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venerdì 22 nov
  • Sicilia: istruzioni per chi proprio non la capisce

    La Sicilia è a sua volta un’opera incompiuta, come tante opere pubbliche che funestano il suo territorio: è una buona idea, una bella bozza che difetta però di una completa e convincente realizzazione. Certo, le potenzialità non le mancano, sia in termini di qualità delle risorse umane, che di quelle economiche, ambientali e culturali, ma le potenzialità, da sole, non bastano. Chi vi è nato e cresciuto può anche credere che sia il posto più bello del mondo, ma chi è nato altrove o ha comunque una certa esperienza del mondo al di fuori dei suoi confini, sa che così non è, anche se, questo sì, teoricamente, potrebbe esserlo. I peggiori nemici della Sicilia sono gli stessi siciliani: non tutti, ovviamente. La causa di tutto ciò sta, a mio avviso, nella “concorrenza sleale” che si dà tra economia di mercato ed economia parassitaria. Qual è la principale industria della Sicilia, quella che offre più lavoro e reddito? La politica! La mia analisi è semplice e parte dalla “osservazione della scodella”: qual è la fonte ultima da cui proviene il contenuto della scodella che fa mangiare gran parte dei siciliani? Essa è costituita dalle immense risorse finanziarie intermediate dalla politica: 23-25 miliardi di euro di budget annuale! La società siciliana vive perciò di ricchezze prodotte da altri e altrove. La “concorrenza sleale” si dà appunto tra chi si cimenta, nell’impresa o nelle professioni, con il mercato vero, quello che paga solo il reale valore aggiunto, e chi, più comodamente, sempre nell’impresa e nelle professioni, si cimenta con l’intermediazione di una politica che gestisce il bisogno, non il suo riscatto: se questa classe politica riscattasse dal bisogno i siciliani, i siciliani che bisogno avrebbero di questa classe politica (di entrambi gli schieramenti, tanto è vero che si passa indifferentemente dall’uno all’altro)? Ma è anche vero che questa classe politica va bene alla maggioranza dei siciliani perché cimentarsi con il mercato è più faticoso che coltivare rapporti amicali con i potenti di turno. Si conferma così che la classe politica non è migliore o peggiore della società che la esprime per il semplice motivo che, scientificamente, la rappresenta.

    Da almeno 50 anni (prima con risorse nazionali, poi con quelle europee) i flussi finanziari che sostengono il reddito e i consumi di un’estesa ed influente rappresentanza di siciliani (politici, burocrati, dirigenti, impiegati e pensionati pubblici, amministratori di società ed enti partecipati dalla Regione e dagli altri enti locali, professionisti e consulenti, imprese fornitrici ed appaltatatrici di tali società ed enti con i rispettivi dipendenti e dirigenti, azionisti e professionisti di fiducia, ecc.) provengono da:

    1. il 100% delle entrate tributarie dei siciliani (che sono il 10% della popolazione italiana): unica, tra le Regioni a statuto speciale;

    2. il fondo di solidarietà nazionale: sempre in virtù dello Statuto autonomistico (art. 38), percepisce ulteriori risorse dallo Stato;

    3. le rimesse degli emigrati;

    4. il riciclaggio di denaro proveniente da attività criminali, svolte in Italia o all’estero, da siciliani affiliati o contigui a “Cosa nostra”;

    5. la Cassa per il Mezzogiorno e successive variazioni (es. Sviluppo Italia);

    6. le compensazioni interne: ad esempio l’integrazione al reddito per la produzione di olio, grano, ammasso e distillazione nella viticultura, contributi agli agrumicultori per la distruzione delle eccedenze, contributi per mantenere incolti i terreni, ecc.;

    7. i programmi operativi e fondi strutturali europei: sono fondi che l’UE destina ad aree sottosviluppate del territorio europeo e che il Governo della Regione, non solo non riesce a spendere interamente, ma utilizza spesso – e volentieri – in modo distorto e clientelare rispetto alle sue finalità.

    Non avendo tutte queste risorse creato le condizioni di un vero sviluppo economico (vedi il caso della Spagna o dell’Irlanda) tale da consentire la fuoriuscita della Sicilia dall’area del sottosviluppo (se non in modo casuale con l’allargamento ad est dell’UE), il Governo della Regione ha pietito un’ultima proroga, fino al 2013, dell’erogazione dei fondi strutturali europei, pianificando così il suo eterno “sottosviluppo” sino a quella data. Poi si vedrà …
    Può allora una società pervasa da cultura parassitaria liberarsi da sola dai suoi parassiti, non ultima, la mafia? E come?

    Sicilia
  • 195 commenti a “Sicilia: istruzioni per chi proprio non la capisce”

    1. L’analisi condotta dal sig. Di Donna è come al solito estremamente lucida e precisa.
      Purtroppo temo che la domanda finale sia destinata a rimanere senza risposta, almeno fino a quando la maggior parte dei siciliani, quella onesta, non prenderà finalmente coscienza che non si può più delegare gente indegna a governare ed amministrare l’isola.
      Ma non, come sostiene qualcuno che negli ultimi tempi sembra aver ripreso vigore nelle sue esternazioni, professando la necessità di una piena autonomia dallo Stato centrale: semmai l’esatto contrario, ripensando completamente questa prerogativa di “specialità” che finora non è servita a far progredire la Sicilia, ma anzi ha contribuito ad affossarla sempre di più nell’arretratezza in cui si trova.
      Che senso ha oggi lo Statuto Speciale?

    2. Impietosa analisi, ma molto realistica.
      Credo che esista una criminalità di stampo Politico-Imprenditoriale-Mafiosa e che questa sia la vera responsabile di questo stato di cose.
      Credo che si debba guardare all’insieme, infatti, la lobby che io immagino Politico-Imprenditoriale-Mafiosa sarebbe formata da IMPRENDITORI che difendono la loro posizione di privilegio utilizzando in maniera clientelare i politici per avere denaro pubblico, senza fare vera innovazione e impresa, denaro ottenuto con i soli finanziamenti (appalti – fondi strutturali …..) e utilizzano i mafiosi, oltre che i politici, per contrastare la concorrenza in maniera sleale (la mancata apertura di grandi ipermercati delle multinazionali del nord Europa a Palermo penso sia un indice di quanto dico); i POLITICI che utilizzano la mafia come serbatoio di voti e gli imprenditori per il finanziamento illecito della politica e per pilotare l’occupazione; i MAFIOSI che utilizzano gli imprenditori per ottenere denaro dalle “estorsioni” e posti di lavoro per i familiari nelle varie imprese e utilizzano la politica per ottenere concessioni di rendita (le sale bingo sono un esempio di cronaca recente) e prebende varie.
      Solo guardando unitamente le singole responsabilità dei vari attori e i loro perversi intrecci che operano distorcendo la produttività e il mercato della società siciliana si può a mio giudizio comprendere lo stato di degrado.

    3. In definitiva a mio giudizio la risposta al quesito e solo una ed è di tipo repressivo.
      Contrastare chi vorrebbe eliminare dal nostro ordinamento giudiziario la controversa figura del reato di “concorso esterno in associazione mafiosa” e perseguire come mafiosi chi fa parte della lobby Politico-Imprenditoriale-Mafiosa.

    4. Complimenti per la descrizione di una situazione veramente disastrosa. La domanda che mi pongo e che vi pongo è: quanto ha torto il signor Umberto Bossi nel pretendere che il nord che produce deve godere dei frutti fiscali di questa produzione e che i parasstiti (come i siciliani, purtroppo) devono arrangiarsi? Come la prenderemmo se lavorassimo dalla mattina alla sera ed il nostro vicino di casa, quotidianamente a poltrire dinnanzi la tv, la sera passasse a riscuotere il frutto del sudore della nostra fronte?

    5. Ah,una precisazione. Questa mia è una generalizzazione che vuole essere una provocazione. In Sicilia, come in tutto il meridione in genere, c’è anche tanta gente che lavora duramente e onestamente. Ma la situazione generale, sempre purtroppo,è buia, come molte strade di Palermo in questi giorni…

    6. C’e’ qualcuno che sa presentare
      un Bilancio Economico
      in una ipotesi di realizzazione di Autonomia Siciliana ?
      (con esercito siciliano,flotta navale
      e quant’altro abbiamo dovuto sentire
      in questi ultimi mesi…)

    7. Fabrix
      infatti sarebbe ora che lo Stato Italiano
      mettesse tutte le regioni in par condicio…

    8. Analisi tristemente impeccabile…

    9. facciamo un referendum per l abolizione dellostatuto speciale

    10. Come? Premessa sempre necessaria. Questo commento non vuole essere polemico, non ha la finalità di produrre attacchi personali e tutte quelle belle cose che fanno parte di un civile scambio di opinioni.
      Non vivo a Palermo e neanche in Sicilia, che per me resta terra di vacanza e di divertimenti non per scelta ragionata, ma per i casi della vita. Si nasce altrove, si studia altrove, si lavora altrove. Per il momento l’altrove, rispetto alla Trinacria, domina la mia vita, non avendola neanche scelta “nel mio piccolo” come da Lei dichiarato, ma senza preclusioni, nel senso che quel che sarà si vedrà. Ma la mia domanda a Lei, prima di rispondere alla Sua a noi è: il signor Didonna, in Sicilia, ci è arrivato per motivi personali o per lavorarci? Non che io voglia ora fare gossip, naturalmente, ma solo per capire se questa terra, al di là dei motivi strettamente legati a ragioni sentimentali, ha rappresentato, rappresenta, può rappresentare, un bacino in cui fare affari, in cui stabilire, almeno in parte, la propria attività lavorativa, in cui venire a creare qualcosa. Se sì allora siamo sulla buona strada, nel senso che mi premerebbe far risaltare una situazione positiva che si è creata, per quella propensione all’ottimismo (che nulla c’entra con le grandi catene di elettronica, mi passi la battuta) che mi caratterizza. Se la risposta fosse malauguratamente negativa, il seguito del Suo titolo “Istruzioni per chi proprio non la capisce” potrebbe essere “ed una volta che l’hai capita, la evita”. Risposta al come? Amando la Sicilia fino in fondo, non considerarla solo terra dove abbronzarsi al sole, mangiare di gusto, bere con godimento, ma attuare la sfida delle sfide, ne sono cosciente che sarebbe un’impresa titanica, LAVORARCI, creando nuova occupazione e smantellando il marcio, cosicché alle parole, seguano i fatti.

    11. Chissà come sarebbe andata se Gheddafi insisteva un po’ di più a volerci “comprare” ???? !!!!
      sto scherzandooooo

    12. Scherzo per scherzo: anche gli Americani volevano farci diventare una della stelle sulla loro bandiera!
      E chissà come sarebbe andata in questo caso…

    13. che fare?
      ognuno la sua parte!
      Donato quello che dici e ripeti da tempo è vero e lo “gridi”ormai da tempo ed è anche vero quello che dice Luca D. il primo problema è quello di spezzare questo intreccio drammatico.
      allora credo che senza una VISIONE ampia del problema non ne usciremo MAI.
      CI VORREBBE una POLITICA e quindi persone capaci di avercela questa VISIONE ed invece ci ritroviamo a spendere energie per provare a resistere senza vedere quell’OBBIETTIVO COMUNE che ci faccia uscire da una PALUDE inestricabile.
      OCCORRONO idee ma occorre una visione strategica di AZIONE .
      allora che fare?
      PERCHE’ NON proviamo AD IPOTIZZARE INSIEME una VISIONE di cosa fare.
      una sorta di brianstormig che però ci porti ad individuare una strada percorribile…
      lo sò che occorrono tanti piccoli passi ma bisogna capire anche verso dove e come arrivare ad un risultato tangibile.
      o.k. proprio mentre scrivo mi sembra tutto una grande UTOPIA ma sappiamo quali sono i problemi. Possibile mai che NON si possa trovare il modo di uscirne?
      Individuiamo un OBBIETTIVO UNO che sia strategicamente fondante di un percorso e proviamo a mettere in campo TUTTE le forze che questa città possiede per realizzarlo.
      Un obbiettivo tangibile con tempi precisi per realizzarlo.
      ma quale?
      l’abolizione dello statuto speciale?
      l’invio dell’esercito?
      un’azione per una decisa svolta culturale?
      chissà ma più scrivo più sento un senso d’impotenza salire e quindi…quindi torno a pensare che in questo momento l’unica cosa che IO posso fare è invitarvi giorno 10 al teatro Biondo di Palermo per la presentazione della prima VERA associazione antiracket A PALERMO…
      ma rilancerò l’invito in seguito..sperando che veniate in tanti.
      ciao
      pequod

    14. Già la Sicilia…., un opera eternamente incompiuta !!!
      Fino a quando lo sarà ?
      E dopo il 2013, alla fine dell’erogazione dei fondi strutturali europei che succderà ?
      ….
      Analisi lucida che dovrebbe ferire quell’orgoglio siciliano di tutti.

      Questo post di Donato Didonna dovrebbe essere scritto ogni giorno sui giornali, essere scritto sui muri di ogni quartiere della città, essere scritto su tutti i blog siciliani, dovrebbe essere recitato dai preti nelle messe domenicali, dovrebbe essere urlato quotidianamente di fronte i palazzi della politica !
      Ma invece questo post di Donato Didonna lascierà 50-100 lettori a riflettere e a condividere le chiavi di lettura del nostro territorio.
      Tutto quà… per il popolo siciliano !

    15. Rispondo sinteticamente:
      LUCA D. Non penso che esista una classe di “cattivi” (la lobby politico affaristica di cui parli) contrapposta ad altre classi (e quali? Forse gli operai, impiegati, pensionati e studenti?) composte dai “buoni”: la mentalità parassitaria è trasversale (e se ne fa quindi uso pure in “modica quantità”) anche se la classe dirigente (politici, professionisti, intellettuali, giornalisti, imprenditori) ha comunque responsabilità maggiori.
      Non c’è quindi nessuna “lotta di classe” da promuovere, ma solo una mentalità arcaica da vincere con una più moderna. Come? La stessa circolazione delle idee e delle informazioni ha una sua forza dirompente su tutti coloro che, godendo di libertà economica e intellettuale, possono, ad un certo punto, fare due calcoli e rendersi conto del prezzo che pagano a questo sistema parassitario che blocca lo sviluppo in senso moderno della Sicilia. Più che ai motivi ideali, credo alle motivazioni di convenienza economica: in una Sicilia dove le risorse non fossero dilapidate, si vivrebbe meglio e si guadagnerebbe di più. Chi non partecipa alla spartizione (perchè sa vivere anche senza) perchè dovrebbe poi continuare a pagarne il prezzo?
      ALBI. In Sicilia, manu militari o per interessi economici, sono venuti nei secoli passati tutti: fenici, greci, romani, arabi, normanni, francesi, spagnoli, austriaci, inglesi, … genovesi! Oggi, percependosi meno il “rischio Sicilia” perchè la mafia veste ormai il doppio petto e sfoggia immancabilmente un titolo di laurea, stanno ritornando, con le loro multinazionali, gli spagnoli (turismo, energia), i francesi (grande distribuzione), i tedeschi, i giapponesi e gli americani (finanza e immobiliare regionale), i cinesi (prodotti low cost), ecc.
      Lavorare e investire in Sicilia, quindi, si può e, in mancanza di un solido tessuto imprenditoriale indigeno, questa è anche una fortuna per l’isola.
      Personalmente, lavoro nel settore della finanza straordinaria (fusioni e acquisizioni) e dell’immobiliare commerciale mentre mi sto affacciando a quello dell’energia da fonti rinnovabili. Per passare dalla teoria ai fatti, ho dato vita, assieme a soci locali, a piccole attività nel settore dell’alimentare biologico e della gestione dei beni culturali e altre ne ho in mente, ma di queste cose contavo di parlare in seguito.
      Sono soprattutto consapevole di potermi permettere un grande lusso: quello di dire ciò che penso in un mondo, specie quello degli affari e dei media, dove troppi “motivi di opportunità” portano a non denunciare mai nulla, rendendoci di fatto complici della situazione generale. E’ questa la nuova forma di omertà che consente il malaffare.
      PEQUOD. Rimando la risposta ad un mio prossimo post su quella che considero una visione di sviluppo possibile per la Sicilia, visto che la libertà economica è la premessa di quella civile (se non sai come arrivare a fine mese, il voto è un bene di lusso da vendere al miglior offerente). Visione di sviluppo ben diversa da quella dell’attuale classe politica che è al massimo capace di svendere il territorio ai produttori di inceneritori così come funesti predecessori lo svendettero ai raffinatori di petrolio conle conseguenze ambientali che conosciamo.

    16. Ora che abbiamo le istruzioni possiamo finalmente smontare questa terra e rimontarla da un’altra parte.
      Condivido le istruzioni però ho paura che per certuni ci sia bisogno del disegnino.

    17. mah, forse basterebbe smantellare i famigerati “poteri occulti” di cui parlavano ieri sera ad AnnoZero..

    18. Condivido in pieno “la mentalità parassitaria è trasversale”, per il resto non la metterei sulla lotta di classe, io sono convinto che esista veramente una lobby che macina denari in vari campi (sanità, appalti, istruzione, formazione, …..) io la vedo come una lobby composita di compagni di merende, persone che hanno paura dei cambiamenti perché possono minare posizioni di rendita e di vantaggio.
      Il parassitismo qui è subito dalla totalità della popolazione e alimentato da tanti, anche dai poveri diavoli, quelli che hanno necessità immaginarie o reali, quelli che in alcuni casi si trasformano in questuanti verso il potere “imprenditoriale” o “politico” o “mafioso”, quelli che per necessità o per mancanza di dignità sono disponibili a vendere i propri diritti.
      Sbaglierò, ma penso che estirpare con metodi repressivi giudiziari la mala pianta dalla testa, fare terra bruciata attorno ai politici corrotti, agli imprenditori conviventi e alla mafia sia la soluzione per provare ad educare anche la coda.
      Credo che sia giusto argomentare sullo sviluppo e sul parassitismo come fa DiDonna, ma vorrei sostenere l’idea di PEQUOD, darsi un solo obiettivo da dove partire, estirpare le estorsioni, che sono la linfa vitale del vincolo solidaristico della mafia, il collante dell’omertà mafiosa. Infatti, con il pizzo si permette il mantenimento a carico delle organizzazioni mafiose delle famiglie dei detenuti e dei reclusi di mafia, stipendi che rappresentano un formidabile vincolo solidaristico criminale, vincolo che come dimostra la storia mafiosa, decade miseramente in caso di non convenienza economica, con i pentimenti e le collaborazioni.

    19. Il caso siciliano è paradigmatico, oggetto di studio da parte di ricercatori del Nord-Europa che vengono qui a trascorrere dei mesi per studiare le ragioni socio-politiche che hanno permesso alla Sicilia, a differenza non tanto dell’Irlanda che si trova ad altre latitudini ed è anglofona ma dell’Andalusia, che è sullo stesso nostro parallelo di mancare infallibilmente tutti gli obiettivi che si è data e lasciare così che turismo, agricoltura, servizi, produzione industriale leggera e hi-tech andassero alla malora. C’è però da dire che quell’insieme di relazioni rassicuranti spesso soffocanti che caratterizzano i siciliani che vivono nell’isola possono sussistere per via della carenza economica: il denaro rende più liberi e allenta le relazioni: è ciò che accade nei paesi europei, è ciò che accade a Milano, più liberi e più soli. Mi chiedo se il siciliano tipico è disposto a barattare la libertà con l’amore (che per me amore non è ma questo è un altro discorso). La risposta alla prima domanda per me è un no che non è definitivo ma sposta il sì molto in avanti nel tempo! Se non l’abbiamo fatto quando c’erano le risorse extra, in 40 anni di UE, potremo farlo senza risorse aggiuntive? La Sicilia si trova in una pessima posizione anche geografica, il mare è in stato preagonico, le coste sono per molta parte improponibili al turismo estero, i servizi assenti, il territorio impoverito dal punto di vista agricolo e devastato per il boschivo, i nostri prodotti agricoli restano invenduti perché non esiste gente di marketing capace di indirizzare le strategie produttive di filiere produttive inesistenti, quasizero in produzione telematica e informatica, e dire che il costo del lavoro qui è basso … ah, si realizzavano call-center, ricordo! Prima o poi la UE chiuderà i rubinetti, finiranno i dané, i piccioli. Tra i possibili scenari: a) i siciliani nel frattempo dipenderanno, saranno asserviti ancora di più alla classe politica-affaristica che loro stessi alimentano, le condizioni di vita diventeranno miserrime per una buona metà della popolazione e si arriverà a delle forme di scambio elementare, di baratto che già in qualche modo sono presenti a livello microeconomico; b) ci sarà un aumento della delinquenza e sempre più persone border-line saranno disposti a svolgere traffici loschi; c) gruppi di potere capaci di riciclare denaro dragato in giro per il mondo approfitteranno del crack e investiranno in una Sicilia sempre più privatizzata, una specie di feudalesimo di ritorno. Forse in un giorno lontano ci sarà una rivolta dei Vespri 2 e infine tornerà il reincarnato Federico III d’Aragona?

    20. Tra i primi obiettivi bisogna puntare a
      disporre di apparati investigativi efficienti,avere processi rapidi
      e carceri piu’ capienti.
      Altrimenti come tagliare la testa al mostro?

    21. Non trovate imbarazzante che la Sicilia, unica tra le regioni italiane, non versi un solo euro ai “fratelli d’Italia”, mentre continua a piangere miseria e a invocare continuamente, attraverso i suoi politici, aiuti da Roma (che “ha dimenticato la Sicilia” e bla, bla, bla)?

    22. quanto si risparmierebbe in una ipotesi di eliminazione dell’ARS?
      Che fanno questi in ARS?
      La Regione Lombardia vive bene senza
      un alter ego ARS.

    23. La circolazione delle idee e delle informazioni !!!
      Questa circolazione puo’ rappresentare una vera rivoluzione per una nuova consapevolezza.
      Ognuno puo’ contribuire a questo processo.
      Dalla circolazione di idee e informazioni col tempo possono nascere le strategie per un cambiamento dello stato attuale delle cose in questa terra.
      Donato offre chiavi di lettura del territorio che possono far riflettere e ragionare.
      Rompere i vecchi schemi di politica clientelare e di voto di scambio non è un processo che si avvia in tempi brevi, perchè un sistema consolidato, non solo a livello regionale, non si spacca in pochi mesi o in un anno. Ma lo scambio di idee e informazioni in tutte le forme possibili (incontri, blog, manifestazioni,…) puo’ contribuire a sgretolare l’attuale sistema incancrenito.
      Da un idea o un informazione nasce un piccolo progetto che puo’ coinvolgere individui e questo puo’ generare un nuovo processo di cambiamento che nel tempo puo’ mutare l’attuale scenario.
      Chi è sensibile allo scambio/condivisione di idee e informazioni deve, quindi, perseverare, alimentando lo scambio continuamente.
      I progetti dal basso possono nascere e ci sarà chi li condividerà e aderirà spontanemante. Il moltiplicarsi di progetti (di vario tipo) potrebbe essere il riscatto di una moltitudine di individui stanchi di vedere un territorio martoriato dall’indifferenza della classe politica che lo ha gestito per decenni senza alcun buon senso.
      Ma questo itinerario non è rigorosamente programmabile, si puo’ stimolare, puo’ essere incentivato con il dibattito e il famoso scambio di idee e informazioni di cui parla Donato.
      Chi ha libertà intellettuale proponga il miglioramento del sistema, e visualizzi una sicilia diversa, possibile… e la racconti agli altri.
      Raccontandoci continuamente e costantemente le nostre migliori visioni della sicilia, anche associandole a realtà diverse dall’attuale sicilia, possiamo contribuire a realizzarle concretamente, … forse un utopia per alcuni….. ma non per me, ne’ per tanti altri siciliani che credono in nuovi modi di vivere questa terra, anche se non ci sono nati !

    24. Mi sembrano proprio idee nuove…nessuno ci aveva mai pensato. Il signor Di Donna aspirera’ certamente al Nobel per questa brillante comunicazione

    25. Donato, ho sempre apprezzato il tuo nitido pensiero, le tue lucide analisi. Imbarazzante? Lo è per chi ha senso etico, chi è capace di vergognarsi. Ti risulta che sia diffuso in Italia innanzitutto ed in Sicilia in particolare? Forse la metà degli universitari non ha un account di posta elettronica o lo usa saltuariamente, in Sicilia l’ADSL credo (potrei sbagliarmi) sia usata quotidianamente dal 15% dei giovani tra i 20 e 30 anni, quanti saranno i giovani che si muovono nella stessa direzione di enzo76? Saranno forse il 2% di questo 20%, il resto usa internet per divertimento o ricerca di notizie. Forse in una quindicina d’anni internet sarà usato quotidianamente dal 50% dei giovani siciliani e allora anche quel marginale 2% avrà una consistenza. Anche 30 anni fà ci raccontavamo una Sicilia diversa, siamo ancora quì. E’ l’economia che crea cambiamento. Se e quando ci sarà una seria crisi economica, che non posso ne voglio augurare, i siciliani potranno scegliere se emigrare in massa verso altre contrade europee o sprofondare ancora più nel pantano che hanno contribuito ad alimentare a causa di quel deficit etico-sociale di cui non hanno colpa perché causato da avverse circostanze storiche ma che dolosamente continuano a mantenere in tempi in cui l’informazione è alla portata di tutti, anche di chi è sprovvisto di internet. Il bisogno alimenta la speranza nel politicante di turno o nello zio tatò, non vedo come si possa modificare questa situazione, dato che chi ha il potere di farlo non ne ha l’interesse. Forse tra 20 anni, quando questi quì non avranno più nulla da spremere dovranno inventarsi qualcosa, l’hanno già fatto coi call-center ed i cococo quando è finita l’epoca dei finanziamenti alle vacche assenti. La cultura d’impresa non s’inventa, si coltiva per decenni sviluppando un sistema organico che ne consenta la nascita e la crescita, un sistema finanziario, marketing, ricerca e sviluppo, produttivo. E chi lo mette su un sistema del genere in Sicilia e in pochi anni? En passant, non solo la Sicilia ma l’Italia tutta sta andando in malora.

    26. Si è il paese tutto che va alla deriva e la Sicilia ne è la “metafora” – non vi è risposta al quesito di Donato se non il porsi altri interrogativi: quante generazioni sono necessarie per superare questo stato di cose ? quale ipotesi sul contesto socio-economico in cui il cambiamento epocale può realizzarsi ? e, nel frattempo, non si rischia di perdere tutti i treni e rimanere condannati al sottosviluppo ? – fra vemt’anni la nostra società sarà definitivamente multietnica e le categorie che utilizziamo oggi per questa analisi potrebbero essere obsolete.

    27. mi sa che il Tema gia’ sfugge di mano.
      L’Italia,fortunatamente,e
      per l’impegno di tanti,
      non sta andando in malora.
      Il Triangolo Industriale ed altre
      Regioni fanno il loro dovere per tenere
      la posizione di VII potenza industriale
      del mondo (o VI o VIII non vedo molta differenza)
      E’ tutto il Sud che e’ sotto la
      morsa della criminalita’ (si e’ parlato
      di 132.000 imprese che pagano il Pizzo).
      In Sicilia le cose peggiorano perche’ ci
      sono “culture” parassitarie,da sempre.
      Ma le cose peggiorano solo per gli “esclusi” dalla spartizione.
      Per tantissimi Siciliani va bene come va,
      all’insegna del piu’ becero cinismo.
      Non ho mai visto una analisi seria su come,su quali basi economiche, dovrebbe sopravvivere la Sicilia in una ipotesi di Autonomia.
      Ma c’e’ chi,tutti i giorni
      nei blog,spinge verso l’Autonomia.
      Perfino la Romania e’ entrata in Europa.
      La Sicilia,staccandosi dall’Italia, a chi dovrebbe guardare,
      all’Africa,con i suoi milioni di disperati in fuga ?

    28. Mi permetto di invitarvi a leggere lo Statuto della Regione Siciliana con quella attenzione che merita e per intero, così ognuno di Voi potrà rendersi conto di quale enorme strumento di autonomia e di autogoverno i Siciliani hanno a disposizione.
      Solo attraverso la lettura dello Statuto i Siciliani potranno finalmente comprendere quale enorme danno è stato perpetrato ai loro danni da una classe politica siciliana priva di “amore e di interesse” per la Sicilia e che per incapacità, opportunismo e miopia politica non ha voluto “governare” nel diritto e nella giustizia.
      La Sicilia ed i Siciliani sono stati oggetto del più clamoroso e beffardo imbroglio della storia siciliana, molto più di quello perpetrato da Casa Savoia con il plebiscito d’annessione al Regno d’Italia, definito dal Primo Presidente della Corte di Cassazione di Firenze Pasquale Calvi: “l’atto più spudorato e sleale che potesse commettere un governo”.

      Un Siciliano della Diaspora

    29. In Sicilia negli ultimi 50 anni c’è stato il socialismo reale ed è stato realizzato dal centro-destra! E’ l’opinione di un mio amico ma la faccio mia 🙂 Una possibile svolta potrebbero darla Bossi & co se riescono a riprendere il potere (solo a scriverlo mi sento male) e dividono fiscalmente l’Italia: ciascuna regione giocherà con le sue carte e vedremo se i siciliani prenderanno provvedimenti … oddio un incubo! Meglio non pensarci 🙁 Il pregevole Statuto! Buone intenzioni messe su carta e mai attuate per la scarsa autorevolezza oltre che poca credibilità dei pochi leaders indipendentisti dell’epoca che già rimestavano nel torbido per conto loro, figuriamoci cosa non faceva il governo centrale pur di tenere la Sicilia in orbita NATO, però la classe politica la elegge il popolo, nel nostro caso è quello emiliano o quello siciliano? Sono stati beffati o si sono fatti beffare per indolenza storica ed interesse spicciolo? Una società multietnica potrebbe contribuire al cambiamento dello status-quo, forse, perché le nuove etnie o si isolano o si integrano, nel primo caso sorgono gravi conflitti sociali, nel secondo i sopravvenuti si adeguano alle abitudini locali. Last but not the least, continuo ad affermare che l’Italia sta andando in malora ma non essendo l’oggetto del post mi astengo dal continuare 🙂

    30. L’adozione del modello “siciliano” di autonomia per il Kurdistan iracheno (di fatto indipendente da circa 15 anni) è la conferma di ciò che alcuni sostengono da sempre.
      Lo Statuto Siciliano, tanto vilipeso, con una gran smania in giro per cambiarlo, è la migliore forma, pur con i suoi limiti, per garantire ad un Popolo-Nazione di avere la propria sovranità senza ricorrere all’esplicita indipendenza.

      Chissà perché i Curdi, che da decenni lottano per l’indipendenza e lottano accettando stragi immani di civili, chissà perché non hanno adottato lo Statuto voluto da Miccichè, Capodicasa, Lo Porto, Cuffaro & Co.

      Lo ricordate? quello abortito la scorsa legislatura e considerano modello niente di meno che quello “antico” e sorpassato del 1946?

      Perché? Per un semplicissimo fatto! Perché quello era un Vero statuto d’autonomia, anche se mai applicato, questo invece era una farsa.

      Chissà perché non sentono nemmeno il bisogno di indipendenza, avuto questo statuto? Perché di fatto … è una sorta di indipendenza, che però non guasta gli equilibri internazionali consolidati.

      Non tocchiamo dunque lo Statuto! Facciamolo conoscere, anche nelle scuole, e, finalmente, applichiamolo per intero!

      Non avremo bisogno di nessuno, di nessun trasferimento. Saremo uno Stato regionale federato all’Italia (al di là del nome formale di “regione”) e, perché no, confederato all’Europa.
      Ma saremmo di fatto un paese sovrano, come sovrani intendono restare i curdi pur in una blanda unità politica irachena. Saremmo una vera grande isola-stato, paese ideale per ogni tipo di attività economiche e sociali per ogni sorta di transazioni commerciali, porta e avamposto dell’Europa, anziché retrovia perennemente malata e assistita, abilitata solo all’economia illegale che fatalmente prende il posto di quella legale che invece viene negata.

      Forse è proprio per questo che lo Statuto non si deve mai applicare…
      *************************
      Un Siciliano della Diaspora

    31. C’è una contraddizione assurda negli antiautonomisti che vorrei evidenziare.
      Hanno trovato un capro espiatorio, l’autonomia speciale, e ciò consente loro di fuggire nel sogno di una Sicilia normale.
      Subito dopo però dicono che la Sicilia da sola non ce la può fare, che ha bisogno di aiuti dal Continente. E allora cosa cambia? Volete un esempio di regione reietta e colonizzata senza neanche la droga dell’autonomia speciale? Andate in Calabria!
      Con una popolazione cinque volte superiore, con una marginalità geografica ancora maggiore, la Sicilia non autonoma sarebbe peggio ancora di quello che era negli 80 anni di sfruttamento savoiardo (1860-1943): una m…
      Certo così non va, attenzione!
      Ma non c’è popolo che non si sia ripreso senza essere responsabilizzato sulle proprie risorse. La Sicilia italiana non ha nessun futuro, con autonomia o senza. L’unica soluzione è l’indipendenza piena, o l’autonomia (vera) dello Statuto, non il simulacro che conosciamo, la quale non sarebbe che una quasi indipendenza.
      L’Italia e i suoi ascari hanno distrutto quasi ogni impresa siciliana. Cosa pensate che succederà se le poche risorse tributarie che produce la Sicilia varcheranno lo stretto? Che ci affosseranno ancora di più. In realtà siamo quello che l’Italia vuole: un popolo di consumatori di prodotti italiani che vive di elemosine (italiane) e che dona tutte le proprie risorse naturali (a cominciare da quelle energetiche) in cambio di nulla.

    32. Il Kurdistan ha il petrolio, tanto petrolio, vero motivo per cui non gli hanno mai concesso l’indipendenza e dire che i curdi hanno ragione a richiederla, sono diversi dai loro vicini turchi, arabi e persiani per etnia e costumi, fede, sono una nazione senza uno stato. Che c’entrano i curdi con i siciliani? La Sicilia ha risorse naturali, è vero, ma qual è la loro consistenza, il loro pregio? Abbiamo lo zolfo e il potassio, possiamo scambiarlo col carbone sardo o con l’energia idroelettrica trentina … boh! Semmai bisognerebbe guardare ai catalani, un mix di turismo, agricoltura, tecnologie leggere ed hi-tech. D’accordo, l’invasione piemontese ha distrutto quel poco che c’era: per chi non lo sapesse, le continue guerre avevano esaurito il tesoro dei Savoia, l’annessione permise loro di incamerare il tesoro borbonico, 5 volte superiore. Ma per tornare al topic, penso che un risarcimento alla Sicilia era dovuto, il problema è un altro: che ne hanno fatto i siciliani di questo flusso finanziario, cosa s’è costruito? Ah sì, case abusive e palazzi in cemento, una pletora di opere pubbliche incomplete. L’isola-stato? Fossimo Jersey o Cayman, Bermuda … ma non siamo né dentro i flussi finanziari mondiali, se non forse per certe aspetti oscuri, né nel mar dei Caraibi, e infine non parliamo inglese e neanche cinese. Porta dell’Europa … per chi? Per il Nord-Africa? Ma ci scavalcano quando e come vogliono! C’è l’aereo, il fax, internet … già nei primi anni 90 i nord-africani negoziavano coi milanesi a pieno ritmo. Qui non s’è costruito nulla e si continua a non costruire nulla perché non è sufficiente essere competenti, ci vuole metodo condiviso, ciò che manca quì in Sicilia. Ecco perché i siciliani fuori dall’isola riescono e bene, perché sono inseriti in un ciclo virtuoso.

    33. se io avessi vent’anni e
      se io volessi capire “perche'” e’ nata
      la Regione Siciliana a Statuto Speciale,
      rileggendo i fiumi di parole riversati
      in questo ed altri blog,
      non troverei una risposta.
      Se poi volessi capire se ancora oggi permangono i motivi che l’hanno vista nascere,ancora meno.
      Io credo che una qualunque persona dotata
      di raziocinio aprioristicamente non puo’
      schierarsi pro o contro l’autonomia,
      ma in assenza di
      “una seria,fredda e lucida analisi” che metta in evidenza i pro ed i contro di
      “Autonomia si'” ovvero “Autonomia no”,
      non puo’ che restare alla finestra.
      Adesso,caro il F.P.Catania,sa su che cosa
      lavorare e come fare le sue proposte
      ai Siciliani,ma,la prego,non si allarghi
      troppo con le analisi storiche e geografiche,ma si limiti ad una valutazione della situazione attuale
      (ovviamente il mio e’ solo un advice.)

    34. Siciliano
      qualsiasi analisi,senza il conforto dei Numeri,lascia il tempo che trova.

    35. Il ventenne che si vuole fare un’idea del perché la Sicilia ha uno Statuto speciale cerchi su Wiki, Sicilia, troverà quanto basta per capire da dove veniamo … ma non dove andiamo! I blog servono più che altro per sfogarsi o per scherzare 🙂

    36. La situazione dei trasporti in Sicilia e soprattutto quelli ferroviari credete dipenda dalla incompetenza dei politici e dal malaffare siciliano o dalle Ferrovie dello Stato (Italiano) e dalla decisione, tutta politica dello Stato centrale, di non darci mezzi di sviluppo? Il costo del denaro spropositato (rispetto alle altre regioni) nella nostra isola, credete sia merito di chi “non vede l’ora” che la Sicilia cresca e si affranchi dalla delinquenza e dal malaffare? Dipende dal siciliano questa difficoltà globale di realizzare i sogni imprenditoriali?
      Riflettete se già per spostarmi sul mio territorio, ad es. se da Palermo volessi andare a Catania, con l’alta velocità che lo Stato (le FS) ci consentono, potrei starci dalle 3h e 25′ (il min.) alle 6h (il mass.)!! Come posso essere competitiva in termini di tempo e denaro?
      Se chiedo un minimo prestito per una iniziativa imprenditoriale in Sicilia la banca non me lo da, a meno che io non abbia già dei soldi o degli immobili. E se me lo da, gli interessi sono più alti, a fronte di un minor rischio sulla somma concessa (il minimo).
      Ciò non avviene al Nord!
      Chiedetevi perchè…
      Perchè… perchè… perchè…

    37. L’energia prodotta dalla Sicilia è tale da coprire il fabbisogno interno e da essere trasferita anche su altre parti del territorio nazionale, e questo valore non ci viene reso. Nè quello sui carboranti prodotti/raffinati nella nostra Regione.
      Non “riceviamo” soltanto.
      Spesso “diamo”.
      Non è tutta assistenza quella dello Stato. E’ anche interesse.
      E soprattutto siamo i grandi consumatori dei prodotti del Nord.

    38. tratto da “Processo all’Autonomia Regionale”
      in “Scritti Ereticali”
      di Salvatore Riggio Scaduto (Magistrato)

      “…Pur nei limiti angusti della presente trattazione tenterò di evidenziare per sommi capi le linee essenziali e le strutture portanti dello Statuto Siciliano affinchè anche il lettore più sprovveduto possa accorgersi in che misura lo Statuto sia stato attuato e dei tradimenti perpetrati dai partiti e dagli uomini che in questi ultimi quarant’anni hanno tenuto il potere in Sicilia in modo da potersene ricordare in ogni competizio­ne elettorale e negare il voto a chi ha tradito la lettera e lo spirito dello Statuto auto­nomistico.

      Secondo i più accreditati giuristi lo Statuto Siciliano non è altro che un patto costituzionale tra l’Italia e la Sicilia, la quale in virtù del suo Statuto specialissimo, per come viene unanimamente riconosciuto da tutti gli studiosi, si viene a trovare in una situazione diversa non solo dalle Regioni a diritto comune, ma anche dalle Regioni a Statuto Speciale, tanto che per la sua struttura costituzionale la Sicilia si può collo­care in una posizione intermedia tra la Regione autonoma e lo Stato membro di uno Stato Federale.

      Conformemente a tali principi alla Sicilia non venne dato un Consiglio Regionale e non dei Consiglieri Regionali, come alle altre Regioni a Statuto Speciale, ma un’Assemblea e dei Deputati (art. 3 e segg. dello Statuto). Tali diversità di qualifica­zione hanno importanza sostanziale in quanto con quelle parole si è voluto dare dignità di “Parlamento” all’Assemblea Siciliana mettendola alla pari anche nella dizione, alle assemblee legislative nazionali.

      Conformemente a tale volontà costituzionale il Parlamento Siciliano ha il potere di adottare in materie d’importanza vitale per la Sicilia leggi diverse da quelle in vigo­re fuori dell’ambito territoriale siciliano. La Sicilia ha cioè competenza esclusiva a legiferare nelle materie elencate nell’art. 14 dello Statuto (agricoltura, industria e commercio, urbanistica, lavori pubblici, miniere, ecc). Tale competenza legislativa esclusiva, però, è stata distorta nel senso che le leggi nazionali sulle materie di cui all’art. 14 dello Statuto vengono ritenute estensibili anche sul territorio siciliano ed hanno quivi vigore sino a quando la Regione non legifera diversamente. Questo modo scorretto di interpretazione delle parole “ha legislazione esclusiva” contenute nel detto art. 14, vanifica il contenuto sostanziale della norma, equipara l’Assemblea Regionale ai Consigli delle altre Regioni, lega la Sicilia al traino delle Assemblee legis­lative nazionali e squalifica il Parlamento Siciliano perché riduce, sia pure in forma negativa i suoi poteri costituzionalmente sanciti. Avere “legislazione esclusiva” nella chiara dizione della lingua italiana vuoi dire che soltanto l’organo dotato di tale pote­re può legiferare con l’esclusione dell’invadenza di altri organi e vuol dire anche avere il potere di non legiferare perché si ritiene valida la legislazione preesistente, che non può essere sconvolta da un organo estraneo, che ha presente altre realtà sociali, ambientali ed economiche. Competenza esclusiva significa in una parola esclusione della competenza altrui. A favore di questa interpretazione vi è un argomento lette­rale decisivo ed inconfutabile. Negli Statuti della Sardegna (art. 57), della Valle d’Aosta (art. 51), del Trentino Alto Adige (art. 92) e del Friuli Venezia Giulia (art. 64) vi è una disposizione comune molto significativa in proposito, che stabilisce espressamente che “nelle materie attribuite alla competenza della Regione, fino a quando non sia diversamente disposto con leggi regionali, si applicano le leggi dello Stato”. Ebbene tale disposizione non esiste nello Statuto Siciliano.

      Da ciò appare evidente che il legislatore costituzionale ha voluto che le leggi futu­re dello Stato, riguardanti le materie attribuite alla competenza esclusiva dell’Assemblea Regionale Siciliana, non si estendessero in nessun caso alla Sicilia, tanto è vero che quando ha voluto tale estensione lo ha esplicitamente detto. Si potrebbe obiettare che in tal modo si verrebbe a creare una disparità di trattamento tra le varie Regioni. A tale inconsistente obiezione è facile rispondere che la diversi­tà di regolamentazione sia nel bene che nel male è stata voluta dal legislatore costi­tuzionale e perciò costituisce una prerogativa costituzionale riservata alla sola Sicilia.

      Al riguardo avviene, invece, tutto il contrario e le leggi statali nelle materie riser­vate alla competenza esclusiva dell’Assemblea Siciliana, di cui all’art. 14 dello Statuto, vengono catapultate in Sicilia anche quando sono contrarie ai nostri interes­si ed alla nostre necessità. Il Parlamentino Siciliano si appaga di legiferare solo su materie di interessi marginali e secondarie o per appagare aspettative clientelari loca­li (v. per es. aggi esattoriali esorbitanti a favore di personaggi della cronaca giudizia­ria d’oggigiorno).

      Si potrebbero citare centinaia di casi di questa nefasta interpretazione, che tanto danno ha arrecato alla Sicilia, ma mi limito a citare il solo caso riguardante l’urbani­stica, riservata alla competenza esclusiva della nostra Regione dall’art. 14, lett. f dello Statuto. I deputatini del Parlamentino Siciliano durante i quarant’anni di Autonomia non hanno mai trovato il tempo di dare alla Sicilia una legge urbanistica organica consona ai nostri bisogni ad alle nostre necessità e si sono limitati a recepire le leggi statali Mancini e Bucalossi valide forse per altre realtà socio-economiche diverse dalle nostre e certamente inidonee e dannose per le esigenze del nostro sviluppo urbani­stico e sociale. I risultati sono sotto gli occhi di tutti . L’abusivismo ha trionfato e quasi dovunque interi quartieri sono sorti ex novo in barba a Mancini e a Bucalossi . I nostri beneamati governanti per potere tappare i buchi cagionati alla finanza pub­blica dal loro malgoverno hanno pensato di vendere l’impunità agli abusivi a suon di svariati milioni esattamente come fecero un tempo certi ecclesiastici con le indulgen­ze. I nostri deputatini come al solito hanno recepito tale balzello camuffato sotto forma di sanatoria, consentendo così l’afflusso di svariati centinaia di miliardi nelle capienti ed anzi sempre sfondate casse statali ed il conseguenziale dissanguamento delle già anemica economia siciliana.

      Veramente pietose sono state le scene di suppliche rivolte dai così detti rappre­sentanti della Sicilia agli irremovibili padroni di Roma per ottenete uno sconto sul prezzo dell’indulgenza! Bastava soltanto invece far valere i nostri diritti costituziona­li e respingere al di là del Faro una legge tanto disastrosa per la nostra già disastrata economia in quanto in materia urbanistica godiamo della legislazione esclusiva.

      Né mi si venga a cianciare che la sanatoria statale è comunque favorevole al col­pevole di abusivismo edilizio perché lo esenta dalla responsabilità penale in quanto è arcinoto che la stragrande maggioranza degli abusivi o ha già subito un processo penale o i fatti dagli stessi commessi sono già coperti da tempo da varie amnistie o risultano abbondantemente prescritti.

      Mi auguro che tutti i Siciliani possano ricordarsi anche di ciò nelle prossime com­petizioni elettorali e neghino conseguentemente il voto ai partiti e agli uomini che non hanno mai saputo difendere i diritti costituzionali della Sicilia.

      Seguendo l’esame delle norme statutarie va osservato che mentre l’art. 114 della Costituzione italiana stabilisce che la Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e Comuni, l’art. 15 dello Statuto siciliano sancisce perentoriamente, invece, che le “cir­coscrizioni provinciali e gli organi ed enti pubblici che ne derivano sono soppressi nell’ambito della Regione Siciliana”. Dalla lettura di tale norma dovrebbe essere chia­ro per tutti che a differenza del restante territorio statale la Provincia in Sicilia dove­va completamente scomparire e con essa gli organi e gli enti pubblici ad essa con­nessi. Ma non è stato e non è così: Le provincie sono rimaste e continuano a rima­nere e quel che è peggio rimangono anche gli organi ad esse connessi. Quali sono gli organi e gli enti pubblici ad esse connessi? In prima fila vi sono le Prefetture che, quali longa manus del Governo di Roma, restano abbarbicate al loro posto in barba all’art. 15 dello Statuto. Dopo 40 anni di laboriosa gestazione la montagna finalmen­te partorisce e da alla luce non il classico topolino, che sarebbe già troppo, ma bensì un microscopico vermiciattolo: la Provincia Regionale, vanto e gloria dei benemeriti pronipoti dei sedicenti proliferi “padri dell’Autonomia” i quali (poverini!) come il biblico Mosè non sono potuti entrare nella Terra Promessa. Sostanzialmente la vec­chia Provincia con i suoi annessi e connessi resta tale e quale come nelle altre Regioni d’Italia e la Regione Sicilia per darle una spruzzata di nuovo decentra molto genero­samente alcuni suoi poteri amministrativi alla nuova (si fa per dire) Provincia. Ecco in sintesi quello che hanno manipolato contrabbandando il tutto come attuazione dell’alt. 15 dello Statuto.

      Ho detto sopra che in Sicilia le Prefetture non dovrebbero esistere perché sono state soppresse dallo Statuto ed aggiungo che la presenza dei Prefetti in Sicilia costi­tuisce una gravissima illegalità perché la presenza di tale organo viola una legge costi­tuzionale quale è lo Statuto Siciliano.

      E passo a fornire la prova e le argomentazioni inconfutabili di questa mia affer­mazione.

      L’art. 19 della legge comunale e provinciale di cui al R.D. 03-03-1934 n. 383 e succ. mod. da quasi la definizione del prefetto e ne stabilisce le competenze. Tale norma dispone testualmente che il Prefetto rappresenta il potere esecutivo nella Provincia e nel suo penultimo comma aggiunge anche che il Prefetto “tutela l’ordi­ne pubblico e sovrintende alla pubblica sicurezza, dispone della forza pubblica e può richiedere l’impiego di altre forze armate”. Tali disposizioni sono valide per la restan­te parte del territorio italiano, ma non per la Sicilia. Infatti l’art. 21 dello Statuto oltre a stabilire che il Presidente è capo del Governo e rappresenta la Regione, stabilisce testualmente anche che “egli rappresenta altresì nella Regione il governo dello Stato, che può tuttavia inviare temporaneamente propri commissari per l’esplicazione di singole funzioni”. Quindi è oltremodo evidente che in Sicilia il potere esecutivo (Governo dello Stato) ha un solo rappresentante nella persona del Presidente della Regione.

      Contestualmente i Prefetti che attualmente rappresentano il potere esecutivo nelle Province siciliane (che non dovrebbero esistere) esercitano poteri riservati per legge costituzionale ad un altro organo.

      Ma vi è di più. Mentre nelle altre Regioni d’Italia la tutela dell’ordine pubblico spetta ai Prefetti, quali rappresentanti del potere esecutivo centrale, in Sicilia in virtù dell’esplicito art. 31 dello Statuto, il mantenimento dell’ordine pubblico è demanda­to solo ed esclusivamente al Presidente regionale a mezzo della polizia dello Stato, la quale nella Regione dipende disciplinarmente, per l’impiego e l’utilizzazione, dal Governo Regionale. Il Presidente della Regione può chiedere anche l’impiego e l’u­tilizzazione delle forze armate dello Stato e il Governo dello Stato potrà assumete la direzione dei servizi di pubblica sicurezza su richiesta del Governo Regionale con­giuntamente al Presidente dell’Assemblea e soltanto in casi eccezionali il Governo dello Stato, di propria iniziativa potrà intervenire quando siano compromessi l’inte­resse generale dello Stato e la sua sicurezza.

      Invece in Sicilia nulla di tutto questo è stato attuato e tutto è rimasto come prima, cioè a dire tutto è rimasto nelle mani del governo di Roma, il quale si serve ed opera a mezzo dei Prefetti, così come avviene nelle altre Regioni d’Italia.

      Con l’ultimo comma dell’art. 21 dello Statuto si volle porre fine alle trame spesso ordite dai Governi centrali ai danni della Sicilia e si dispose che quando si dovevano discutere di “materie che interessano la Regione” il Presidente Regionale ha il dirit­to di partecipare al Consiglio dei Ministri “con il rango di Ministro” e “con voto deliberativo”. Solo raramente e per materie d’interesse marginale per la Sicilia ciò è avve­nuto. Quando il Governo di Roma nel 1981 espose l’intera Sicilia in prima linea in un possibile conflitto atomico tra potenze mondiali estranee ai nostri interessi di pace e di amicizia con tutti, concedendo il permesso agli americani di istallare sul sacro suolo siciliano e cioè a dire in casa nostra i missili nucleari a Comiso, il Presidente della Regione non solo non fu invitato a partecipare con il rango di Ministro al Consiglio dei Ministri che ne doveva disporre l’istallazione, ma venne tenuto allo scuro di tutto.

      Il Presidente regionale dell’epoca, D’Acquisto, ebbe a dichiarare ad un giornali­sta del secondo canale TV che egli si trovava a Roma perché aveva appreso dalla radio la notizia dell’istallazione della base atomica a Comiso e cha era venuto nella Capitale per chiedere spiegazioni al Presidente del Consiglio. Non spendo altre paro­le in proposito perché il fatto si commenta da sé.

      Sempre in esecuzione dello stesso disegno anticostituzionale di svuotamento di ogni contenuto sostanziale dello Statuto Siciliano il Governo di Roma si rifiuta di operare il distacco in Sicilia della Sezione Penale e della Sezione Civile della Corte di Cassazione per come previsto e voluto dall’art. 23, primo comma dello statuto e ciò in nome di una pretesa unità della giurisprudenza. Le Sezioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, invece, sono state distaccate in Sicilia senza alcuna paura che l’unità giurisprudenziale ne potesse risentire. La verità è che la magistratura ordina­ria a differenza delle magistrature amministrative gode di una più effettiva e sostan­ziale indipendenza dal potere politico e quindi questo non può mai permettere che il potere giudiziario ordinario, libero ed indipendente, si frazioni in sezioni autono­me perché ciò potrebbe costituire fonte di fastidio per lo strapotere dei potenti di turno.

      Altro importantissimo articolo qualificante dello Statuto, che non è stato attuato, è l’art. 40. Tale articolo prevede l’istituzione presso il Banco di Sicilia di una Camera di compensazione allo scopo di destinare ai bisogni della Regione le valute estere pro­venienti dalle esportazioni siciliane, dalle rimesse degli emigranti, dal turismo e dal ricavo dei noli di navi iscritte nei compartimenti siciliani. Con questa disposizione si è voluta mettere in salvo la nostra ricchezza liquida monetaria dalla rapacità dei nostri così detti “fratelli” nordici, creando una specie di lira forte siciliana, ma tutto ciò è rimasto allo stato di una pia intenzione non seguita dai fatti.

      La valuta pregiata proveniente dalle rimesse degli emigranti siciliani e quella spesa in Sicilia dai milioni e milioni di turisti stranieri, che hanno visitato la Sicilia in que­sti ultimi 40 anni, da sola ascende a cifre astronomiche, per come il lettore può ben immaginare. Tale valuta per il disposto dell’art. 40 dello Statuto doveva restare in Sicilia “per essere destinata ai bisogni della Regione”. Nulla di tutto questo è stato realizzato e tutta questa valanga di moneta pregiata, anzicché restare in Sicilia è anda­ta a finire nel calderone sfondato nazionale e noi Siciliani siamo rimasti agli ultimi posti in tutte le graduatorie economiche e finanziarie dello Stato.

      Se l’art. 40 avesse potuto trovare attuazione è evidente che in Sicilia ci sarebbe stato lavoro ed occupazione per tutti perché ci sarebbe stata la possibilità di creare complessi industriali possenti e competitivi; ci sarebbe stata la possibilità di indu­strializzare la nostra agricoltura e di lanciare sul mercato mondiale a prezzi competi­tivi i nostri prodotti specie vinicoli ed agrumari, che oggi, invece, vanno a finire al macero sotto le ruspe della CEE in cambio di una misera elemosina; ci sarebbe stata la possibilità di dare ossigeno ed incremento al nostro glorioso ed operoso artigiana-to, che un tempo assorbiva tante braccia di lavoro e che oggi, invece, sta scompa­rendo a causa dell’esoso fiscalismo rapace dello Stato Italiano che soffoca in sul nascere ogni libera ed autonoma iniziativa di lavoro; ci sarebbe stata la possibilità, infine, di emettere prestiti interni da parte del Governo della Regione in attuazione dell’art. 41 dello Statuto, a beneficio delle classi lavoratrici e produttive della Sicilia. In una parola ci sarebbe stato lavoro e ricchezza per tutti.

      E passo a trattare per sommi capi, a causa della limitatezza di questo semplice arti­colo giornalistico, il problema attualissimo della rapina del petrolio siciliano operata ai nostri danni giorno per giorno dai “Fratelli d’Italia” con il beneplacito degli asca­ri locali. L’art. 33 dello Statuto dispone che sono assegnati alle Regione, e costitui­scono il loro patrimonio, i beni dello Stato oggi esistenti nel territorio della Regione.

      Tra i beni dello Stato facenti parte del suo patrimonio indisponibile vi sono anche le miniere secondo l’esplicito disposto dell’art. 826,2° comma del vigente codice civi­le, promulgato prima dello Statuto con R.D. 16-03-1942 n. 262. Per il disposto del­l’art. 2, 1° comma lett. b) dell R.D. 29-07-1927 n. 1443 “appartengono” alle miniere “la ricerca e la coltivazione” anche “dei combustibili solidi, liquidi e gassosi”. È, quindi, di una evidenza solare che il petrolio estratto in Sicilia è nostro ed esclusiva­mente nostro e che la Regione Siciliana (in virtù dell’art. 14 lett.h) dello Statuto ha competenza esclusiva a legiferare per tutto quanto concerne la materia petrolifera.

      È, poi, arcinoto che il petrolio estratto nel territorio siciliano è sufficiente da solo a soddisfare i bisogni energetici dell’Isola.

      Ebbene, nonostante la chiara disposizione dell’art. 33 dello Statuto, che assegna le miniere, per come anzidetto, al patrimonio indisponibile della Regione, i Siciliani non solo non ricavano alcuna utilità dai cospicui giacimenti petroliferi esistenti nel sottosuolo della propria Terra, ma subiscono uno sfruttamento ed una spoliazione pari a quella subita dai popoli coloniali ad opera dei colonialisti dell’800. Ai Siciliani è stato sinanche negato un misero sconticino sul prezzo della benzina proveniente dalla loro stessa Terra.

      Analoga considerazione va fatta per il gas metano di Gagliano Castelferrato e per i sali potassici ed alcalini estratti in gran quantità dal nostro sottosuolo. E noi, intan­to, come per il petrolio, continuiamo a pagare a peso d’oro i concimi chimici per la nostra produzione agricola, nonostante provengano dal nostro sottosuolo. Le minie­re di zolfo ritenute improduttive, vennero lasciate in balia degli ascari locali, che ne fecero scempio. I giacimenti di petrolio e di sali, invece, vennero messi fraternamen­te in comune con i despoti romani.

      Solo chi ha gli occhi nel sedere non si può accorgere di questo palese e gravissimo sfruttamento perpetrato ai nostri danni!

      Veramente ineffabile e sommamente vacua è stata la reazione dei governanti regionali, che indegnamente ci rappresentano, a proposito della creazione della teso­reria unica decisa dai padroni di Roma. Al riguardo viene in mente l’appropriato ed efficacissimo proverbio siciliano che dice a chi si interessa di facezie avendo perduto le cose più importanti: “Persi li muli e va circannu li crapisti! “. I governi regionali da 40 anni hanno consentito ai governi centrali di appropriarsi di una valanga di miliar­di che avrebbero dovuto restare in Sicilia a mezzo della Camera di compensazione, prevista dall’art. 40 dello Statuto, nonché delle risorse del nostro sottosuolo (petro­lio, sali, ecc.) (art, 33) ed ora vanno a pietire per la perdita di pochi spiccioli che si verificherà con la creazione della tesoreria unica nazionale. A chi non ha saputo far valere i diritti costituzionali spettanti alla Sicilia, la risposta dei padroni di Roma non poteva che essere necessariamente negativa, per come lo è stato.

      E per concludere l’esame solo delle più gravi e palesi violazioni subite dallo Statuto Siciliano da parte dei Governi Italiani con l’assenso esplicito o tacito dei loro manutengoli locali, passo a trattare per sommi capi il soffocamento subito dall’Alta Corte per la Sicilia prevista e regolata dagli articoli dello Statuto che vanno dal 24 al 30 e cioè a dire da ben sette articoli su 43 di cui lo stesso è composto.

      Ho detto che si è trattato di un vero e proprio soffocamento perché sino all’anno 1956 l’Alta Corte era ancora in vita e funzionava in modo eccellente e cessò di vivere non per morte naturale, ma per morte violenta. La morte naturale e direi fisiologica di una legge avviene con l’abrogazione della stessa mediante un’altra legge. La legge costituzionale istitutiva dell’Alta Corte per la Sicilia, quale è lo Statuto Siciliano, venne, invece, soppressa non con un’altra successiva legge costituzionale abrogativa, ma mediante sofisticati sillogismi giuridici. Il compito di procedere al detto soffocamen­to se lo assunse la Corte Costituzionale, la quale lo realizzò in due tempi e precisa­mente con la sentenza del 09-03-1957 n. 38 e con la sentenza del 22-01-1970 n. 6.

      L’Alta Corte costituiva l’unica garanzia della giusta interpretazione e dell’esatta osservanza del patto costituzionale avvenuto tra l’Italia e la Sicilia regolamento con lo Statuto autonomistico. Infatti l’art. 25 di questo dispone che l’Alta Corte giudica sulla costituzionalità delle leggi emanate dall’Assemblea Regionale e delle leggi e dei regolamenti emanati dallo Stato rispetto al presente Statuto ed ai fini della efficacia dei medesimi entro la Regione.

      La Corte Costituzionale con la sentenza del 1957 spazzò via l’Alta Corte prevista e regolamentata da una legge costituzionale, che per sua natura non può mai essere tacciate di incostituzionalità, e si autoproclamò unico giudice costituzionale delle leggi di cui all’art. 25 dello Statuto Siciliano. Per operare il soffocamento dell’Alta Corte venne usato il seguente sillogismo: l’art. 134 della Costituzione prevede un unico organo di giurisdizione costituzionale e ciò come conseguenza necessaria del sistema costituzionale italiano, che comprende le autonomie regionali nel quadro e nel fondamento dell’unità dello Stato. Quindi continuando nel suo audace e speri­colato arguire aggiunse che siccome la VII disposizione transitoria e finale della Costituzione stabilisce che le decisioni delle controversie indicate nell’art. 134 ha luogo nelle forme e nei limiti delle norme preesistenti all’entrata in vigore della Costituzione, si deve necessariamente dedurre che l’Alta Corte aveva natura tempo­ranea e provvisoria e che conseguentemente questa doveva essere sacrificata sull’al­tare dell’unità della giurisdizione costituzionale in onore del Dio-Stato uno e pluri­mo nelle sue Regioni.

      Il ragionamento della Corte Costituzionale più che essere un sillogismo è un sofi­sma perché ha solo l’apparenza della verità. Infatti la Corte Costituzionale ignora l’e­sistenza dell’art. 116 della Costituzione che dispone che alla Sicilia ed alle altre Regioni a Statuto Speciale “sono attribuite forme e condizioni particolari di autono­mia, secondo Statuti Speciali adottati con leggi costituzionali”. Quindi è evidente che poiché lo Statuto Speciale, anzi specialissimo, della Sicilia prevede e regola l’esisten­za dell’Alta Corte, a differenza delle altre Regioni a Statuto Speciale, si deve neces­sariamente dedurre che il legislatore costituzionale ha voluto sottrarre la Sicilia dalla disposizione dell’art. 134 della Costituzione ed alla VII disposizione transitoria e finale della stessa. Se così non fosse non avrebbe senso la contestuale disposizione dell’art. 116 sopra riportata. Ma vi è di più. La Costituzione italiana venne pubblica­ta nella Gazzetta Ufficiale del 27-12-1947 n. 298 e successivamente lo stesso legisla­tore costituzionale con legge costituzionale del 26-02-1948 n. 2 dispose che lo Statuto Siciliano “fa parte delle leggi costituzionali della Repubblica ai sensi e per gli effetti dell’art. 116 della Costituzione” senza apportare al detto Statuto alcuna modifica di sorta. Pertanto è chiaro che il legislatore costituzionale sapeva che lo Statuto Siciliano prevedeva l’esistenza dell’Alta Corte e che questa costituiva una parte della “forme e condizioni particolari di autonomia” per come si esprime l’art. 116 della costituzio­ne, e poiché il legislatore costituzionale non modificò nemmeno una virgola del nostro Statuto, si deve desumere che lo stesso legislatore ha voluto che lo Statuto avesse vigore di legge costituzionale in tutta la sua interezza ivi compresa l’Alta Corte della Sicilia. Se il legislatore costituzionale avesse voluto dare carattere di tempora­neità all’Alta Corte lo avrebbe detto e non avrebbe approvato sic et simpliciter lo Statuto nella sua interezza.

      L’Alta Corte per la Sicilia ha competenza anche penale in quanto giudica di reati commessi dal Presidente e dagli Assessori Regionali nell’esercizio delle loro funzioni previa accusa dell’Assemblea Regionale (art. 26). Con l’assurda sentenza del 22-01-1970 n. 6 la Corte Costituzionale provvide a sottrarre all’Alta Corte anche questa competenza, sostituendosi incomprensibilmente al legislatore costituzionale ed igno­rando l’esistenza dell’art. 25 della Costituzione, che stabilisce “che nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”. In conseguenza di tale decisione i Presidenti e gli Assessori Regionali per i reati commessi nell’esercizio delle loro fun­zioni vengono sottratti al loro giudice naturale, che è l’Alta Corte e vanno a finire dinanzi il giudice ordinario come i comuni ladri di polli, mentre lo Statuto Siciliano aveva assegnato ai predetti un trattamento ed una dignità pari a quella dei Ministri. In tutta questa amara e disgustosa vicenda i buoni Siciliani ricordano a sé stessi il noto proverbio del non dare mai le perle ai porci perché non le sanno apprezzare ed in cuor loro si rallegrano, pur con l’amaro in bocca, quando vedono giudicare dalla magistra­tura ordinaria i Presidenti e gli Assessori Regionali per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni come i volgari e comuni delinquenti. Ben gli stia questo trattamento a coloro che non hanno saputo difendere i diritti costituzionali della Sicilia!

      Per la verità gli ascari locali ed i sedicenti “padri dell’Autonomia” abbaiarono contro tali decisioni della Corte Costituzionale, ma i padroni di Roma memori del proverbio che dice che cane che abbaia non morde e che quando il cane abbaia con­tro il padrone lo fa per gioco, non se ne curarono. Siamo già sulla soglia del trentesi­mo anniversario del soffocamento dell’Alta Corte senza che nessun politico nostrano si sia mai preoccupato di recriminare il torto patito dalla Sicilia.

      L’Alta Corte era l’unico e valido baluardo di difesa della nostra autonomia, era il pilastro portante del nostro Statuto e pr questo venne abbattuta per prima dai degni eredi dei conquistatori del 1860.

      Se l’Alta Corte avesse funzionato tante leggi contro la Sicilia non sarebbero pas­sate. È bene ricordare ciò ai buoni Siciliani, affinchè ne sappiano trarre le conse­guenze, negando il loro voto ai nemici della Sicilia annidati come vipere velenose in tutti i partiti italiani e camuffati da agnellini mansueti.

      Ecco come ed in che misura è stato attuato lo Statuto Siciliano!

      Dopo questo sommario excursus e dopo la quarantennale esperienza autonomi­stica possiamo con tutta certezza affermare che lo Statuto Siciliano non è mai stato rea­lizzato e non lo sarà mai finché i partiti italiani avranno la Regione nelle mani in quan­to la sua realizzazione sarebbe chiaramente in contrasto con gli interessi economici dei “fratelli” conquistatori del 1860, rappresentati oggi dai loro degni successori e sorret-ti in Sicilia dalla prosperosa categoria degli ascari e dei rinnegati, ai quali gli ingenui affidano con il voto le speranze di rinnovamento presto e puntualmente deluse.

      Negli anni ‘50, cioè negli anni in cui si doveva costruire la nuova Sicilia secondo le disposizioni dello Statuto, i Siciliani furono mandati via in massa dalla loro Terra, furono costretti ad abbandonare le loro famiglie e gli affetti più sacri, furono costret­ti a diventare emigranti e ad andare a lavorare in nome e per conto di altri, cioè a dire furono costretti ad andare a svolgere il lavoro dei servi. La Sicilia rimase ancora una volta Terra di sfruttamento e di emigranti.

      Da quanto anzidetto emerge chiaramente che nei partiti italiani non solo non sono mai esistiti gli autonomisti, ma non possono mai allignarvi come è naturalmente impos­sibile che una pianta tropicale possa crescere e svilupparsi in una zona glaciale. La ripro­va inconfutabile di tale affermazione è data dal fatto che in ben 40 anni di autonomia non hanno saputo e voluto attuare lo Statuto di cui spudoratamente se ne avevano attri­buito la paternità e non potranno mai farlo perché i veri registi della politica regionale siciliana sono i soliti conquistatori del Nord ed i politicanti locali affiliati ai partiti italia­ni non sono altro che pupi siciliani manovrati in tutte le loro mosse dal solito puparo ita­liano. La prova di ciò? Ma è scritta e si legge a chiare note su tutti i giornali quando la Regione Siciliana deve fare delle scelte. Non si muove foglia se Roma non voglia.

      In occasione delle crisi del governo regionale leggiamo spesso sui giornali che la crisi da Palermo si sposta a Roma, che le decisioni della politica regionale vengono ratificate dalle direzioni romane dei partiti e così via. Questa è cronaca di ogni giorno. Finanche la scelta degli attuali sindaci di Palermo e di Catania venne fatta a Roma, per come si lesse su tutti i giornali del tempo!

      D’altra parte i politicanti locali dei partiti italiani hanno sempre considerato il Parlamentino Siciliano come una palestra ed un trampolino di lancio per potere esse­re proiettati in un futuro nel vero Parlamento, che per loro è quello italiano. Si pos­sono, perciò, mettere in contrasto, quando il contrasto si manifesta, con i loro padro­ni di Roma?

      Ecco perché non viene esercitata per come si deve la competenza esclusiva a legi­ferare sulle materie di cui all’art. 14 dello Statuto, non vengono abolite le Province e le Prefetture (art. 15), l’Alta Corte per la Sicilia viene fatta silenziosamente sparire (art. 24 e segg.), la polizia non viene messa agli ordini del Presidente della Regione (art. 31), non viene creata la Camera di compensazione presso il Banco di Sicilia (art. 40) e così via. In compenso, però, ci hanno creato carrozzoni inutili e mangiasoldi per la siste­mazione dei loro galoppini elettorali, hanno saputo costruire impalcature faraoniche per il montaggio di colossali scandali di cui la stampa quasi giornalmente da notizie, hanno saputo creare lunghissime trecce di intrallazzi di vario colore per la selvaggia e scandalosa lottizzazione del potere e del connesso clientelismo politico, hanno per­messo con la loro nefasta e nefanda politica lo sviluppo rigoglioso della mafia, della massoneria, delle speculazioni illecite, del commercio della droga e su questa scia potremmo continuare all’infinito.

      Tutto ciò non è accaduto a caso, ma è stato studiato, preordinato e permesso per il puntellamento e la perpetuazione del potere nelle mani dei nemici della Sicilia…”

    39. Tutto un mucchio di cavolate: la Sicilia produce eccome, ma non sono i Siciliani a guadagnarci. A noi tornano le briciole in forma di assistenzialismo.

      Gli studiosi del nord est vadano a rompere da qualche altra parte.

    40. L’energia prodotta dalla Sicilia? Vorrai dire prodotta in Sicilia. Le centrali funzionano a gas, è l’ENI il fornitore, la potenza impiantata è sufficiente grazie ad Enel che ha costruito le centrali. La Sicilia avrebbe trovato da sola le risorse per far ciò o ci saremmo dovuti accordare con qualche impresa statale? E di quale stato? Non abbiamo fonti energetiche minerali, abbiamo il sole e il vento ma ora come ora sono un’inezia e in futuro potranno coprire forse il 20% del fabbisogno. La Sicilia produce, sì, ma non è detto che vende. Per esempio un mio amico a fine Settembre non è riuscito a vendere il suo pomodoro costoluto, il migliore per il sugo, 50mila euro perse. Prima di fare certe affermazioni guardiamo i numeri per favore. la produzione siciliana è risibile. Dal punto di vista agricolo qualche soddisfazione ce la potremmo pur prendere ma i prodotti spesso sono mal collocati o restano invenduti anche per mancanza di una logica di filiera. Smettiamo di dar la colpa agli altri, per favore, le responsabilità sono equamente ripartite. Saluti

    41. GD,

      La principale risorsa della Sicilia é la sua posizione: l’ENI produce in Sicilia perché conviene economicamente. E la posizione della SIcilia é nostra e non dei padani.

      L’agricoltura siciliana non funzione perché cosí vogliono i nostri deputati in parlamento, che prendono ordini da Roma.

      La padania che risorse ha? Ma forse lei crede alla favoletta dei milanesi “lavorano”…. I milanesi non fanno niente. Rubano. Questo é quello che fanno.

      PS: su una cosa le do ragione, la colpa é in gran parte nostra.

    42. speravo che questo blog potesse avere piu’ protezione.Invece mi pare che anche qui inizia il delirio e fra pochi post
      potremo rivedere teatrini ormai noti.

    43. x GD wiki riporta:
      “La ricostituzione del Parlamento si ebbe con la fine della Seconda Guerra Mondiale quando a seguito del vasto movimento separatista siciliano il 25 maggio 1947 rinacque come Assemblea Regionale Siciliana, ancor prima della Costituzione repubblicana del 1948.”
      ma non mi pare esaustivo,al quesito.

    44. Supervisor,
      Per non rivedere i teatrini la dobbiamo pensare tutti come te?
      Sei proprio un gran democratico!

    45. Lo Stato italiano ha dato alla Sicilia e a tutto il Sud Italia il ruolo di economia di “consumo”. Noi consumiamo tutto quello che viene da nord: dai prodotti alimentari ai prodotti finanziari. Senza di noi lo Stato stesso crollerebbe. Altro che Lega: la Lega è un bluff. Senza di noi non vanno da nessuna parte!

      Come dice Angela, provateci a fare impresa al Sud; chiedete un finanziamento e vedete cosa vi risponderanno le banche del nord. E sì, perché ormai le banche siciliane non esistono più: in Sicilia esitono solo banche del nord.

      Diteglielo pure al vostro amichetto Bossi di staccarsi da noi. Ormai parlate tutti come dei leghisti. Sembrate degli iscritti alla Lega Nord. Lo sport più conformista del momento è quello di dare addosso a noi stessi, di invocare invii di eserciti o addirittura il governo di nazioni straniere, come qualcuno ha ipotizzato in questo blog.

      Diteglielo pure al vostro Bossi che faccia la secessione: ci farebbe il favore più grande della storia degli ultimi 150 anni.

    46. fino a pochi post sopra ,si svolgeva un dialogo su basi logiche e ben argomentate
      (perfino l’intervento di F.P.Catania
      e’ stato ben calibrato,nel senso che qui non ha inserito proclami)
      finche’non sono riemersi commenti tipici di altri blog,dove voi vi scrivete e voi vi leggete,tanto non vi fila piu’ nessuno.
      Se pensi di ricreare qui il clima
      che ti e’ congeniale in altri blog,
      sei fuori strada.
      Intanto dovreste chiedere scusa ai Milanesi,che io conosco come persone
      fin troppo perbene,motori della nostra
      economia (Italiana).Altro che “rubano”.
      E poiche’ non ho niente da discutere
      con voi,ma proprio niente,per me il
      discorso si chiude qui
      e chiedo scusa a D. Di Donna.

    47. Supervisor:
      dalla tua posizione alta, molto alta, (super, per l’appunto) come mai ritieni che questo blog debba “avere più protezione”.
      Protezione di chi? e da che cosa vuoi esser protetto? Vuoi sentire solo l’eco delle tue parole o preferisci la democrazia del libero scambio di vedute?

    48. Ah, Supervisor, quando il mio commento delle 17,29 sarà finalmente approvato (e sono certa che lo sarà perchè non contravviene a nessuna regola della policy) leggi e studia un po’ di chi siamo figli noi siciliani…

    49. E’ vero che in Sicilia consumiamo per la maggior parte prodotti che provengono da altre regioni d’Italia: ma non sarà anche per nostro demerito?
      Può darsi cioè che altri e altrove sappiano fare meglio di noi, qui?
      Ricordate ad esempio un’ottima acqua minerale di S. Stefano di Quisquina, che prima nessuno comprava (…io sì…) e che adesso, imbottigliata con un marchio famoso è vendutissima (almeno a Palermo) e ad un prezzo inferiore?

    50. @Gd
      La Sicilia ha il petrolio che copre il 10 % del consumo italiano (e il 60 % di quello raffinato).
      Non abbiamo nulla da invidiare al Kurdistan e, se non fossimo in Europa, invece del genocidio strisciante con la complicità della classe dirigente, ci darebbero il gas nervino come Saddam.
      A Supervisor, che altri numeri vuoi oltre questi?
      Ah te ne do uno, fonte caritas: il 75 % dell’emigrazione “italiana” nel mondo dal 1860 a oggi è siciliana, il 20 % meridionale o sarda, il 5 % centro-settentrionale, soprattutto veneta. Prima del 1860 non c’è stato un attimo solo in cui la nostra terra è stata terra di emigrazione.
      Non ti basta eh?
      Credo che ci siano intellettuali in mala fede, prestati ad un’operazione ideologica e mediatica di vasto respiro per la sistematica denigrazione della Sicilia, dei suoi abitanti e delle sue istituzioni, finalizzate all’ultimo assalto delle ultime risorse ancora non “centralizzate” e in questo molti nostri compatrioti si stanno prestando anima e corpo. La sproporzione di mezzi di comunicazione tra uno stato ed un’economia occupanti ed un popolo vinto e prostrato è enorme. I Siciliani sono avvertiti. I loro “gridi di dolore” non sono bene accetti in questo forum.

    51. Angela un commento così è illeggibile online.

    52. Salve a tutti…mi sono imbattuta in questo carinissimo blog e ho subito notato l’analisi di Didonna.Sono una studentessa siciliana e ormai da 4 anni studio a Venezia.A settembre ho assistito,mio malgrado,alla manifestazione della Lega Nord che celebrava la Festa dei Popoli Padani,con tanto di interventi da parte di Calderoli,Maroni,Borghezio,Cota,Castelli,Bossi e via dicendo.A parte i soliti insulti rivolti a Roma Ladrona e a tutto il Sud in generale per via del parassitismo che ci contraddistingue ai loro occhi,ho notato una folla immensa di gente arrabbiata,acccanita,furiosa, desiderosa di cambiamenti politico-economici,cambiamenti che in termini pratici costituiscono la famosa Rivoluzione Fiscale tanto inneggiata da Bossi.Mi rendo perfettaemente conto di quanto tutto ciò sia contro la logica costituzionale,mi rendo conto della loro follia federalista,comprendo ma non condivido l’accanimento cieco e banale contro il sud…ma ciò che ho potuto constatare è stata una forte partecipazione politica all’evento.Ma questo episodio vuole essere l’emblema o meglio lo specchio della gente cho ho avuto modo di incontrare qui in Veneto.Gente attiva,che non accetta una situazione che non gli aggrada e si attiva per poterla cambiare.Il tutto a prescindere dalle fazioni politiche.Quello che noto con enorme dispiacere…è che da noi (in Sicilia) è tutto immobile,statico,permanente.Destinato ad essere immutato nei secoli.Perchè?Perchè mi chiedo?E poi alla mia rabbia puntualmente sento rispondere “Lascia perdere,è stato sempre così,non cambierà mai niente”.Mi fa rabbia l’inerzia e l’apaticità dei siciliani!!!E forse io per prima ho sbagliato andandomene via e non combattendo questa lotta da dentro.Chissà,non lo so.Per adesso so solo che le esperienze fatte qui a Venezia non avrei mai potute farle in una stupenda Catania o Palermo.Non è piacevole da dire ma è così.E non so se ritornerò.Sono combattuta da un sentimento naturale di appartenenza e di amore e dall’altra da un sentimento di odio per questa Sicilia che non riesco ad accettare,seppure io la ami come si può amare una madre.Perchè qui al Nord nel giro di un anno massimo si concludono lavori di opere,infrastrutture,servizi mentre giù da noi non si fa altro che sperare?Io mi sono stancata di sperare.Vorrei poter vivere nella mia terra senza dovermi vergognare di chi sono.Senza dover sperare in qualcuno che decide per tutti noi.
      Vi cito alcune righe del Gattopardo di G.T.di Lampedusa e con quest parole vi saluto…’Il sonno, caro Chevalley, il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali; e, sia detto fra noi, ho i miei forti dubbi che il nuovo regno abbia molti regali per noi nel bagagliaio. Tutte le manifestazioni siciliane sono manifestazioni oniriche, anche le più violente: la nostra sensualità è desiderio di oblio, le schioppettate e le coltellate nostre, desiderio di morte; desiderio di immobilità voluttuosa, cioè ancora di morte, la nostra pigrizia, i nostri sorbetti di scorsonera o di cannella; il nostro aspetto meditativo è quello del nulla che voglia scrutare gli enigmi del nirvana. Da ciò proviene il prepotere da noi di certe persone, di coloro che sono semi-desti; da ciò il famoso ritardo di un secolo delle manifestazioni artistiche ed intellettuali siciliane: le novità ci attraggono soltanto quando le sentiamo defunte, incapaci di dar luogo a correnti vitali; da ciò l’incredibile fenomeno della formazione attuale, contemporanea a noi, di miti che sarebbero venerabili se fossero antichi sul serio, ma che non sono altro che sinistri tentativi di rituffarsi in un passato che ci attrae appunto perché è morto.’

    53. Come no, abbiamo il petrolio ma è di scarsa qualità, difficile estrazione e comunque i giacimenti sono poco estesi. Il Kurdistan galleggia sul petrolio! Ma lasciamo perdere …. Che la Sicilia sia stata sempre terra di conquista è storia. Che in tempi recenti le banche nazionali abbiano conquistato le banche locali è un fatto, nella vita o si mangia o si è mangiati e le nostre banche non sono cresciute tanto da potere a loro volta mangiare delle banche nazionali, viceversa sono state mangiate da chi magari aveva una situazione patrimoniale non migliore ma era più grande, più agguerrito e più ammanicato, una versione soft della conquista sabauda della Sicilia. Non venitemi a raccontare la favoletta del siciliano vittima delle macchinazioni, più che altro egli è vittima di se stesso nella sua terra. Piccolo storia di vita vissuta: inizio anno 2000, la provincia di Milano aveva intercettato dei finanziamenti UE per lo sviluppo di tecnologie telematiche nelle piccole e medie imprese. Tempo intercorso dalla presentazione delle domanda all’erogazione dei fondi, circa 10 mesi. In Sicilia lo stesso fondo UE è stato intercettato dalla Regione nel 2002, tempo trascorso dalla presentazione della domanda all’erogazione dei fondi, oltre 24 mesi, immaginate il perché. I milanesi e più in generale le genti del nord-europa saranno anche un po’ fissati ma dato che ho lavorato con loro per una quindicina d’anni posso dire che meritano ciò che hanno, nel bene e nel male. E come si dice in altro commento, altro che rubano! Nel senso che nessuno fa niente per niente ma è largamente diffusa la coscienza del costruire qualcosa di utile, prima per se stessi e conseguentemente per agli altri: si chiama comportamento intelligente. La posizione strategica della Sicilia non ha alcun significato dal momento che l’art. 120 della Costituzione che stabilisce che “Le Regioni … non possono istituire dazi di importazione, esportazione o transito tra le regioni, né provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle cose tra le stesse.” Volete dunque creare uno Stato siciliano separato dall’Italia? Con un esercito, un tesoro, il ministero delle finanze, quello degli esteri etc etc? Per me non è strada che spunta.

    54. Non cè da creare nessuno stato separato dall’Italia.
      C’è da rispettare la costituzione italiana, di cui lo Statuto Siciliano fa parte.
      Ma viene giornalmente disatteso e vilipeso dai NOSTRI ascari.

      PER COLPA DI NOI SICILIANI, TENGO A SOTTOLINEARE.

      Per chi parlava dei Veneti: fino a 50 anni fa i veneti per la fame si mangiavano anche i gatti. Ora vengono a darci lezioni. La superbia degli ultimi arrivati. Questo non toglie che abbiano il merito di essere riusciti a scrollarsi di dosso la miseria in cui anche loro versavano.
      Ma come la storia del Veneto dimostra, non si tratta di essere incapaci o inferiori geneticamente, si tratta di condizione di inferiorità politica.
      E la soluzione dipende tutta da noi.

    55. x GD,

      La posizione strategica della Sicilia ha un significato immenso.

      A non avere significato é l’articolo 120. Si vada a leggere lo Statuto dell’Autonomia Siciliana.

    56. Attenzione! l’art.120 non è assurdo. Lo Statuto già prevedeva la stessa cosa. Il regime doganale era ed è di competenza statale (cioè, in pratica, comunitaria) e chi dice che l’Autonomia ostacola la libera circolazione di beni e servizi dice una menzogna, ancora una volta per delegittimarla.
      Certo lo Statuto è un compromesso, perché solo una piena statualità può far rilanciare una progettualità interna al nostro Popolo. E statualità non esclude integrazione. Malta ha 6 eurodeputati e può fare quello che vuole. Noi 3 e non possiamo fare niente! Vi immaginate che scoglio disabitato e miserabile sarebbe se fosse rimasta siciliana? Se fosse anche la 10ma “provincia regionale”?
      E Cipro (quella greca ovviamente)? Con tutta la guerra civile e l’occupazione p avanti a noi di decenni. Gli stati insulari “portano bene”. La dipendenza porta male: la Corsica si è ridotta a 250.000 abitanti, in pratica un grande villaggio Valtour a disposizione dei francesi. In pratica è stata distrutta e disabitata. E’ questo ciò che volete per la Sicilia?
      Preferisco vivere.
      Certo l’indipendenza è impraticabile, ma almeno applichiamo (finalmente) la Costituzione per ciò che ci riguarda più da vicino!

    57. @Rosalio:
      hai ragione, mi scuso, ma una citazione così nè si può riassumere nè ho la competenza per farlo.
      Ed è un testo che a me sembra molto interessante, per questo ho pensato che potesse interessare ad altri…

    58. —>@@@:

      (che nick complicato… 🙂
      Visto che sei già andata via senza aiutarci (noi che siamo qua) a lottare, almeno prova, PROVA, da lì dove ti trovi, a portare qualcosa qui. Non so in che campo operi, ma si può imparare e poi applicare qui, tornare ed aprire gli occhi agli altri, pretendere, circondarsi di quelli svegli tra noi, che ci sono, ti assicuro.
      Non tutti sono rassegnati (anche io ne incontro vagonate ogni giorno). Bisogna scuoterli. Fallo anche tu, altrimenti dimostrerai che RASSEGNATA lo sei anche tu…

    59. Parliamoci chiaramente. Se i peggiori nemici della Sicilia sono i siciliani, per noi non c’è speranza.
      Allora che parliamo a fare? Comunque la mettiamo, per dirla con Tomasi di Lampedusa, non cambierà mai niente.
      Non c’è neanche un filo di speranza nelle parole di Lampedusa. Non c’è possibilità di appello. Come non ve n’è per altri popoli meridionali nostri fratelli, primo fra tutti quello calabrese, da alcuni mesi al centro dello stesso attacco mass-mediatico che noi conosciamo bene, ma che su di noi fa sempre meno presa.
      Fiction “gente di mare 2”: non si fa altro che alludere alla natura irrimediabilmente mafiosa dei calabresi. In uno scambio di battute emblematiche tra i protagonisti, uno di questi dice all’altro qualcosa che suona così: “noi siamo come l’erba cattiva; anche se ci elimineranno tutti ma ne rimmarrà solo uno, noi rimetteremo radici e ci rimoltiplicheremo all’infinito”. Parole molto simili a quelle del Lampedusa.
      Ma vi sembra possibile che sia veramente così? Ha ragione Lampedusa? Hanno ragione gli intellettuali in mala fede? Hanno ragione tutti quelli che sparano stereotipi e basta? Che fanno emergere il marcio e basta?
      Allora, scusate, perché non ci ammazziamo tutti?

    60. Chi ha ha letto l’articolo di Francesco Palazzo su Repubblica Palermo di oggi? Riprende la denuncia del servizio di “Striscia la notizia” sullo spreco della tessera sanitaria siciliana costata decine di milioni di euro!!!! Possibile che nessuno abbia mai parlato e denunciato questo spreco?
      Per chi li avesse persi, sulla home page di Rosalio ci sono i link a Repubblica e a Striscia.

    61. Cara Angela…Io studio Architettura ma sono impegnata anche in campo socio-politico. Il mio desiderio, sarebbe quello di poter tornare e fare davvero qualcosa per noi stessi! Ha ragione Marco…in Lampedusa c’è un vena di pessimismo rassegnato. Ma se l’ho citato era proprio per far capire che è questo ciò che vedo io negli occhi della maggiorparte dei miei conterranei e peggio ancora, miei coetanei! (Ovviamente non voglio generalizzare, per carità). Cmq interessantissimo il tuo allegato di Riggio Scaduto, Angela! 😉 Ciaooo! Alessandra

    62. Siciliano hai ragione riguardo all’articolo 120…
      mi sono lasciato trasportare da un certo argomentare fazioso di qualcuno!

      X Marco: i peggiori nemici della Sicilia non sono I Siciliani, ma sono siciliani.
      Abbiamo un nemico interno che si nutre del sottosviluppo della Sicilia.

      La vena di pessimismo la vedo anche io, ma é qui che dobbiamo entrare in gioco tutti noi: parlando, svelando la realtá, raccontando la VERA storia del popolo siciliano.
      I parassiti sono una minoranza che tiene schiacciata la maggioranza del popolo siciliano!

    63. La TESSERA SANITARIA, la “compagna di vita”, è una card che esiste in tutta Italia! e se si fosse intellettualmente onesti si dovrebbe dire…
      ESISTE IN TUTTA ITALIA ed ancora non ci sono data base di riferimento.
      Non è solo un disservizio Siciliano
      🙁

    64. Angela, se si fosse maggiormente informati, si saprebbe che, a differenza di tutta Italia, la Sicilia ha voluto inserire un chip (inutilizzato) nella tessera che ne ha portato il costo da 1 euro pagato dagli italiani agli 8-10 che sono costati ai siciliani.
      Se ti senti il difensore d’ufficio di questo sprechi, forniscine allora una giustificazione accettabile.

    65. Non sono il difensore d’ufficio di nessuno.
      Hai i riferimenti di ciò che affermi?

    66. Angela, le fonti sono nell’articolo di stampa e nel servizio televisivo già citati.

    67. Sorry, quelle non sono fonti. Sono opinioni.
      Le fonti sono altrove….

    68. Fatemi essere banale: se non si riesce a mettersi d’accordo neanche qui, in quelli che siamo, figurarsi metterci d’accordo x sistemare la Sicilia o l’Italia.
      Ancora più banale: il problema è a monte. Il problema è che non si fa più niente se non per muovere soldi, per far arricchire qualcuno, per rende comoda e agevola la vita di pochi a scapito di molti.
      La Sicilia con il 25% del patrimonio culturale mondiale vivrebbe felice e spensierata, con tutti i soldi necessari a diventare un’isola felice e piena di infrastrutture a norma di uomo. Non lo è, ma non solo per la mafia o la politica, soprattutto per la mentalità del cittadino medio, italiano e soprattutto siciliano: succube, accondiscendente, spesso pronto a lamentarsi lontano da orecchie importanti e solo nel privato, al bar o quando meno serve. Un cittadino che poco sa e quando sa fa finta di non sapere. Accondiscendenti coi potenti e, spesso,
      Purtroppo siamo solo uno dei tanti casi in un mondo allo sfascio, malgrado i pareri ottimistici di chi crede che quel che si sta facendo a livello internazionale per i paesi più poveri serva davvero a qualcosa. Quando la stessa economia occidentale fonda le sue basi sull’acquisto di materie prime e risorse umane da sfruttamento, dove credete che si possa andare?
      Ogni problema ha la sua soluzione, ma conoscerla non basta: si deve avere l’interesse e spesso il coraggio di attuarla. Altrimenti finiamo sempre per lamentarci e tirare una coperta troppo corta che inevitabilmente lascia scoperto qualcosa.
      Guardate la Birmania: monaci il cui unico scopo è distaccarsi dal mondo e focalizzare la proprie energie sul bene collettivo che finiscono per rischiare in prima persona, scendendo in piazza e dicendo le cose come stanno. Bisogna averle quadrate ed in Sicilia sono così pochi quelli che le hanno che rimangono solo casi isolati.
      Distacco e interesse collettivo, ecco cosaSarò banale, e lo sarò parecchio.
      Non riusciamo a metterci d’accordo in pochi qui, pensate là fuori. Visioni diverse, visioni contrastanti, ognuno a sostenere una cosa diversa partendo dalla stessa realtà.
      C’è confusione, c’è voglia di fare, ci sono pochi fatti perché non c’è organizzazione e tutti pensano di avere ragione. Poi però si finisce a lamentarsi al bar o in luoghi virtuali come questo e in pochi fanno davvero qualcosa. Nulla di personale, perché va sempre a finire così.
      I problemi sono tanti e di diversa natura. E non riguardano solo noi. Perché quando l’intero sistema economico occidentale, di cui siamo parte, basa la propria filosofia (fintamente capitalistica) e la propria esistenza sull’acquisto di materie prime e forza lavoro a regime di sfruttamento, cosa possiamo mai aspettarci? Perfino nell’ambito sociale più immediato, nel nostro quotidiano, il nostro retaggio animale da “legge della jungla” si fa sentire quando meno ce l’aspettiamo, mentre in campo economico è sempre presente: pesce grosso mangia pesce piccolo per sopravvivere. Se poi un gruppetto ristretto ha cambiato “sopravvivere” con “vivere agiatamente alle spalle degli altri” la colpa è un po’ di tutti che glielo lasciamo fare.
      I modi x uscirne c sono. Ma sono impegnativi, a volte rischiosi, sempre difficili. Per questo accettiamo le cose come stanno. “Megghiu u malu canusciutu ca un tintu a canùsciri” (chiedo venia per il mio siciliano stentato).

    69. azz…maledetto copia e incolla….ma…nn c’è un modo x eliminare i post inviati? ^^

    70. Angela, puoi stare sicura che, a scanso di querele, chi pubblica un articolo o manda un servizio in TV, i dati e le fonti le ha verificate anche se non le cita nei pezzi.

    71. Angela,
      anche se quella CARD fosse costata 5 centesimi, la realtà è che non è affatto utilizzata.
      E quindi un probabile inchiesta serve a capire perchè si spendono soldi pubblici per oggetti che si inviano a milioni di siciliani e poi non vengono utilizzati !
      Ci si potrebbero erogare tanti servizi con cio’ che ci mette a disposizione oggi l’Information Technology.
      In europa con una card di quel tipo, con chip incorporato, si erogano diverse tipologie di servizi pubblici e privati, da pagare tributi a pagare multe a richiedere comodamente da casa certificazioni.
      Questa nostra card sara’ costata quel che è costata, ma la cosa sulla quale non si discute e che non ci si fa un bel niente ad oggi !!! Me la porto da anni nel portafogli inutilmente !!!
      Per il codice fiscale bastava già la vecchia card verde.

      Questo è un esempio pratico di come quando un ente pubblico, come la Regione, pensa di inviare questa card, deve ancor prima di inviarla, programmare (in anticipo) e avviare praticamente (anche in via sperimentale) il servizio di utilizzo della card con il suo chip.
      Così che quando la gente riceve la card a casa, la utilizza immediatamente e constata l’utilità di un nuovo sistema.
      Questa e’ EFFICIENZA !
      L’aver mandato anni fa la card ai siciliani e non essere di aiuto a nessuno nella vita quotidiana, che significato ha in termini di efficienza di servizi pubblici ?
      Invece di discutere sulle fonti della notizia riguardo ai reali costi della card (1 euro o 8 euro…), concentriamoci sulla cosa piu’ importante e pratica, cioè l’utilità della card fatta a spese dei cittadini siciliani !!!!!!!

    72. Enzo76:
      sono d’accordo su tutto. Completamente.

      Mi permetto di dissentire solo su un piccola questione: il servizio di Striscia è stato presentato come se la Card in questione esistesse e fosse il frutto dell’incapacità esclusiva dei siciliani e dei loro parlamentari.
      Come se nel resto d’Italia fossero tutti efficienti e perfetti,e solo qui, in Sicilia ci fosse il top dello scempio.

      Ora, lungi da me il voler difendere i nostri politici, che invece attacco su ogni fronte spessissimo, ma… mi spiegate perchè questo gioco al massacro sulla Sicilia vi rende felici? Perchè darci addosso? La Card c’è anche in tutte le altre Regioni e non viene utilizzata se non come da noi. Perchè il servizio riguardava solo la Sicilia? Perchè non si è detto che lo sperpero coinvolgeva anche tutte le altre regioni?
      Perchè alcuni di voi appena si può dir male della Sicilia son sempre pronti? Guardate che malaffare, inciuci, riciclaggio, delinquenza, violenza ed inefficienze stanno anche da altre parti! Ma solo la Sicilia sta sui giornali….
      (morale: proviamo a lavare i nostri panni efficacemente ma con maggiore discrezione)

    73. Orchiclasta:
      sulle verifiche delle fonti e l’oro colato che sgorga dalle penne giornalistiche avrei molto da dissentire.
      Ti basti leggere diverse testate nel medesimo giorno e vedrai se la verità è una sola…..

    74. Angela, mi sembra che il tuo pregiudizio sicilianista ti impedisca di comprendere anche cose banali: la carta sanitaria con la semplice banda magnetica c’è in tutta Italia mentre in Sicilia si è voluto aggiungere un chip che ha portato il costo a 8-10 euro a fronte di nessun servizio per i cittadini. Quindi in Sicilia si è consumato un grave spreco sconosciuto nelle altre regioni e quindi il servizio di Striscia era ben fatto.

    75. A proposito della card sanitaria.
      Vero è che esiste ed è in gran parte inutilizzata anche nelle altre regioni.
      Però, come dire, qui da noi le cose brutte sono sempre peggiori che altrove.
      Solo qui da noi infatti la Regione ha costituito una società apposita per la realizzazione di questo servizio (?), solo qui da noi ciò ha comportato la realizzazione di uffici ad hoc con quello che costano in termini di risorse umane e attrezzature (addirittura si è avvertita l’imprescindibile necessità di creare un Dipartimento specifico presso l’assessorato regionale per la Sanità)…
      Insomma, forse anche per questo il servizio di Striscia è andato in onda da Palermo e non … da Isernia!

    76. orchiclasta
      questo lo hai gia’ scritto e l’abbiamo capito praticamente tutti.Ora aspettiamo un’indagine seria della Magistratura
      in tempi rapidi e spero che i Responsabili possano presentare i Razionali del perche’ di queste scelte.
      Certamente esistono dei Razionali…

    77. Fabrix, tu hai capito qualcosa della ragnatela di società derivate da E-Innovazione e in parte sfoltite dal decreto Bersani? Era nata solo per fare la “carta sanitaria” o per informatizzare veramente la regione?

    78. I mali della Sicilia provengono dall’unità d’Italia.

      La Sicilia, come tutto il resto del meridione d’Italia, prima della famigerata unità, possedeva ricchezze che la “padania” non si sognava nemmeno.

      Ed anche il cancro della delinquenza organizzata, ce l’ha regalato l’unità.

      Pochi, infatti,sanno che le organizzazioni criminali nel meridione d’Italia, presenti allo stato embrionale o assenti del tutto prima dell’unità d’Italia, sotto il regno dei Savoia trovavano l’humus ideale per poter crescere a dismisura, col beneplacito dello Stato, sino a divenire esse stesse uno stato parallelo.

      La Sicilia, in particolare, prima del famigerato plebiscito che la univa all’Italia, “godeva di una sicurezza inappuntabile che era l’ammirazione delle altre nazioni” (Prof. Francesco Maggiore Perni e deputato Bruno), sicurezza che veniva e viene confermata anche dalle molte relazioni redatte dalle autorità dell’epoca e da non pochi studiosi contemporanei.

      Basta, invece, andare a rileggere ciò che scrissero importanti personaggi sulla situazione generale sopravvenuta nell’Isola dopo la “liberazione garibaldina” e dopo l’annessione all’Italia, per capire come i frutti avvelenati che oggi ci ritroviamo provengono da un albero vecchio di 140 anni con le radici immerse nelle acque putride delle sopraffazioni, delle violenze, delle intimidazioni, delle illegalità e delle spoliazioni perpetrate e perpetuate dal novello stato ai danni della Sicilia.

      Cito di questi alcuni interventi, per dileguare eventuali incredulità in chi legge:

      “Gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili. Ho la coscienza di non aver fatto del male, nonostante ciò non rifarei la via dell’Italia meridionale, temendo di essere preso a sassate, essendosi colà cagionato solo squallore e suscitato solo odio!”. (Garibaldi ad Adelaide Cairoli in una lettera del 1868)

      “…lo stato italiano era una feroce dittatura che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori sardi (leggi “piemontesi”, n.d.r.) tentarono di infamare con il marchio di briganti”. (Antonio Gramsci, citato da Lorenzo Del Boca nel suo libro “Maledetti Savoia” – edizioni Piemme Pocket, Casale Monferrato, 2001, pag. 161)

      “ Quando in Palermo si presentò all’esame di leva un certo Cappello, non si prestò fede al suo reale sordomutismo e lo si voleva costringere a parlare applicandogli bottoni di fuoco sulle carni. Il suo corpo fu reso una vera piaga”. (Napoleone Colajanni)

      “Questo ufficiale (piemontese n.d.r.) si presentò di notte, con gli uomini della sua colonna, in una casina, i cui abitatori, temendo dei briganti, non vollero aprire. Allora il prode militare la circondò di fascine, vi applicò il fuoco e fece morire soffocati i disgraziati che legittimamente resistettero ai suoi ordini”. (Napoleone Colajanni)

      “Il 1860 trovò questo popolo vestito, calzato, industre, con riserve economiche. Il contadino possedeva una moneta. Egli comprava e vendeva animali; corrispondeva esattamente gli affitti; con poco alimentava la famiglia; tutti nella loro condizione vivevano contenti del proprio stato…Adesso l’opposto…E poi le tasse più dissanguatrici…Vedrete che, con tre successioni in una famiglia (e possono verificarsi in un solo anno, nella famiglia stessa) dall’agiatezza si balza alla mendicità. Quanto alla pubblica istruzione, sino al 1859, era gratuita; cattedre letterarie e scientifiche in tutte le città principali di ogni provincia. Adesso nessuna cattedra scientifica…Nobili, plebei, ricchi, poveri, clericali, atei, tutti aspirano ad una prossima restaurazione dei Borboni…”. (Conte Alessandro Bianco di Saint-Joroz, capitano di Stato maggiore piemontese)

      “ I nostri concittadini vengono fucilati senza processo, dietro l’accusa di un nemico personale, magari soltanto per un semplice sospetto…”. (Proto di Maddaloni deputato meridionale al parlamento, in una seduta del 1861)

      “Morti fucilati istantaneamente 1841; morti fucilati dopo poche ore 7127; feriti 10604; prigionieri 6112; sacerdoti fucilati 54; frati fucilati 22; case incendiate 918; paesi incendiati 5; famiglie perquisite 2903; chiese saccheggiate 12; ragazzi uccisi 60; donne uccise 48; individui arrestati 13629; comuni insorti 1428 “. (Il Contemporaneo di Firenze di quel periodo in una “statistica di soli nove mesi di reazioni nelle province meridionali” )

      “Spioni dell’antica polizia, uscieri, commessi di magazzino, etc., sono oggi nominati giudici, prefetti, sottoprefetti, amministratori…Un mio amico trovava installato, in qualità di giudice, un individuo che, mediante quattro carlini, gli aveva procurato reiterati convegni con una sgualdrina. L’arbitrio governativo non ha limiti: un onesto uomo può ritrovarsi disonorato, da un momento all’altro, per la bizza del più meschino funzionario…Facendo un calcolo approssimativo, possiamo arrivare alla spaventevole cifra, per il Regno delle Due Sicilie, di 52 mila incarceramenti all’anno, di 9.400 deportati all’anno, mentre sotto l’esecrato governo borbonico il numero dei carcerati non oltrepassò i 10 mila e i deportati non arrivarono neanche a 94…Si fucila a casaccio, senza processo, senza indagini…Il reclutamento è stato definito giustamente una tratta di bianchi: si arrestano, si seviziano le madri, le sorelle di ogni presunto refrattario e su di esse si sfrena ogni libidine…”. (Conte Alessandro Bianco di Saint-Joroz, capitano di Stato maggiore piemontese)

      “Lo stesso deputato Crispi, nella susseguente tornata, movendo interpellanza sui fatti di Castellammare del Golfo, dice che il malcontento in Sicilia è gravissimo.

      “L’altro deputato siculo D’ontes Reggio ripete le stesse interpellanze del Crispi e con rammarico accenna che cinque cittadini siano stati fucilati senza essere stati sottoposti a processo regolare…

      “ E nella stessa tornata l’anzidetto Crispi in replica aggiunge altre accuse per arresti arbitrari, uccisioni impunite, ecc. ecc.

      “ Il deputato Cordova rivela i seguenti abusi:

      1) Negli uffici delle dogane di Sicilia furono nominate persone idiote e analfabete.

      2) In Palermo i doganieri rubano, ed in Messina gli impiegati sono uccisi, occupando il loro posto gli uccisori.

      3) In Siracusa gli impiegati sanitari degli ospedali sono il quadruplo del numero degli infermi.

      4) Gli impiegati in Sicilia sono enormemente moltiplicati e, sotto questo aspetto, era assai migliore il governo borbonico, il quale per la Luogotenenza spendeva novecentomilalire meno del governo piemontese.

      5) Si danno tristissimi esempi al popolo e questo impara il male dai governanti…” (dall’anonima Cronaca degli avvenimenti di Sicilia del 1863 – archivio privato dello scrittore Carlo Alianello)

      “…Inorridisce davvero e rifugge l’animo per il dolore, ne può senza fremito rammentarsi molti villaggi del Regno di Napoli incendiati e spianati al suolo e innumerevoli sacerdoti, e religiosi, e cittadini d’ogni condizione, età e sesso e finanche gli stessi infermi, indegnamente oltraggiati e, senza neppur dirne la ragione, incarcerati e, nel più barbaro dei modi uccisi… Queste cose si fanno da coloro che non arrossiscono di asserire con estrema impudenza…voler essi restituire il senso morale all’Italia”. (Pio IX, nell’allocuzione tenuta al concistoro segreto del 30 settembre 1861)

      “occorreva confiscare e vendere i beni degli Ordini monastici della Sicilia per rassodare il bilancio dello Stato e colmare il deficit di 625 milioni” (Quintino Sella, ministro delle finanze dell’epoca)

      Tralasciamo qui le leggi che depredarono le ricchezze della Sicilia, le ordinanze militari e gli stati d’assedio che misero definitivamente in ginocchio il popolo siciliano, riducendolo in uno stato di tale prostrazione e paura che il solo sentir parlare di Stato italiano evocava unicamente l’idea di un’entità estranea ed ostile pronta solo a colpirli.

      E quantunque immensa fosse la miseria sopraggiunta col nuovo stato i vari governi nazionali, anziché ravvedersi ponendo finalmente un freno ai loro abusi, trovavano, invece, il modo, servendosi direttamente o indirettamente della mafia, di tenere quieti lo sdegno e le rivendicazioni dell’onesta stragrande maggioranza dei siciliani, per ricavarne ancora vantaggi politici ed economici. E poco importava se milioni di siciliani lasciavano la loro terra per non morire di fame…

    79. Vi invito a essere concisi nei commenti.

    80. Ed ecco, leggendo le leggi speciali e i decreti militari dell’epoca, ciò che fecero i nostri “liberatori” in Sicilia e nel Mezzoggiorno d’Italia, subito dopo l’ “unità”.

      (FATTI, DOCUMENTI E RIFERIMENTI TRATTI DA “LA CONQUISTA DEL SUD” DI CARLO ALIANELLO)

      «Art. 1°. Chiunque sarà colto con arme di qualunque specie sarà fucilato immediatamente.

      Art. 2°. Egual pena a chi spingesse con parole i villani a sollevarsi.

      Art. 3°. Egual pena a chi insultasse il ritratto del re, o lo stemma di Savoia o la bandiera nazionale! »

      ( proclamazione della corte marziale a seguito della dichiarazione dello stato d’assedio del generale piemontese Pinelli nelle zone di Avezzano – G. Fortunato, Antologia dei suoi scritti )

      Ordine del giorno del generale Cugia, prefetto di Palermo.

      20 agosto 1862

      Articolo 1°. Il territorio de l’isola di Sicilia è messo in istato d’assedio.

      Articolo 2°. I generali comandanti le truppe della divisione di Palermo e delle subdivisioni di Messina e di Siracusa concentreranno, nei limiti dei loro circondati rispettivi, i poteri militari e civili.

      Articolo 3°. Ogni banda armata e ogni riunione a scopo di tumulto saranno sciolte mercé la forza.

      Articolo 4°. Gli stessi poteri son conferiti al generale comandante le truppe d’operazione sul territorio da queste occupato.

      Articolo 5°. La libertà di stampa è sospesa per i giornali e altri fogli volanti. La polizia procederà all’arresto di chiunque stamperà o distribuirà simili scritti.

      Ordine del giorno del generale piemontese frignone.

      Messina, 22 agosto 1862

      Articolo 1°. Si procederà al disarmo generale immediato nelle provincie di Palermo e di tutta la Sicilia.

      Articolo 2°. Sono proibite l’esposizione e la vendita di tutte le armi offensive.

      Articolo 3°. Ogni arma verrà consegnata, entro tre giorni, nelle mani dell’autorità.

      Articolo 4°. I contravventori saranno arrestati, e, secondo i casi, fucilati.

      Ordine del giorno del generale Lamarmora prefetto di Napoli.

      Napoli, 25 agosto 1862

      Articolo 1°. Il territorio delle sedici provincie napoletane e delle isole che ne dipendono è messo in istato d’assedio.

      Articolo 2°. I generali comandanti di divisione o delle zone militari assumeranno i poteri politici e militari nei limiti delle loro circonscrizioni rispettive.

      Articolo 3°. Ogni raggruppamento fazioso e ogni riunione tumultuosa saranno sciolti con la forza.

      Articolo 4°. Il porto o la detenzione non autorizzata d’armi d’ogni genere sono proibiti sotto pena d’arresto. I detentori d’armi dovranno dunque consegnarle entro i tre giorni che seguiranno la pubblicazione del presente bando nelle mani delle autorità dalle quali essi dipendono.

      Articolo 5°. Nessuna stampa tipografica, pubblicazione o distribuzione di giornali, fogli volanti o simili può aver luogo senza l’autorizzazione speciale dell’autorità politica del luogo, la quale ha facoltà di sequestrare, sospendere o sopprimere ogni pubblicazione.

      Ordine del giorno del deputato Gaetano Del Giudice, prefetto della Capitanata.

      Foggia, 18 aprile 1862

      Per affrettare l’estinzione del brigantaggio, il prefetto ha l’intenzione di ricorrere alla cooperazione dei guardiani a cavallo delle proprietà private. Disuniti essi non possono niente, né per se stessi né per quelli che servono e inoltre, per il numero sempre crescente di banditi, son stati costretti ad abbandonare le campagne e di chiudersi nei paesi. Io ho pensato di formarne delle squadre che potranno rendere importanti servizi alla sicurezza pubblica, vista la pratica che hanno questi uomini dei sentieri più fuorimano.

      I proprietari, ne son sicuro, non mancheranno di corrispondere a questo invito del governo. Io ho persuaso il comandante della provincia, colonnello Materazzo, a raccogliere i nomi di quelli che si presenteranno e a organizzarli a squadre. Le guardie devono avere delle armi e un cavallo.

      I più notabili cittadini hanno volontariamente aperta una sottoscrizione per sovvenire alle spese di questa nuova milizia, e, in due giorni nella sola città di Foggia, han raggiunto la cifra di cinquemila ducati. Le altre città seguiranno questo patriottico esempio. Così le forze del paese, riunendosi, ci potranno ridare quella sicurezza interna che abbiamo perduto.

      Questo era un vero e proprio invito alla guerra civile e il governo subalpino, accettandolo e facendolo suo, aggiunse un segno nuovo d’impotenza, di fronte a quella disperata resistenza che sino allora era parsa, per l’innato disprezzo verso il Sud, non solamente improbabile, ma anche impossibile.

      Ordine del giorno del capo della polizia di Palermo.

      4 gennaio 1862 ore 8 matt.

      Cittadini, un ufficiale dell’esercito regio, venendo da Castellammare, riporta le seguenti notizie:
      Le truppe comandate dal maggior generale Quintini, sbarcate a Castellammare, hanno attaccato gli insorti mettendoli in fuga. Delle altre truppe son state inviate, questa mattina, per terminare la distruzione di ogni segno di ribellione. Già si è proceduto a numerose esecuzioni a Castellammare.

      Continuate a conservare la vostra calma abituale e contate sulla sollecitudine e l’energia del governo.

      Ordine del giorno del tenente colonnello Fantoni, comandante le truppe di Lucera.

      Lucera, 9 febbraio 1862

      Stato Maggiore del distaccamento dell’8° reggimento di fanteria di linea, di guarnigione a Lucera.
      In esecuzione degli ordini del sig. Prefetto della Capitanata, avendo per fine d’arrivare coi mezzi più efficaci alla pronta distruzione del brigantaggio, il sottoscritto decreta:

      Art. 1°: D’ora in avanti nessuno potrà entrare nei boschi di Dragonara, di S. Agata, di Selvanera, del Gargano, di Santa Maria, di Motta, di Pietra, di Volturara, di Voltorino, di S. Marco La Catola, di Celenza, di Carlentino, di Biccari, di Vetruscelle e di Caserotte.

      Art. 2°: Qualsiasi proprietario, intendente o massaro, sarà tenuto immediatamente, dopo la pubblicazione del presente avviso, a far ritirare dalle suddette foreste tutti i lavoratori, contadini, pastori e caprai etc, che vi si potessero trovare; essi saranno tenuti egualmente ad abbattere gli stazzi e le capanne che vi son stati costruiti.

      Art. 3°: D’oggi in poi nessuno potrà importare dai paesi vicini nessun commestibile per l’uso dei contadini, e i contadini non potranno avere in loro possesso che la quantità di viveri necessaria a nutrire pei una giornata ogni persona della famiglia.

      Art. 4°: I contravventori del presente ordine, esecutorio due giorni dopo la pubblicazione, saranno trattati come briganti, e come tali, fucilati.

      Alla pubblicazione del presente ordine, il sottoscritto invita i proprietari a portarlo subito a conoscenza delle persone al loro servizio, affinchè esse possano affrettarsi a evitare i rigori di cui sono minacciati, avvertendoli nello stesso tempo che il governo sarà inesorabile nella loro esecuzione.

      In questo modo si condannava a morte non uno, due o tre, non il singolo, ma l’intera popolazione. Quello che oggi si dice correttamente un genocidio. Perché migliaia d’abitanti, residenti nella Capitanata, negli Abruzzi e in un distretto del Molise vivevano letteralmente di quei boschi. Pastorizia, lavoro del legno, pezzi messi a cultura, piccola raccolta, eran vita per quei disgraziati. Il divieto di entrarvi equivaleva a un decreto di morte, anche perché nulla poteva giungere da fuori e quelle foreste erano il naturale ostacolo tra i terrazzani e le rimanenti provincie di Napoli.
      Ma che importava ai piemontesi? Un ministro piemontese, di cui non voglio fare il nome per l’onore dell’Italia, diceva ridendo a un diplomatico inglese il quale disapprovava, a parole si capisce, simili barbarie: « Le Due Sicilie sono le nostre Indie! Voi tenetevi le vostre ».

      Ordine del giorno del maggiore piemontese Fumel.

      Ciro, 12 febbraio 1862

      II sottoscritto, incaricato della distruzione del brigantaggio, annuncia che chiunque darà asilo o mezzi di sussistenza o di difesa ai briganti sarà istantaneamente fucilato, come anche quelli che, vedendo i briganti o sapendo il luogo della loro dimora, non ne daranno conoscenza alla forza pubblica o alle autorità civili e militari. È necessario che per la sorveglianza del bestiame si stabiliscano vari centri con una forza armata sufficiente; giacché il caso di forza maggiore non sarà considerato una scusa sufficiente.

      È anche proibito portare pane o altri viveri fuor delle mura del comune, e chiunque contravverrà a questo ordine sarà considerato come complice dei briganti. Provvisoriamente e per questa circostanza, i sindaci sono autorizzati ad accordare il porto d’armi, sotto la responsabilità dei proprietari che ne faranno domanda.
      Anche la caccia è provvisoriamente proibita e non si potrà fare fuoco, se non per annunziare ai posti armati la presenza o la fuga dei briganti.

      La Guardia Nazionale è responsabile del territorio del proprio comune.

      Parecchi proprietari di Longobuco hanno fissato una ricompensa di cento ducati per la distruzione della banda Palmo.
      Il sottoscritto non riconosce ora che due partiti, briganti e controbriganti. Quelli che vogliono restare indifferenti saranno considerati come briganti e misure energiche saranno rese contro di essi, perché è un crimine tenersi in disparte in caso d’urgenza.

      Ordine del giorno del maggiore piemontese Fumel.

      Celico, 1° marzo 1862

      II sottoscritto, incaricato della distruzione del brigantaggio, promette una ricompensa di lire cento per ogni brigante che gli verrà consegnato vivo o morto.

      La stessa ricompensa, oltre la salvezza della vita, sarà consegnata al brigante che avrà ucciso uno dei suoi compagni.
      Il sottoscritto notifica che farà immediatamente fucilare chiunque dia ai briganti sia un asilo sia un qual-siasi mezzo di sussistenza o di difesa. Sarà immediatamente fucilato chiunque, avendo visto dei briganti o conoscendo il luogo del loro rifugio, non ne avrà dato immediatamente avviso alla forza pubblica o alle autorità militari.
      Tutti i pagliai devono essere bruciati e le torri e le case di campagna che sono abitate e conservate devono essere scoperchiate entro tre giorni e avere le loro aperture murate. Passato questo tempo saranno date al fuoco, e inoltre saranno abbattuti tutti gli animali non protetti dalla forza pubblica.

      Resta proibito di portare fuori dei villaggi del pane o qualsivoglia sorta di viveri; i contravventori saranno considerati come complici dei briganti.

      L’esercizio della caccia è proibito.

      … Saranno considerati come briganti i soldati sbandati che non si saranno presentati nel termine di quattro giorni.

      Firmato: Fumel.

      Ordine del giorno del generale piemontese Boiolo [saepe conveniunt sua nomina rebus] comandante delle truppe mobili nella provincia della Capitanata.

      Foggia, 29 agosto 1862

      In seguito alle dichiarazioni dello stato d’assedio, io assumo in questa provincia i poteri politici e militari e. giovandomi dei poteri a me affidati da questa dichiarazione, io ordino quanto segue:

      Art. 1°: È vietato ad ognuno vendere armi e munizioni di guerra d’ogni specie.

      Art. 2°: II porto e la detenzione d’armi e di munizioni d’ogni sorta, non autorizzati, son proibiti sotto pena d’arresto.

      Art. 3°: Sarà considerato come complice dei briganti, e come tale punito (cioè fucilato), chiunque sarà trovato a portare armi o munizioni o viveri o vestiti, ogni cosa infine destinata ad essere data in riscatto ai briganti.

      Art. 4°: In ogni città o villaggio, dalle 11 della sera alle 14 del mattino è vietato percorrere vie o strade senza un permesso speciale dell’autorità militare, o senza gravi motivi perfettamente giustificabili. Nei paesi dove non risiede truppa, questi permessi saranno dati dai sindaci.

      Art. 5°: Ogni persona in viaggio dovrà essere munita d’un permesso di circolazione, senza il quale sarà arrestata. I forni da pane sparsi per le campagne saranno chiusi a partire dal primo settembre e, a partire da questo giorno, gli utensili che vi si trovano saranno requisiti e le persone che vi lavorano saranno messe in stato d’arresto.
      Io spero che le guardie nazionali uniranno i loro sforzi a quelli della truppa, per giungere, nel più breve tempo, a tale risultato.

      Ordine del giorno del maggiore piemontese Martini.

      Montesantangelo, 16 settembre 1862

      Tutti i proprietari, massari, lavoratori, pastori, abbandoneranno le loro proprietà, i loro campi, il bestiame, le loro industrie, tutto infine, e si ritireranno dentro ventiquattro ore nel paese dove abitualmente dimorano. Quelli che non si conformeranno all’ordine presente saranno arrestati e condotti in prigione.

      **

      …Avevamo promesso al lettore il testo della famosa legge Pica-Peruzzi. Dopo il precedente intermezzo giuridico, che ci è servito per riprender fiato prima di ingollare un simile boccone, eccola per esteso.
      « Art. 1°. Fino al dicembre del corrente anno 1863, nelle provincie infestate dal brigantaggio e che tali saranno dichiarate, con Decreto Reale, i componenti di comitiva o banda armata composta almeno di tre persone, la quale vada scorrendo le pubbliche strade o le campagne per commettere crimini e delitti, ed i loro complici, saranno giudicati dai tribunali militari di cui nel libro II, parte 2a del Codice Penale Militare e con la procedura determinata dal capo 3° del detto libro [fucilazione].

      « Art. 2°. I colpevoli del reato di brigantaggio, Ì quali armata mano oppongono resistenza alla forza pubblica, saranno puniti con la fucilazione o coi lavori forzati a vita, concorrendovi circostanze attenuanti. A coloro che non opponessero resistenza, nonché ai ricettatori e somministratori di viveri, notizie ed aiuti di ogni materia, sarà applicata la pena dei lavori forzati a vita, e, concorrendovi circostanze attenuanti, il maximum dei lavori forzati a tempo.

      « Art. 3°. Sarà accordata a coloro che si sono già costituiti o si costituiranno volontariamente nel termine di un mese dalla pubblicazione della presente legge la diminuzione da uno a tre gradi di pena. Tale pubblicazione dovrà pertanto esser fatta in ogni comune.

      « Art. 4°. Il Governo avrà pure facoltà dopo il termine stabilito nell’art. precedente, di abilitare alla volontaria presentazione col beneficio della diminuzione d’un grado di pena.

      « Art. 5°. Il Governo avrà inoltre la facoltà di assegnare per un tempo non maggiore d’un anno un domicilio coatto agli oziosi, ai vagabondi, alle persone sospette secondo la designazione del Codice Penale, nonché ai camorristi e sospetti manutengoli dietro parere di giunta composta dal Prefetto, dal Presidente del tribunale, dal Procuratore del re e da due consiglieri provinciali.

      « Art. 6°. Gli individui di cui nel precedente articolo, trovandosi fuori del domicilio loro assegnato, andranno soggetti alla pena stabilita dall’alinea 2 deJ-l’art. 29 del Codice Penale che sarà applicata dal competente tribunale circondariale.

      « Art. 7°. Il Governo del re avrà facoltà d’istituire compagnie o frazioni di compagnie di volontari a piedi o a cavallo, decretarne i regolamenti, l’uniforme e l’armamento, nominandone gli ufficiali e Regi Ufficiali, e ordinarne lo scioglimento. I volontari avranno dallo Stato la diaria stabilita per i militi mobilitati; il Governo però potrà accordare un soprassoldo il quale sarà a carico dello Stato ».

      Chi volesse saperne di più sulle uniformi, paghe, funzioni ecc, di queste compagnie di mercenari, può utilmente consultare L’Appendice al Codice della Guardia Nazionale di E. Bellomo.1

      È caduta definitivamente la scure sabauda tra capo e collo dell’Italia del Sud. Non c’è pietà, né è utile che ci sia.
      Questo è il sigillo che autorizza e da ragione e vigore a ogni persecuzione già avvenuta nel tempo. Chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto… Forse è nato allora il tristissimo detto napoletano.

      Morti a cataste, torme di schiavi ai lavori forzati, schiere di esuli, senza casa e senza pane, senza onore, si vanno aggirando per le strade d’Italia, d’un’altra Italia, ostile e beffarda, dovunque accolte dal sospetto che è anche terrore e ripugnanza persino. Il destino del Sud è ormai fissato per cento anni almeno.

    81. …e meno male che avevo invitato a essere concisi!

    82. Sono stato conciso, credimi.

      Se si dovesse mettere tutta la carne dell’inganno storico ai danni della Sicilia e del Meridione al fuoco, non basterebbe tutto il tuo blog a contenerla.

    83. Se non ti dispiace sta a me valutare la concisione.

    84. @Orchiclasta (a proposito, che vuol dire?)
      Come al solito qui da noi, sulla carta si sarebbero dovute fare faville: l’informatizzazione della P.A. regionale e non solo…
      E invece, quello che si è visto è la card sanitaria, un pò di trasferimenti di personale regionale e di assunzioni di personale esterno in barba ai concorsi: dunque, niente di nuovo sotto il sole di Sicilia!

    85. Vorrei ricordare agli irriducibili “sicilianisti” che siamo nel 2007 (XXI secolo dell’era cristiana) e che se anche fossero storicamente vere le loro tesi, secondo cui tutti i mali della Sicilia derivano dall’operazione militare piemontese che ha portato all’unità d’Italia, ormai, dopo 150 anni, è da considerare acqua passata. Questa voglia di deresponsabilizzazione non serve a risolvere i problemi di oggi.
      Serve invece riflettere sul fatto che l’Irlanda, un’isola con la stessa popolazione, una stessa storia di miseria ed emigrazione e tuttora con una parte del suo territorio sotto la dominazione inglese (rispetto ai quali i piemontesi restano pur sempre figure da libro Cuore), vent’annifa si è data una classe dirigente capace di portarla tra le locomotive d’Europa per crescita del reddito.
      I siciliani si sentono tanto intelligenti e molti di loro senz’altro lo sono, ma un popolo veramente intelligente non si riduce in questo stato, ad un certo punto imbocca una svolta altrimenti dimostra che è largamente o culturalmente colluso con questo andazzo.

    86. London Calling / 2 – di Gaspare Giacalone
      Lo sapevate che noi Siciliani abbiamo casa a New York? Io l’ho scoperto per caso durante il mio attuale soggiorno a NYC da dove vi scrivo e mi fermero’ qualche settimana per lavoro. Si chiama “Casa Sicilia” o, meglio, la “Casa” come testualmente – quasi affettuosamente – precisato nella sua stessa legge istitutiva (Legge Regionale n. 2 del 26-03-2002 art. 89) ed e’ finanziata con i soldi della Regione Siciliana, of course!. “Casa Sicilia” a New York, e’ stata inaugurata nel dicembre del 2005 con tanto di cerimonia ufficiale a cui ha partecipato il Presidente della Regione Siciliana Toto’ Cuffaro ed una delegazione di assessori e funzionari. La Casa nasce con il compito di promuovere fuori dall’Italia la cultura, l’immagine, le opportunità di impresa ed i prodotti tipici e di qualità siciliani. Anzi, volendo citare proprio le parole che Cuffaro ha usato in quella occasione: “Casa Sicilia” a New York rappresenta una vetrina eccezionale in una metropoli dinamica dove la presenza dei siciliani e’ altamente qualificata e che certamente dara’ un grosso contributo ai nostri imprenditori che vogliono affacciarsi sul mercato americano. Un occasione, aveva proseguito il Presidente, per i nostri studenti che vorranno perfezionarsi negli States e conoscere quelle opportunita’ lavorative e culturali che offrono le universita’ statunitensi”. Anche per la sede della Casa si e’ voluto fare le cose in grande: niente poco di meno che l’Empire State Building! Ben 400 mq al 36imo piano dell’edificio piu prestigioso e lussuoso di Mahanattan.
      Forse i troppi anni vissuti nella realta’ anglossassone mi hanno abituato ad uno stile leggermente piu sobrio e devo dire che rimango piuttosto colpito dalle idee sfarzose. Ed allora mosso dalla mia curiosita’ e sicilianita’ ho cercato di capire meglio come funziona “Casa Sicilia” a New York.
      Per prima cosa ho visitato il sito di casa Sicilia su internet: http://www.casasicilia.us/. C’e’ quello che in genere si trova in qualunque sito internet: una brevissima presentazione, i nomi dei componenti del direttivo (tra cui il Sindaco di Catania Scampagnini), una elegante brochure di presentazione, l’atto notarile di costituzione, la storia della Sicilia e cosi via. Tra le attivita’ promosse finora – a parte l’inaugurazione, una degustazione di vini & formaggi ed un immancabile mostra di pittura di un artista emergente – sembra che non sia stato organizzato nessun altro evento negli ultimi 2 anni. Non c’e’ poi alcuna traccia di attivita’ in programma per i prossimi mesi/anni. Zero assoluto anche in termini di informazioni per gli studenti come invece aveva auspicato Cuffaro.
      Faccio una ricerca veloce su internet, per capire se ci sono degli articoli, delle notizie di eventi organizzati o iniziative intraprese. Non trovo nulla, ne in inglese, ne in italiano, ne in siciliano.
      Provo allora a scrivere un email all’indirizzo fornito dallo stesso sito: info@casasicilia.us. Dopo qualche secondo ricevo un messaggio automatico “The e-mail message could not be delivered because the user’s mailfolder is full”, la casella postale di “Casa Sicilia” e’ piena. Questo messaggio in genere lo si riceve quando il destinatario e’ particolarmente attivo e riceve moltissime emails, nel caso in questione invece la sensazione e’ che le emails inviate a non vengano lette da un pezzo.
      Non mi arrendo! Non posso credere che non riusciro’ a trovare qualcuno per quella che Cuffaro ha definito una vetrina eccezzionale per la Sicilia. Telefono al numero fornito sempre nello stesso sito. Ok, il numero esiste e risponde qualcuno! Mi risponde una gentilissima signora americana che conferma di trovarsi al 36imo piano dell’Empire State Building ma che – surprise surprise – non ha nulla a che fare con “Casa Sicilia”. Mi spiega di avere gia ricevuto altre telefonate in passato e che in effetti quelli di “Casa Sicilia” dovrebbero avere sede nella porta affianco ma che in realta’ non hai mai visto nessuno.
      Decido di farmi una passeggiata, del resto l’hotel dove alloggio guardacaso e’ nello stesso isolato dell’Empire State. Passo tutti i controlli di sicurezza e salgo fino al 36imo piano. Ci sono diversi uffici, scorro quelle targhette luccicanti attacate ad ogni porta, c’e’ anche l’Alitalia …ma non trovo “Casa Sicilia”. Sono le sette di sera ormai, e’ rimasto solo il mio viso sconfitto ed un’aziana donna delle pulizie che si avvicina e, come fanno tutti i newyorkesi, mi chiede sorridendo “Hey, how are you doing?”. Volevo andare via, troppo orgoglio e troppo pudore per far sapere ad una straniera che “Casa Sicilia”, quella che doveva essere una vetrina eccezzionale per imprenditori e studenti siciliani, non si riesce a trovare. “Sei siciliano anche tu, vero?”. Spalanco gli occhi, quella donna delle pulizie e’ siciliana! Non ho dovuto spiegare nulla, aveva capito perfettamente perche ero li’ e come mi sentivo. Con un accento siciliano che non sentivo da decenni mi dice: “Ho lasciato la Sicilia tanti anni fa, vivo nel Bronx e sono cittadina americana. Mi vergogno per quello che succede a si dice della nostra terra ma la mia vera casa rimarra’ sempre in Sicilia”.
      Gaspare Giacalone
      PS: Oltre a New York, ci sono altre “Case Sicilia” a Parigi, Tunisi, Buenos Aires, Montreal & Toronto….

    87. GESTIONE SEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI CON ARCHITETTURE DI RETE (i.c.t. e s.o.a)

      La Pubblica Amministrazione potrebbe fare un salto di qualità nell’erogazione di servizi, adottando la tecnologia SOA (Service Oriented Architecture) che consente di integrare le applicazioni informatiche con notevole abbattimento dei costi.
      La card inviata dalla Regione potrebbe essere usata concretamente per prenotare e gestire efficacemente le operazioni di prenotazione delle visite e dell’effettuazione delle stesse. Il concreto utilizzo della card puo’ essere un primo passo di rivoluzione in termini di efficacia di servizi sanitari pubblici.
      Ma bisogna legare l’utilizzo informatico della card alle tecnologie S.O.A.
      I sistemi S.O.A. -che sono stati utilizzati a partire dal 2001- sono stati sperimentati da Aziende caratterizzate da processi molto complessi, che faticano ad interagire tra loro, provocando inefficienze e ritardi di risposta all’esterno.
      Il CNIPA (Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione) http://www.cnipa.gov.it sta svolgendo un utilissimo lavoro nella costruzione di una strategia di azione (ispirata al sistema SOA) atta a stimolare le pubbliche amministrazioni italiane ad adottare soluzioni tecnologiche semplici improntate all’utilizzo dell’Information Technology, per dare al cittadino (utente finale) un servizio di qualità ed efficiente.
      Il primo passo è statà l’istituzione di un framework condiviso a livello centrale e locale che , partendo dagli aspetti di rete, arrivasse a garantire l’interoperabilità delle applicazioni.
      E’ stata inoltre creata un interfaccia comune per lo scambio di informazioni.
      Con le architetture informatiche di rete la pubblica amministrazione fa un salto di qualità assicurando trasparenza del proprio operato (con standard a livelli scandinavi)e servizi essenziali al cittadino.
      Si semplifica così l’interazione col cittadino e gli si da’ l’opportunità di gestire in maniera ottimale ed in proprio le scelte di azioni che possono avere ripercussioni sul proprio futuro.
      Il sistema SOA elimina le storiche criticità legate alla lentezza della pubblica amministrazione nel rispondere alle richieste (si pensi ad es. autorizzazioni all’interno di uffici per l’accesso agli atti….ecc) !
      Adottando un approccio di rete diventa possibile ottenere il risultato in tempi veloci interrogando un qualsiasi punto della macchina amministrativa.
      Con una password fornita ad ogni cittadino potrebbe essere possibile dare all’utente la possibilità di accedere ad un enorme database di informazioni che lo riguardano (utenze di servizi vari – status imposte rifiuti – status imposta ICI – status cartella esattoriale – ecc.) eliminando in tale maniera le lunghe code agli sportelli e abattendo i costi della mobilità urbana legata a questo tipo di attività.

      Queste sono proposte che prevedono l’uso della Tecnologia dell’Informazione e le architetture di rete per costruire una città piu’ sostenibile in termini di efficienza dei servizi pubblici e di qualità della vita.
      Alleniamoci a pensare in questi termini. Non fara’ male a nessuno di noi, se auspichiamo un cambiamento sel sistema attuale locale.

    88. Rosalio
      sto mettendo on line la
      Storia dei Paladini di Francia.
      Poi passero’ alla Storia dei Beati Paoli.
      Se mi dai il via,faccio copia e incolla.

    89. Silvana ho già richiamato i commentatori. Vorrà dire che metterò un limite via software (visto che non sanno autolimitarsi).

    90. 🙂
      però io ora voglio la verità: c’è qualcuno che ha letto proprio tutto tutto ‘sto corso monografico?

    91. Se le bufale si esportano
      anche oltreoceano
      Piperita Patti
      Allora, vediamo di ricapitolare. La Casa delle libertà si sta sgretolando, non soltanto in Italia ma persino in Sicilia; le case di Catania, persino quelle dei preti e quelle storiche, papà le sta vendendo perché dopo avere fatto opere di beneficenza per soubrettes, starlettes e consulenti senza futuro si è accorto che era stato troppo generoso e non c’erano più soldi nemmeno per gestire l’ordinario.
      Dove andare, dunque?
      Rischiava di restare senza un tetto il povero Marco Scapagnini, esperto in bufale (nel senso delle mozzarelle), figlio d’arte, ufficialmente marketing manager della “Sole & Natura”, una società fondata nel 1999 insieme a tal Giovanni Murabito, impresario (sì, avete letto bene: impresario, non imprenditore) italo-americano i cui nonni si erano istallati nel New Jersey. Che fare per trovare casa? Emigrare, come i nonni di Giovanni. In Sicilia si dice ‘cu nesci arrinesci’.
      Ed è riuscito il giovane Scap, infatti, a fare fortuna e a trovare casa: Casa Sicilia, un’invenzione della Regione per promuovere i prodotti isolani nel mondo e dare un punto di riferimento ai numerosi siciliani emigrati all’estero. Le prime due le hanno aperte l’anno scorso, una a Parigi e l’altra a Tunisi, l’ultima l’hanno inaugurata qualche giorno fa a New York: un appartamento al 36° piano dell’Empire State Building di Manhattan, per il cui affitto la Regione Sicilia ha già sborsato 150.000 euro e la cui gestione è stata affidata fra gli altri – indovinate un po’ – proprio al marketing manager di “Sole & Natura”, la stessa società che, pur non essendo inserita (a quanto pare) nell’elenco degli operatori italiani stilato dall’Istituto per il Commercio estero, un anno fa fu incaricata sempre dalla Regione della campagna promozionale dei formaggi locali chiamata “Sicilian cheese in Usa”.
      All’inaugurazione di Casa Sicilia di New York c’era pure il papà, l’Umberto orgoglioso, che già che c’era – negli stessi giorni in cui le strade si riempivano di spazzatura e mentre continuavano a fioccare decreti ingiuntivi e proteste di lavoratori e creditori – ha raccontato al mondo che Catania è diventata l’orgoglio della Sicilia.
      pubblicata su: http://www.ildito.it/articolo.asp?id_articolo=1086

    92. Ricordo che i commenti che riportano un indirizzo di posta elettronica palesemente fittizio vengono rimossi.

    93. Al di là delle lunghissime dissertazioni socio-politiche, secondo me la Sicilia (e se è per questo anche il resto del meridione d’Italia) ha un UNICO problema, riassumibile in una sola parola: mafia. I problemi legati all’economia, alla disoccupazione, al lavoro, all’ignoranza sono tutti effetti collaterali di questa grande schifezza che è la mafia. Innumerevoli volte ho sentito persone dire che avrebbero voluto aprire un negozio, un’attività, un’impresa, ma non l’hanno fatto per paura del pizzo e della mafia: e questo discorso l’ho sentito io ma credo che l’abbiamo sentito un po’ tutti. La mafia è un fenomeno umano (come disse anche Falcone) e come tale ha avuto un inizio e avrà una fine. Solo combattendo e distruggendo la mafia potremo riuscire a ad avere quel minimo di dignità che come esseri umani ci spetta di diritto.

    94. @Didonna
      concisissimo.
      Il paragone con l’Irlanda è lampante. Ed è un autogol per gli antisicilianisti.
      La regione “inglese” dell’Ulster è ancora la Sicilia del Regno Unito, povera, assistita e con problemi di ordine pubblico, come cent’anni fa l’Irlanda intera. L’Eire indipendente è una tigre e senza nessuna o quasi risorsa naturale.
      Chi vuole intendere intenda.

    95. Le case sicilia? Un’ennesimo spreco, di occasioni e di risorse. Un ennesimo affronto alla nostra dignità ed a quella dei milioni di siciliani emigrati per le stesse logiche.
      Denunciare lo sfascio di questa classe politica non è affatto antisiciliano o antiautonomista. Diciamolo chiaramente. Questo, almeno, dovrebbe mettere d’accordo quasi tutti. C’è un piccolo problema però: Cuffaro chi l’ha eletto? I marziani, non c’è dubbio!!

    96. UNO SGUARDO PIU’ IN LA’ DI QUA’

      Vediamo se con un sottofondo funky (Motown anni 70) riesco a esprimere questo concetto.
      Le analisi storiche sono importanti, anche le analisi sulla mafia servono a comprendere quello che “siamo oggi”.
      Ma se vogliamo visualizzare “come vorremmo essere” domani mattina, appena svegliati da un lungo sonno da bell’addormentata nel bosco, beh… ragazzi e ragazze, …. credo dobbiamo essere audaci tutti insieme allo stesso tempo.
      L’audacia è un potente sentimento interiore che ti da la forza di rigettare tutta una serie di schemi mentali e comportamentali e culturali che fino ad oggi erano presenti nella nostra esistenza quotidiana.
      Audacia è mandare a quel paese certi rapporti e convenienze personali con vantaggi a brevissima scadenza.
      … porc miseria il funky mi aiuta a spiegare… forse per il suo groove …
      …stavo dicendo… il cambiamento è una “rivoluzione umana interiore” prima che fenomeno di massa.
      Purtroppo proprio per questa modalità di accadimento propriamente personale, della rivoluzione umana interiore, e quindi non di momento collettivo, un cambiamento di un intero sistema di un territorio è difficile che prenda corpo in una settimana o mese ben preciso di un epoca.
      Rivoluzione Umana: cosè ? Vediamo insieme.
      E’ un concetto semplice che viene espresso nel buddismo. Aiuta a capire da dove possono arrivare i cambiamenti umani, perchè penso che da lì bisogna partire per cambiare la nostra terra.
      Cos’è importante nella vita ? Continuare a lottare fino alla fine. Chi continua a lottare e’ grande. Non ci si puo’ congedare dalla vita come da un lavoro.
      La vita è irta di difficoltà e problemi. Solo superando le difficoltà possiamo realizzare la nostra grandezza come esseri umani lasciando in eredità una storia brillante (anzicchè lasciare la storia che abbiamo lasciato negli ultimi decenni nei libri di storia delle generazioni future).
      Ho tratto queste poche righe dal testo “artefici della rivoluzione umana” di Daisaku Ikeda (presidente della Soga Gakkai International, che si richiama all’insegnamento di Nichiren Daishonin) per esprimere meglio un concetto che da decenni era presente dentro di me, ma che se me lo chiedevano avevo problemi nell’esprimelo !
      In ogni caso, comunque e sempre, tutto comincia da noi. Comincia dal bruciante desiderio di rifondare la propria vita su basi diverse, percependo ogni aspetto di sé e del proprio ambiente, nel bene e nel male, come un’occasione irripetibile per capire di più, apprezzare di più.
      Come dice il Nobel per l’economia Amartya Sen, è la forza vitale collettiva degli esseri umani e della società che determina la portata e l’intensità degli eventi.
      E’ riflettendo continuamente su questi concetti e basandovi la vita quotidiana, istante per istante, che ho la piena consapevolezza che il nostro futuro, quello di domani mattina, comincia proprio da tutti noi, da come e cosa pensiamo quotidianamente.
      Se i nostri pensieri sono incastrati in un passato oscuro, o in un presente che vediamo solo grigio scuro e nel quale non riusciamo a vedere altri colori, beh.. dipende solo da noi e dalle nostre scelte quotidiane.
      Ma tutto puo’ cambiare se solo lo vogliamo, se lo sentiamo forte dentro di noi, se ci crediamo e se pensiamo, anche incosciamente, che abbiamo un compito di lasciare una traccia storica di noi stessi per chi verrà dopo di noi, una traccia che auspicabilmnente si configuri in una società quanto piu’ sostenibile possibile da un punto di vista saciale, ambientale ed economico.

      domani vediamo ascoltando Psycho-garage cosa saro’ in grado di esprimere per cio’ che concerne la possibilità di vedere una sicilia diversa.
      Sia fatta la volonta’ dei siciliani !

    97. Quando i piemontesi unirono l’Italia la mafia in Sicilia c’era già come Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino ebbero a descriverla nella loro famosa “Inchiesta sulla Sicilia” del 1876.
      Il brano che riporto mi ha sempre sorpreso per la sua attualità: in tutte le altre regioni d’Italia sono normalmente dediti alle attività criminali -omicidi compresi- degli emarginati sociali e non già avvocati, medici, imprenditori, politici o comunque persone abbienti, come solo in Sicilia avviene …

      “Tutti i cosiddetti capi mafia sono persone di condizione agiata. Sono sempre assicurati di trovare istrumenti sufficientemente numerosi a cagione della gran facilità al sangue della popolazione anche non infima di Palermo e dei dintorni. Del resto sono capaci di operare da sé gli omicidii. Ma in generale non hanno bisogno di farlo, giacché la loro intelligenza superiore, la loro profonda cognizione delle condizioni della industria ad ogni momento, lega intorno a loro, per la forza delle cose, i semplici esecutori di delitti e li fa loro docili istrumenti. I facinorosi della classe infima appartengono quasi tutti in diversi gradi e sotto diverse forme alla clientela dell’uno o dell’altro di questi capi mafia, e sono uniti a quelli in virtù di una reciprocanza di servigi, di cui il resultato finale riesce sempre a vantaggio del capo mafia. Il quale fa in quell’industria la parte del capitalista, dell’impresario e del direttore. Egli determina quell’unità nella direzione dei delitti, che dà alla mafia la sua apparenza di forza ineluttabile ed implacabile; regola la divisione del lavoro e delle funzioni, la disciplina fra gli operai di questa industria, disciplina indispensabile in questa come in ogni altra per ottenere abbondanza e costanza di guadagni. A lui spetta il giudicare dalle circostanze se convenga sospendere per un momento le violenze, oppure moltiplicarle e dar loro un carattere più feroce, e il regolarsi sulle condizioni del mercato per scegliere le operazioni da farsi, le persone da sfruttare, la forma di violenza da usarsi per ottenere meglio il fine. È proprio di lui quella finissima arte, che distingue quando convenga meglio uccidere addirittura la persona recalcitrante agli ordini della mafia, oppure farla scendere ad accordi con uno sfregio, coll’uccisione di animali o la distruzione di sostanze, od anche semplicemente con una schioppettata di ammonizione. Un’accozzaglia od anche un’associazione di assassini volgari della classe infima della società, non sarebbe capace di concepire siffatte delicatezze, e ricorrerebbe sempre semplicemente alla violenza brutale”.

    98. L’Erie indipendente, a parte l’uso della lingua inglese ha alle sue spalle la sua fortissima e ricca comunità americana, gente che per il giorno di San Patrizio sfila per tutte le città grandi e piccole dell’Unione. La Sicilia, a parte la lingua (sarebbe il problema minore) ha alle spalle anch’essa la sua brava comunità americana … come si chiama? Non mi viene il nome 🙂 A parte gli scherzi è evidente che uan società che riesce ancora, di dritto e di rovescio, a raccogliersi attorno ad un simbolo (San Patrizio) e ad un colore ha ben altre possibilità rispetto a una società frammentata, individualista e priva di simboli condivisi come è quella siciliana. La mancanza di senso storico, economico e sociale non ci favorisce.

    99. A me sembra che le uniche cose attinenti al tema le continui a dire chi quel tema ha attivato.
      E per l’appunto veniamo alla domanda posta dall’autore del post.
      La risposta è -rebus sic stantibus- NO, per il lampante e semplice fatto che cane non mangia cane.
      Essendo infatti la massima aspirazione del siciliano medio non l’adoperarsi per il cambiamento della situazione ma per acchianare sul carro dei vincitori (che sono anche manciatori, come spiego qui di seguito).
      Certo, in tutto questo le sue colpe (e le più grandi) continua ad averla un’applicazione dell’autonomia assolutamente in contrasto con quello che i suoi fautori volevano al momento del suo varo.
      Infatti l’autonomia, lungi dall’aver realizzato quell’ideale di “federalasmo ante litteram” che era alla sua base (quantomeno in astratto), è diventata solo uno strumento di potere, perchè gestisce quel grandissimo flusso di denaro sapientemente spiegato da Didonna.
      Il problema è quando finiranno i soldi: in quel momento il “popolo” si rivolterà contro la classe politica e basterà un nonnulla per scatenare una jacquerie.
      E sapete perchè? Perchè quel denaro non ha creato né sviluppo economico, né infrastrutture durature e, conseguentemnte, nemmeno lavoro e dunque in ultima analisi non è stata capace di mettere in moto un circuito virtuoso atto ad autoalimentarsi. E’ servito solo per foraggiare le numerose clientele politiche necessarie per arrivare al potere e mantenerlo.
      Vorrei invitare tutti i sicilinisti che hanno qui rievocato le (giuste, per carità) colpe dei Savoia a ritornare nel 2007 e farsi un giro nelle altre regioni a statuto speciale: anche loro ricevono dallo stato più di quanto ricevono ma l’uso del denaro pubblico non raggiunge le vette di oscenità di cui la Sicilia è titolare esclusiva da molti anni.
      Questa è la mia analisi: purtroppo non vedo cambiamenti possibili in Sicilia nel breve-medio termine. Ci vogliono due-tre generazioni almeno. Sempre che non finiscano i soldi prima.

    100. Se volevi lasciarmi di stucco, Donato, ci sei riuscito. Conoscevo solo una sintesi della relazione Sonnino. C’è da restare a bocca parta! 😮

    101. # GD scrive:
      29 Ottobre 2007 alle 21:43

      Se volevi lasciarmi di stucco, Donato, ci sei riuscito. Conoscevo solo una sintesi della relazione Sonnino. C’è da restare a bocca parta! 😮

      ma non accusi dolore ai polpastrelli alla fine della tua giornata “lavorativa” ?

    102. Eg. Didonna
      l’annessione è avvenuta ne 1860.
      L’inchiesta da lei riportata è del 1876.
      Dia un’occhiata a ciò che successe tra le due date:
      .
      G. Alessi, in una conferenza su Mafia e potere politico, tenuta a Catania al Palazzo dell’E.S.E. nel 1968, ebbe a dire:

      “Io ritengo responsabile primario del mondo mafioso lo Stato, quello stesso che in Italia, dai giorni dell’Unità ad oggi, ha dato la dimostrazione legislativa ed amministrativa dello spregio della legge. Se mafia vuol dire extralegalità, rifiuto della legge, sostituzione del fatto imperioso e prepotente alla norma e al rapporto giuridico, se la mafia vuol dire tutto questo, e contemporaneamente si considera la storia della nostra Isola dal plebiscito ad oggi, ci accorgiamo che si tratta di una sequela di sopraffazioni in cui lo Stato è il primo ad affermare l’inutilità della legge, l’offesa alla legge. Potrei documentare…” (da L’essenza della Questione Siciliana di N. Turco)
      .
      “Lo stesso Diego Tajani, mandato in Sicilia quale procuratore generale durante la missione del generale Medici, trovava uno stato di cose veramente incredibile.

      Le autorità governative, in connivenza spesso con la mafia, esercitavano ingiustizie, ricatti, soprusi e torture indicibili, arrivando ad organizzare, esse stesse, delitti, furti, cospirazioni ed agguati. Il Tajani ne era esterrefatto, e per porre un freno a quella situazione, arrivava a procedere, per omicidio ed altri reati, persino contro il Questore di Palermo, accusandolo di avere agito in pieno accordo con lo stesso generale Medici” (Colajanni: nel regno della Mafia – da Realtà Siciliana di G. Garretto);
      .
      “1862.Grandissima esasperazione negli spiriti di quei Siciliani che si danno seriamente pensiero delle sor­ti dell’Isola poiché è nato in essi il sospetto che il governo, mentre ostenta il proposito di volere di­fendere la Costituzione e quindi le libertà civili in essa sancite, miri, al contrario, a fiaccare nei Sici­liani ogni sentimento di libertà e di fierezza.

      Si assiste alla continua spedizione nell’Isola di tanti prefetti avventurieri, e di tanti improvvisati organizzatori, ispettori, commissari, espoliatori, e, per dirla alla siciliana, di tanti Verre, che per co­prire la loro incapacità e rapacità, crede opportu­no calunniare il paese, e distruggere quel nazionale sentimento che muove e nobilita la Sicilia.

      Il Governo che da il triste spettacolo di calpe­stare lo Statuto ed ogni legge umana e divina, pre­tende che la Sicilia, dopo d’avere acquistato i suoi diritti per proprio valore, debba adottare l’abnega­zione la più cieca, la più vigliacca e la più co­darda, di farsi impunemente assassinare e infa­mare”

      (Macaluso: Rivelazioni politiche sulla Sicilia e gravi pericoli che la minacciano, Torino, 1863 da Realtà siciliana di G. Garretto);
      .
      « Si gridi pure, e gridiamo anche noi con tutte le nostre forze, contro la grave delinquenza che ci affligge. Ma quando si sostiene che ciò dipende dal fatto che la miseria e l’ignoranza sono attaccate alla nostra terra, che noi siamo sospettosi, violenti, ribelli, che in quarant’anni di vita nazionale abbia­mo progredito ben poco di fronte alle regioni d’Ita­lia, lasciate ch’io lo affermi: anche in questo non si arriva a denigrarci, ma si legge nel libro della sto­ria l’atto di accusa contro i nostri millenari sfrutta­tori; non si rileva la causa dei nostri mali, ma si mettono soltanto a nudo i nostri dolori.

      E cosa dice il fatto che la delinquenza dell’Iso­la è alta di fronte a quella delle altre regioni del­l’Italia centrale e settentrionale, se non che dopo aver perduto i nostri padri e i nostri fratelli sui campi di battaglia per l’indipendenza e l’unità d’Italia, siamo stati poi trascurati, spesso abban­donati, ingannati sempre?

      Che cosa ci dice tale dislivello, se non che lo Stato, invece di mettere anche noi nelle condizioni di potere progredire dando agio alla nostra indu­stria agraria di sviluppare, aprendo nuovi sbocchi ai nostri prodotti, fornendoci di strade, di ferrovie, di porti, ha, in 40 anni di vita unitaria, danneggiato le piccole proprietà con un fiscalismo crudele, raf­forzato con i contratti agrari il latifondo, imposto tributi sproporzionati alle nostre risorse? E che, do­po averci fìnanco contesi i tre milioni spettanti alle nostre Università, ci ha ingiuriato volentieri, man­dando fra noi. come in un luogo di pena, i funzionari puniti, e quindi senza quella autorità indispen­sabile per infondere nello spirito pubblico la fede nella giustizia, e ci ha anche tormentati ingerendosi per fini di politica personale, più o meno egoistica, in tutte le amministrazioni affermando, cosciente o incosciente, la prepotenza della mafia? » (II Procuratore del re, a Sciacca, nel 1906, alla inaugurazione dell’anno giudiziario- da Realtà siciliana di G. Garretto);

      Possiamo continuare…

    103. Ah, a proposito di Sidney Sonnino :
      .
      “La Sicilia lasciata a se troverebbe il rimedio: stanno a dimostrarlo molti fatti particolari, e ce ne assicurano l’intelligenza e l’energia della sua popolazione, l’immensa ricchezza delle sue risorse…Ma noi italiani delle altre regioni, impediamo che tutto ciò avvenga. Abbiamo legalizzato l’oppressione esistente, ed assicuriamo l’impunità all’oppressore” (Sidney Sonnino – da Realtà siciliana di G. Garretto);

    104. @ Donato
      In riferimento alla “Inchiesta sulla Sicilia” consiglierei di leggere la prefazione alla seconda edizione stilata nel 1924 da Enea Cavalieri che pure aveva partecipato al viaggio di Franchetti e Sonnino nel 1876. Se da un lato può sembrare riduttivo dire che la mafia nel 1860 già esisteva (ché nessuno lo nega affondando essa le radici nella reazione contro il feudalesimo), d’altra parte alcuni commenti(ancorchè un poco acrimoniosi di meridio-siculo) hanno messo l’accento su ciò che è successo dopo ed evidenziato, purtroppo, una buona parte di verità negata alla ns. storia ufficiale.
      Sarebbe anche interessante andarsi a vedere gli atti della prima inchiesta parlamentare la cui istituzione fu votata insieme ad una serie di provvedimenti eccezionali (1875).
      A mio avviso nascono in quel momento storico la “questione morale” e la “questione meridionale” sia per le responsabilità ministeriali denunciate in quella stessa seduta parlamentare (coinvolto anche il Lanza) sia per la pochezza delle successive conclusioni della giunta parlamentare che tenne l’inchiesta(sorvolando su quasi tutte le macroscopiche problematiche) .

    105. Leone
      leggendo il tuo commento,ho provato a chiedermi
      cosa cambierebbe per la Sicilia,
      se,per pura ipotesi,si facesse un Referendum e si abolisse l’ARS.
      Non trovo una risposta.

    106. Nomad
      quando dici:solo combattendo e distruggendo la mafia….
      mi ricordi quei politici che dicono:
      solo attraverso la ricerca e l’innovazione….
      Nessuno pero’ dice che i Ricercatori
      vanno selezionati e pagati e che nell’
      Italia del 2007 questo non puo’ avvenire.
      Tu cosa dici di fare per attuare il tuo proposito?

    107. Maurizio, sono d’accordo con quanto dici, meno con un vittimismo sicilianista, trito e ritrito, che oggi, nel 2007, serve solo ad assolvere una diffusa mentalità parassitaria che va invece combattuta senza sconti.

      Silvana, con i 250 milioni che la Regione spende ogni anno (e con dubbi risultati utili) quanti ricercatori si potrebbero mettere a contratto e dotare di laboratori e mezzi con l’obiettivo di sfornare a medio termine (es. cinque anni) un brevetto?
      I brevetti potrebbero poi essere ceduti sul mercato in cambio di royalties a dimostrazione che la conoscenza può creare una forma di economia e visto che in Sicilia i cervelli non mancano …

    108. Sig. Didonna,

      Non credo ci sia nessun vittimismo nei sicilianisti, ma solo sete di verità e un profondo amore per la Nostra Terra e per il Nostro Popolo.

      Non possiamo addossare tutta la colpa del nostro sottosviluppo a noi stessi.

      Altrimenti mi dicano tutti quelli che credono il contrario, cosa avremmo dovuto fare? Cosa avrebbe dovuto fare un padre di famiglia che ha fatto studiare i figli con tanti sacrifici e poi li vede partire tutti per il nord o per l’estero? Quali reali alternative hanno avuto i nostri padri?

      Quali sarebbero secondo voi le ricette per uscire dal sottosviluppo? Sapete indicarci dei politici o dei partiti che avremmo dovuto votare per non trovarci dove ci troviamo?

      Aspetto risposte. Saluti

    109. scusi Donato
      i 250 milioni che la Regione spende
      a che cosa vanno imputati?
      e poi
      quant’e’ il costo annuo per il
      mantenimento dell’ARS ?
      quant’e’ il totale di bilancio
      della Regione Sicilia?
      Grazie

    110. nessun vittimismo e nessuno sconto alla cultura parassitaria: le due questioni fondamentali, morale e meridionale, (di cui indegnamente cerchiamo le ragioni storiche) riguardano l’intero paese oggi, gli eredi del nostro passato siamo tutti noi italiani.

    111. Silvana, hai ragione ho dimenticato di scrivere la voce di spesa: “formazione professionale”. L’ARS costa 150 milioni l’anno ( https://www.rosalio.it/2007/02/27/economia-della-conoscenza/ ). Il bilancio annuale della Regione è di 23-25 miliardi di euro.
      Marco, risponderò alla tua legittima domanda con il prossimo post.

    112. Ars 150 milioni contro 25.000 milioni
      di Bilancio della Regione,non sono poi una grande cifra,dato che in caso di scioglimento bisognerebbe poi provvedere
      comunque al mantenimento (ad esaurimento)degli attuali dipendenti dell’Ars.
      Ma veramente oggi l’Ars non ha un Ruolo,una Missione da svolgere nell’
      Economia Siciliana?
      In che cosa consiste oggi il Valore Aggiunto per i Siciliani della
      esistenza dell’Ars?

    113. Sig. Didonna,

      Nel ringraziarla anticipatamente per la risposta che mi darà con il prossimo post, vorrei solo aggiungere che io mi sento sicilianista perché penso positivo, perché credo che la lotta per la libertà passi da una consapevolezza del proprio passato e del proprio presente, altrimenti il nostro futuro saranno sempre altri a scriverlo. Mi sento sicilianista perché ho voglia di fare e il mio desiderio più grande è vedere la Sicilia finalmente liberata da tutti i suoi mali. Mi sento sicilianista perché ho ancora la capacità di sognare, perché ho spirito d’impresa e perché non sopporto gli attacchi rivolti in modo generalizzato contro di noi, che hanno solo il sapore del razzismo e certamente non contribuiscono a risolvere i nostri problemi.
      Quindi lungi da me, e da tutti i sicilianisti, il volere assolvere una diffusa mentalità parassitaria: ci mancherebbe altro!
      Vero è che noi abbiamo contribuito a tutto ciò, ma rileggendo attentamente la storia e anche i fatti contemporanei si capisce chiaramente che le lobby economico-finanziarie del nord sanno fare bene il loro mestiere e sanno fare in modo che lo Stato rivolga tutte le sue attenzioni al nord. I piemontesi in quanto tali non esistono più, ma i poteri forti, quelli esistono e come. E il siciliano medio non è stupido: sa bene che nello Stato non trova un amico. Si ricorda la manifestazione di Popolo che ha impedito ai rappresentanti dello Stato di entrare in cattedrale per assistere ai funerali di Paolo Borsellino e dei suoi uomini? Lì si è sfiorato il linciaggio. Perché il Popolo lo sa bene che la mafia è solo un braccio armato, la testa pensate trovandosi altrove.
      Cordiali saluti.

    114. per quanto riguarda il Banco di Sicilia
      leggo nell’informativa che mi e’ pervenuta in qualita’ di Cliente:
      Unicredit Group
      comprende
      Unicredit Banca,Banca di Roma,Banco di Sicilia,Bipop Carire e Fineco Bank.
      in Europa:
      9.000 agenzie
      40 milioni di clienti
      170.000 dipendenti
      in Italia
      5.000 agenzie
      7.000 sportelli automatici.
      IO CREDO CHE SE IL BANCO DI SICILIA NON AVESSE PRESO QUESTA STRADA,oggi
      SAREBBE AD
      ALTO RISCHIO DI FARE LA FINE DELLA CASSA DI RISPARMIO DELLE PROVINCE SICILIANE.
      Per altro anche il gruppo Intesa- S.Paolo
      e’ frutto della concentrazione di importanti banche italiane.
      Dunque non si e’ fatto altro che
      beneficiare della Sinergia dei singoli soci ai pool di Banche,sopratutto
      nella realizzazione di Potenti Moderni Sistemi di Information Tecnology .
      Io credo che il BdS oggi sia piu’ protetto.

    115. IL FOGLIO, 19 gennaio 2006

      Quanto costò alla Sicilia lo sbarco delle banche del centro-nord

      Le banche in Sicilia del tempo di Fazio. Ovvero come la Sicilia ritrovò, suo malgrado o per sua colpa, la millenaria vocazione di granaio d’Italia, nutrendo e rifornendo le casse degli istituti del centro-nord, alcuni di partenza minuscoli o insignificanti, grazie ai cosiddetti “accorpamenti” operati a partire dalla seconda metà degli anni 90 con la benedizione, e spesso sotto la guida, dell’ormai ex Governatore. E poiché senza di lui nessun istituto poteva batter cassa, verrebbe da pensare a una regia, a un disegno per rendere il sud sempre più sud, e il nord sempre più nord.

      Nel senso però piemontese post-risorgimentale: Meridione porta-braccia ed enorme mercato da sfruttare; Meridione da spogliare e colonizzare. E c’è chi azzarda il paragone con l’Unità d’Italia, quando il “Banco delle Due Sicilie”, istituto d’emissione e zecca, fu scisso nel 1867 in “Banco di Sicilia” e in “Banco di Napoli”, con i forzieri ancora ricolmi d’oro perché i borboni non riuscirono a svuotarli in tempo. Perché nel sud i soldi ci sono.

      Miliardi di miliardi di depositi negli sportelli bancari da parte dei milioni di siciliani. Euri che quaggiù (o laggiù) perlopiù sono depositati e non investiti. E qui sta il punto. “Le banche del nord – illustra Giuseppe Lo Giudice, docente di Storia economica alla facoltà di Scienze politiche di Catania e autore di tutto lo scibile sulle banche isolane – avevano bisogno di risparmi, di raccolte, di denaro contante. Così sono venute qui per approvvigionarsi e reinvestire al nord. Certo, anche per colpa dei siciliani, spesso alle prese con dissapori interni e guerre di potere. Invece quelli del nord, badano al sodo, è gente del mestiere”.

      Scendono alla spicciolata tra il 1988 e il 1990
      Questa gente di mestiere sbarca in Sicilia all’incirca fra il 1988 e il 1990. Operazioni che viste oggi appaiono preliminari al terremoto che si sarebbe scatenato fra il ’94 e il 2002. Alla spicciolata “scendono” per prime la Popolare di Novara (oggi Verona e Novara), la Montepaschi, il San Paolo. Ma il primo colpo è l’acquisizione della Mercantile da parte della “Lodi”.

      Particolarmente attivi, i lombardi, non ancora “Bipielle”, capitanati da Angelo Mazza, “gran galantuomo, morto d’infarto a 58 anni”, commenta Piero Di Prima, ex europarlamentare di Forza Italia ed ex direttore generale e amministratore delegato del Banco di Credito siciliano di Canicattì, Agrigento, istituto fondato dal nonno nel 1886. “Avevamo 33 sportelli e un mare di clienti – racconta Di Prima – ma nel ’95 ci mandarono a chiamare dalla Banca d’Italia e ci dissero che dovevamo trovarci un partner. partner. Ci siamo consumati”. Il partner praticamente imposto fu la Bipielle. “Fummo costretti a vendere – insiste con colorito linguaggio – poi Fiorani s’impossessò della Lodi e mandò in crisi il management siciliano. A mmia mi licenziò, poi ho vinto la causa. Vennero i loro dirigenti: ordine di fare rientrare i clienti in scopertura, niente più fidi, e si portavano i soldi là in Lombardia”. E come un rullo Bpl acquisisce la Banca del Sud, le popolari di Belpasso e Bronte, altre minori. “La Lodi fu usata come assorbitrice di piccole e medie realtà – ricorda Corrado Pedalino, sindacalista – su volontà della Banca d’Italia. Il credito siciliano fu equiparato alla mafia. Si passò all’eccessivo rigore, si susseguirono ispezioni costanti e rigorose”.

      L’accelerazione brusca del cambiamento avviene in piena Tangentopoli. Per esempio la Banca agricola etnea, di proprietà del cavaliere Graci, sotto ispezione, doveva cercarsi un partner, che trovò nel “Credem”, offerta 30 miliardi, ma le azioni erano sotto sequestro. Seguì l’asta pubblica e la “Bae” divenne “Antonveneta” per 14 miliardi. Era in incubazione però l’operazione più colossale: l’accaparramento del Banco di Sicilia, colosso che vacillava per via delle esposizioni a favore dei “cavalieri” catanesi, ma che con gli anni ha dimostrato consistenza. “Era in mano ai politici – spiega lo storico Tino Vittorio – e fortemente esposto e svalutato. Al primo scuotimento dell’albero venne giù”. Elia Randazzo, addetta commerciale in una filiale palermitana e segretaria della Fiba nazionale, chiarisce i termini della contesa: “Il Banco non era affatto in sofferenza. Si trattava di un ente di diritto pubblico passato in una stagione a una banca privata nel ’98”.

      Un’autentica operazione “pesce grande mangia pesce piccolo”. Dapprima il Banco di Sicilia assorbì la “Cassa centrale di risparmio per le province siciliane Vittorio Emanuele”, anno di fondazione 1862, un portafoglio pensioni di 800 miliardi di lire. A sua volta viene acquistato dal Banco di Roma per 1.500 miliardi nel 1999. In parallelo decolla l’invenzione “Capitalia”, da una costola di via Nazionale. Il 1° luglio 2002 si realizza la fusione per incorporazione del Banco di Sicilia spa con Banca di Roma e la contemporanea creazione della holding “Capitalia”, nella quale confluiscono anche “Bipop-Carire”, “Fineco” e “Medio Credito Centrale”. Nello stesso periodo il Banco di Napoli è trasvolato verso il San Paolo di Torino. Risultato: cancellazione di ogni tipo di banca di degne dimensioni da Roma in giù, tranne eccezioni come la Banca agricola popolare di Ragusa, che affonda le sue radici in una Provincia a se stante, con una economia fiorente.
      “Il sistema fu interamente smantellato”
      Elia Randazzo racconta che l’operazione Banco di Sicilia fu seguita personalmente da Fazio, che più volte si recò a Palermo e difese l’operazione. Lo fece al “Centro Borsellino”, allora gestito dal prete manager Giuseppe Bucaro, successivamente inquisito. Il Centro è stato messo in liquidazione da un paio di mesi da Manfredi Borsellino, il figlio del magistrato ucciso dalla mafia, come il Foglio apprende da fonte diretta. “Il sistema creditizio siciliano fu interamente smantellato con la copertura della Banca d’Italia – sostiene convinto Paolo Mezio, segretario regionale della Cisl – La situazione non era così devastante. Ammesso che ci fosse una sofferenza, al nord la banca della Lega l’hanno salvata.

      Qui nessuno si oppose, tranne il sindacato”. In realtà i siciliani rimasero a guardare. In pratica tutti i politici, centrodestra e centrosinistra, assistettero allo stravolgimento del sistema bancario siciliano senza batter ciglio. Soprattutto senza produrre un briciolo di idea alternativa. Qualcuno anzi sotto sotto plaudiva e apriva le porte. “Fazio usò Capitalia come in altre stagioni fu utilizzata l’Iri – dice Giuseppe Mineo, docente di Diritto privato e consigliere d’amministrazione del nuovo Banco di Sicilia, che ha formalmente sede a Palermo – Dietro l’immagine sacerdotale di Bankitalia si sviluppavano trattative, intrecci, contatti. La lettura delle sofferenze di Sicilcassa e Banco fu particolarmente rigida. Così il territorio siciliano fu trasformato in luogo di profitto. I nostri sistemi furono emarginati, non più pensati da noi e per noi”. Ne è convinta Elia Randazzo, che vive quotidianamente vertenze e palpitazioni: “Il pericolo è che il Banco di Sicilia sia trasformato in una rete di sportelli. Il 31 dicembre il patrimonio immobiliare, per 675 milioni, è passato a Capitalia spa. Pagheremo l’affitto in quegli immobili che erano nostri. Non solo, ma da Roma decidono ormai tutto: pensi che hanno concesso un appalto a una ditta di pulizie di Genova, che poi ha subappaltato, e che le nuove insegne sono state realizzate da una ditta di Bassano del Grappa, per 5 milioni di euro. Così muore anche l’indotto e le duemila piccole aziende che ci ruotavano intorno”. Nel dettaglio Capitalia ha incassato 339 immobili tramite un atto che formalmente si chiama “scissione parziale d’azienda”.
      continua…

    116. …continua

      Immobili che saranno immessi sul mercato. Tutti tranne due, che sono rimasti in casa: i prestigiosi Palazzo Branciforte e Villa Zito, gioielli liberty nel cuore di Palermo. Villa Zito è la casa storica della “Fondazione Banco di Sicilia”, e come tutte le fondazioni ha un proprio capitale. Ebbene, prima della fine dell’anno 2005, prima della transazione del patrimonio Bds a “Capitalia spa”, la stessa “Capitalia” ha venduto alla “Fondazione” i due storici edifici. Costo complessivo 21 milioni di euro più Iva; totale 25 milioni. Un’operazione ideata e realizzata da Gianni Puglisi, presidente della “Fondazione”, che ci pensava già da “vice”, operazione avallata dal direttore generale di vigilanza sulle Fondazioni del ministero delle Finanze, Roberto Ulissi. “Abbiamo acquistato – racconta Puglisi – al valore patrimoniale fissato da Capitalia prima del 31 dicembre, evitando che questi beni diventassero oggetto di mercato. Un favore? Perché usare questi termini? Si è trattato di una normale compravendita fra privati”. Non solo, ma la Fondazione non ha mica prosciugato le proprie casse, anzi: ha chiesto e ottenuto dalla medesima Capitalia un mutuo trentennale appunto di 25 milioni da scontare a tasso di mercato. Quindi Capitalia cede alla Fondazione due immobili d’inestimabile valore artistico-culturale, e a sua volta ne finanzia l’acquisto.

      Nel pacchetto sono compresi i locali che ospitano l’archivio storico del Banco di Sicilia, che comprende fra l’altro una tavola pecuniaria del ’500. Toccherà alla Fondazione curarlo, e di ciò è ben lieto Puglisi, docente di Letteratura comparata e attuale rettore della “Iulm” di Milano. Inoltre sia Palazzo Branciforte sia Villa Zito erano sottoposti ai vincoli storico artistici e quindi inalienabili. “Tutto in regola – dice Puglisi – del consiglio d’amministrazione della nostra Fondazione fa parte la sovrintendente Adele Mormino, che ci ha assicurato che a suo avviso l’operazione era esemplare”. Così, mentre non si è ancora spenta l’eco della cessione della storica “Villa Igiea” ai Caltagirone, unanimemente definita “svendita” nella capitale siciliana, arriva sul mercato il fior fiore di edifici che hanno fatto la storia dell’architettura del ’900 siciliano. A quanto si mormora, la prossima vendita sarà il palazzotto di piazza Archimede a Siracusa, talmente liberty che neppure Mussolini osò abbatterlo per il suo “Corso Littorio”. Oggi il Banco di Sicilia conta 464 sportelli nell’isola. Le altre cifre (con approssimazioni minime) recitano che Antonveneta e Banca popolare di Lodi hanno 130 sportelli a testa, 140 circa il Credito siciliano (che non è siciliano, come vedremo), un centinaio la Banca nuova, una settantina Credem e Bancaintesa.

      Infatti si scrive “Credito siciliano”, ma si legge “Credito valtellinese”. Un tragitto che nasce come Popolare Sant’Angelo di Licata, Agrigento. Finché dall’altro capo della penisola, dalla lontana Sondrio, gli imprenditori alpini, già proprietari della Popolare Santa Venera e della Cassa San Giacomo di Caltagirone, prelevate in precedenti discese sciistiche, sentirono il bisogno di bagnarsi nel caldo Mar Mediterraneo. Così nell’anno di grazia 2002 i valtellinesi sbarcarono a Licata e costituirono coi tre istituti il Credito siciliano con sede ad Acireale, dove hanno investito alcuni milioni di euro per un centro direzionale faraonico diretto da Carlo Negrini. “Certo, lo scenario è cambiato e si lavora di più – dice Salvatore Battaglia, addetto commerciale di una filiale catanese – però non abbiamo moltissimo da lamentarci. Anzi, hanno promesso pure 200 assunzioni e l’apertura di un centinaio di sportelli”.

      Un’altra fantastica cavalcata
      Una cavalcata fantastica quanto quella di Francesco Majolini, 44enne romano che Mediocredito inviò a Palermo nel ’97 come capo del personale del Banco di Sicilia. Dapprima si occupò della “fusione” con Sicilcassa. Poi gestì le trattative del trasferimento del Banco e dei cosiddetti esuberi: “Riducemmo il personale da 11 mila a 8 mila addetti. E’ stata la fusione più importante d’Italia”, riferisce con orgoglio. Completata l’opera, esce da Mediocredito assieme agli altri quattro colleghi inviati in precedenza da Roma a Palermo e si mette a corteggiare nientemeno che Gianni Zonin, a Vicenza. Obbiettivo: creare una “Banca nuova” in Sicilia. “Zonin ama la Sicilia e ci dette fiducia”, aggiunge Majolini. Diede soprattutto i soldi. Fu un’operazione velocissima. La prima filiale di Banca nuova viene inaugurata a Palermo il 5 ottobre del 2000. Per farla nascere, fu trasferita la licenza dell’istituto “Celestino Piva” di Valdobbiadene, la capitale del prosecco.

      Venticinque filiali ex novo, quindi venti sportelli di Banca intesa in Calabria nel 2001, e l’anno dopo l’incorporazione della Banca del popolo di Trapani. Un colpaccio, questo di Trapani, che ha lasciato uno strascico di polemiche e sospetti. Lo dice a chiare lettere Eleonora Lo Curto, deputata regionale autonomistica trapanese: “C’era molta liquidità di risparmiatori e imprenditori agricoli. Centinaia di miliardi. La banca era attiva, raccoglieva e produceva denaro. Non appariva in sofferenza. Però sono arrivati e si sono comprati lo stesso gli sportelli. Una tale espropriazione non può accadere per caso. C’è dietro un disegno, una strategia”. Banca nuova, sede a Palermo dalle parti di viale Libertà, capogruppo la Popolare di Vicenza cresce impetuosamente e da Rieti in giù conta 105 sportelli. Nega Majolini di aver condotto una campagna acquisti di sportelli e personale a spese del Banco di Sicilia: “Assolutamente.

      Abbiamo assunto intelligenze provenienti da tutte le banche, quasi mille, anche internazionali. Siamo l’unica spa commerciale sorta in Italia nel dopoguerra. Operiamo con attenzione per le piccole e medie imprese. Pur con azionisti del nord, abbiamo conquistato la fiducia dei siciliani”. Rimpiange il professor Lo Giudice, che nasce bancario e intraprese la sua carriera universitaria grazie a una tesi proprio sul Banco di Sicilia, i tempi in cui il credito siciliano non aveva rivali nemmeno in Lombardia e Veneto, un secolo fa, più o meno, a cavallo fra ’800 e ’900, ai tempi di Crispi, grazie anche al movimento cattolico, alle casse rurali e urbane, quando ancora l’impero dei Florio dominava i mari. “A questo punto la nostra salvezza può venire solo dalla globalizzazione. E’ una battaglia di retroguardia difendere i confini dell’Italia”. Tanto i siciliani ci sono abituati: normanni o piemontesi, valtellinesi o angioini, vicentini o aragonesi: che differenza fa?


      Giuseppe Mazzone

    117. Ho letto con attenzione tutto e vorrei intervenire su due punti e concludere con una provocatoria domanda.

      Premetto che penso che la conoscenza della storia è indispensabile per capire il nostro tempo e che deve essere da stimolo ad essere propositivi.

      Primo punto.

      La Sicilia va male, forse è colpa dei piemontesi, dei romani, dei cartaginesi, degli assiri, dei babilonesi e forse anche gli inca e i maja hanno qualche responsabilità, ma smettendo per un attimo di dare le colpe a persone morte e sepolte, i siciliani di oggi, i siciliani che vivono in questo tempo, vogliono farsi passare tutto sulla testa o intendono reagire.

      Secondo Punto.

      Vorrei chiedere a tutte queste persone informatissime sul credito e sulle banche com’è finita e perchè è finita la sicilcassa?

      Le chiacchere sono tante, ma i fatti sono oggettivi, la Sicilia e i siciliani sono riusciti a far fallire il sistema bancario isolano e realtà bancarie una volta solide e prosperose.

      I fatti oggettivi riguardano un sistema bancario del nord solidissimo che è venuto a fare spesa al sud perchè era più forte, meglio gestito e più intraprendente … questo si chiama LIBERO MERCATO, quello che ha definito Di Donna in questo articolo si chiama ASSISTENZIALISMO, assistenzialismo anche nel mondo del credito.

      Conclusioni.

      Premesso che l’assistenzialismo è in agonia in tutto il mondo occidentale, mi chiedo se la maggioranza dei Siciliani di oggi vogliono entrare da protagonisti nell’arena del libero mercato e competere a testa alta con gli altri italiani e ai pochissimi siciliani che già lo fanno o vogliono continuare a frignare sulle colpe degli avi e lasciarsi andare alla deriva?

    118. Ripeto per l’ennesima volta che dovreste evitare commenti troppo lunghi.

    119. A proposito di Sicilcassa e della sua fine ingloriosa, ricordo che in ambienti bancari si ironizzava ribattezzandola “Sicilcassina” (dal nome del Conte Arturo Cassina verso il quale la banca siciliana era molto esposta).

    120. Completo l’articolo di Antonio Volpe pubblicato su IL FOGLIO del 19 gennaio 2006:

      Immobili che saranno immessi sul mercato. Tutti tranne due, che sono rimasti in casa: i prestigiosi Palazzo Branciforte e Villa Zito, gioielli liberty nel cuore di Palermo. Villa Zito è la casa storica della “Fondazione Banco di Sicilia”, e come tutte le fondazioni ha un proprio capitale. Ebbene, prima della fine dell’anno 2005, prima della transazione del patrimonio Bds a “Capitalia spa”, la stessa “Capitalia” ha venduto alla “Fondazione” i due storici edifici. Costo complessivo 21 milioni di euro più Iva; totale 25 milioni. Un’operazione ideata e realizzata da Gianni Puglisi, presidente della “Fondazione”, che ci pensava già da “vice”, operazione avallata dal direttore generale di vigilanza sulle Fondazioni del ministero delle Finanze, Roberto Ulissi. “Abbiamo acquistato – racconta Puglisi – al valore patrimoniale fissato da Capitalia prima del 31 dicembre, evitando che questi beni diventassero oggetto di mercato. Un favore? Perché usare questi termini? Si è trattato di una normale compravendita fra privati”. Non solo, ma la Fondazione non ha mica prosciugato le proprie casse, anzi: ha chiesto e ottenuto dalla medesima Capitalia un mutuo trentennale appunto di 25 milioni da scontare a tasso di mercato. Quindi Capitalia cede alla Fondazione due immobili d’inestimabile valore artistico-culturale, e a sua volta ne finanzia l’acquisto.

      Nel pacchetto sono compresi i locali che ospitano l’archivio storico del Banco di Sicilia, che comprende fra l’altro una tavola pecuniaria del ’500. Toccherà alla Fondazione curarlo, e di ciò è ben lieto Puglisi, docente di Letteratura comparata e attuale rettore della “Iulm” di Milano. Inoltre sia Palazzo Branciforte sia Villa Zito erano sottoposti ai vincoli storico artistici e quindi inalienabili. “Tutto in regola – dice Puglisi – del consiglio d’amministrazione della nostra Fondazione fa parte la sovrintendente Adele Mormino, che ci ha assicurato che a suo avviso l’operazione era esemplare”. Così, mentre non si è ancora spenta l’eco della cessione della storica “Villa Igiea” ai Caltagirone, unanimemente definita “svendita” nella capitale siciliana, arriva sul mercato il fior fiore di edifici che hanno fatto la storia dell’architettura del ’900 siciliano. A quanto si mormora, la prossima vendita sarà il palazzotto di piazza Archimede a Siracusa, talmente liberty che neppure Mussolini osò abbatterlo per il suo “Corso Littorio”. Oggi il Banco di Sicilia conta 464 sportelli nell’isola. Le altre cifre (con approssimazioni minime) recitano che Antonveneta e Banca popolare di Lodi hanno 130 sportelli a testa, 140 circa il Credito siciliano (che non è siciliano, come vedremo), un centinaio la Banca nuova, una settantina Credem e Bancaintesa.

      Infatti si scrive “Credito siciliano”, ma si legge “Credito valtellinese”. Un tragitto che nasce come Popolare Sant’Angelo di Licata, Agrigento. Finché dall’altro capo della penisola, dalla lontana Sondrio, gli imprenditori alpini, già proprietari della Popolare Santa Venera e della Cassa San Giacomo di Caltagirone, prelevate in precedenti discese sciistiche, sentirono il bisogno di bagnarsi nel caldo Mar Mediterraneo. Così nell’anno di grazia 2002 i valtellinesi sbarcarono a Licata e costituirono coi tre istituti il Credito siciliano con sede ad Acireale, dove hanno investito alcuni milioni di euro per un centro direzionale faraonico diretto da Carlo Negrini. “Certo, lo scenario è cambiato e si lavora di più – dice Salvatore Battaglia, addetto commerciale di una filiale catanese – però non abbiamo moltissimo da lamentarci. Anzi, hanno promesso pure 200 assunzioni e l’apertura di un centinaio di sportelli”.

      Un’altra fantastica cavalcata
      Una cavalcata fantastica quanto quella di Francesco Majolini, 44enne romano che Mediocredito inviò a Palermo nel ’97 come capo del personale del Banco di Sicilia. Dapprima si occupò della “fusione” con Sicilcassa. Poi gestì le trattative del trasferimento del Banco e dei cosiddetti esuberi: “Riducemmo il personale da 11 mila a 8 mila addetti. E’ stata la fusione più importante d’Italia”, riferisce con orgoglio. Completata l’opera, esce da Mediocredito assieme agli altri quattro colleghi inviati in precedenza da Roma a Palermo e si mette a corteggiare nientemeno che Gianni Zonin, a Vicenza. Obbiettivo: creare una “Banca nuova” in Sicilia. “Zonin ama la Sicilia e ci dette fiducia”, aggiunge Majolini. Diede soprattutto i soldi. Fu un’operazione velocissima. La prima filiale di Banca nuova viene inaugurata a Palermo il 5 ottobre del 2000. Per farla nascere, fu trasferita la licenza dell’istituto “Celestino Piva” di Valdobbiadene, la capitale del prosecco.

      Venticinque filiali ex novo, quindi venti sportelli di Banca intesa in Calabria nel 2001, e l’anno dopo l’incorporazione della Banca del popolo di Trapani. Un colpaccio, questo di Trapani, che ha lasciato uno strascico di polemiche e sospetti. Lo dice a chiare lettere Eleonora Lo Curto, deputata regionale autonomistica trapanese: “C’era molta liquidità di risparmiatori e imprenditori agricoli. Centinaia di miliardi. La banca era attiva, raccoglieva e produceva denaro. Non appariva in sofferenza. Però sono arrivati e si sono comprati lo stesso gli sportelli. Una tale espropriazione non può accadere per caso. C’è dietro un disegno, una strategia”. Banca nuova, sede a Palermo dalle parti di viale Libertà, capogruppo la Popolare di Vicenza cresce impetuosamente e da Rieti in giù conta 105 sportelli. Nega Majolini di aver condotto una campagna acquisti di sportelli e personale a spese del Banco di Sicilia: “Assolutamente.

      Abbiamo assunto intelligenze provenienti da tutte le banche, quasi mille, anche internazionali. Siamo l’unica spa commerciale sorta in Italia nel dopoguerra. Operiamo con attenzione per le piccole e medie imprese. Pur con azionisti del nord, abbiamo conquistato la fiducia dei siciliani”. Rimpiange il professor Lo Giudice, che nasce bancario e intraprese la sua carriera universitaria grazie a una tesi proprio sul Banco di Sicilia, i tempi in cui il credito siciliano non aveva rivali nemmeno in Lombardia e Veneto, un secolo fa, più o meno, a cavallo fra ’800 e ’900, ai tempi di Crispi, grazie anche al movimento cattolico, alle casse rurali e urbane, quando ancora l’impero dei Florio dominava i mari. “A questo punto la nostra salvezza può venire solo dalla globalizzazione. E’ una battaglia di retroguardia difendere i confini dell’Italia”. Tanto i siciliani ci sono abituati: normanni o piemontesi, valtellinesi o angioini, vicentini o aragonesi: che differenza fa?

      Giuseppe Mazzone

    121. nomad commento del 29 Ottobre 2007 alle 18:09 :
      Penso sia vero ed utile il contrario. Per combattere la mafia bisogna che la Sicilia cominci a prosperare, che i Siciliani si rimbocchino le maniche, che i nostri politici ci diano i mezzi e le infrastrutture (zone industriali di facile accesso, leggi meno farraginose e più liberali, FERROVIE che si possano definire tali, aeroporti che funzionano, compagnie low cost, etc), accesso al credito paritario col Nord, (tutto ciò che è indispensabile per essere competitivi), abbiano bisogno anche di una maggiore consapevolezza ed orgoglio che solo può venire da una corretta informazione…. e la SICILIA SI LIBERERA’ DA SOLA DELLA MAFIA!

      enzo76 commento del 29 Ottobre 2007 alle 20:02
      Quando ascolti funky hai delle ottime perfomances…. 🙂 🙂

    122. La consapevolezza? Mah! Può aumentare solo con la pratica della conoscenza e l’esercizio della coscienza critica, è ben più di “corretta informazione” e richiede uno sforzo e un rigore morale esemplari, oppure grazie ad eventi catastrofici che cambiano in un fiat le condizioni di vita del soggetto. Il primo tipo di processo richiede un impegno costante e prolungato, uno sforzo lento a volte doloroso. Il secondo tipo di processo azzera le condizioni di vita del soggetto e spesso ne mette in pericolo l’esistenza stessa, un dolore immenso ed istananeo. Smettiamola di sognare e di dar la colpa agli altri, ciascuno di noi non solo è responsabile del proprio benessere ma anche del benessere altrui, questo ho imparato lavorando con i “milanesi”.

    123. A proposito di banche a Palermo.
      C’è qualcuno in grado di spiegarmi la convenienza per gli istituti di credito ad aprire altri sportelli in città oltre a tutti quelli già presenti?
      Avete notato che nel tratto di via Sciuti dove si trovava la Serit stanno per aprire, oltre alla banca che già occupa da circa un anno parte di quei locali, altri 2 importanti concorrenti?
      Ci sono tutti questi potenziali danarosi clienti a Palermo oppure è solo una strategia di “conta” di numero di sportelli in vista di altre prossime fusioni?
      Qui gatta ci cova…

    124. La cecità di fronte alla ragione non ha limiti. L’Eire ha S. Patrizio, la Lituania avrà un’altra cosa…insomma gli unici che non ce la possono fare siamo proprio noi (ignorando che gli altri, quand’erano come noi, cioè colonizzati, stavano peggio di noi).
      E’ vero, non ce la possiamo fare, ma solo perché ci sono troppi Siciliani che odiano la Sicilia, perché così è stato insegnato loro sin dalla culla. Il senso civico non può germogliare se proponiamo niente di meno che di abolire le istituzioni democratiche.
      L’ARS costa troppo e se ne è accorto persino Micciché, ma è un’inezia nel bilancio regionale, in confronto soprattutto alle centinaia di enti inutili: a cominciare dalle province, che dovevano essere abolite nel ’46…
      E poi, anche rinunciando alla specialità, come Consiglio Regionale dovrebbe pur funzionare, e quindi dovremmo calcolare il miserrimo risparmio del passaggio da Assemblea a Consiglio. Non sarebbe più semplice, da cittadini, mandare a Palazzo Reale deputati che fanno le leggi invece di grattarsi la pancia? No. Non è possibile, perché siamo “inferiori”.
      Il vostro discorso è paragonabile a chi dicesse “aboliamo il Parlamento in Italia ché costa troppo”.
      Il vittimismo è quello dei centralisti, perché non hanno più nessuna, dico nessuna, fiducia nel Popolo Siciliano. Io ci crederò finché vivrò, finché potrò fare in Sicilia onestamente il mio lavoro. “VOI” volete qualche duce, o liberatore, o conquistatore dall’esterno che metta in riga questa razza di malavitosi.
      E’ vile augurarsi questo. E’ l’errore storico di una certa antimafia: odiando la Sicilia si resta per sempre corpi estranei e i corpi estranei…
      Invito (per inciso) gli appassionati a questo tema a non essere troppo prolissi, magari per passione civica. Non conduce alla discussione.
      Per inciso a Didonna: la mafia esisteva prima del 1860? Ma non aveva detto che dovevamo guardare al futuro? E poi, guardi, non so se lei avrà letto qualcosa di più recente di quell’inchiesta del XIX secolo piena di pregiudizi, ma se fosse vero quello che lei anche inconsciamente sta dicendo, cioè che siamo una razza irrecuperabile di mafiosi che la pietosa Italia tenta disperatamente di civilizzare, se ce l’abbiamo nel DNA, non c’è niente da fare! Lasci perdere! Emigri! Si auguri che l’Italia abbandoni questo nido di vespe! Sarà meglio per tutti! Oppure programmiamo un’epurazione di massa di tutti i Siciliani come fece Mussolini (la sa questa storia, vero? non mi dica di no). Oppure una deportazione, uno sterminio, forza Etna, etc…
      Non potremmo stare dalla parte dei Siciliani, quelli veri invece di confonderli tutti con Cuffaro?

    125. Per Luca D.

      Per potere entrare nel mercato ci vogliono infrastrutture e banche. Entrambe mancano ed entrambe sono di responsabilità dello Stato.

      Lo Stato finanzia le infrastrutture, non le regioni. Lo Stato ha cancellato la scorsa estate i treni a lunga percorrenza e molte stazioni della fascia tirrenica, non la Regione.

      In quanto alle banche, queste sono private perché lo Stato ha favorito la SVENDITA di queste grandi aziende pubbliche, come sta favorendo la SVENDITA di altri grandi aziende pubbliche, di fatto regalando patrimonio pubblico, quindi NOSTRO, a delle lobby economico-finanziarie.

      Se lo Stato volesse veramente lo sviluppo del Sud, farebbe in modo che nel Sud vi fossero infrastrutture, credito alle imprese, zone franche.

      Non mi sembra che lo Stato faccia la sua parte. Invece mi sembra che molti Siciliani rischino capitali e vita per portare avanti le loro imprese.

      Mi sembra davvero molto singolare che la sinistra, una volta a favore di un forte ruolo dello Stato, oggi, caduto il socialismo reale, si sia d’un tratto convertita alla chiesa liberista: il mercato sembra la nuova bibbia dei rossi.

      Allo stesso tempo la destra propone la stessa ricetta. Quindi di fatto, dovunque guardiano, l’ideologia dominante sembra essere il mercato, il dio Mercato. E non credo proprio che il mercato sia la ricetta se mancano infrastrutture e banche PER i siciliani. Queste sono irrinunciabili pre-condizioni allo sviluppo.

    126. Marco rispetto la buona fede della tua opinione, ma a mio giudizio hai detto un mare di cavolate, oltre ad avere ripetuto la parola Stato inutilmente e troppe volte.

      Ti informo che le infrastrutture sono carenti e inappropriate in tutta la penisola sopratutto al nord, un paio di esempi: i trasporti ferroviari e autostradali hanno due buchi, la dorsale adriatica è interrotta a Ravenna con un buco di oltre 150 chilometri fino a Venezia, mentre la dorsale tirrenica da Grosseto fino a Livorno ha un anaologo buco, tanto che è tutto concentrato sulla A1 Bologna/Firenze (Roncobilaccio sull’appennino è solo a doppia corsia e d’inverno ghiaccio e neve sono frequenti) mentre il ferroviario è tutto sulla stazione Emiliana di Bologna. Basta una nevicata abbondante, come l’anno scorso, per spaccare l’Italia in due e al nord nevica spesso!

      Nel nord nella muraglia alpina i valichi sono pochi e maltenuti e i trafori sono inadeguati al traffico pesante e gli incidenti si susseguono, mentre gli aeroporti sono piccoli e troppo a ridosso delle città o mal collegati come Malpensa.

      La competitività si ottiene con la testa, con gli investimenti in R&S (in aziendalese si traduce con ricerca e sviluppo) e con il buon governo locale, che ti dà le autorizzazioni prontamente senza tangenti, che non ti vessa con controlli strumentali mirati a farti pagare ulteriori tangenti, che non si appropria del banco di sicilia e della sicilicassa per dare soldi agli amici dei politici senza garanzia.
      Sveglia, quelli che ti hanno succhiato il sangue fino ad oggi, quelli che si sono mangiati la sicilia pezzo per pezzo sono i politici siciliani, il governo locale votato anche da te e da tutti i siciliani.
      Poche decine di siciliani hanno fregato milioni di abitanti nel nome della raccomandazione e del favore.

      Regioni come l’Umbria (senza una e dico una autostrada, ne un aeroporto) hanno aziende che competono nel mondo e nel libero mercato. Il Veneto con un solo porto decente, con le sue piccole e medie industrie è stato una locomotiva dell’economia italiana nel mondo, per non parlare di Toscana ed Emilia Romagna, le cui infrastrutture viarie e ferroviarie sono intasate dal traffico di tutta la penisola.
      Nel mondo globalizzato ci sarà sempre qualcuno che saprà fare il tuo prodotto generico ad un prezzo più basso del tuo, ma la qualità o la particolarità non si copia e non si inventa. Un’auto sportiva di prestigio innovativa o un capo di pelletteria firmata o un vino di alta qualità lo puoi ottenre fisicamente in posti mal collegati come la piccola Lampedusa o Enna, con la qualità avrai comunque una tua fetta di mercato.
      Ultimo esempio, alcuni inverni fa il maltempo compromise il raccolte delle serre ragusane. L’Europa smise di mangiare zucchine e tutti si accorsero che da Ragusa (provincia senza strade, senza aeroporti, senza porti) partivano le primizie ortofrutticole per tutto il nord europa. Le infrastrutture sono un alibi e Ragusa lo dimostra (Pil provinciale quasi come quello di Reggio Emilia), un alibi per siciliani che non si assumono le proprie responsabilità, infatti è sempre meglio riversare le colpe sugli altri, ma 50 anni di malgoverno locale non sono stati a Firenze o a Bologna (sbaglio o Ragusa è la provincia più rossa della Sicilia … sarà un caso!).

    127. E’ l’ignoranza che non ha limiti. Cos’è un popolo? Un insieme di individui che hanno in comune, meglio ancora che condividono valori, credenze ed identità di gruppo. Quale bandiera fa fremere il sangue nelle vene siciliane? Quale inno? Non è con operazioni a tavolino che si crea un’identità collettiva, essa deve esistere a priori, elemento irrazionale e unificante condiviso da quell’insieme di individui che a quel punto, solo a quel punto può essere chiamato popolo. Forse esiste il popolo palermitano, insieme d’individui accomunati da Santa Rosalia e dalla bandiera rosa-nero, forse quello catanese, messinese etc. Gli irlandesi hanno la loro lingua, il gaelico è di matrice celtica, non anglosassone. Il siciliano è una lingua? A me sembra un dialetto neolatino. Il popolo siciliano non esiste! Il punto non è se abolire o meno l’ARS: se è improduttivo è inutile, se è produttivo c’è da chiedersi per quale ragione siamo al punto in cui siamo.

    128. @Gd.
      Pensa un po’. A te il siciliano sembra un dialetto. All’UNESCO sembra una lingua.
      Pensa un po’. La letteratura (letteralmente “vietata” a scuola) in lingua siciliana (Veneziano, Pirandello, Meli, per fare qualche nome) scrive (o scriveva fino al 1860, guarda caso) in una koinè comune a tutta l’isola e comprensibile dovunque. Meli non scriveva in palermitano, ma in siciliano.
      “Tu” non lo sai, perché la scuola italiana ha voluto così.
      Comunque siamo arrivati alla migliore conclusione del discorso: “Il popolo siciliano non esiste!” Chissà, forse nemmeno la Sicilia… E’ tutta una chimera: Empedocle, Archimede, il Regno di Sicilia, il Vespro, i Fasci siciliani, il Separatismo, Buttitta, Rosa Balistreri, forse anche noi non esistiamo e che siamo dannatamente convinti di esserlo…

    129. Spillo, si dice lingua l’idioma ufficiale che è usato dal popolo di una nazione, il dialetto è usato da un sotto-insieme del popolo di una nazione. Che il siciliano potesse diventare lingua invece del toscano me lo raccontava già il mì babbo, indipendentista convinto, cinquanta anni fa ma così non è stato e non è questo il punto. Qual è il simbolo che ci accomuna? La triquetra? Un cannolo? Un’arancina? Fino a quando ciò che accomuna è la mafia, non vedo lustro. Potrebbe anche darsi che trattasi di un maleficio ordito da loggie occulte per distruggere la nostra identità, io questo non lo nego a priori, ma stare a piangersi addosso non serve. Ben venga il dialetto siciliano nelle scuole “Nuàtri l’avevamu a matri, nni l’arrubbaru; aveva i minni a funtana di latti e ci vìppiru tutti, ora ci sputanu” ma secondo me non è risolutivo, non crea identità collettiva perché non c’è un simbolo condiviso. Questo è un popolo, individui con lingua, costumi e simboli condivisi. Fino a quando non si svilupperà il senso di comunità, l’etica collettiva, fino a quando il concetto condiviso sarà “ciò che non è mio è di tutti quindi di nessuno” noi sare ammmaree!

    130. non pensavo di scatenare tutto questo putiferio,pero’ adesso devo rilevare alcune cose:
      “Siciliano”
      non e’ vero che ci sono Siciliani che odiano la Sicilia.E’ una affermazione che tiri fuori quando ti mancano le
      controargomentazioni su base razionale.
      Poi non mi piace il modo con cui ti rivolgi a D.Di Donna invitandolo ad emigrare.Potresti essere tu ad emigrare…
      D.Di Donna per me ha sviluppato una analisi toccando razionali profondi
      che puoi condividere o meno,ma in quest’ultimo caso nessuno ti autorizza
      ad esprimerti nei termini di cui sopra.
      Non lo accettiamo noi lettori del blog.
      Noi potremmo tenerci l’ARS come gli
      Inglesi si tengono la Regina ed il
      Principe Carlo,cioe’ un’attrazione turistica.
      Ma noi nemmeno questo sappiamo fare.
      Dimostri l’Ars ai Siciliani di avere
      ancora una ragione di esistere nel 2007,
      di contribuire alla crescita della Sicilia.Finora su questi quesiti non e’
      emerso niente.
      Se dipendesse da me invece che 90 deputati assumerei 90 Ingegneri e
      li inserirei in un qualche Progetto
      di Ricerca,con la speranza di ribaltare
      in futuro una voce di spesa passiva in una voce di bilancio attivo.
      Per la conservazione del palazzo Reale
      mi pare ci sia gia’ la Fondazione Federico II.
      “GD”sono d’accordo con quello che scrivi
      “Luca D.” idem

    131. E cosa accomuna il popolo romano?

      la grattachecca?

      ah ah ah ah ha ha ha h ah

    132. Popolo romano? Vorrai dire laziale 🙂

    133. Popolo romano? Vorrai dire laziale

      la porchetta per gli altri.

      Aahaha aha ha ha ha ha ha

    134. vedo che Donato, sempre attento e sensibile, ha toccato un nervo scoperto:
      bisogna risalire al 15/10/2007(“Chiesti otto anni e la rimessione del processo per Cuffaro”) per trovare un post con altrettanti commenti in questo blog.

    135. @GD:
      Condivido completamente quanto scrivi.
      Aggiungerei soltanto: “…fino a quando il concetto condiviso sarà “ciò che non è mio è di tutti quindi di nessuno, però lo uso come se fosse solo mio” noi saremo a mareee!”
      Saluti.

    136. Il numero di commenti non necessariamente è più alto del numero di lettori. E comunque sono entrambi dati quantitativi.

    137. E in che cosa consisterebbe il mio mare di cavolate?

    138. ALCUNI INPUT PER UN CAMBIAMENTO CONCRETO:
      – lavoro di rete (sempre)
      – cittadinanza attiva
      – creazione di strategie multisettoriali di sviluppo economico (sia a livello istituzionale che dal basso)
      – i forum, quale strumento per il coinvolgimento dei cittadini alla pianificazione partecipata territoriale
      – creazione di partnership pubblico-privato con associazioni e soggetti che operano nel territorio (nei campi del sociale, ambientale, economico, associazionismo vario, volontariato, ….).
      Questi sono, a mio giudizio, alcune vie percorribili per avviare un cambiamento concreto del nostro sistema territoriale.
      Per avviare questo percorso c’è bisogno del lavoro delle istituzioni e del lavoro dal basso da parte dei cittadini.
      Comprendo che, da come siamo messi oggi, non si sa neanche da dove cominciare se si volesse lavorare a questi percorsi, che in altre realtà territoriali hanno avuto successo per lo svecchiamento dei sistemi (e anche in tempi relativamente brevi).
      Credo che il dibattito/confronto di idee/proposte dovrebbe incentrarsi molto su questi percorsi oltre che focalizzare l’attenzione prevalentemente sulla questione storica della Sicilia.
      Probabilmente questi “percorsi possibili” potrebbero essere l’idea per un nuovo argomento da trattare su Rosalio.

    139. Alcune citazioni illustri per tutti quelli che non vogliono sentir parlare di storia:
      ^
      “Chi controlla il passato, controlla il presente” (G. Orwell)
      ^
      “Chi sbaglia storia, sbaglia politica” (Giovanni Cantoni)
      ^
      “La storia è politica sperimentale” (Joseph De Maistre)

    140. Che me ne faccio della storia se non ho né i metodi né gli strumenti per (tentare di) cambiare le condizioni in cui vivo? Ammesso che si potesse insegnare la “vera” storia della Sicilia sin dalle scuole elementari, ciò sarebbe sufficiente a modificare la consapevolezza del popolo? Goebbels ci riuscì con un mix di vero e falso: è un buon metodo? La verità è un concetto elusivo e la conoscenza intellettuale, ciò che fa un popolo riguarda meno la mente più le budella ed il cuore. Nel 1992 tanti milanesi sentirono il bisogno di comunicarmi la loro solidarietà, quelli sono gli eventi, tragici, che toccano le corde emozionali ed istintive e perciò possono innescareo un cambiamento. Se non ci si lavora, con quell’energia emozionale, tempo due anni e tutto finisce. La storia ci illumina ma non ci dà né metodi né strumenti. Io sono convinto che enzo76 vede giusto ma i tempi? Perlomeno due generazioni.

    141. Marco l’importanza della storia è fuori discussione, ma l’analisi e la conoscenza della storia deve servire come base per progettare strategie per il futuro non per crearsi un alibi. La storia serve per non ripetere gli errori nel futuro, non per piangersi addosso o incolpare qualcuno o qualcosa di quanto siamo stati sfortunati a vivere in una terra tanto vilipesa.

      Visto che sei un cultore di storia ti invito a riflettere sulla vicenda di Notarbartolo …. tutto si è svolto in Sicilia, i personaggi collusi, i corrotti e gli assassini erano tutti rigorosamente siciliani e il protagonista per sfuggire alle forche della giustizia è stato eletto da voti siciliani e l’Italia e lo Stato non c’entrano NULLA. Smettiamola di dare le colpe agli altri, le cavolate sono queste, dire che i meriti sono siciliani e le colpe sono degli altri.
      La colpa è sicuramente dei siciliani, nel passato remoto, nel passato recente e nel presente e se nel futuro andrà peggio, la colpa sarà sempre dei siciliani.

      In altri luoghi i cittadini vessati si ribellano e fanno le rivoluzioni.

    142. “STRATEGIA” E “PROJECT MANAGEMENT” PER LA CURA DEI NOSTRI MALI

      Già… i tempi sono lunghi ….
      L’analisi storica ci aiuta a capire il passato ed il presente.
      E nuove strategie, nuovi approcci al nostro territorio, possono contribuire ad un cambiamento del sistema attuale.
      I tempi ….. non sono facili elementi da stabilire.
      Ma almeno costruire degli indicatori che ci servano per misurare il lavoro svolto in un nuovo percorso intrapreso. E per individuare – altresì – azioni correttive capaci di riportarci in una tabella di marcia prefissata.
      Si puo’ partire da programmi di azioni chiare, da pianificazioni strategiche che individuano vocazioni territoriali precise, ci si puo’ dare un cronoprogramma, si puo’ contare su risorse umane ed economiche (pubbliche e private) per realizzare le azioni di un piano multisettoriale, si puo’ costruire un percorso progettuale secondo i principi del “project management” (l’unico che molte aziende e diverse pubbliche amministrazioni ormai applicano da tempo per raggiungere con successo i loro obiettivi rispettivamente economici ed efficienza dei servizi), ma su una tabella di marcia prestabilita ci sarà sempre un ritardo (malgrado le azioni correttive). Ma non è questa la maggiore criticità. La criticità piu’ grande consiste – a mio giudizio – nel non iniziare mai un possibile percorso strategico di riscatto sociale, ambientale ed economico del territorio, e continuare a perpetrare uno stato di emergenza costante e permanente.
      Fino a quando questo concetto non sarà oggetto di una comune e diffusa consapevolezza, potremo conoscere a memoria milioni di pagine della storia della Sicilia, ma da sola questa conoscenza non sarà mai in grado di generare un riscatto sociale ambientale ed economico del territorio Sicilia.
      Una ricetta progettuale perfetta di riscatto sociale-economico-ambientale non esiste, ce ne sono tante possibili, ma bisogna sperimentare nuovi approcci e strategie.
      Personalmente quando leggo pagine della storia della Sicilia trovo tante chiavi di lettura ai problemi attuali, ma mi sento estremamente stimolato ed interessato alla costruzioni di percorsi possibili di cambiamento che apprendo da esperimenti di pianificazione stategica (pubblica e privata) realizzati in altri contesti nazionali o internazionali. Mi piace studiare come altre comunità territoriali hanno superato i loro problemi sociali-ambientali-economici e imparo molte strategie possibili che hanno avuto successo e hanno cambiato notevolmente la mentalità delle comunità. Ho imparato che sono le strategie che conducono alla risoluzione dei problemi anche piu’ complessi. Oggi le strategie sono adottate in maniera diffusa nei processi del project management, e credo che non ci sono altri approcci diversi dall’adozione di una valida strategia per l’ottenimento di un risultato preventivamente pianificato.

    143. Enzo, sui metodi non ho dubbi, ma le risorse mentali e materiali per fare questo lavoro dove sono? Dovrebbero essere coinvolte decine di migliaia di persone, il principale ostacolo è la dispersione.

    144. @ Rosaria
      se leggi bene qui trovi anche la qualità

    145. sono perfettamente d’accordo con enzo 76:
      la mancanza endemica di progettualità determina una situazione perenne di gestione dell’emergenza, ciò avviene qui da noi con effetti macroscopici ma è, purtroppo, ricorrente e generalizzato in tutto il paese.

    146. Il romanzo del De Roberto,’I Vicerè'(è uscito adesso il film di Roberto Faenza,tratto dal libro)è emblematico,forse più del ‘Gattopardo’,di tutto ciò che avete detto e scritto.

    147. Project management, multisettorialità, mercato: freddi tecnicismi senza cuore.
      I popoli più fieri della terra sono quelli che stanno meglio.
      I veneti sono fieri del loro dialetto e delle loro tradizioni. Così lo sono gli irlandesi, i catalani, i maltesi, i norvegesi.
      I popoli che si sentono “inferiori” potranno solo essere dominati dal più forte.
      Secondo me chi parla di “project management” se ne sa solo riempire la bocca, ma non sa neanche che cosa sia.
      Io sono un business analyst e sto per diventare un project management. Vivo e lavoro nel Nord Europa ma vi assicuro che perfino qua i project manager non sanno neanche che cosa sia il “project management”.
      Paroloni grossi, tecnicismi, esterofilia, moralismo: questo è il mix esplosivo per affossare la Sicilia definitivamente.
      Sarà per questo che la sinistra non riesce a scaldare il cuore dei Siciliani?
      Mi sa proprio di sì.
      Ma poi, non era la sinistra per un ruolo più forte dello Stato nell’economia? Ormai i sinistrorsi sanno solo rincorrere la destra e il mercato. Senza neanche sapere di che si parla.

    148. Luca D.
      Mi fai ridere. Durante il periodo dell’Italia liberare a votare era l’1% della popolazione (sic!). Davvero rappresentativo della volontà popolare.

      E poi dici agli altri che sparano cavolate.

      Abbi un po’ d’umiltà.

    149. Cito Luca D. dice: “La colpa è sicuramente dei siciliani, nel passato remoto, nel passato recente e nel presente e se nel futuro andrà peggio, la colpa sarà sempre dei siciliani.”

      Uno più razzista di te non si è mai visto!

    150. GD
      risorse mentali c’è ne sono abbastanza nel territorio, secondo me (e ne conosco tante), sono solo disperse, non fanno rete, non comunicano tra loro !
      Oggi pero’ internet, forum e blog sono i mezzi per mettere in comunicazione facilmente queste preziose risorse umane.
      Come dici tu, GD, dovrebbero essere coinvolte decine di migliaia di persone, inoltre centinaia di associazioni varie, di volontariato, di cittadinanza attiva, che operano da tempo nel territorio con una loro etica.
      Anche questo dibattito lanciato con intelligenza da Donato puo’ essere un catalizzatore di preziose risorse umane, almeno io lo vedo così ! Ci sono individui con una grande conoscenza della storia che possono fornire importanti dati e ci sono individui con propensione, naturale e professionale, alla creazione di progettualità strategica. Per iniziare un percorso strategico di cambiamento e riscatto del territorio c’è bisogno di ambedue le categorie di individui e di altre categorie ancora !!!

      Per le risorse materiali, finanziarie e’ necessario elaborare un attenta ricognizione. POR Sicilia 2007-2013 in primis (6.500 milioni di €) !
      E altre numerose misure comunitarie, nazionali e Accordi di Programma Quadro !
      Monitorare costantemente i bandi per quanto riguarda quelle pubbliche.
      E costruire partenariati pubblico-privato che prevedono l’investimento di capitali privati per l’avviamento e lo sviluppo di azioni e programmi per servizi della collettività.
      Altresi stimolare un autoimprenditorialità capace di generare un’economia (e microeconomia) diffusa nel territorio.
      Formazione e ricerca sono necessarie in questo processo.

      Per mettere a sistema sia programmi che piani di azione di iniziativa pubblica e privata un elemento fondamentale è la comunicazione delle informazioni.
      I piani di comunicazione rappresentano l’humus di base, e la tecnologia dell’informazione e della comunicazione gioca un ruolo fondamentale !
      Fortunatamente su questo argomento c’è tanta lettertura ed esempi di buone prassi (vedi innanzitutto il ruolo svolto dal CNIPA per le pubbliche amministrazioni per l’efficienza dei servizi al cittadino grazie all’informatizzazione dei processi).
      Da notare inoltre anche le opportunità fornite dai sistemi wifi, del prossimo sistema WiMax (dal 2008) per la riduzione del divario digitale in Italia.
      Questi sistemi permettono la facilitazione delle divulgazione delle informazioni e dei processi “burocratici” ed “amministrativi”.
      Insomma di ingredienti per fare ricette c’e’ ne sono tanti. Basta mettersi il grembiule e posizionare gli ingredienti su un tavolo e cominciare e sperimentare.
      Ma se gli ingredienti li guardiamo solo nelle vetrine e non tentiamo di preparare un piatto, non scopriremo mai l’eccitante sensazione che si puo’ provare nell’elaborare un piatto che immaginiamo squisito nella nostra mente !!!

    151. Marco hai perfettamente ragione, devo essere più umile e smettere di farmi trascinare in lunghe discussioni, ma quando mi confronto con gente come te che dà per verità bibbliche una serie di inesattezze è più forte di me.
      Del resto uno intelligente come te saprà sicuramente chi ha eletto Raffaele Palizzolo, allora il voto era concesso per censo in forza di una legge piemontese del 1848 e aveva il diritto al voto circa il 2 per cento della popolazione, non l’uno. (Dimmi uomo di somma cultura, erano alieni settentrionali travestiti da siciliani gli elettori di Palizzolo? Sempre che tu sappia chi è?).
      Infine, usare il termine razzista è un modo poco elegante per eludere il confronto, si vede che ti mancano argomenti e vuoi trascinare tutto nella rissa.Studia e ritorna a settembre.

    152. Marco sei invitato a essere rispettoso nei confronti degli altri commentatori.

    153. Enzo76, so bene che hai ragione, ma non ha torto chi dice che se non c’è cuore non si va da nessuna parte. A me sembra che al siciliano tipo stia a cuore se stesso, a discapito degli altri. Io già a partire dai primi anni ’90 mi sono trovato a lavorare con aziende americane e inglesi su sistemi per reti dati, tecnologie che hanno fatto sviluppare internet e altre belle cose. Sai com’erano ridotte Leeds o Manchester nei primi anni ’90? Disoccupazione e fabbriche fatiscenti, problemi di sicurezza, traffico automobilistico paralizzato come e peggio di come accade ora in via Regione siciliana. Nel giro di 5 anni avevano già modificato lo stato dei luoghi e lo standard civile. C’è stato un forte dibattito sociale e politico, determinate iniziative governative non sono passate in modo indolore, per via delle resistenze sociali, necessità di privacy, stravolgimento delle abitudini. Le amministrazioni hanno fatto partecipare i cittadini, anche tramite i forum su internet, a fine anni ’90 il web era d’uso comune a livello di massaia, con domande del tipo: metteremo 4 telecamere per controllare la sicurezza di tale strada, dove le mettiamo e come le orientiamo? Non discussioni sui massimi sistemi! Non va trascurato che se in UK beccano uno che guida in stato d’ubriachezza, lo sbattono in carcere e ci resta … idem per qualunque altro reato. Per tornare a casa nostra, Enzo, il 4 Dicembre ci sarà un nuovo incontro per il termovalorizzatore, che è successo nel frattempo? Il forum ha stimolato la costituzione di un gruppo di lavoro o ha solo alimentato l’opposizione d’opinione? A me sembra vera la seconda. Per carità, ben venga l’opposizione, ma non è con mille e neanche con diecimila persone che si ferma una gigantesca entità in movimento che ha dalla sua il diritto, non sta a me dire se costituito o no in modo legittimo, ed emana un inconfondibile lezzo aureo. Ci vorrebbe un gruppo di lavoro interdisciplinare (tecnico industriale, chimico, fisico, biomedico, legale, fiscale, comunicativo) che de-costruisca il progetto, lo smonti pezzo per pezzo e lo controlli nei minimi particolari, sono migliaia di ore di lavoro. Si può fare tutto ciò su base volontaria, senza un compenso? Se questo lavoro fosse stato progettato e svolto nell’arco di due anni forse sì, ma in un mese no. L’esempio del tv mi serve per rilanciare la domanda: con quali risorse facciamo ciò che proponi, Enzo? Gli amministratori hanno il coltello dalla parte del manico, tengono i cordoni della borsa, perché dovrebbero promuovere iniziative che potrebbero indebolirli? Il consenso elettorale lo si può comprare facilmente.

    154. il dialogo e’ troppo stimolante per non reintervenire.
      Stamattina ho acoltato Roberto Gervaso
      sul Tema “la Verita”.
      Dire la verita’,secondo Gervaso,ci procura molti nemici.
      Se tutti dicessero la verita’ ci scanneremmo tutti.
      Tanti mediocri,opportunisti e conformisti,fanno maggioranza che fa i
      comodacci suoi,che preferisce non pensare
      (ha gia’portato il cervello all’ammasso)
      La Storia e’ fatta da minoranze agguerrite e temerarie.
      Il vero uomo affronta i rischi che deve affrontare.
      Non puoi chiedere ad un uomo di avere
      il coraggio ,se non ce l’ha.

    155. Marco,
      non me ne volere per quello che adesso ti dico.
      Non invidio il tuo datore di lavoro
      che si accinge a darti maggiori responsabilita’,dopo quanto hai scritto sul Project Management.
      Una cosa mi incuriosisce.
      Come hai fatto ad inserirti in una attivita’ di Project Management
      dopo tutto quello che ci hai detto?
      Comunque non avere paura del termine
      esterofilo.
      Un buon Gestore di Progetto deve semplicemente arrivare ad un
      Risultato decente nel rispetto della Tempificazione e dentro i Limiti di Spesa,con un sapiente utilizzo dei mezzi e delle risorse umane.
      Sembra facile,ma richiede un continuo Controllo delle Attivita’ ed i tempestivi
      interventi per gli inevitabili continui aggiustamenti in corso d’opera.
      In bocca al lupo

    156. GD
      fai una analisi abbastanza condivisibile
      ma incompleta,perche’ non evidenzia il ruolo del Male Oscuro,che prima o poi
      arriva a guastarti ogni buon Progetto.

    157. Per Luca D. e per Rosalio,
      Dire “hai detto un mare di cavolate” è più rispettoso di dare del razzista?
      A trascinare nella rissa non ho cominciato certamente io: rileggetevi i post.
      Per Luca D., spacciare per “volontà popolare” il 2% della popolazione è veramente ridicolo. Saranno stati pure siciliani quel 2%, ma si trattava di quella casta che appoggiò lo sbarco dei mille e diede il proprio consenso alla formazione del Regno d’Italia e alla truffaldina annessione della Sicilia con un pebliscito vergognoso. Quindi questo 2% era tutto pro-Italia, ergo pro-Palazzolo.

    158. Marco sì, perché una cosa è giudicare, anche pesantemente, un’affermazione e un’altra è giudicare una persona dandogli del razzista. Ovviamente non prendo le parti di nessuno di voi due e non c’è nulla di personale, sto semplicemente svolgendo il mio compito di moderatore e a parti invertite avrei ripreso lui. Ti ricordo, inoltre, che questo non è il luogo per discutere delle regole del blog e della sua moderazione quindi hai due possibilità: adeguarti o non commentare.

    159. Rosalio,
      Va bene. Adesso ho capito come mi devo comportare. Grazie della precisazione.
      Luca D., ti chiedo scusa. Mi sono lasciato andare la mano.

    160. Nessun problema Marco, molte volte quello che scriviamo è percepito dagli altri oltre le nostre reali intenzioni e può indisporre gli animi.
      Vorrei riprendere una parte, per rispondere a Supervisor.
      Mi sono riletto e ho notato di aver parlato di responsabilità siciliane, non di volontà popolare, ma solo di responsabilità nel bene e nel male. Se Ragusa è provincia leader nelle primizie a livello europeo è merito dei siciliani, non di tutti, di alcuni, ma sono i siciliani gli artefici di quel successo … se a Parigi in una pasticceria trovo confezioni di torroncini catanesi (senza fare nomi di marche) è merito di siciliani, idem se trovo il mitico vino Marsala (è l’intelligenza imprenditoriale siciliana che ne permette ancora oggi la commercializzazione, erodendo giorno per giorno fette di mercato internazionale al blasonato Porto). Se il potere politico siciliano nell’economia regionale ha una “invadenza pelosa” (terminologia presa a prestito da un altro articolo) è colpa di chi li ha eletti e anche di chi non fa nulla per contrastarli, compreso lo scrivente. Mi posso lamentare, scrivere fiumi di parole, ma se queste persone sono ancora al loro posto è anche colpa mia (pur non avendoli votati), credo che solo in questo modo, assumendosi le responsabilità anche riflesse, si diventi realmente propositivi. Insomma sono convinto con non ci si debba adagiare sugli alibi e sull’assunto “non è colpa mia, è colpa della storia e io non posso farci nulla”. Un primo punto di partenza penso sia il confronto dialettico e qui sembra che l’esercizio sia abbastanza evoluto.

    161. Bravo Marco, le tue scuse ti fanno onore.

    162. Penso che i meriti, come le responsabilità, siano solo personali. Per questo mentre si denuncia ciò che non va, ciò che è di ostacolo al progresso civile ed economico, sarebbe doveroso anche “pizzicare i bravi”, riconoscere e sostenere pubblicamente chi opera con professionalità, con mentalità imprenditoriale, con responsabilità civile.
      In questo modo si incentiverebbero socialmente le “best practice” mentre si scoraggerebbero le peggiori.
      Troppo spesso, oggi, sono portati a modello sociale coloro che hanno “fatto i soldi” indipendentemente dalle modalità con cui sono stati ottenuti.
      Chissà perchè siamo più abituati a innalzare statue alla “Libertà” che non alla … “Responsabilità”.

    163. ognuno ha le sue opinioni ed io rispetto le opinioni di tutti,
      quando sono espresse con buona educazione
      Finalmente e’ emerso che nel blog puoi controargomentare una affermazione ma
      non puoi farne una questione personale
      PER DARE DELL’IGNORANTE, O PEGGIO,
      a chi esprime pareri diversi.
      E purtroppo questo comportamento e’
      ricorrente in certi blog.
      Adesso voglio dire una”verita’ scomoda.”
      In Sicilia ci sono Famiglie che non hanno
      mai beneficiato di alcun sostegno pubblico,ne’ x intraprendere una qualche Attivita’,ne’ per sopravvivere (che so’,una casa popolare,un sussidio,un infermiere a casa per gli anziani,etc.)
      Poi ci sono Famiglie di chi fruisce di
      una vicinanza col Potere e Famiglie che si accontentano delle briciole che il Potere gli fa arrivare di tanto in tanto.
      Altre Famiglie preferiscono emigrare.
      E poi ci sono le Famiglie di chi detiene il Potere.
      In sintesi potremmo dire che c’e’ chi partecipa al banchetto,e chi ne resta escluso.
      E quando persone di buoni propositi
      analizzano e scrivono cosa si dovrebbe fare o non fare,non e’ detto che non stiano suggerendo una strategia piu’ raffinata a chi ha ben altri propositi.
      ***************************************
      a Luca D.
      mi piace il tuo richiamo ai
      Prodotti Tipici che onorano la Sicilia.
      Io ci aggiungerei anche i nostri migliori
      Laureati che abbiamo dovuto lasciare andare in giro per il mondo e che sono
      il Prodotto delle nostre Universita’.
      Queste persone fanno onore all’Italia.
      A me e’ capitato,andando in giro,di sentirmi dire:ah,sei Italiano!
      mai :ah sei Siciliano !

    164. pietro
      a proposito di Casa Sicilia A Manhattan.
      Ho chiesto ad un mio amico che vive a Manhattan di fare una verifica.
      La risposta e’ stata che Casa Sicilia
      e’ stata chiusa.
      Ovviamente questa voce andrebbe confermata da qualche ex responsabile.

    165. @supervisor – Divulgare metodi e strategie attraverso comunità orizzontali web based potrebbe essere controproducente, lo so benissimo. Sono possibili due modelli d’intervento, verticale e reticolare. La mia insistente domanda “le risorse?” vale per entrambi i modelli con due possibili declinazioni, la prima delle quali implica “comanda chi ha le chiavi del tesoro” e la seconda “come costituire un tesoro e amministrarlo insieme”. Mi pare che non siano questioni banali. Nel primo caso dovremmo sperare nell’iniziativa di un patrocinatore di buon cuore, nell’Irlanda degli anni ’20 erano gli emigrati americani, ma nel nostro caso che Cosa? Nostra? Nel secondo caso dovremmo prima costituire una comunità web based da cui emerga un gruppo d’individui democraticamente eletti che sia capace di amministrare il network sociale, poi sia capace di costituire un fondo finanziario e infine sia capace di amministrare e gestire questo fondo per sviluppare metodi e strategie. I fondi Europei sono basati su modelli di tipo piramidale, anche quando sono indirizzati verso lo sviluppo di reti orizzontali sono comunque finalizzati all’impresa, che è tipicamente piramidale (non è questo il topic per discutere i pochi modelli reticolari che mi vengono in mente). Non riesco a immaginare impieghi diversi dei fondi UE che sono sì, è vero, anche concepiti per sviluppi sociali ma sono pur sempre gestiti dall’Ente territoriale di riferimento, che manco a dirlo ha una struttura piramidale e rispecchia l’assetto partitico locale. Il “male oscuro” non l’ho trattato per diverse ragioni: è oscuro e perciò non ha contorni, se vivessimo nella luce lo vedremmo nitidamente, nero su bianco, ma viviamo nell’ombra e perciò non se ne coglie la trama; basta nominarlo e si manifesta anche dove non era ancora apparso; l’unico antidoto al m.o. è la rettitudine morale ma essa non può essere imposta neanche a se stessi, figurarsi agli altri .. e non viviamo in tempi di rettitudine morale.

    166. IL CUORE E IL PROJECT MANAGEMENT. POSSIBILI ALLEANZE O ANTAGONISMO ???

      Sono proprio i project manager che mettono il cuore nella gestione del processo progettuale che determinano il successo del progetto stesso.
      Non vedo alcun antagonismo tra cuore e attività di project management !!!
      Il project manager è quello che disegna l’IDEA de progetto, individua gli obbiettivi, determina i costi, cerca gli sponsor, inquadra i tempi di realizzazione, seleziona le risorse professionali necessarie al raggiungimento degli obiettivi, individua tutti i possibili portatori di interesse (quelli che remano a favore e contro il progetto), fa l’analisi dei punti forti e delle debolezze interne del progetto e analizza le minacce e le opportunità esterne, fa l’analisi dei rischi, costruisce i pacchetti di progetto intermedi da consegnare e chiarisce oggettivamente i punti principali di riferimento del progetto legati ad un cronoprogramma….fa un piano operativo
      ……ed è proprio per tutto questo popo’ di cose che deve fare che deve metterci cuore e mente… altrimenti il progetto se ne va a zoccole ! 🙂
      In piccolo molti padri e madri fanno i project manager della loro famiglia dentro le mura di casa.
      E’ mettendo il cuore nelle attività di progettazione (dalla nascita dell’idea alla realizzazione concreta) che il project management diventa un metodo di successo.
      A volte una terminologia tecnica spaventa, sembra lontana dalla gente comune, ma non è affatto così.
      Il project manager è un individuo che deve tenere conto di tutto e di tutti i soggetti che possono intervenire nel processo progettuale. Se è così bravo da considerare tutti gli individui che possono avere un influenza positiva e negativa nel progetto e li ascolta preventivamente e discute e concerta con loro, maggiori sono le possibilità di successo del progetto. Questa è una fase del progetto in cui il cuore e mente insieme giocano un ruolo determinante.
      In alcune tipologie di progetti e piani, il project manager si fa affincare da sociologi, da psicologi al fine di comprendere le dinamiche sociali che possono innescarsi dalla realizzazione di un progetto sul territorio.
      Un progetto sul territorio (come area vasta) ha inevitabilmente refluenze sociali ambientali ed economiche, il project manager di quel processo progettuale deve essere bravo a coniugare tutte le istanze. Nella cabina di regia il project manager lavora insieme ad altri professionisti e tutti insieme devono ridurre al minimo la possibile nascita di ogni sorta di criticità (si essa economica, sociale che ambientale).
      Come si fa a separare cuore dalla mente in questa attività di gestione del progetto così delicata ?
      Solo l’integrazione cuore-mente puo’ portare ad un risultato positivo alla fine del percorso progettuale.
      “Lavorare in gruppo per raggiungere gli obiettivi, il Project Management come strumento progettuale di integrazione e collaborazione” !

      Quello che mi affascina pensare è che in un progetto di riscatto sociale culturale economico e ambientale della nostra terra possiamo applicare il metodo del Project Management, un PM territoriale.
      E lavorarci in tanti come project manager (individui capaci, per natura o professione, di generare e gestire processi progettuali). Dicevo in un precedente intervento che ci sono tante risorse umane valide sul territorio.
      Ma dobbiamo stabilire in maniera chiara procedure etiche di lavoro, dobbiamo responsabilizzarci in maniera forte e durataura nel tempo. E periodicamente dobbiamo fare un autovalutazione di come stiamo procedendo nel percorso intrapreso. Avere indicatori chiari per il monitoraggio del percorso (sociali, ambientali, economici).
      E confronto costante !
      Solo con la definizione e condivisione di un quadro chiaro di regole da rispettare per tutti si puo’ fare un progetto e realizzarlo.
      Diversamente si chiacchera, ma non si avvia alcun processo progettuale di cambiamento !

    167. ““Questa [la Sicilia] è Africa! Altro che Italia! I beduini, a riscontro di questi cafoni, sono latte e miele!”.
      (gen. Cialdini in una lettera al Cavour)

      “Signor direttore,
      ciò che vorremmo vedere sparire dalla nostra città? L spazzatura, i rumori, le troppe mosche, i meridionali.
      Genova, G.B. Parodi, a nome di almeno 50 mila genovesi autentici.”
      (OGGI – 10 novembre 1960)

      “Ovunque mi sono presentato, dice Marco Catucci nativo di Bari, i padroni di casa, sentito che sono un meridionale, non mi hanno voluto concedere l’alloggio…”
      (IL LAVORO ITALIANO – R. Marcucci – 4 maggio 1963)

      Sono un siciliano di elezione. Ebbene, quante volte la Sicilia viene ricordata per la mafia dai giornali, e non per la sua grandezza, la sua storia, le sue bellezze, quasichè tutti i siciliani siano delinquenti nati”
      (Giornale di Sicilia – da “Opinione pubblica e Concilio” E. Ruffini Arcivescovo di Palermo – 4 dic. 1963)

      “Siamo costretti ad accordare ai siciliani la qualifica di italiani”(Indro Montanelli)

      “…La Sicilia è una fogna immane…”(G.franco Miglio)



      “Per combattere e distruggere la mafia, è necessario che il Governo Italiano cessi di essere il re della mafia.”
      (on. Napoleone Colajanni)

    168. Per Luca D., nessuno in questo blog credo sia a favore di una mentalità dell’adagiarsi. Se scriviamo qui è perché – credo – alla Nostra Terra ci teniamo. Se non nutrissimo neanche una minima speranza di cambiamento non lasceremmo neanche un commento, forse neanche leggeremmo i post, e Donato Didonna non li scriverebbe se non ci credesse neanche lui. Io non vedo posizioni inconcilianti tra tutti gli interventi. Solo non capisco il perché si debba generalizzare sempre quando si parla di Sicilia e di Siciliani. In questo non ci comportiamo diversamente da quelli che giustamente definiamo intolleranti. E ciò che è più paradossale e che noi ci comportiamo così contro noi stessi. Non so quanti altri popoli al mondo si autoflagellino come facciamo noi. Riflettiamo: siamo sempre stati un popolo tollerante verso tutti, tranne verso noi stessi. Io penso che un movimento di liberazione della Sicilia dai suoi mali (anche e soprattutto quelli di cui siamo direttamente responsabili) debba necessariamente passare da una fase identitaria: la storia ce lo insegna, gli altri popoli ce lo insegnano. In poche palore, credo si debba essere critici con noi stessi, ma evitando di addossarci tutte le colpe del mondo. Ci sono cose, purtroppo, che sono molto più grandi di noi, che sfuggono al nostro controllo e che nemmeno con le nostre migliori intenzioni riusciremo mai a cambiare. E ci sono molte altre cose per cui vale la pena di essere Siciliani (con la ‘S’ maiuscola). Cose per cui il mondo ci ama.
      ^
      Per enzo76, sei bravo, sei pieno di ottimismo. Scusami anche tu se inizialmente non ti ho compreso fino in fondo. Hai ragione: cuore e tecnica si possono sposare per il bene della collettività. Spero che quando metterai in pratica questi precetti teorici (se già non lo stai facendo adesso) non perdi mai di vista questa tensione ideale.
      ^
      Auguri a tutti i Siciliani di buona volontà.

    169. Abbiamo sinora studiato la storia come “storia delle identità”(e qui si è molto argomentato sulla nostra identità risorgimentale e unitaria e sui costi ad essa connessi).
      Credo sia necessario adesso cominciare a concepire la storia come “storia delle diversità”.
      La globalizzazione per una parte e l’immigrazione per l’altra hanno sparigliato e messo in crisi il nostro mondo e ciò mi auguro possa essere inteso come una opportunità: mettiamo in gioco le nostre intelligenze(leggendo qui ne intuisco tante e giovani), la nostra diversità-sicilianità, ma soprattutto le nostre coscienze proiettandoci nel futuro.
      – Un “popolo” non è un ente naturale dato ma un ente di coscienza. Per cui non vi sono criteri di definizione di “popolo” validi per tutti i gruppi esistenti come “popoli” nella realtà storica (in passato o nel presente). I “popoli” non hanno comuni segni di riconoscimento – ceppo biologico, territorio, lingua, religione, strutture statali, sistema di vita, tradizione e simili; cfr. il “popolo” svedese, il “popolo” tedesco, il “popolo” americano, il “popolo” indiano, il “popolo” greco (classico), il “popolo” arabo, il “popolo” ebraico. Ciascun popolo è definito da determinati elementi della sua realtà e della sua coscienza. Talvolta, da elementi suoi specifici, estranei alla definizione di un altro popolo. Per cui il rapporto funzionale tra “Stato” e “popolo” non è il medesimo presso tutte le nazioni. I termini “popolo normale” e “Stato normale” sono privi di senso; ogni popolo è la norma di sé stesso. E altrettanto dicasi del suo assetto statale.(Yeshayahu Leibowitz)-

    170. La Nostra Terra e’ l’Italia.
      Il nostro popolo e’ Italiano.
      Sara’ ancora Italiano anche quando gli
      Immigrati regolarizzati si saranno
      integrati alla nostra cultura,cosa che dovranno fare perche’ sono loro a venire in casa nostra e non viceversa.
      Sono concetti semplici e non saranno le lunghe elucubrazioni mentali a stravolgerne il significato.
      L’esempio degli U.S.A. ne da’ conferma.

    171. E’ mai possibile che tutti i Giornalisti si lascino controllare e vengano meno al loro ruolo di Sentinelle?
      E’ mai possibile che tutti i Magistrati
      rinuncino alla loro Autonomia?
      E’ mai possibile che Esponenti della Societa’ Civile,sacrificandosi
      e sottraendo tempo e risorse ai loro
      impegni,debbano scendere in campo per
      “rischiarare” fatti e situazioni
      che, in situazioni normali, dovrebbero essere solamente lasciati agli Addetti ai Lavori ?

    172. No, Supervisor, non tutti…

    173. Supervisor,
      Questo varrà per te. Io non mi sento italiano. Non sento che la mia terra sia l’Italia. La mia terra è quella che mi ha dato i natali, dove sono cresciuto, ho imparato a vivere, mi sono formato professionalmente e ho conosciuto tutte le cose belle e brutte della vita. La mia terra è la Sicilia.
      Non vedo l’Italia come la patria. Noi Siciliani abbiamo una cultura e una storia che – sì – ci uniscono all’Italia, ma – anche – ci distinguono dall’Italia sotto tantissimi aspetti.
      Poi ognuno è libero di sentirsi ciò che vuole, mi pare.

    174. quindi sarebbe ancora valido l’imperativo
      di Massimo D’Azeglio “l’Italia è fatta, ora bisogna fare gli italiani” ?

    175. si,pero’ bisogna fare presto a fare gli italiani,visto che c’e’ chi fa e chi vuole disfare.

    176. L’italiano e` un dialetto della lingua Siciliana!!!
      “Al giorno d’oggi, in tempi – che si spera possano durare a lungo – di ricostruzioni
      del passato culturale prive di qualsiasi pregiudizio
      o impulso di tipo romantico-nazionalista, il problema non si pone più”
      (Storia della Letteratura Italiana diretta da Enrico Malato, Salerno Editrice srl)

      Il problema delle origini della lingua e della letteratura italiana, nonché quello della classificazione del siciliano come lingua o come dialetto, sono avvolti in una specie di nube per districarsi dalla quale si ricorre di solito a teorie che sembrano prese pari pari dalla cosmologia speculativa più ardita.

      Secondo i luminari nostrani pare infatti che la lingua italiana (e la letteratura ad essa connessa) si sia formata a seguito dell’addensamento della nebulosa gassosa dei volgari regionali per merito della maestria toscana e grazie alla “piccola” spinta della scuola “siciliana”, con siciliana rigorosamente tra virgolette.

      Il ruolo di guida dato dai “siciliani”, innegabile e noto da sempre, è rimasto però indigesto a molti centri di potere culturale tosco-padano che non sono riusciti a trafugarlo come hanno fatto con l’oro millenario delle nostre banche, ma che continuano a tenerlo in ostaggio. I tentativi di sabotaggio anche in questo caso sono stati parecchi, ma in fondo piuttosto maldestri, tanto che potrebbero aver ottenuto l’effetto opposto.

      Dante Alighieri, nel De Vulgari Eloquentia, fu il primo a sostenere quella democratica ed improbabile teoria della koinè, secondo cui nell’italiano nessun volgare regionale prevarrebbe sugli altri. Egli comunque ammette che «in effetti questo volgare (il siciliano) sembra avocare a se una fama superiore agli altri, perchè tutto ciò che gli italiani fanno in poesia si può dire siciliano». A questo punto l’edizione dell’opera in mio possesso (Garzanti, 1991 con traduzione di Vittorio Coletti) inserisce una nota che recita così:

      Alluderà alla fama del siciliano come lingua poetica; ma sarà anche legato al fatto che Dante (come mostrano gli esempi che collega) leggeva i poeti siciliani in veste già toscanizzata.

      L’arrogante nota suggerisce che Dante teneva il siciliano in grande stima solo perchè non leggeva la versione originale delle poesie in questione, che se lo avesse fatto di certo non avrebbe potuto che deridere la rozzezza meridionale. Proprio su tale idea si basa uno dei tentativi più sudici di screditare la “Magna Curia”.

      D’altronde, che le versioni giunte sino a noi di quelle poesie siano scritte in una lingua diversa dall’originale è certo. Quella che sembrerebbe la prova inconfutabile, è la versione originale di un’opera di Stefano Protonotaro, Pir meu cori alligrari, rintracciata nella cinquecentesca “Arte del rimare” di Giovanni Maria Barbieri:

      La virtuti ch’ill’avi
      d’alcirim’ e guariri,
      a lingua dir nu l’ausu
      pir gran timanza c’aiu nu lli sdigni;
      pirò precu suavi
      piatà chi mov’a giri
      e faza in lei ripausu

      Guariri, sdigni, ripausu: non ci sono dubbi, questo è siciliano. Inoltre in tutte le poesie “toscanizzate” vi sono degli errori di rimatura che vengono risolti non appena al vocalismo toscano si sostituisca quello siciliano.

      A questo punto il problema dell’origine della letteratura e della lingua italiana si intreccia con quello della liceità o meno di classificare il siciliano come lingua o come dialetto.

      Una delle critiche più plausibili verso la rivalutazione del siciliano a lingua riguarda proprio la mancanza di una letteratura siciliana in siciliano, di una organica sistemazione dell’idioma: la scoperta (forse non enfatizzata abbastanza) del sonetto sopra riportato dimostra il contrario, e cioè che esiste una letteratura “alta” in siciliano non modellata su esempi di importazione, ma che anzi ha mostrato la strada ai toscani per quella che sarà poi la “koinè” e la forma poetica di cui parla Dante (il sonetto fu invenzione di Jacopo da Lentini): la scuola poetica siciliana segna il passaggio del siciliano da dialetto popolare a lingua vera e propria.

      Tutto ciò pone i rapporti tra italiano e siciliano sotto una luce totalmente diversa: non più nascita dell’italiano in Sicilia, ma nascita dell’italiano DAL siciliano, della letteratura italiana DALLA letteratura siciliana. A questo punto mi chiedo: come fa il siciliano (idioma rimasto pressoché immutato negli ultimi 800 anni) ad essere dialetto di una lingua che da esso deriva le sue forme espressive più pregnanti, la sua letteratura?

      Ma si sa, in Italia è possibile avere la botte piena e la moglie ubriaca, e così per la cultura ufficiale il siciliano rimane un dialetto e italiano e letteratura italiana sono nati in Toscana. Per ripetere una citazione di Sciascia che mi piace tanto, la Scuola Poetica Siciliana non sarebbe altro che “un sogno fatto in Sicilia”.

    177. Duosiciliano, qua confusione c’è. Né prufissuri ma mancu gnuranti, ti dicu la mia? E’ “lingua” l’idioma parlato dalla stragrande maggioranza degli abitanti di uno Stato, che è usato per redigere gli atti ufficiali. Se è nato l’uovo o la gallina mi sembra questione di lana caprina. Attorno all’anno mille né il dialetto toscano né il dialetto siciliano avevano di per sé sviluppato una scuola poetica. Le due scuole, una delle quali per circostanze che vedremo tra breve ebbe il sopravvento sull’altra, si svilupparono grazie ai contatti culturali con la scuola poetica franco-provenzale, a sua volta influenzata dalla scuola catalana del re Alfonso X el Sabio, a sua volta tributaria della poetica sufi arabo-andalusa. La scuola provenzale usava la lingua d’oc, poi sostituita dalla lingua d’öil quando il principe di Parigi sconfisse sia i Catari sia il conte di Foix col beneplacito del Papa e così unificò la Francia (ma non ci allarghiamo troppo). In Sicilia la cultura provenzale fu portata dai conquistatori normanni e si innestò sulla lingua neolatina diffusa nell’isola, un misto di arabo, greco e latino; la scuola poetica siciliana si sviluppò a corte ed il suo apice con Federico II: un condizione statuale troppo breve, un regno incapace di unificare l’intera penisola. In Toscana l’influsso provenzale si sviluppò grazie agli scambi commerciali tra le due aree geografiche e così quella cultura derivata, una cultura di sintesi, si diffuse su una vasta area e il toscano infine divenne lingua nel rinascimento. Stessa cosa non accadde in Sicilia: quando il regno passò agli Aragona, c’è da dire per scelta dei siciliani, lo sviluppo economico si arrestò e così la diffusione della lingua siciliana, che da quel punto in poi tornò ad essere dialetto.

    178. Ma lingua e` lingua. Se dice che il Siciliano e` lingua come poi dice che poi divento dialetto?? Questa e` una contradizione che dici!!!!
      “c’è da dire per scelta dei siciliani, lo sviluppo economico si arrestò e così la diffusione della lingua siciliana, che da quel punto in poi tornò ad essere dialetto.”
      Da 147 anni i Siciliani e il Siciliano subisce disprezzo da persone come te!!!!!!

    179. La storia, ah! Qui si discute sul come venire fuori dal pantano e invece stiamo a menarla col passato, a parte il vizio di attribuire gratuitamente a delle persone sconosciute emozioni e giudizi negativi che non stano né in cielo né in terra. E sia, ci torno e chi vuol capire capirà. Il siciliano, o meglio una sua variante particolarmente raffinata, era parlato a corte al tempo di Federico II ma non era la lingua ufficiale (vedi link) e nel frattempo ne è passata di acqua sotto i ponti! Il potere siciliano terminò con la morte dell’imperatore e la Sicilia divenne una lontana provincia del regno d’Aragona (che la spremette per benino) per consapevole scelta dei baroni siciliani che volevano sottrarsi al controllo di un potere centrale. Al declino economico e politico della Sicilia corrispose l’ascesa del potere economico e politico della Toscana e così la neonata lingua siciliana terminò di esistere come veicolo del potere legale e commerciale prima di giungere a maturità, a vantaggio del toscano parlato nell’area che da allora in poi e per i successivi trecento anni avrebbe avuto il maggiore sviluppo culturale ed economico di tutta la penisola. Marginalmente va detto che il siciliano è stato incluso tra le lingue regionali o minoritarie della UE e non c’è dubbio che lo sia, ma per l’appunto è minoritario. Se la storia fosse andata diversamente sarebbe maggioritario ma la storia non è fatta dai se.

      http://www.stupormundi.it/stile_cancelleria.htm

    180. La storia la scrive chi vince e quello siciliano è un popolo di vinti.
      Per questo non vale la pena perdere tempo a discutere di storia mentre sarebbe più utile occuparsi della tragica cronaca siciliana.

    181. Si impara dalla storia. Non dobbiamo fare gli stessi errori ma dobbiamo essere noi Siciliani i padroni del nostro destino. La guerra d’indipendenza Siciliana contro il nemico coloniale italico dal 1943-1946 ci ha portato lo Statuto Speciale per l’Autonomia della nazione Siciliana. Ora tocca a noi le nuove generazione ad insistere che sia applicato per intero e portare al popolo Siciliano il rispetto che si merita!!!!

    182. e…ti pareva…
      che non sarebbero arrivati anche qui
      questi che parlano di autonomia.
      Ogni volta che spingete sull’autonomia,con queste argomentazioni,
      perdete simpatizzanti
      e quelli che pure potrebbero farci un pensierino,si ritraggono sconcertati.
      Non e’ così che si puo’ portare avanti un eventuale” esercitazione” se puntare o meno su una qualche forma di autonomia.
      In quanto a lingue e dialetti,senza scomodare la storia
      (che comunque andrebbe visitata da chi sa leggere ed interpretare),
      fino a prova contraria
      i dialetti sono “idiomi regionali”
      e la Lingua e’ la forma di espressione che accomuna un popolo,cioe’ un insieme di regioni(almeno per quella che e’ la forma organizzativa scelta in Italia).
      Quindi siciliano,sardo,campano,barese,veneto,
      torinese,lombardo,fiorentino,bolognese,
      ligure,romano etc.
      “dialetti sono e dialetti restano” e l’ITALIANO e La Lingua
      scelta e parlata da un popolo dopo
      secoli di selezione.

    183. Ma per questo ancona non abbiamo l’autonomia vera in Sicilia. Persone come sup. che non fanno altro che mettere fango sulla Sicilia, il suo popolo e la sua LINGUA.
      Una persona che parla troppo ma studio poco. Leggi il seguente da Wikipedia:

      Il siciliano (nome nativo siculu o sicilianu) è una lingua parlata in Sicilia e nell’estremità meridionale dell’Italia (nel Salento e nella Calabria centro-meridionale), appartenente alla famiglia delle lingue romanze. Ethnologue e molti filologi descrivono il siciliano come «abbastanza distinto dall’italiano tipico tanto da poter essere considerato un idioma separato».

      Il siciliano è correntemente parlato da circa 5 milioni di persone in Sicilia, altrettante tra Puglia (nel Salento), Calabria (dove è madrelingua della popolazione centro-meridionale, tant’è che a volte viene indicata anche come lingua calabro-sicula) ed il resto d’Italia, oltre che da un numero imprecisato di persone emigrate o discendenti da emigrati delle aree geografiche dove il siciliano è madrelingua, in particolare quelle trasferitesi nel corso dei secoli passati negli USA (dove addirittura si è formato il Siculish), in Canada, in Australia, in Argentina, in Belgio, in Germania e nella Francia meridionale.

      La lingua siciliana si deve ritenere una Lingua Regionale o minoritaria ai sensi della “Carta Europea delle Lingue Regionali o minoritarie”, che all’Art. 1 afferma che per “lingue regionali o minoritarie si intendono le lingue … che non sono dialetti della lingua ufficiale dello stato”. La “Carta Europea delle Lingue Regionali o minoritarie” è stata approvata il il 25 giugno 1992 ed è entrata in vigore il 1 marzo 1998. L’Italia ha firmato tale Carta il 27 giugno 2000 ma non l’ha ancora ratificatahttp://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_siciliana

      http://scn.wikipedia.org/wiki/Lingua_siciliana

    184. Viva la lingua Siciliana. Per legge si dovrebbe insegnare in tutte le scuola Siciliane!!!!

    185. Non abbiamo una vera autonomia perché quando gli americani nel 1943 decisero di invadere la Sicilia pensarono bene di avvalersi della mafia per ottenere più facilmente il controllo del territorio e di conseguenza sistemarono nelle amministrazioni provvisorie gli amici degli amici di Broccolino, che spinsero addirittura per far diventare la Sicilia una stella della bandiera americana, poi nel 1947 la Repubblica italiana prese atto della situazione presente sul territorio dell’isola, autonomia formale in cambio di voti al governo centrale.

    186. Macchè lingua siciliana e autonomia. Dovrebbero cominciare a insegnare l’italiano nelle scuole.
      E la Regione dovrebbe diventare a statuto ordinario come tutte le altre. Così vediamo Cuffaro dove li trova i soldi per stabilizzare migliaia di precari a scopo elettorale e rimborsare migliaia di convenzioni sanitarie alle case di cura private.

    187. Dario
      regione Lombardia 2.500 dipendenti
      regione Sicilia 15.000 dipendenti + ARS
      Chissa’ come fa Formigoni a provvedere
      alle esigenze di una Regione superindustrializzata come la Lombardia, con una forza lavoro in un rapporto
      di 1 a 6 nel confronto con la Sicilia.
      Eppure a Milano negli ospedali non perdi 2 ore solo per pagare il ticket,
      (come succede a Palermo),e
      ti salvano la vita disponendo delle piu’avanzate ed organizzate strutture ospedaliere d’Italia.

    188. continuare con questi discorsi di autonomia e’ antistorico in tempi in cui si tende a rafforzare l’Unione Europea,
      in uno scenario economico ancora oggi dominato dalla potenza USA a cui si affacciano autorevolmente Cinesi,Giapponesi e perfino gli Indiani.
      Qui c’e’ gente che progetta la nostra
      rovina,
      come una moglie”senz’arti ne parti”
      progetta un divorzio,per poi ritrovarsi
      letteralmente in mezzo a una strada.

    189. maxim,
      pienamente d’accordo con te.

    190. FINALMENTE I VERI SICILIANI si sono risvegliati da 147 anni di sonno profondo. Il sangue del Vespro di 750 anni fa`incomincia a scorrere di nuovo. Questa volta gli nemici non sono i francesi angioini e il papa, ma gli italici del nord, i pseudo-italiani che hanno perso le loro radici e lingue storiche, il governo coloniale italiano, i partiti nazionali italiani, l’opinione pubblica italiana col cervello lavato al stile stalinista, i pseudo-siciliani colonizzati, il sistema scolastico conformista perpuatori delle menzogne anti-storiche, la stampa asservita al potere politico italico. Il nostro momento storico per la nostra riscossa come popolo Siciliano e`arrivato il 4 luglio 2007 quando il popolo Siciliano ha finalmente smaschierato l’anti-eroe ed assassino garibaldi al parlamento italiano. Lo stesso giorno dell’anti eroe garibaldi e della revoluzione Americana. Noi faremo come hanno fatto gli Americani di 231 anni fa`, rovesciando il potere coloniale che le teneva schiavi. VIVA La Sicilia Libera, VIVA il popolo Siciliano, VIVA la Nazione Siciliana, VIVA LA LINGUA SICILIANA. Avanti col nuovo Vespro Siciliano

    191. L’ultimo post di questa interessante pagina risale a novembre… non credo che ci stiamo addormentando di nuovo o c’e’ stato qualche problema? fatemelo sapere…
      Buon Natale a tutti ( Bel blog… davvero )

    192. La mia opinione e che la Sicilia si dovrebbe staccare dall’Italia,perché la Sicilia non crescerà mai allivello industriale e turistico visto la nomina che abbiamo,qui l’unica cosa da fare e annettesi All’America e diventare il 55 stato dell’America dove ce la pena di morte e dove ci sarebbe giustizia per tutti i cittadini siciliani.La Sicilia e sempre attaccata dai media e dai tour operator ecco perché in Sicilia il Turismo non e cosi florido e nessuno viene per paura, e ora di dire basta a tutto questo,i siciliani vogliono lavorare nella loro terra e avere una vita felice senza Mafia.Quindi se restiamo ancora con l’Italia finiremo nel M….. Ora ti voglio nel 2009 quando scenderanno i lavoratori perché anno perso il lavoro voglio vedere cosa farà Berlusconi,o il Governatore Raffaele lombardo mela voglio proprio vedere tutta, e quale scusa troveranno……. Quindi per me la Sicilia deve staccarsi visto che siamo sempre umiliati dai Media della TV che fanno sempre paragoni con la Sicilia. ORA BASTA NE ABBIANO LE PAL…. PIENE.

    193. Salve a tutti sono Alessandro 37 anni Palermitano.Mi chiedo da parecchio tempo(e non soltanto io) ma questi lavori di”Restyling”del Polo Stazione Notarbartolo e passante ferroviario, in che modo stiano proseguendo…Chi parla che il passante ferroviario sara’ aperto entro il 2015, chi dice che verra’ costruita una Torre a piu piani li alla Stazione ecc…Voci di corridoio ma nessuna certezza.
      Invece quello che piu mi domando è sapere (a parte il Mc Donald che si sa’..) quali altri marchi o importanti negozi apriranno all’interno della Stazione Notarbartolo? e poi: Le domande di assunzione si inoltrano gia’ da adesso? oppure gia’ come spesso accade ..quando tutto sara’ pronto gia’ ci sara’ il personale?senza capire chi,come e con quale criteri è stato assunto? Se qualcuno sa’ qualcosa ad es: a chi inoltrare le domande,il nome delle Aziende, i curriculum ecc.. per piacere lo faccia sapere…Non si capisce perchè quando aprono negozi o Centri Commerciali nuovi cè gia’ il personale! dove si inoltrano le domande di assunzione?(almeno..tanto x sapere…tanto per provarci…con l’illusione almeno di tenersi una speranza dentro..) La Sicilia è gia’ penalizzata con il licenziamento degli Operai Fiat di Termini Imerese…con la chiusura di Aziende e Marchi noti di antichi negozi causa crisi economica…Ma..in tutto questo ho ci rendiamo autonomi come la Lombardia, oppure quantomeno cerchiamo di essere solidali tra noi Siciliani…Se non ci aiutiamo tra noi con le informazioni,non ci aiuta nessuno! Al Nord se nè fregano di noi! ci usano soltanto visto che non ci sono Poli industriali…poi magari se qualcuno cè fanno di tutto per lasciare la Sicilia a secco!
      Grazie anticipatamente a chi sapra’ fornire informazioni

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