Clic
Ho comprato la penna di G. Era nella vetrina di una cartoleria in centro. L’ho riconosciuta subito. Fusto celeste, cappuccio bianco inamovibile. Poi, la caratteristica che la rende immortale. I quattro tasti che comandano il colore. Clic. Vai col blu. Clic. Scegli il nero. Clic. Il rosso per le firme importanti. Clic. Il verde per cancellare una giornata d’autunno inoltrato. Con G. ho fatto le elementari. Era un tipo che destava curiosità. Gli volevo bene. Per gli occhiali con l’otturatore ruvido, credo. Per la sua pronuncia con la erre moscia (mi chiamava “Vobevto”). Per il suo sguardo serio da padre di famiglia, nonostante fosse appena un bambino. Per la svagatezza che lo rendeva luminosamente impalpabile. Pareva fatto d’acqua e gocce d’oro zecchino. Ma la cosa più strabiliante era la penna da cui non si separava mai. I miei compagni si dannavano per le figurine Panini, imbastendo traffici clandestini e campionati proibitissimi “a battone” o “a letterina”. Io toccavo il cielo con un dito quando il mio geloso amico decideva di concedermi un giro sul quaderno a quadretti con la sua meraviglia dai quattro colori. E ci disegnavo il mondo che volevo.
Una volta G. mi invitò nella sua bellissima villa, in estate. Stuzzicammo il cane e mangiammo le arancine cucinate da sua madre. Un’altra volta festeggiammo insieme il mio compleanno in classe. Quella foto è sempre con me. Ci sono io con le guance gonfie, nell’atto di soffiare le candeline sulla torta. C’è G. dietro la mia spalla sinistra, con lo sguardo rilassato, finalmente da bambino, sollevato dai pesi invisibili che lo opprimevano (“La ma memoria trae ricordi da un cappello senza che io sappia perché questo e non quello”). Ci perdemmo di vista dopo la scuola.
Ci fu un suicidio, di sera, in viale… qualche tempo fa. Passo di lì con la macchina, prima di andare al lavoro. “Scusi, agente, che è ‘sto casino?”. “Niente, uno che s’è ammazzato col gas”. Arrivo in ufficio: “Lo sapete, c’è uno che s’è ammazzato col gas.”. “Sì lo sappiamo, sai che bolletta. Ecco, guarda la foto del suicida”. Guardo la foto e vedo G. Stessa faccia inconfondibile, anche se un po’ cresciuta. Stessi occhi da uomo, velati di imminente oscurità.
Se solo avessi saputo in tempo utile, amico mio. Mi sarei arrampicato fino all’ultimo piano della tua disperazione nera e l’avrei cancellata con un colpo della tua penna. Col verde. Clic.
E’ incredibile quanto un oggetto comune, come una penna bic a 4 colori possa richiamare così spesso ricordi ed emozioni. Non sei il primo a darne tanto risalto.
Di G. e di tutti quelli come lui ben poco da dire. Ogni loro atto è una sconfitta collettiva.
Cordialmente
ciao Roberto
capita anche a me di spostare un sassolino e trovare un mondo che avevo dimenticato..come in questo momento che ti leggo! sono Annalisa, io e te,siamo stati rappresentanti d’istituto al liceo Meli nello stesso anno.
Un bacio grande …
Come no! Con Mauro. E la famosa frase di battaglia: “Basta che non sia un discorso asettico”. Come stai? Bello quell’anno, quando non ci fu l’occupazione al “Meli” e siamo scampati a una dozzina di kamikaze bombaroli.
..sto bene,anche se nel corso di questi anni che ci separano da quel bel periodo, ho dovuto fare i conti con una forma più evoluta di kamikaze bombaroli…
Roberto ho letto il tuo articolo sul Sicilia, sull’occupazione / guarduania, dei titolari di case a Carini.
Sulla guerra del diritto, e su quella della strada, come dire. Sulla difesa del diritto, degli aventi diritto, che presidiano le costruzioni, in opera.
Sembra grottesco, ma é perfettamente comprensibile, purtroppo. Custodisci una casa non ancora realizzata, perché, anche se non realizzata é tua, e devi difenderne la territorialità ed il diritto, presidiando il territorio.
Di questo si tratta.
Poi io mi chiedo tante cose. il fatto che ci siano interventi nel Centro storico ha difatto espulso famiglie che occupavano da tempo case lì, o pagavano affitti irrisori, spesso a persone non titolari di proprietà reali?
Anche questo può essere una causa dell’apparente espolosione di emergenza -case, che si sta verificando, attualmente?
Ciao Uma, non è mica soltanto attualmente. E’ un problema antico. Quello che noto è che c’è sempre meno attenzione per le questioni sociali e sempre più assuefazione dell’opinione pubblica. Neanche troppo tempo fa, la circostanza che una famiglia vivesse in macchina – per esempio – sollevava ondate di sdegno. Oggi parrebbe un fatto socialmente accettato. E’ un mondo che accetta di buon grado gli “effetti collaterali”.
Finalmente!Era ora.Ci mancavano i racconti tristi,di morte e tragedie di Puglisi.Un bel po’ di tristezza e pianti liberatori ci volevano come il……..vabé ci siamo capiti.Pero’ le storie infantili che mi racconta mia figlia di 8 anni sono piu’ strazianti.
Caro PatBum, mi mancava anche lei. Mi faccia sapere il giorno della sua dipartita. Sarà una storiella in più.
Battuta squallida,segno evidente di immaturità.
Simpatico siparietto. Ora basta però.
Rosalio,d’accordo.
Pero’ il siparietto doveva essere equo.Tu hai lasciato il post di Puglisi dove chiede di essere informato della mia dipartita,io devo rispondere,col sorriso.
In effetti la morte mi fa sorridere e le superstizioni mi infastidiscono.
Pero’ c’é chi vede la morte dappertutto(Puglisi? Noooo!) e potrebbe essere folgorato dalla divertentissima battuta di Puglisi.
Ora basta, questa polemica sta infastidendo molti. La mail di Puglisi è presente nel suo profilo e quella è la sede più adatta per polemizzare, se lo vorrai.