Palermo in Vespa
Ho visto Palermo in Vespa Piaggio dall’età di quattordici anni. L’ho vista a Vespa ferma, al semaforo, o semplicemente mentre se ne stava appoggiata sul cavalletto. L’ho vista con Vespa a terra, caduta su una macchia d’olio, l’ho vista con Vespa ingolfata o “a candela sporca”, con il motore scoppiettante, l’ho vista con Vespa a spinta per mancanza di benzina, con Vespa in discesa, a sessanta all’ora e in salita, a trenta. Il ricordo delle estati è una corsa lungo viale Regina Margherita, è l’uscita dalla Favorita “facendo attenzione”, a Mondello è l’accensione della freccia 0 l’alzatina di braccio per segnalare l’accostamento. Palermo in Vespa ha tutto un suo movimento a scatti, inserimento della prima marcia dei modelli precedenti, scarto tra le auto ferme nel traffico, rumore di fondo, rumore di catena che l’incatena a un palo utile. La Vespa è fondamentale mezzo di trasporto per un’adolescente quale io sono stata. Se Cremonini dei Luna Pop canta: “ma come è bello andare in giro per i colli bolognesi… una Vespa special che risolve i problemi”, io posso dire lo stesso per i Colli di San Lorenzo. Seduta sulla Vespa puoi attendere all’appuntamento amoroso adolescenziale, in viale Strasburgo, dalle parti dalle parti di un bar famoso – dove a drappelli si riunivano i coetanei –, mantenendo una figura dignitosa. Non è lo stesso a piedi, proprio no: la Vespa marca la tua indipendenza. La Vespa si accende e parte, se non si accende puoi sempre fermare un ragazzo e chiedere di dare una spinta o un colpo al pedale perché delle volte “ci vuole il piede deciso di un maschio”. In Vespa andavo al liceo, che allora si trovava in via Cilea, una traversa di via Umberto Giordano; a trovare un’amica dalle parti di via Sampolo; svariati fidanzatini allocati nella zona di viale Francia, via Belgio, i nuovi appartamenti della nuova borghesia. Palermo non è una città a misura d’uomo, e nemmeno di automobili, i viottoli ereditati dalla cultura araba sono troppo stretti e tortuosi, ma a misura di Vespa sì. Forse gli arabi lo sapevano. La Vespa è adatta, ti rende riconoscibile, “quella con la Vespa”. Si può non conoscere il nome di uno di questi scooter giapponesi nuovi, ma è impossibile ignorare la Vespa. Una mia cara zia negli anni Cinquanta si metteva di traverso nel posto dietro sul sellino. Mio zio se la portava in giro. Lui aveva un bel paio di baffi e a detta di tutti somigliava a Domenico Modugno. Un’estate, mentre “volare oh, oh” imperversava per l’Isola e penisola, la coppia attraversò in Vespa i fasti di una festa di piazza, così racconta mia madre. Qualcuno, particolarmente fisionomista, vide lo zio è constatò “talè cu c’è: Domenico Modugno!”, l’osservazione innescò un inseguimento da parte di un gruppo di persone, probabilmente fan di “Mister volare”. Qualcuno di loro forse se lo chiede ancora, che cosa ci facesse Modugno in Vespa, a Palermo, con mia zia seduta dietro.
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