Del cibo di strada palermitano, dell’urgenza di possederlo, consumarlo, gesto atavico e rituale, troppo se ne è dedotto e da penne migliori di me, con dietrologie più sottili e filosofiche, e altro inchiostro verrà versato, in tal proposito, ne sono certa: perché a quel cibo lì, con odori che invadono vicoli e vicoletti, irresistibili canti di sirena per il palato, non si resta indifferenti, a meno che non si venga tratti in salvo (come per la cera nelle orecchie di Ulisse) da un raffreddore capace di anestetizzare in toto l’olfatto. Sospetto che il cibo di strada e il cibo in genere, a Palermo, venga usato come forma di obnubilamento mentale. Nessuno ha pensato che per mantenere in scacco un’intera città e piegarla al proprio volere, invece di pistole, coltelli, razionamento dell’acqua e taglieggiamenti, sarebbe bastato mettere a cuocere un’enorme pignata di pasta con le sarde, immensa, che con i suoi fumi annebbiasse i vetri delle finestre e tenesse in perenne ostaggio i nasi dei cittadini, con minor spreco di violenza, e massimo sperpero di passolina, pinoli e finocchietto. La tirannia del cibo panormita, purtroppo o per fortuna, si mantiene più discreta, è una distrazione alla portata di chiunque. È una forma di bricolage, un hobby, acuisce l’ingegno, suggerisce varianti che moltiplicano in maniera esponenziale i contenuti calorici e prospettano incontrovertibili effetti anestetici e analgesici. Come si possono articolare pensieri logici dopo aver assaporato, masticato e poi ridotto in bolo un panino e mezzo con la meusa, per giunta maritata? Quale ingegneria di alta culinaria si cela dietro una frittata con la variante (aggravante per colesterolo e trigliceridi) della muddica atturrata? Chi ha fatto questa scoperta? Chi l’ha applicata? Immagino un genio, al pari di Michelangelo, Mozart, Leonardo, magari un enfant prodige dodicenne che si è prodotto ai fornelli per mesi al fine di progettare la caponata perfetta, regolare il punto di cottura delle stigghiola, scoprire l’ingrediente finale delle arancine. Mi chiedo non senza polemiche, come mai colui che per primo ha scoperto l’abbinamento sarde, pangrattato, foglie d’alloro e fettine d’arancia (leggasi sarde a beccafico) non sia stato insignito del premio Nobel per la chimica. Assaggiare e offrire rosticceria mignon non calma gli animi al pari di scambiarsi un calumet della pace? Se tutti si offrissero scambievolmente panini con le panelle e qualche crocché (anche piccoli, per non ostruirsi troppo le arterie) non ci sarebbe forse più pace nel mondo?
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