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martedì 24 dic
  • Mobilità sociale

    Se il presidente della regione avesse studiato 3 anni in Svezia, prima di svolgere la sua funzione politica, sarebbe cambiato il suo modo di vedere e risolvere i problemi della sua regione? Se il sindaco di Palermo avesse vissuto molti anni in altre capitali europee, la città oggi sarebbe la stessa? La mobilità produce tanti effetti diretti e collaterali. Spesso si parla solamente dell’effetto diretto legato alla persona. La mobilità intesa come esperienza di studio o di vita all’estero. L’effetto visto è il miglioramento della condizione individuale (cu niesce arriniesce), a da questo punto di vista un concetto molto più ampio e cooperativo implode nella sua versione personale dell’emigrazione. Infatti l’emigrato è solo. È solo quando parte, pianto o meno dalle persone che rimangono, e si sente solo nel paese ospitante. Ma è davvere così triste partire anche per un breve periodo (di 1 anno)? In una regione parassittaria la risposta sembra di sì. In un paese civile invece la mobilità non è una piaga da debellare. Ci sono possibilità di partire e di tornare, ci sono scambi culturali e professionali. C’è un arricchimento della persona ma soprattutto della società.
    Penso alle vicende giudiziarie della Calabria e della Basilicata, che poco si differenziano dalla condizione nostrane. Alcuni imprenditori, molti politici e pochi giudici hanno potuto delinquere perché facenti parte della stessa “famiglia”. Previti racconta Palermo come una città in cui un gruppo di amici che da bambini giocano a pallone insieme e poi si ritrovano da grandi (amici) chi avvocato e chi mafioso. Anche la mancanza assoluta di mobilità crea queste situazioni. I giovani (cervelli?) che partono e sono partiti dalla sicilia non sono considerati un patrimonio da far tornare, sono solamente emigrati. Chi se ne va è dimenticato, chi rimane (ignorante o meno) avrà un concorrente in meno nel suo percorso professionale. Non so se davvero si possa cambiare la politica e la società siciliana (o italiana) semplicemente introducendo una politica di mobilità sociale.
    Forse alla prima domanda la risposta sarebbe desolante. La Sicilia sarebbe identica e la Svezia un po’ peggiore.

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  • 8 commenti a “Mobilità sociale”

    1. analisi molto suggestiva, ma che non considera la storia. secondo me il cambianto in sicilia può avvenire ma sicuramente avrà i suoi tempi.E’ noto a tutti che in sicilia le cose arrivano sempre dopo, ce lo insegna ad esempio la storia dell’arte. educare pochi a modelli di “società più evolute” forse potrebbe essere un inizio, ma è molto riduttivo. questi pochi rientrati nella natia terra troverebbero quello che hanno lasciato, che difficilmente si farebbe cambiare.
      l’unica soluzione sarebbe un esodo di massa, ma la cosa penso che sia improponibile. la mia ricetta si chiama:non indifferenza. E’ l’indifferenza che ci uccide, che non ci fa ascoltare gli altri, che ci fa fare i fatti nostri, che non ci fa apprezzare le persone a noi vicine. non è necessario avare una laurea per accettare gli altri.

    2. Veramente la storia ci insegna che in Sicilia le cose avvengono sempre prima: lo stato nazionale, la lingua italiana, il multicultiralismo, i musei, le leggi di protezione dell’ambiente, le rivoluzioni ottocentesche.

      Il problema é che credete troppo ai sussidiari.

      Condivido in pieno l’analisi fatta della Sicilia moderna riguardo al modo in cui oggi sono visti gli emigranti.

      Il cambiamento potrá arrivare solo se saranno i Siciliani a lottare. E le energie ci sono. Smettiamola di piangerci addosso come ci hanno insegnato gli ascari che siedono al parlamento siciliano.

    3. Ad opporsi alla mobilità sociale in Sicilia, intesa da Antonio Stocco, mi pare vi siano moltissima fattori anche di natura culturale. Il primo è economico. Prevedere di spostarsi comprende anche la forza economica nel farlo e nel sostentarsi fino a che, casomai si voglia, si possa trovare un sostentamento alternativo in loco. Molte persone che lo fanno o sono di classe alta, economico-sociale, e dunque non hanno di questi problemi, o sono invece del fronte opposto e dunque sono abituati a lavorare per vivere anche con impieghi non qualificanti. Ma la maggior parte della classe media palermitana vede come un’onta l’ipotesi che i figli vadano a fare, tanto per dire, i lavapiatti altrove per imparare una lingua o per mantenersi agli studi. Per altro i figli non ne hanno la ben che minima voglia, avvoltolati come sono nelle calde e morbide premure mammesche per tutta la vita. Ma questa è un’altra storia….potrei continuare…ma mi pare che il discorso sia chiaro. Sarà sempre una minoranza a percorrere la strada di Antonio. Che ciò produrrebbe in prospettiva un beneficio per questa isolaccia disgraziata è indubbio. Confrontarsi con realtà diverse allarga la mente e consente prospettive più ampie e chiarezza di pensiero…

    4. Ciao Antonio,
      sai chi sono? Pietro, il collega di Gianfranco per i primi 2 anni di ingegneria… ti ricordi di me, no? non sai che piacere tornare ad avere tue notizie… tra l’altro il tuo post mi riguarda molto da vicino visto che da un anno vivo e lavoro a Madrid.
      Le ragioni che mi hanno spinto ad emigrare non sono soltanto professionali, ma l’aspetto “lavoro” ha avuto una grande influenza sulle mie scelte. In cuor mio, però, coltivo la speranza di tornare un giorno in Sicilia, magari trovarla migliorata e comunque poter avere la possibilità di contribuire, con il bagaglio culturale e professionale che (spero) avrò accumulato nel tempo, a cambiare certe cose, traendo spunto da ciò che di buono sto vedendo da queste parti.
      Fondamentale, però, sarà la disponibilità (da parte di chi nel frattempo è rimasto) ad accogliere le proposte di chi è stato a contatto con realtà diverse. O almeno la disponibilità a discuterle. Questa è, a mio avviso, la parte più preoccupante, visto che il siciliano spesso è afflitto da un’atavica paura del nuovo o comunque si rifiuta di adottare, o almeno contemplare tra le possibili opzioni, certe visioni di ampio respiro. Senza considerare poi le comprensibili remore dei potenziali imprenditori locali causate dalle tendenze malavitose di una piccola ma forte “fauna” indigena…
      In ogni caso la mia email è pietropis@tin.it, se ti va scrivimi così ci raccontiamo un po’ come sono evolute le nostre vite negli ultimi anni. A me farebbe piacere.
      un abbraccio,
      Pietro

    5. Poche idee malamente espresse. Per inciso, per “Mobilità Sociale” si intende un altro concetto. Scusa la brutalità ma di ‘cose buttate lì’ nel web ce ne sono fin troppe, serve studio, approfondimento e, perchè no, anche saper scrivere.

    6. e mica tutti i torti selinon… difatti scrissi: “Ad opporsi alla mobilità sociale in Sicilia, intesa da Antonio Stocco, …..”.
      era necessario specificare..

    7. Ciao Rosalio, condivito tutto. Presto aggiungero’ sul mio blog informazioni sugli emigrati, anche Siciliani.
      Perche’ la Sicilia si spopolo’ quando era considerata il granaio d’Europa? Perche’ coi’ tanti emigrati Siciliani condussero una vita onesta e prospera nel Nord Italia ed all’estero?

    8. Per chi sapesse l’Inglese, consiglio di ascoltare questa canzone: http://www.last.fm/music/Nitin+Sawhney/_/Immigrant
      le parole si riferiscono alla solitudine, ma anche al rischio e all’emozione di emigrare e scoprire una vita nuova. Una vita migliore.
      Buon ascolto!

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