In memoria di Rita Atria
Ci sono parole sparpagliate in memoria di Rita Atria. Somigliano a foglie secche sui viali di un autunno precoce. Ci sono associazioni e persone di buona volontà che tengono accesa la memoria e raccontano a chi non sa la vita di una ragazza che fu redenta da una luce fortissima, prima di precipitare nel buio. Non è una vicenda entrata nelle giaculatorie degli anniversari, e forse è un bene. Rita Atria sopravvive nei ricordi semiclandestini di chi l’ha conosciuta. Di chi, ancora oggi, tenta di tramandare con l’impotenza di una dolce rabbia un piccolo segno della sua fede. Perché questa è una storia di fede e di speranza. Anche se è finita male.
Le informazioni necessarie sono contenute – tra l’altro – su www.ritaatria.it. La trama è nota. Un sito la ripropone con la freddezza della cronaca: “Sorella di Nicola Atria, Rita era una ragazzina quando il padre che adorava venne assassinato. E, poco dopo, venne assassinato a colpi d’arma da fuoco il fratello Nicola. Nonostante fosse cresciuta in una famiglia mafiosa, decise di testimoniare contro l’organizzazione. Fu condotta sotto protezione a Roma, dove visse con la cognata Piera Aiello, anche lei testimone d’accusa. sconvolta e spaventata dall’assassinio di Paolo Borsellino nel luglio del 1992, poco dopo Rita Atria si suicidò.
Su www.ritaatria.it si trova un tema scritto da Rita.
TEMA
La morte del giudice Falcone ripropone in termini drammatici il problema della mafia. Il candidato esprima le sue idee sul fenomeno e sui possibili rimedi per eliminare tale piaga.
SVOLGIMENTO
“Con lui è morta l’immagine dell’uomo che combatteva con armi lecite contro chi ti colpisce alle spalle, ti pugnala e ne è fiero. Mi chiedo per quanto tempo ancora si parlerà della sua morte, forse un mese, un anno, ma in tutto questo tempo solo pochi avranno la forza di continuare a lottare. Giudici, magistrati, collaboratori della giustizia, pentiti di mafia, oggi più che mai hanno paura, perché sentono dentro di essi che nessuno potrà proteggerli, nessuno se parlano troppo potrà salvarli da qualcosa che chiamano mafia”.
Ci sono frammenti di altre riflessioni
“Mio Dio,
perché mi togli sempre troppo presto ciò che amo.
Ti prego toglimi il cuore ma non farmi soffrire, non farmi tenere tra le mani ciò che non potrà mai essere mio.[…]
Sono quasi le 9 di sera, sono triste e demoralizzata forse perché non riesco più a sognare, nei miei occhi vedo tanto buio e tanta oscurità.
Non mi preoccupa il fatto che dovrò morire ma che non riuscirò mai ad essere amata da nessuno.
Non riuscirò mai ad essere felice e a realizzare i miei sogni. Vorrei tanto poter avere Nicola vicino a me, poter avere le sue carezze e i suoi abbracci, ne ho tanto bisogno, e, l’unica cosa che riesco a fare, è piangere, ma vorrei tanto il mio Nicola.
Nessuno potrà mai colmare il vuoto che c’è dentro di me, quel vuoto incolmabile che tutti, a poco a poco, hanno aumentato. Non ho più niente e nessuno, non possiedo altro che briciole. Non riesco a distinguere il bene dal male, tanto ormai è tutto così cupo e così squallido.
Credevo che il tempo potesse guarire tutte le ferite. Invece no. Il tempo le apre sempre più fino ad ucciderti, lentamente.
Quando finirà quest’incubo?”.
C’è quasi un biglietto d’addio, nel diario
“Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita.
Tutti hanno paura ma io l’unica cosa di cui ho paura è che lo Stato mafioso vincerà e quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi. Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarsi.
Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi
ma io senza di te sono morta”.
Le parole che ricordano Rita Atria sono foglie secche, solo se nessuno le riconosce. Ma se qualcuno si ferma un attimo ad ascoltarle, rinasce la memoria. L’unica primavera possibile.
é VERO LA MAFIA è SOPRATTUTTO DENTRO DI NOI! SE NON SCONFIGGIAMO QUELLA DOVE VOGLIAMO ANDARE…
Come sempre unico;
stavo per dire solo..
Grazie per queste medaglie rovesciate.
Con stima.
Un piccolo tassello per non dimenticare. Davvero.
davvero bello questo post!
la storia di rita atria é bellissima. da sempre. E’ un monmento alla fiducia delle cose vere.
il suo sacrificio, é un simbolo a chi, non ha fede che le cose possano cambiare. E’ una martire moderna.
Non conoscevo affatto la vicenda di questa persona…grazie….
Di niente, Peppino. Ti invito ad andare sul sito dell’associazione. Troverai tantissimi spunti.
Ho raccontato a 15 bambini, prima di andare a letto, la storia di Rita Atria. L’ho raccontata come una favola addolcendo un pochino il finale ma evidenziando con vigore la forza che Rita ha impiegato per contrastare la Mafia.
continua…alcuni gia ne conoscevano la storia altri hanno ascoltato attentamente. Piccoli semini vengono piantati, speriamo in un buon raccolto.
Sono cose che – sommessamente – danno un signficato al mio lavoro, anche se non è questo il fatto importante. Grazie.
Io ho avuto la possibilità di conoscere la storia parecchi anni fa. In una giornata sulla Legalità alcuni ragazzi portarono come simbolo la storia di Rita Atria. Signor Puglisi credo che la memoria storica sia uno dei tesori più grandi che possediamo. Ben vengano articoli come i suoi. Serve una comunione di intenti però! Educatori, maestri, professori, rettori, baby sitter, tutti quanti uniti nella lotta alla Mafia nel ricordo di persone come Rita Atria. Nel mio piccolo cerco, da educatore, di farlo. Ma siamo in pochi.
Pochi ma buoni.
il 25 agosto mio figlio 16enne è andato a Canicattì in un campo di lavoro ARCI, per 15 giorni dovrà lavorare nel vigneto per spietratura e sistemazione dei filari, dalle 7 alle 16, mentre nel pomeriggio ci sono in programma attività legate al tema della legalità e dell’antimafia, visto che i terreni in cui si organizzano questi campi sono confiscati alla mafia e gestiti da cooperative di giovani.
Il 27 luglio c’è stata in piazza a Canicattì una serata in ricordo di Rita Atria, lui già conosceva la storia ma si sa che quando non è la mamma a parlare alle cose si partecipa con più entusiasmo.
credo che esperienze come questa siano il modo migliore per capire la nostra terra, e per amarla nel modo migliore, più sano, per fare della memoria un dovere sociale.
il 26 agosto al centro sociale Vitale allo ZEN 2 sono andata ad ascoltare Piera Aiello, la cognata di Rita, che vive sotto protezione in quanto testimone. ha raccontato molte cose di Rita, una ragazzina che aveva scelto una strada difficile, e che alla morte di Paolo non ha trovato più la forza di andare avanti. la stessa Piera ha raccontato la vita che ha vissuto come moglie e nuora di un mafioso, situazioni che improvvisamente ti arrivano al cuore così vicine e reali… la testimonianza di queste donne, di queste vite, deve servire per non smettere mai di indignarci, e di impagnarci per lottare in ciò in cui crediamo.
Bello,veramente bello questo post…sono veramente emozionatissimo…complimenti…stiamo proprio parlando(io e la mia scuola A.Ugo) e dicutendo di questo argomento;di Rita Atria…che dire di questa donna,anzi ragazzina!!!
E’ una storia sconvolgente.
La storia di Rita Atria riempie i cuori e li svuota al contempo. Lascia senza fiato, senza parole, senza speranza, senza nulla. Lascia solo un senso di vuoto.
Rita era coraggiosa, passionale, innamorata e meravigliosamente siciliana.
Rita da Partanna- un uccellino che non sa volare
prima ancora che diventasse fulgido
da onorare come quello di Graziella
-anche lei con solo 17 anni di vita-
e di tutte le donne coraggio
stroncate senza colpa
il tuo nome Rita mi è stato caro…
tu sei nata lì in quella terra
scossa nel profondo delle viscere
e bruciata da vile violenza
dove anch’io sono stato in un altro tempo…
lì a Partanna nel Belice sei cresciuta
in una gabbia di mura familiari
con l’eco della parola mafia
in ogni momento delle tue giornate
nei frammenti intimi del tuo diario…
anch’io ho sentito quell’eco
ma per me era routine di lotta
una componente esterna
non parte della mia ideologia…
mentre tu hai capito a poco a poco
che per sfuggirla o combatterla
bisogna prima stanarla dentro di sé
l’atavica cultura della rassegnazione…
e quella belva feroce implacabile
che ti ha sottratto i naturali affetti
tu giovane donna hai provato a sfidarla
con coraggio sorretta dal buon “zio Paolo”
dall’uomo di legge falciato anche lui
come tanti con la testa eretta
e il nome inciso nella storia…
dove ora c’è anche il tuo
dopo quel volo spiccato nel vuoto
simile a quell’uccellino spaurito
che incredibilmente un giorno vidi
precipitare davanti ai miei piedi stupiti