Fare l’amore a Palermo
Non c’è ragione plausibile che giustifichi il silenzio. Eppure si è taciuto, non se n’è mai parlato, lasciando l’argomento vergine! In realtà, il parlarne rappresenta una breve sosta priva di necessità apparente. Ma poi tra immondizia, degrado, disoccupazione, politica, scandali, io ho voglia di fermarmi un po’ e di fare l’amore in città.
Possiamo metterci tutti insieme, magari a due a due sarebbe meglio lasciando l’ammucchiata a tempi più maturi, a narrare del sesso in quel di Palermo e a ricordare com’è l’orgasmo che si raggiunge in città.
Zittiamo sul nascere il lettore pronto a commentare: “Scusa? E tu che ne sai?”.
Lo so. Fidati. Lo so.
Ho quella che la dottrina giuridica definisce legittimazione attiva, cioè traslando, non solo ho le carte in regola per poter scrivere sull’argomento essendo pienamente legittimata, ma quando l’ho fatto, ho partecipato attivamente. In caso di contestazione, chiede si ammetta prova per teste sulle circostanze di cui sopra, precedute dall’inciso “vero che”.
L’aereo era arrivato a Palermo verso sera, quando ad illuminare la città c’era già la luce dei lampioni. Lui aveva sorriso facendo capolino da dietro una colonna, aveva fatto un po’ il cretino.
Ciao angioletto.
Arrivata.
Non vedevo l’ora.
Mi mancavi.
Quanto?
Tanto.
Hai fame?
Più o meno.
Vieni, andiamo via di qui.
Un fiume di frasi spezzate, il cui suono veniva man mano attutito, fino a scomparire, perché ad aver voce erano gli sguardi. Seduta nella macchina che mi portava a Palermo, guardavo ogni cosa, fissavo i dettagli perché non potessero più sfuggirmi. Non avevo bisogno di chiedermi cosa avremmo fatto, non volevo domande impegnative, non volevo progettare nulla. Il destino, si sa, dà e poi toglie, e poi dà di nuovo. E a quel punto avrei trovato l’amore altrove, e qui avrei cercato solo i ricordi di un lui entrato, dirompente, nella mia vita, che era lì a sfiorarmi la pelle. Volevo semplicemente quello che voleva lui. E questo bastava.
Mi piaceva l’idea di non stare in albergo, ma in una casa vera, dove ogni oggetto aveva un suo senso, dove era più probabile trovare una bottiglia di buon vino e dei pistacchi sparsi in giro.
Lui aveva un’espressione allegra e maliziosa. Aveva continuato a dire cose sciocche perché scoppiassi a ridere. I suoi occhi mi sbirciavano. Mi avevano seguito mentre salivo i gradini che portavano alla stanza da letto. Le sue mani mi spogliavano. Lo avevano fatto lentamente, mentre le mie spogliavano lui. Poi mi aveva sollevata da terra e mi aveva portato a letto.
Lenzuola bianche stropicciate, coi ricami di un tempo passato.
Eravamo fuori, in giro per la città, mano nella mano, a continuare a fare l’amore nel solo modo che potesse essere pubblico.
Chissà quanto amore ha visto Palermo, chissà quanti legami consapevoli o inconsapevoli l’hanno stretta, chissà quante volte ha goduto nelle notti, chissà quante volte è stata vera a letto, chissà quante volte ha ingannato gli amanti. Storie di incontri e di separazioni, storie di viaggiatori rapiti, storie di gente che vive in questa città, a tratti malinconica e polverosa, ma affascinante e magica, terribilmente sensuale, e inguaribilmente poetica.
AdB
Mio zio Nino faceva il ragioniere.
Per carità ancora lo farebbe se non fosse stato per quel brutto colpo in testa due anni fa.
Il dottore dice che ormai i numeri lo zio Nino non li capisce più.
Quello che mio zio Nino invece ancora capisce sono le femmine.
Quando conosco una femmina nuova, lui è consulente.
Quando con la suddetta femmina va a cachì, lui è consolante.
Ogni volta che racconto qualcosa a zio Nino, lui segue ogni mia parola con attenzione.
Io parlo e lui, muovendo le labbra, si ripete in testa ogni cosa che dico.
Io a volte penso che lui non mi capisca, ma ogni volta, alla fine del discorso, lui mi dimostra che ne capisce cchiu assai ri mia.
Zio Nino ha cinquantasette anni.
Quando ero piccolo e lo guardavo mentre lavorava, lui a volte metteva da parte moduli e conti ed, indicandomi il mento, iniziava con:
Varvaruttieddu
Vuccuzza d’aneddu
Naso nasiddu
Occhi a pirtusiddu
Fronte balata
Beccati sta timpulata.
Durante la filastrocca la mano dello zio Nino passeggiava sulla mia faccia come uno di quei ragni con le zampe lunghe lunghe.
Quando finiva la cantilena, la timpulata di mio zio Nino era sempre una carezza.
“Carezze devi dare alle femmine” mi ha detto una volta, “carezze e poesie”.
Ed io, che in questo momento vorrei accarezzarti, ti scrivo una poesia:
Il mio amore p’a me’ zita
assumigghia ad un luci.
’Ncapu ‘na pentola di crita
vugghie l’ingredienti cchiu duci.
Ogni tanto si ci suscia
accussì iddu sbampa
ma a pietanza ‘un s’abbruscia
è cchiu bona anche se abbampa.
Ogni ora è appropriata
Per calare ‘sta pignata.
Non l’astuto manco per poco
ché ammia mi piace, ‘stu ioco ‘i foco.
MC
che goduria!
Bravi!!!
Bravissimi!!!
Fossi per me vi farei vincere il goldone d’argento.
Mi avete piaciuti tutte e due.
Mi piacerebbe fare l’amore ai quattrocanti, e per come sono fatta lo farei anche, la verità è che trovare un Uomo ai giorni d’oggi capace di farti perdere la testa è impossibile, una specie in estinzione.. speriamo ci pensi il WWF a salvaguardare i pochi sopravvissuti..
Già…quanto Amore ha visto Palermo…perchè lei (la città intendo) lo ha visto e lui (proprio lui intendo) poi lo ha rinnegato. Ma Lei lo ha visto!
Bravi, davvero tanto!
Io “vengo” a Palermo a fare l’amore ai quattrocanti, anche in quattro.
Margot scommetto che la tua idea piacerebbe anche all’Assessorato al Turismo… sai quanti giapponesi a fare fotografie ai Quattro Canti?
Totò sono onorato per il premio ma 800 KM di distanza sono già un efficacissimo metodo contraccettivo.
ma che tenerumi… che bellesssszzz
A be’ se è così allora voterò per voi al premio check-in d’oro
Uaaah… Ho strabuzzato gli occhi quando ho letto il titolo del post che, ovviamente, mi sono fiondata a leggere…Eh ssì… Perchè fare l’amore a Palermo evoca…come dire? Ricordi devastanti?…
Purtroppo credo che ormai ci sia una incapacità generalizzata a fare l’amore, in qualsiasi città! Esiste solo il sesso fine a sè stesso… esistono uomini che riescono a dirti >…
Sembrerò banale e retorica, ma credo non ci sia più nemmeno il gusto della “storia”, che non deve essere per forza d’amore folle, ma che abbia almeno quel minimo di decenza e non cada nello squallore che ormai dilaga in questa nostra società dell’apparire!!
ciao ciao 😉
Ops… MANCA UN PEZZO – *esitono uomini che riescono a dirti : voi trentenni rimanete tagliate fuori perchè volete esser cercate e invece le ventenni, non solo hanno la pelle più liscia, ma anche la mente più aperta…
Ops, vediamo come posso rassicurare Marcella. Allora … c’è il fiore e l’ape … insomma quella storia che poi se si va troppo avanti finisce in un orto in mezzo ai cavoli … che fa tanta poesia perchè è pur sempre una descrizione bucolica … dicevo … uno è l’ape e uno il fiore … le donne fanno il fiore, gli uomini fanno le api, se non altro per la presenza del pungiglione che visivamente rende l’idea.
Allora … è possibile che un’ape guardi un fiore che … l’hanno piantato prima … voglio dire che … insomma … chiaro, no? Tirati su che non mi pare il caso di compiangere la categoria delle trentenni.
Mica compiangevo, ho riferito solo una cosa che ho sentito dire ad un 34enne… e l’ho trovato squallido, tutto qui…
Dovrebbe essere vero che l’ape poi, quando punge, perde il pungiglione che rimane lì, dove ha punto.
E poi vunciano tutte cose.
Dovrebbe essere vero ma non è vero perché stu pungiglione si appresenta di nuovo e vuncia di nuovo. La metafora dell’ape è una fissaria.
Sig. Caruso, se mi attrova una canzone in tema ci do il disco di platino.
Suvvia che le trentenni hanno quel certo non so che
, che le rende bellissime…
Totò ma è ovvio no?
Colonna sonora: Vespa special (Lunapop)
Machì, ma quale disco di platino! Il grammy ci do, anzi, L’ettogrammy
threesome @ 4kanti,, producer: rokko siffredi
Riproduzione delle api. La regina vergine, in una giornata calda e soleggiata vola fuori dell’alveare per accoppiarsi con 12-15 fuchi (in modo tale che l’epiteto vergine resti un lontano ma lontano ma lontano ma lontano ricordo), compiendo il volo nuziale. Se non è in grado di volare a causa del maltempo, non viene fecondata, si diverte poco e diventa una regina fucaiola, cioè depone uova da cui possono nascere solo fuchi (maschi). La presenza di una regina fucaiola in genere rappresenta la fine di una famiglia, cosa di una tristezza ma di una tristezza che più tristezza non si può. È per questo che, per ovvi motivi climatici, anche le api vanno in vacanza a Palermo.
[…] fonte: Rosalio […]
c’è voluto tempo per vederlo pubblicato, ma…ne è valsa la pena 🙂
… diciamo che abbiamo indugiato sui preliminari 😀
Ne ho lette di cretinate, ma questa….Purtroppo anche un buon blog come Rosalio ha avuto una caduta di stile. Avete anche filmato il tutto come i vip della peggiore specie (ammesso che ci sia anche la migliore specie, dubito e molto)? Tutto è vanità, solo vanità…
Anonimo di che cosa parli?
PROSSIMAMENTE su youtube!
ma è già la seconda volta che leggo commenti in inglese che penso non centrino nulla…qualcuno sa di cosa si tratta?
Colorina è spam. Ti invito a rimanere in tema. Grazie.