Nessuna pietà per Lapo
Hanno visto Lapo Elkann a una festa importante di palermitani importantissimi. Tutti bevevano a garganella da una bottigliona di champagne che costa quanto me. Lui ha afferrato la bottigliona, stava per portarla alla bocca, come usano i ragazzetti un po’ sbracati. Il fotografo (non un paparazzo, un professionista serissimo) era già pronto col dito da cacciatore sul pulsante per lo scatto. Lapo si è fermato di colpo. Gli ha detto con una vocina querula: “Per piacere, lasciami in pace”. Il fotografo, che è uno coscienzioso, ha desistito. Tutta la serata si è snodata lungo il canovaccio di un duello rusticano, tra macchine da presa, da clic e il poverocristo Elkann che è rimasto buonino in un angoletto, per non essere pizzicato. Il fotografo poi mi ha raccontato: “I suoi occhi mi hanno fatto impressione. Mi ha fatto pena. Erano gli occhi di un animale in gabbia”. Ora, io non voglio certo difendere un indifendibile (dirò tra un po’ perché). Tuttavia, mi chiedo: come mi comporterei io con un obiettivo sempre puntato tra mutande e cuore? Come mi sentirei col mirino eternamente addosso? Cosa proverei se vedessi spiattellati i cavoli miei – relazioni, perversioni sessuali, intimità – sui giornali e in tv? Quanto ci metterei a sclerare di brutto se fossi continuamente seguito da una scorta di flash? Continua »
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