Panico demenziale
Sinonimi di dimenticare: scordare, trascurare, lasciar perdere, abbandonare. Ieri sera per l’ennesima volta ho abbandonato le mie chiavi di casa “a casa”. Sono andata a lavorare di buon mattino e sono tornata la sera tardi, sicura di avere portato con me tutto il necessaire per la mia sopravvivenza. Ore 24 e 12 minuti circa. Ho varcato l’ingresso del parcheggio condominiale, aperto per una coincidenza. Ho posteggiato l’automobile, e magia, il cancello automatico si è chiuso alle mie spalle. Lucina dello specchietto retrovisore accesa, ho rivoltato e svuotato lo zainetto sul sedile. Fazzoletti, monetine, trousse, agendina, tre penne senza tappo, patente, decine di scontrini. Niente da fare. Portachiavi di cuoio colorato a forma di fiore assente. Sono rimasta chiusa da sola nella notte in un parcheggio di periferia per quasi trenta minuti, fino a quando non è arrivato il controllore della security in perlustrazione nell’area…
Non riesco a contenere la mia distrazione. Mi è capitato circa cinque volte di scordare le chiavi del lucchetto della valigia dentro la valigia. Una di quelle cose che mi capitano, quando soddisfatta decido di fare ordine nella stanza del mio albergo a zero stelle. Una volta ho comprato una sega per tranciare il catenaccio, un’altra volta è bastata una forcina per capelli per manomettere come una ladra la serratura. In un’altra occasione ho usato una tenaglia di fortuna, capitata dal gentile uomo della reception, visibilmente impietosito dalla mia totale demenza. Il ritorno a casa dai viaggi, poi, non mi mette al riparo da me stessa. Scendo dall’aereo, ritiro il bagaglio, felice mi avvio verso le porte automatiche dell’uscita e l’altoparlante della stazione comincia a urlare il mio nome. “Pregasi la signorina Claudia Di Pasquale di presentarsi con una certa urgenza al comando di polizia”. Io, una criminale? Come osano, penso terrorizzata. La chiamata al rigore della giustizia è di solito un monito contro la clauditudine. Borsetta lasciata perdere nella cappelliera dell’aereo con carta d’indentità inclusa.
Provo a ridere di queste “imprese”, ma tollero sempre meno il tempo sprecato alla ricerca di portachiavi e documenti. Ho deciso così di guarire, o almeno di provarci. Da qualche mese a questa parte è così iniziata una nuova mania: autocontrollo ossessivo di qualsiasi azione. Come questa mattina. Ho ooservato per bene il metallo splendente della chiavi di casa, ho riposto il tutto con accurata precisione nella tasca della borsa, ho chiuso la cerniera, e serena sono uscita avviandomi a un appuntamento. Dopo circa venti minuti, dopo avere attraversato il traffico e mezza città, è emerso il dubbio “metafisico”: non ho con me il cellulare. Ho svuotato di nuovo lo zaino sul sedile. Nulla di simile a un telefono. Sono tornata indietro, senza potere avvertire nessuno del mio ritardo con un sms. Panico e cuore in tilt. Correndo ho fatto le scale, ho salutato chi era rimasto ancora a casa, sono saltata sul letto tra decine di vestiti e tasche in cui frugare. Ho vagato da una stanza all’altra. Sollevato i cuscini del divano, aperto i cassetti con le posate. Rassegnata, ho fatto uno squillo con il cellulare di Edu che doveva scappare alla posta. Ed eccolo. Il telefonino era dentro lo zaino, sì lo zaino che avevo con me, in una sorta di tasca segreta, che come un buco nero risucchia qualsiasi oggetto. Appuntamento perso. Ho annegato allora il cellulare nell’acquario dei pesci. Ho gettato le chiavi di casa nel lavandino. Ho incenerito la patente e tagliuzzato la carta d’identità in mille quadratini tutti uguali. Ora sto bene. Ora non ho più niente da dimenticare e ritrovare.
non mi racconti nulla di nuovo, io mi sono trovato i miei metodi. Per evitare che dimentichi qualcosa riposo quella cosa (che non posso dimenticare perché ho in mano) sempre negli stessi identici posti. Chiave sopra la maniglia della porta, cellulare vicino ai piedi del letto e via dicendo. Non posso scordarmi dove ho messo una cosa perché ricordo il posto dove l’ho messa, non posso scordarmi le chiavi perché sono sopra la maniglia della porta :).
daccordissimo con sebastiano: sto provando a fare guarire il mio uomo, impresa ardua… ma chissà… guarire si può cara claudia, fissa dei punti strategici e fissi e li troverai sempre tutto… oppure pui sempre comprare uno di quei fantastici portachiavi tanto in voga negli anni 80 che contenevano un aggeggino che quando battevi le mani o fischiavi lui trillava… messo alle chiavi di casa ti basta fischiare/appaludire x ritrovarle… con il cellulare, se lo dimentichi acceso e con la suoneria puoi farlo squillare…
buona notte…
sarebbe il caso che molto più spesso andassimo via, a dimenticare la quotidianità, in qualche posto perso nel mondo
Altro metodo per ricordarsi dove riposiamo gli oggetti: quandoo li si posa immaginarre un suono tipo going, oppure un’immagine strana ,assurda come la bocca di un coccodrillo, il c..o di una gallina per associarla,indelebilmente all’oggetto in questione.Insegnato da un iindiano, e funziona.
E poi, un piccolo consiglio per Claudia: arasciu!
Io perdo sempre le chiavi per poi ritrovarle magicamente (per mia fortuna): ultimamente mi sono cadute sbadatamente quelle della macchina in corso tukory e non chiedetemi come e perchè ma le ho ritrovate appese nella bancarella di un patataro a ballarò!
Interessante il parere di un certo Sigmund Freud a tal proposito… 🙂
Se ti tagliassi un dito ad ogni dimenticanza, sono certo che non scorderesti piu’ nulla… neanche la protesi…
cordialmente
Giullare