Una storia esemplare
“Ero adolescente quando mio padre decise di acquistare una casa in Sicilia, sua terra natale. Una piccola costruzione all’interno di un villaggio non lontano da Palermo: sarebbe stata quella il punto di riferimento estivo per tutta la famiglia e il luogo dove nacque il mio amore per l’Isola.
Il primo impatto con quella casa, nell’agosto del 1981, fu sconcertante: dai rubinetti sgorgava acqua a giorni alterni: un giorno sì, un giorno no. Il sale sulla pelle dopo il bagno in mare si doveva lavare con appena un paio di secchiate rubate dalle cisterne fatte costruire quella stessa estate da mio padre. Quando feci ritorno in Trentino, nel luogo dove allora vivevo, la prima cosa che mi colpì fu aprire i rubinetti di casa e sentire lo scroscio abbondante e pieno dell’acqua.
La cosa durò diversi anni. Per risolvere il problema dell’acquedotto che non erogava acqua la si acquistava da un individuo che possedeva un pozzo a circa dieci chilometri di distanza e che con autobotti riforniva la nostra cisterna e quella delle altre case del villaggio.
Nel 1989 nel villaggio si pensò di scavare un pozzo per affrancarsi dalla fornitura esterna: venne trovata una falda di acqua potabile ad appena 70 metri di profondità, ma un mese dopo avere ultimato i lavori uno strano incidente alla camicia d’acciaio che rivestiva le pareti del pozzo ne compromise completamente la funzionalità. Si poteva scavare un nuovo pozzo, ma ogni volta che qualcuno ne parlava un silenzio imbarazzato annichiliva la proposta.
Ormai il villaggio compra regolarmente acqua da fornitori privati e la voce di costo “Acqua” grava su ciascuna casa come nemmeno la voce “Riscaldamento” grava sui costi della mia abitazione a Milano. Qualcuno mi ha detto che in Sicilia l’acqua non serve per bere: serve per mangiare! Continua »
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