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venerdì 22 nov
  • Nas e ospedali, riaperture e una chiusura

    Ieri mattina è ripresa l’attività chirurgica nelle due sale operatorie di Cardiochirurgia dell’ospedale Civico chiuse in autotutela dopo un’ispezione dei Nas. Per consentire la prosecuzione dei lavori saranno necessarie altre temporanee sospensioni dell’attività.

    Un’ispezione di ieri a Villa Sofia ha portato alla chiusura del reparto di Ostetricia, a rischio infezioni.

    Palermo
  • 15 commenti a “Nas e ospedali, riaperture e una chiusura”

    1. Hanno riaperto la sala operatoria? Sono riusciti a fare passare la scopa? Mio padre si è fatto un mese di ricovero al civico, quando andavamo a trovarlo dovevamo evitare di sederci in delle panchine di metallo (rotte)perche’ c’era nelle vicinanze un bagno che puzzava. Avete presente i bagni peggiori quelli che proprio puzzano atrocemente di urina…ecco si cosi’..tipo quelli delle stazioni di servizio. Chissa’ chi popola a livello microscopico qul wc.Che schifo. Era all’entrata del reparto, indi malati in barella passano di la’. Magari con l’arrivo dei nas hanno messo il deodorante 🙁

    2. Cara Serena, purtroppo è una triste realtà…… Chissà se un giorno le cose funzioneranno meglio, bene. Adesso, che io sappia, le uniche strutture ospedaliere degne di chiamarsi di questo nome sono : l’Ismet di Palermo e il San Raffaele di Cefalù. Speriamo bene e cmq TANTA SALUTE X TUTTI

    3. eheh cari…
      i poli d’eccellenza ci sono per giustificare la gran mole di denaro che il nostro presidente della regione “investe” per la sanità pubblica.
      ma guardando al resto, tranne se non vai a “passare” una visita dal primario tizio oltre l’orario di lavoro… puoi morire.
      all’ingrassia ho visto quasi morire un signore con un ictus in corso. giustificazione? c’è confusione…solo per chi un nome non ce l’ha.
      mi vergogno.
      comunque se avete problemi…fate come le iene… prenotate facendo finta di essere assistenti dell’onorevole (e il vostro cognome)… mia madre miracolosamente farà una scintigrafia ossea in 3 gg, contro le 16 settimane di attesa.
      bisogna essere creativi…dopo la finanza anche la sanità!
      a presto

    4. infatti quelli che citate se non sbaglio non sono totalmente res pubblica.

    5. e ci voleva l’inchiesta dell’Espresso per smuovere le acque? evidentemente si…

    6. Non è tutto oro quello che luce (ismet, san raffaele); non è tutta merda quella che puzza (sanità pubblica).
      Ho avuto una buona esperienza con un ospedale pubblico palermitano, il Cervello (in particolare il reparto di Cardiologia 2). Certo. Si capiosce che ci sono mille problemi: il vitto non è buono, gli infissi sono cadenti … ecc. ecc. Però il personale sanitario lavora senza fermarsi e tratta il malato come una persona. Ho visto i medici parlare e dare spiegazioni, rispondendo pazientemente alle domande del malato …
      Non credo che questa sia una eccezione.
      Ci vorrebbe una inchiesta giornalistica seria su tutta la sanità pubblica. C’è infatti una domanda alla quale non so rispondere: ci troviamo di fronte a casi di malasanità o a casi di malogiornalismo?

    7. cara svetlana,
      il problema degli ospedali sono i primari.
      quando ci sono i primari onesti e lavoratori che non sono accecati dal denaro…le cose vanno un pò meglio.
      il fatto è che gran parte dei primari sono grandi criminali.
      poi c’è una questionde di costume.
      a palermo, quando si va in ospedale anche per togliere un unghio incarnito, si arricampa la settima generazione con annessi gli amici del palazzo…
      per non parlare che di notte ci devono stare padre madre cognati e nuore a vegliare uno che sta meglio di me 100 volte.
      è proprio in questi casi che se il personale incita coi calci al sedere a sgomberare..si dice…mihhh stu primario è tinto e rigggggido…senza capire che è il primo piccolo passo per una migliore sanità pubblica.

    8. Tutto cominciò quando chiamai il 118. Mi dissero che avrebbero avuto l’ordine di trasportare mia madre all’Ospedale Ingrassia.Obiettai che era il nosocomio più
      lontano da casa. Ribatterono che, secondo la centrale, lì c’era meno attesa al pronto
      soccorso.
      Dopo un mese e mezzo di ricovero fu dimessa
      . Era entrata con la febbre e fu dimessa con la febbre.
      Mia madre, ormai, debolissima si rivolse ad una clinica privata. Lì, dopo alcuni giorni ci lasciò, ignorando sino all’ultimo la causa della sua malattia come gli stessi medici ospedalieri che l’avevano in cura, ma non avevano saputo dare una diagnosi.
      Una delle tante vittime della sanità siciliana. Cose che nel resto di Italia accadono molto di rado.
      UN motivo ci sarà e dobbiamo provare a darci una spiegazione!

    9. Chi ha vissuto tragedie legate in qualche modo alla sanità ha tutta la mia comprensione. Inoltre non ho alcuna indulgenza per i medici che colpevolmente sbagliano.
      E’ opportuna però una precisazione per chiarire i termini della questione e per orientarci (usando le parole di Svetlana) tra malasanità e malogiornalismo (invero cosa al momento impossibile).
      Gli errori medici esistono e non sono rari; i paesi con una sanità più raffinata della nostra arrivano a quantificarli: 16% di eventi avversi in pazienti ricoverati; il 5% di questi è mortale; metà di questi eventi è evitabile, quindi da errore. E’ probabile che tutti i casi indicati dai giornali siano casi di malasanità; può darsi anzi che ce ne siano molti di più. Può darsi che in Sicilia questo accada più frequentemente che in Italia.
      Può darsi. Ma non abbiamo prove.
      E’ questo il problema dello studio dell’errore medico: manca una documentazione attendibile e manca la mentalità adeguata per una autoanalisi degli errori commessi che aiuti a crescere(mancanza di mentalità che tradisce soprattutto presunzione, insipienza, incapacità di coltivarsi e ignoranza della classe medica).
      Ed allora non serve molto limitarsi soltanto ad azioni “punitive” rumorose (che si concludono nella maggior parte dei casi con l’assoluzione dei medici) o a semplici azioni ispettive(utilissime entrambe, ovviamente, ma in un contesto diverso). Serve di più una sollecitazione al decisore implicato nelle scelte di politica sanitaria affinché comprenda che è necessario imporre iniziative epidemiologiche per rilevare l’incidenza degli errori, studiarne correttamente le cause (cattiva organizzazione; carenza o cattivo uso delle risorse; condizioni di lavoro precarie ecc.) e progettare gli interventi preventivi sulle situazioni predisponenti (ignoranza, stanchezza, turni massacranti, carenza di pesonale, carenza di tecnologia, disfunzioni gestionali ecc.).
      Solo allora potremo dire (con dati sufficientemente omogenei) in Sicilia si sbaglia più che in Italia. Al momento possiamo solo immaginare, con una valutazione obliqua, che in Sicilia si sbagli di più.
      Purtroppo anche facendo tutto questo l’errore, pur se controllato, resterà: sbagliare è una prerogativa umana.

    10. La malasanità, purtroppo, esiste. Esiste la sporcizia negli ospedali, esistono gli errori dei medici….
      Ma a me sorge un dubbio…
      Capita spesso di sentire di gravi errori da parte dei medici in Sicilia. Intendo parlare di notizie che passano sui tg nazionali. Lo stesso tipo di notizie che, se avvengono nella mia regione, talvolta apprendo solo tramite i quotidiani regionali, e che non sono quasi mai “pubblicizzate” a livello nazionale…
      Quindi…siamo proprio sicuri che in Sicilia la sanità sia peggiore che nel resto d’Italia? (fermo restando che, di sicuro, al Nord le cose funzionano meglio…)
      A me il dubbio rimane…

    11. L’idea che mi son fatto io, per osservazione diretta degli ospedali pubblici lombardi e indiretta di quelli siciliani (viziata però dalla mediazione dei giornalisti, sia TV che di riviste), la differenza principale sta nel servizio minimo garantito: di infrastrutture cadenti e cessi puzzolenti al nord non ne troverete mai, perchè sennò le sciurette (“matrone”) lumbàrd – tipicamente ossessivo-compulsive nei confronti dell’igienizzazione totale della casa – pianterebbero giù un casino che non finisce più, scandalizzandosi sdegnàte come solo da queste parti sanno fare. (Provatevi solo a passare avanti a una milanese dal panettiere, e preparatevi alla zuffa. E che dire di una veneta che per poco non veniva alle mani con una concittadina, “rea” di esserle passata avanti in una cassa veloce di cui invece la tapina aveva pieno diritto?)

      Inoltre al nord sono più molto più “quadrati”: preferiscono gestire una lista d’attesa interminabile, piuttosto che “fare spazio” aggiungendo un letto non previsto – e non è detto che ciò sia sempre un bene, perchè un malato in barella (per quanto scomodo) riceve comunque assistenza medica sul posto, mentre a lasciarlo a casa so’ cavoli suoi.. Ma perlomeno Striscia la Notizia non potrà fare servizi apocalittici sulla presenza di degenti semi-abusivi “costretti” sulle barelle.

      Per come la vedo io, la radice del problema sta nella mentalità: eccessiva rigidità al nord, ed eccessiva flessibilità al sud. Fatto salvo che condizioni meno che igieniche in un ospedale siano intollerabili (persino in un ospedale da campo tipo paese del terzo mondo in guerra civile), il rapporto medico-paziente al nord assomiglia a quello fra l’antennista e il televisore – se non addirittura a quello fra un cabalista e il suo golem: “io ti ho creato, io ti posso distruggere”. Invece leggo con sincero stupore che negli ospedali siciliani è permesso ai parenti di vegliare sul degente (qua invece ci si scandalizza per chi ha la faccia tosta di trattenersi un quarto d’ora in più, e c’è persino chi se ne va con qualche minuto in anticipo per evitare di infrangere il limite).

      E così come l’approssimativismo porta disgrazie al sud (gente dimessa con sufficienza, che poi muore sotto gli occhi dei parenti che anzichè aiutralo lo compatiscono come ipocondriaco), altrettanto la rigidità nordica causa problemi altrimenti facilmente evitabili – come è accaduto a me un anno fa.

      Ricoverato con 4 giorni d’anticipo sull’intervento, dopo aver compilato un questionario ultra-dettagliato e fatto tutti gli esami del caso, soltanto in sala operatoria si accorgono che sono alto 1 metro e 93 – e sul loro inventario non risulta un tubicino abbastanza lungo che faccia al mio caso. Incazzatura, panico, e infine soluzione da provetto idraulico: ne giuntiuamo due e speriamo che tengano. :_)

      Risultato? 10 giorni di degenza tipo mummia, chè “se fai un movimento sbagliato si rompe il giunto, e ciao ciao al tuo rene”. Deo gratias che sono un tipo abbastanza sedentario, perchè uno che fa jogging sarebbe uscito di senno a rimanere a letto tutto quel tempo senza poter deambulare.

      Ma non finisce qui: ad onta del fatto che all’atto del ricovero ero visibilmente malconcio a causa di un’ernia lombare (peraltro documentata con dovizia di radiografie ecc.), e dopo aver chiaramente specificato nel suddetto questionario che la mia condizione richiedeva particolare attenzione per la schiena, dopo due ore e mezza di tavolo operatorio (quanto di peggio possa capitare a una schiena malconcia) mi hanno scaricato su un letto d’ospedale con materassino di gomma piuma e graticola d’acciaio al posto di doghe o assi di legno.

      Dopo una notte d’inferno, inutilmente spesa a soffrire come un maiale scannato domandando inutilmente l’intervento di un collega del reparto ortopedia (che peraltro stava proprio nel piano sottostante!), arrivato al punto di non sentire più la gamba destra (causa schiacciamento del nervo), mi trovo temporaneamente sprovvisto del self-control britannico che altrimenti mi contraddistingue e ottengo nientepopòdimeno che il diritto di aggiungere materassini supplementari al mio letto – e farmi fare iniezioni di antidolorifico in caso di necessità. (Per inciso: ho poi scoperto che invece sarebbe bastato un banale esercizio fisioterapico, che avrei oltretutto potuto svolgere da solo.)

      L’ottavo giorno ho un po’ di fiato corto. Lo menziono al dottore quando mi chiede come sto, e dice che è normale.

      Il nono giorno accuso un capogiro: perdo l’equilibrio e casco sul letto. Avviso l’infermiere, e ride. Ne informo il dottore, e minimizza.

      Il decimo giorno svengo, ignoro per quanto tempo (dieci minuti? mezz’ora?), ma siccome non mi faccio nulla di grave se non un paio di lividi.. divento la pecora nera, il pianta-grane del reparto. Chi mi tratta maternamente (“povero piccolo”), chi sprezzantemente (“ipocondriaco di merda, come se non ci avessi già abbastanza cose da fare”).. e manco uno che mi prenda sul serio.

      Per la notte mi tolgono l’ossigeno (che mi avevano dato dopo lo svenimento), e fatico a respirare – fortuna che conoscevo la respirazione “di ventre”, sennò a quest’ora probabilmente non sarei più qui a raccontarlo. La mattina dopo, sfiga vuole che i dottori siano in ritardo – e tutto potevo fare tranne che importunare (?!) gli infermieri che già mi avevano in antipatia.

      A un certo punto, fanno irruzione nella stanza il medico che mi aveva ricoverato assieme a una sua collega e un plotone di infermieri muniti di tremila macchinari diversi. Cos’era successo? Facendo quattro chiacchiere fra colleghi durante una pausa caffè, il mio medico s’era lamentato con la collega di questo paziente ipocondriaco (io) che aveva il fiato corto, giramenti di testa, era svenuto, e tutto perchè era stufo di stare a letto immobile dopo 10 giorni dall’operazione.

      Buon per me che la dottoressa s’è resa conto che quelli erano i precisi sintomi dell’embolia polmonare.

      Seguono 4 giorni “più di là che di qua” attaccato a una macchina in terapia intensiva nell’unità coronarica, un’altra settimana in osservazione 24 ore su 24, 6 mesi di terapia anticoaugulante e un totale di 2 anni con (peraltro costosissime) calze elastiche per evitare un nuovo trombo di sangue che mi spedisca dritto-dritto al Creatore.

      E tutto perchè al san Carlo di Milano comanda il protocollo anzichè il buonsenso. Bastava controllare che ci fossero tutti i pezzi PRIMA di cominciare l’intervento chirurgico. Bastava LEGGERE le radiografie per darmi un letto ortopedico (e ce l’avevano, ma me l’hanno concesso solo dopo l’embolia). Bastava ascoltare il paziente che segnalava un’anomalia nel decorso post-operatorio, anzichè dar per scontato che tempo 10 giorni e tutto si sistema proprio come sta scritto sui loro fottuti manualetti medici.

      Ma sapete qual è il colmo dei colmi? Che anzichè chiedere scusa per l’errore, mi son sentito dire “Sei stato fortunato che eri in ospedale.” (Frase che peraltro da quel giorno in poi mi tocca sentirmi ripetere ogni volta che un medico sfoglia la mia cartella clinica.)

    12. Per JB.
      Ho qualche interesse specifico per l’argomento (metodologia medica, errori ecc.). Dopo averle espresso tutta la mia simpatia per la sua (dis)avventura, le dico che il suo racconto è stupefacente per la ricchezza di dettagli metodologici che è riuscito a tirare fuori. Alcune premesse e una conclusione.
      Premesse: 1. penso che per insegnare, piuttosto che esporre trombonesca dottrina sterile, sia più produttivo lavorare su casi (clinici o altro) facendo partecipare attivamente l’uditorio; 2. sono – per così dire – in qualche modo impegnato in prima persona sul campo; 3. l’esperienza che lei racconta è, come ho già detto, ricchissima di potenzialità e opportunità didattiche.
      Conclusione: mi da il permesso di usare (che brutto verbo!) il suo racconto per un seminario? E’ necessario che ci sia anche il permesso di Rosalio?
      Una riflessione finale su quanto lei ha scritto: tra l’eccessiva rigidità e l’eccessiva flessibilità forse quest’ultima è preferibile. Credo sia più facile per un flessibile essere rigido che per un rigido essere flessibile.

    13. Per “ezra p” (ma anche per chiunque altro fosse interessato).

      Non solo sono ben lieto di rendere fruibile il mio post a chiunque possa interessare, ma sono disponibilissimo a offrire ulteriori chiarimenti o anche solo discutere dell’argomento.

      Potete contattarmi dal mio sito, cliccando sul “JB” sottolineato in rosso all’inizio di questo post. (E poi sull’icona “buca delle lettere”, in basso a destra nel mio sito.)

      PS: però datemi del tu, ve prego! 😉

    14. Ezra per me nulla osta. 🙂

    15. JB e Rosalio, grazie.
      JB visiterò il TUO sito.

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