D’estate il pomeriggio era sempre diverso da come me lo immaginavo in inverno. Costretto rìntra un maglione nero con toppe grigie sui gomiti che “copriti che t’arrifrìddi”, taliàndo fùora dall’invernale finestra di casa mia, fantasticavo su mie future imprese estive, gesta eroiche da raccontare ai compagni al ritorno a scuola, arrampicate verticali e salti improvvisi da un albero all’altro, immersioni infinite e leggendarie scoperte di antichi tesori, partitone a calcio con amici e aggàddi finiti con l’avversario in ginocchio implorante “pietà” e, nella mia straripante fisicità, la presenza di necessari sgraffi da ostentare con decisa virilità e rude durezza alle mie donne: questo è stato cadendo da uno sdirùbbo, vedi?, ha sanguinato assai ma io non mi sono fatto niente, mamà, no zia non provo dolore io, ho già nove anni io, cosa credete?… tze, femmine…
Poi l’estate
con quel suono silenzioso e carnale che sempre anticipa il compimento del desiderio
labbra che un pò sorridono, un pò si preparano al bacio
labbra umide e felici
l’estate arrivò.
Potevo finalmente sfiancare i miei nove anni in gesta rischiosissime.
Affanculo l’inverno e la sua prigionia fatta di maglioni e canottiere.
Adesso è estate. Tripudio di libertà.
Invece.
Estate fu.
In tutta la sua possanza e strafottenza. Continua »
Ultimi commenti (172.549)