Prima o poi ci finiamo tutti, in una serata a “giocare”. Certe volte io tento di declinare l’invito con atti disperati: guarda che non so giocare, “ma te lo spieghiamo noi”, guarda che proprio mi si restringe il cervello davanti alla carte, sono un caso umano “e non devi fare niente, prima di mettere una carta in tavola ce la fai guardare a noi per decidere”. Ho passato intere serate accanto ad amici volenterosi che hanno deciso strategie per me, mentre io fingevo di non capire. A volte ho pensato di buttare lì, come scusa ultima: “ho i diti rotti, non posso reggere due carte da gioco in mano, scusate”. Ma pure in queste occasioni gli amici sono stati comprensivi: “e che problema c’è?, vieni, guardi, ci facciamo due chiacchiere”. I ricevimenti, appositamente regolati su questo proposito: carte, tombola, l’uruguacho Burraco, si aprono d’ufficio a Palermo in occasione della festività dell’Immacolata. Lo scenario è sempre lo stesso; stanze fumose e mazzi di carte da distribuire, orgoglioso sdoganamento di sabot e tappeti verdi con evidenti segni di bruciature da sigarette e scaccio, ovvero noci e semenza a volontà, da ingollare a quattro ganasce insieme all’avvertimento “portate qualcosa da bere”. Continua »
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