e tristezza perché ciò che c’è nel cuore non è facilmente comunicabile con le parole. Il ricordo di quel giorno rievoca in me fantasmi d’angoscia. Quegli anni sono tracciati nella mia mente in modo indelebile e quel giorno non potrò mai dimenticarlo perché io sono nato il 25 Novembre.
non ricordo direttamente quella tragedia. quel giorno compivo sei mesi di vita tondi e avevo altro per la testa :)…
in ogni caso avendo fatto il liceo al meli conosco bene la vicenda (il 26 novembre al meli è sempre un giorno particolare).
leggendo il post ho provato molta tristezza e sono stato colpito da un racconto, che mi ha fatto vedere da una prospettiva particolare una storia sentita centinaia di volte.
aldilà della polemica sullo stile del testo, che non comprendo (la polemica, non lo stile 😉 ), penso che se un racconto riesce a trasmettermi queste emozioni, evidentemente ha fatto centro, indipendentemente da virtuosismi o ‘minestroni dal sapore strano’.
per quello che valgono, faccio i miei complimenti al signor puglisi.
Per la voglia di precisione,
per curiosita’ ho visitato il blog Xanto, sorvolo!
Poi ho letto un po’ di post arretrati di Rosalio, interessante!molto interessante!Ma questo lo sapevo,e’ stata una conferma.
Il 24-11 Xanto recita gia’ il ruolo di professore, corregge una ragazza, pero’ dice “se ne” invece di altrimenti.
Lo informo, inoltre, che io “non faccio le scuole elementari”,cioe’, non le costruisco, ma le ho frequentate, fino alla quarta elementare appunto.
Ribadisco all’utente Xanto l’invito:prova a leggere i poeti e gli scrittori toscani del trecento.
Scusate , ho provato ad essere obiettivo.
..ed obiettivamente si vede che è arrivato alla quarta elementare..
Senza rancore,d’altronde lei mi ha dato del” claqueista”.
bookends, la claque era riferita ai primi due utenti e a xanto.
Io sono fiero della mia quarta elementare, spero che lei lo sia altrettanto della sua terza elementare, e si vede………
Ok, forse non mi sono spiegato. Il flame finisce qui.
Bello. Sono finalmente etichettato. dopo anni di vari tentativi andati a vuoto (comunista liberale, cooperante anticonformista, tifoso obiettivo, palermitano cosmopolita), adesso sono un claqueista…. Azz… bello. Un applauditore pagato (traduzione letteraria dal mio povero francese al mio povero italiano).
Robe’, quando torno mi sganci a lanna. altrimenti un panino con la mortadella.
Cordialmente
Rimango senza parole davanti a tanta insensata polemica….. come sempre più spesso accade si pesano le parole e non i contenuti…..
è vero…quella mattina splendeva il sole, avevamo l’età dela spensieratezza e dell’incoscienza…ma già vivevamo in quella morsa di terrore e di sangue che avrebbe attanagliato la nostra bella città fino ad oggi… quella mattina la mia classe uscì un’ora prima del previsto e dopo una lunga attesa del famoso 3 alla fermata di via Libertà decisi di andare nell’altra fermata, quella di piazza Croci, per aspettare il 32, una decina di minuti dopo successe l’inferno…
grazie Roberto per non far passare sotto silenzio il ricordo di quei nostri compagni, vittime, anche loro, della mafia.
A dire il vero e per quello che può servire all’autore di questo post, a me il pezzo è piaciuto.
Non conoscevo la storia e il Sig. Puglisi me l’ha fatta conoscere. Mi è piaciuto il modo e il tono di questo pezzo.
Mi è piaciuto il suo punto di vista che, nonostante le crtiche è rispettabile, condivisibile e complimentabile.
Complimneti per il ricordo di quel terribile incidente nei pressi del “Meli” a Roberto Puglisi, il cui stile narrativo può piacere oppure no ma va comunque rispettato. Intervengo solo perchè, avendo letto il dibattituccio (il post di Puglisi, eventualmente, meritava di sollevare altro tipo di dibattito, molto più sensato e magari profondo di quello sviluppatosi) che ne è seguito, volevo far riflettere qualcuno sul fatto che la libertà di critica è cosa ben diversa dalla scortesia e l’aver maldestramente paragonato l’autore del post in questione (assunto come termine di paragone negativo) con Daniele Billitteri e Davide Enia (assunti come termine di paragone positivo)è stato molto scortese ed inopportuno. Oltre ad imbarazzante anche per gli stessi Billitteri ed Enia. Non è necessario ricorrere alla “pubblicità comparata” per dire che una lettura non è riuscita a trasmetterci ciò che avremmo voluto. Lo si può dire questo, con estrema semplicità ed educazione e basta. Andare oltre, con i paragoni … è scorretto ed indirizza, com’è accaduto, la discussione verso canali “piccoli piccoli”. Spero non me ne vorrete, un saluto a tutti.
Per l’ennesima volta riprovo a chiudere la querelle. Puglisi gode della nostra stima così come i commentatori che si esprimono garbatamente. Pare molto fuori luogo dibattere sullo stile narrativo in un post che parla di due ragazzi che non ci sono più. Il mio prossimo intervento sarà la chiusura dei commenti; spero di evitarlo.
Alla fermata di piazza Croci c’è ben più di una pensilina: c’è un gran pezzo dell’autobiografia di una generazione. Quella strage è stata come il Vietnam per i ragazzi americani degli anni Sessanta: la perdita dell’innocenza, l’inizio della maturità. Roberto l’ha raccontata, quella storia, in un libriccino blu che custodisco gelosamente con una sua dedica bellissima. Ha raccontato dei ragazzi che non ebbero il tempo di diventare adulti ma anche di quelli che, dividendosi tra obitori, ospedali e assemblee, riuscirono a non perdere la testa. A non unirsi al coro paludoso della mezza città che lamentava gli urli delle sirene e voleva confinare i magistrati antimafia in qualche isola deserta (c’era Paolo Borsellino nella macchina scortata da quella che uscì di strada). A dire che anche Biagio e Giuditta erano vittime della mafia e non dell’antimafia.
Qualche anno dopo, chiesi a Gianni Riotta perché avesse voluto dedicare proprio ai ragazzi del Meli uno dei racconti del suo primo libro, “Cambio di stagione”. E lui mi rispose che era stato il suo liceo, e che era rimasto colpito da quella reazione così civile, così composta, così intelligente.
Oggi, là dove c’era il Meli, c’è una banca. E forse è giusto così: che i nostri ricordi di ex, belli e brutti, non vengano annacquati dalla quotidianità. Io però, tutte le volte che passo di lì, rinnovo un mio personalissimo giuramento. Prometto a me stesso di non fare a pezzi i miei ideali di quando ero ragazzo, di provare ancora a cambiare un po’ il mondo e a tenere la schiena dritta. Come fa Roberto, che ha il grande merito di non avere paura dei sentimenti e di parlarne senza farne pornografia. Forse ce lo hanno insegnato i nostri genitori (anche mia madre, come suo padre, insegnava al Meli). Oppure, chissà, è un imprinting del nostro vecchio liceo. Una specie di marchio di fabbrica.
Fabrizio, con questo non voglio minimizzare il dolore e l’immagine di due ragazzi puliti, a cui e’ stata tolta la vita, ma tra il Vietnam e Piazza Croci mi pare che il paragone non regga (o meglio, io non lo leggo).
Inoltre, ma solo a puro scopo campanilistico, che solo il Meli sforni o abbia sfornato ottimi elementi e’ solo un tuo punto di vista.
Cordialmente
MI DISPIACE,
ho reagito a due post di complimenti dai toni superlativi,eccessivi secondo me, da claque.
Ho reagito al post del Signor Puglisi,dove racconta una TRAGEDIA,esibisce conoscenze musicali,da fuoriclasse a scuola come lui stesso si definisce,descrive tecniche di “abbordaggio” femminile.
Ho detto che il suo minestrone non mi piace,e nemmeno lo stile.
Se esprimo la mia opinione e viene fuori uno scandalo preferisco limitarmi alla semplice lettura come ho fatto nei mesi scorsi.
Due cose mi dispiacciono :
1)in passato ho letto alcune volte,con piacere,scritti del Signor Porrovecchio,oggi scopro che in dieci righe riesce a dire tutto ed il contrario,concede liberta’ che poi toglie,stabilisce anche le regole di buona educazione,e pure i limiti invalicabili;insomma un vero giudice.
2)Soprattutto,
chiedo alle vittime di perdonarmi,
NON VOLEVO!
la mia intenzione era assolutamente opposta.
Caro Fabrizio, grazie. Grazie a tutti, davvero. Non mi pare il caso di avviare un corso universitario di estetica comparata partendo da un post. Mica ci tengo a diventare un caso letterario! Se poi devo diventarlo, almeno chiedo che si aspetti di meglio: ho tanti poemi nel cassetto! No, scherzo. Ma – ora senza scherzare – mi sembra giusto chiudere questa polemicuzza sulla stile, anche se non posso fare a meno di ringraziare la mia “claque” per l’affetto. Il resto è silenzio.
Evidentemente le mie scuse e la mia richiesta di perdono sono rivolte alle vittime della tragedia di Piazza Croci.
Non volevo polemiche.
Forse era opportuno non confondere fatti personali con la tragedia e restare in silenzio, e meditare.
No, Pat Bum, lei voleva proprio la polemica. Ha scritto in modo polemico per tutto il tempo, per rivendicare una presunta superiorità intellettuale che qui nessuno le ha riconosciuto. Ha risposto polemicamente. Ha offeso e insultato. Non le si può consentire questa uscita di scena da innocente. Non se la merita. E non è una questione di stile. E guardi che non me la sono presa affatto. Soltanto, lei ha sporcato la memoria di quel giorno. Semplicemente per il gusto di farlo, per narcisismo, per un alto livello di miopia spirituale.
Ci sono anche le email per questo 🙂
Allora diciamolo chiaramente,
lei ha scritto del suo 25 novembre,
del suo scampato pericolo,
della paura di suo padre,
delle sue precoci conoscenze musicali,
delle sue conoscenze letterarie,
di stategie di abbordaggio femminile,
di amici che diventano ricchissimi pur non avendo studiato,
infine la voce fredda della televisione
annuncia la tragedia.
Richiedo umilmente scusa ai morti e spero che loro e Dio mi perdonino.
Adesso, silenzio.
Cara Pat Bum,
mi spiace di esserle apparso, nel mio precedente post, come un “vero giudice”. Non volevo giudicarla. Volevo solo suggerire a lei (forse è meglio darci anche del tu, comunque, e solo se non hai nulla in contrario) un modo meno provocatorio di fare critica. Non mi è piaciuto il tuo voler andare oltre la critica mettendo a paragone persone e stili diversi nel descrivere fatti, emozioni e sentimenti. Tutto qui. Per il resto trovo legittimo dire che qualcosa che abbiamo letto non ci ha trasmesso ciò che ci aspettavamo. Io non conosco personalmente Roberto Puglisi (l’ho solo letto ogni tanto sul GdS) e dunque non intendevo fargli da avvocato. Ho dato una lettura al suo post nel pomeriggio e la discussione che ne è derivata mi ha un po’ deluso. Speravo di leggere altro tipo di riflessioni e commenti. Ad esempio sul clima che si respirava in quel periodo: erano da poco stati uccisi Montana e Cassarà, la mafia cominciava ad alzare il tiro, la città era un po’ apatica e/o impaurita, la società civile subiva l’assenza di iniziative piuttosto che reagire, nell’aula bunker dell’Ucciardone cominciava il primo grande maxi processo a Cosa nostra, le strade e le piazze vedevano comparire i primi blindati della Polizia, etc.
Nulla di personale come vedi. Un caro saluto a te ed a tutti
A ulteriore testimonianza della grandezza dei ragazzi del Meli che, come scrive Fabrizio, non si unirono a “cori paludosi”, vale la pena ricordare che il GdS dell’epoca pubblicava lettere così
Solo per dire che condivido le osservazioni fatte da Porrovecchio nella seconda parte del suo(tuo) ultimo post.
Le mie critiche erano dettate,appunto, dalla delusione.
Pure io mi aspettavo di leggere un vero omaggio alle vittime.
Nell’articolo del Signor Puglisi non c’e’ descrizione dei fatti, non ci sono riflessioni sugli avvenimenti di quel periodo,scrive di cose personali.
Cosa c’era,quindi,da commentare?
Aggiungo che ci si dirigeva verso una serie di complimenti alla persona!
Mi dispiace aver suscitato reazioni contrarie a quelle sperate.
Porrovecchio,no problem!
Intanto analizzando bene il racconto posso ben vedere dei valori molto importanti che spesso taluni non hanno. L’amore dei genitori verso i figli e il ricambiato affetto che però esce fuori quando poi il genitore non c’è più; che peccato.
Ed inoltre potrei pure aggiungere : nella vita è tutta fatalità? Puo’ darsi ! E se i ragazzi avessere preso anche loro l’autobus quel maledetto giorno?
Ma la cosa più bella, più dolce, più sentimentale e che, nonostante si sia parlato sopratutto di altro IL RICORDO seppur triste, seppur angosciante, di due vite spezzate, di due vite giovani poco fortunate, E’ SEMPRE VIVO NEI CUORI DI CHI, DELLA SENSIBILITA’ FA UNA GRANDE VIRTU’.
Il fatto personale non è estraneo al ricordo, secondo me. Anzi, è la sua unità di misura più sincera. Siamo abituati a commemorazioni ufficiali, col baldacchino della retorica e l’incenso scaduto di una commozione che più nessuno prova. Il volto di chi morì precipita nella fossa comune, nel calderone indistinto del rosario sgranato dall’obbligo di ricordare. Ma si ricorda meglio, se uno rammenta la propria vita. E allora i visi di pietra dei trapassati – dei sacrificati ingiustamente come Biagio e Giuditta – tornano a risplendere di un colore vivo. Perchè la loro morte e la vita che non hanno vissuto diventano un “fatto personale”. Con rabbia annessa.
Pat Bum,
Se pianti un alberetto nel posto sbagliato,rischia di morire.Ogni albero ha bisogno del concime,ma ci sono alberi che si nutrono dell´enrgia e l´amore di chi gli sta vicino,e credo che Roberto si nutre della nostra amicizia,se cerchi alberi piú concimati o terreni piú vasti,passa avanti,hai sbagliato orticello….
Turiddu
Probabilmente arrivo fuori tempo massimo, ma ci tengo anch’io a complimentarmi con RP per la misura, la sensibilità e lo stile (sì, proprio e soprattutto lo stile: nonostante qualcuno abbia scritto incredibilmente il contrario, facendo la stessa figura di un cane che abbaia in chiesa) che permeano questo post.
Questo è un racconto in punta di piedi.
E ora silenzio, per favore.
Non mi sembra il caso di giudicare chi ha voglia di scrivere sul proprio blog qualcosa..anche se non amo che si parli di quel giorno, come non amava parlarne Pierluigi. Chi quel giorno, come me, era li preferisce stare in ombra, e al massimo invece di guadagnare soldi scrivendoci su, di lottare sempre nell’ombra per far rimettere a posto la targa e ridare a Biagio e Giuditta quell’aula che non hanno più. Chi ha visto i propri compagni in un lettino mentre lottavano con la morte, chi ha visto la medusa (la macchina della scorta dentro la fermata con gambe e braccia che uscivano da sotto come tentacoli), chi ha visto il sangue..chi non rusciva a dormire senza tranquillanti..non vuole vedere usata la propria storia..mi spiace ma non sono nemmeno la sola a pensarla in questo modo.
Vedo che non c’è stata risposta al mio post…forse è passato troppo tempo. Io non voglio polemizzare come qualcuno ha fatto..ma mi pongo molte domande visto che alla fine io la c’ero davvero..ho visto, ho partecipato, ho sofferto e ho perso due compagni di classe. Non mi piace questo libro (ma in effetti non può piacere a tutti). Ma non mi piace non per lo stile, non per gli effettivi contenuti, non mi piace per come è stato costruito.
1.La persona che scrive non c’era. Ha tre anni meno di me, io andavo al IV ginnasio..o è un genio ( e può anche essere) o al Meli proprio non poteva starci.
2. Dice di aver intervistato i sopravvissuti. Chi? non certo quelli della mia classe, la più colpita.
3. Si iscrive ad una petizione di cui nemmeno sa la ragione..visto che probabilmente quello per cui lottiamo nemmeno lo ha mai visto.
No mi spiace, questa persona mi lascia peprlessa.