Ecco come (4): turismo di qualità
“Potremmo vivere di turismo” è il luogo comune dei siciliani che non hanno la più lontana idea di come viene vista la Sicilia dall’esterno. Mi capita abbastanza frequentemente di fare da guida ad amici di altre regioni o stranieri che vengono a visitare la Sicilia o anche, più semplicemente, di predisporre per loro degli itinerari redatti in base al tempo che intendono trascorrere nell’isola, alla stagione e ai diversi gusti e interessi. Mi ha sempre colpito registrare, alla loro partenza, reazioni opposte. Quelli che assisto personalmente (prelevandoli all’aeroporto, conducendoli in auto per strade meno trafficate, portandoli in giro per monumenti seguendo percorsi particolari e scegliendo oculatamente tempi, luoghi, tragitti, ristoranti degni della licenza, ecc.) al momento della partenza, con un tantino di sincera invidia, mi dicono: “vivi in un paradiso!”. Quelli invece che si avventurano per proprio conto, prima di ripartire, mi chiedono sconcertati una sola cosa: “ma come fai a vivere in quest’inferno?”. Il problema/opportunità del turismo in Sicilia è tutto qui. La Sicilia, salvo che per qualche yacht in transito o per alcune dimore per vip nelle isole minori, non rientra tra le prime dieci destinazioni in Italia del turismo di fascia alta, nonostante le sue innegabili potenzialità. Come in un circolo vizioso, sappiamo attrarre (salvo poi lamentarcene) solo turismo “mordi e fuggi” oppure tentiamo una competizione, persa in partenza per via dei prezzi, con mete turistiche “low cost” (Tunisia, Croazia,…). Il nostro mercato potenziale va riorientato verso la fascia medio-alta, con un’adeguamento delle idee strategiche, delle strutture ricettive, dei contenuti dell’offerta e della professionalità degli operatori. Il c.d. “turismo relazionale” potrebbe da subito trasformare in un’opportunità imprenditoriale ed occupazionale la situazione in cui attualmente versa l’offerta turistica di qualità, colmando, in termini di servizio, molte delle lacune socio-ambientali.
Rivolgere l’offerta di ricettività dell’Isola “al viaggiatore e non al turista” da slogan dovrebbe allora diventare una strategia coerentemente perseguita. Da qualche anno va raccogliendo consensi, fra chi si occupa di economia della cultura (una branca che ha molte intersezioni con l’economia del turismo), la politica turistica rivolta al “viaggiatore”. Il viaggiatore è colui che vuole scoprire, vuole immergersi in una cultura, in un determinato modo di vivere, perchè animato non tanto da desiderio di novità, quanto da desiderio di armonia. Per questo motivo le regioni che attraggono il viaggiatore (e non il turista) sono quelle in cui non si vive in funzione del forestiero che ivi giunge, bensì quelle in cui si accoglie il forestiero come un ospite, continuando tuttavia a vivere la propria quotidianità. Il viaggiatore non cerca la località che vive di turismo, bensì la località dove semplicemente “si vive bene”. Il viaggiatore non visita Venezia in estate, ma in inverno; non si reca a Capri in agosto, bensì in maggio. Casi come l’Alto Adige, la Toscana, la valle della Loira, la Provenza, sono sintomatici di regioni ad elevata capacità di attrazione la cui economia tuttavia è florida anche senza il turismo. Il turista (viaggiatore) è una ricchezza in più, ma per lui non si costruiscono grandi autostrade, villaggi immensi, non si sconvolgono le abitudini, i ritmi di vita, non si trasformano le radici culturali in folklore patetico. Se il viaggiatore in quelle regioni trova strade ben tenute, aeroporti efficienti, servizi funzionanti, ordine, pulizia, rispetto autentici, è semplicemente perchè le persone che abitano quei luoghi vogliono vivere bene, hanno bisogno essi stessi di strade ben tenute, aeroporti, linee di trasporto, servizi efficienti: ma per loro stessi, non solo per il forestiero. Ecco la differenza! Un luogo in cui si vive bene è anche un luogo che attira i c.d. “cervelli”: chi, potendo liberamente scegliere, non vivrebbe in regioni come la Toscana o la Provenza o l’Alto Adige? Oppure in metropoli come New York, Parigi, Londra: città assolutamente non piegate alla logica del turista, eppure mete di innumerevoli turisti così come di viaggiatori che in esse trovano una vivacità culturale e un livello di vita stimolante. Regioni e città, quindi, che attraggono non solo viaggiatori, ma anche cervelli. Pisa è un distretto industriale dell’high tech di rilevanza mondiale, la Provenza accoglie le migliori imprese del settore aeronautico francese, l’Alto Adige conta alcuni fra i marchi più famosi dell’industria italiana.
Paradossalmente, mentre la classe politica isolana si affanna in visioni di sviluppo turistico degne di Cetto La Qualunque, il rimedio per inserire una città come Palermo nel circuito che le toccherebbe, consisterebbe innanzitutto nel puntare seriamente sulla vivibilità della città, sulla sua qualità di vita (aria, traffico, servizi e trasporti pubblici), mentre, per località turistiche come, ad esempio, San Vito lo Capo, l’economia del turismo ha da tempo elaborato un modello che ne descrive l’evoluzione nel tempo. Sulla falsariga del modello del “ciclo di vita del prodotto”, si identifica una fase di “lancio” della località, una di “crescita”, una di “consolidamento” e una di “declino”.
A parte le località il cui sviluppo è artificialmente pianificato (come la Costa Smeralda), la maggior parte dei luoghi turistici in Italia vede il “lancio” come una scoperta che alcuni turisti-viaggiatori compiono riguardo ad un luogo fuori dai soliti itinerari. Una volta divenuta di dominio pubblico (le riviste di viaggio dedicano attenzione), la località si sviluppa: aprono esercizi ricettivi (alberghi, locande, ristoranti) e si migliorano le comunicazioni. E’ questa la fase in cui si interviene sul territorio, in misura più o meno pesante a seconda della lungimiranza degli amministratori pubblici (più sono lungimiranti, meno invasivi sono gli interventi sul territorio). Si crea occupazione e la località diventa rinomata. Segue una fase di consolidamento, in cui di fatto si assiste ad una razionalizzazione dell’offerta turistica, segmentando la clientela con un’offerta specifica per ciascun segmento (natura, sport, cultura, benessere, congressi, etc.). Questa fase sarebbe auspicabile rappresentasse il termine dello sviluppo, cristallizzando una situazione di prosperità. A volte accade: St. Moritz è un esempio, così come lo sono l’Alta Badia, Capalbio, Sperlonga. Purtroppo, troppo spesso a questa fase segue invece il declino, segnato sempre dalla speculazione edilizia per la vendita di case di villeggiatura (le “seconde case”, vero dramma del settore turistico e del paesaggio!). La fama della località porta i valori fondiari a crescere smisuratamente originando spinte speculative che, da una parte, consumano irrimediabilmente il territorio mentre, dall’altra, premono per accrescere l’afflusso di turisti così da potere aumentare le possibilità di investimento speculativo: più turisti giungono, maggiore è la domanda di costruzioni. È un circolo vizioso di cui fa le spese la località stessa: il turismo ricco (quello che può spendere, quello che arriva per primo) la abbandona perchè divenuta caotica e commerciale. Rimane il turismo che non lascia ricchezza sul territorio, che non spende nei locali e nei ristoranti, che non dorme negli alberghi, che neppure fa la spesa sul luogo, ma la porta direttamente dalla città. È la morte della località, della sua capacità di generare valore economico per la comunità che vi abita. Il valore economico è stato espropriato da chi ha speculato sui valori immobiliari e a chi vi abita non rimangono che le briciole. Con in più la difficoltà di riconvertire un territorio irrimediabilmente sfregiato da costruzioni: come si possono abbattere se sono state regolarmente autorizzate o, peggio, condonate? Non è un caso che in Svizzera agli stranieri sia interdetto l’acquisto di abitazioni. E neppure è un caso che la Giunta regionale sarda abbia votato il divieto di nuova edificazione entro i due chilometri dalla costa: due modi per evitare il sopraggiungere della fase di declino delle località turistiche. Talvolta occorrerebbe davvero usare la dinamite per restituire ai luoghi non solo la loro bellezza originale, ma anche il loro futuro.
Penso che alcune iniziative, totalmente private, offrano al turismo di qualità in Sicilia un servizio più concreto ed efficiente di quelle intermediate dal locale ceto politico, pur con abbondante impiego di denaro pubblico. Altri spunti attinenti al tema del turismo sono già stati espressi parlando di territorio mentre altri verranno, a seguire, parlando dei beni culturali.
Mi dispiace ammetterlo ma come regione siamo anni luce indietro in tema di civiltà rispetto al resto d’Europa. Quest’estate nessuno ha mosso un dito contro le tendopoli ad Aspra, all’Arenella ed in tanti altri posti in Sicilia. Spazzatura nelle strade, spazzatura in spiaggia. Quando vuoi attirare un turista, mordi o fuggi che sia, devi rendergli l’esperienza desiderabile, non conveniente, stimolante, non nauseante. E’ vero, potremmo investire molto sul turismo, decisamente credo che sia l’unica via per far compiere alla Sicilia un salto di qualità, e ti do ragione quando dici che non è soltanto una questione di ricezione alberghiera. Ci vuole una politica centrata su una strategia di sviluppo collettivo che passa dalla gestione migliore delle acque e degli acquedotti, dallo sviluppo e mantenimento del territorio e della natura, dalla crescita culturale della società civile e dalle lotte alle mafie. Fin quando tornando a casa da Milano continuerò a vedere cumuli di rifiuti nelle strade (materassi, lavatrici, sanitari ecc) continuerò a preferire la triste Liguria. E purtroppo come me tanti altri.
Ammiro la competenza davvero eccellente dell’analista economico Donato cui va il mio plauso convinto.
Mi occupo, nel mio piccolo, di turismo da oltre venticinque anni e quoto anche le virgole di quello che ha scritto Donato.
Un paio di considerazioni veloci.
Le ferite quasi mortali inferte da taluni su territori come Punta Raisi, Alcamo marina, San Leone, Capo San Marco, Sciacca Stazzone e potrei continuare fino a domani,sono ferite serie da cui difficilmente se ne esce.Anni e anni e ancora anni di abusivismo, di chiusure di un occhio, spesso di due, hanno prodotto un risultato così modesto e deprimente che solo spianando e ricostruendo con ben altri criteri si potrebbe rimediare a sfregi così grossi.Un esempio.
Nel 1980, appena arrivato nell’isola di Sardegna, dove vivo, recatomi in Costa (quì smeralda non si dice mai, la Costa è la Costa è basta), dicevo cercavo di capire dove fossero le ville, il paesello, il porto.
Ebbi percezione dove fosse il porticciolo, era Porto Cervo, ma per definire tutto il contesto attorno impiegai un paio di giorni talmente il tutto era inserito in maniera magistrale con il territorio.Hotel cinquestelle lusso camuffati da ville patrizie, ville camuffate da piccoli hotel…di villini, neanche un’ ombra, eppure i varchi e gli accessi al mare normalmente liberi a tutti, senza recinzioni, senza divieti.
Anche oggi a Cagliari, al Poetto, spiaggia dentro la città, su circa quattro chilometri di arenile, la parte data in concessione, anno per anno, è di due, tre decimi, il restante è di tutti e per tutti, libera, attrezzata dal Comune con doccie e servizi igienici.
Se penso a Mondello con le sue inferriate da bunker e difeso dalle sentinelle….e duecento metri di spiaggia libera…
A mio avviso è sul turismo culturale che Sicilia e Palermo in particolare, deve battere. Ho visto l’Acropoli di Atene e la Valle dei Templi di Agrigento, se la giocano.I monumenti che Palermo ha ricevuto da un passato glorioso sono un patrimonio dell’umanità intera, non c’è una parola di retorica su quello che dico, quando noi palermitani ce ne renderemo conto e prenderemo piena coscienza dei beni che abbiamo, allora il turismo sarà un circuito positivo fatto di economia, di occupazione,volano per un indotto che non ha fine.
Il discorso meriterebbe lunghi approfondimenti ma si rischia di appesantire un blog…che alla fine deve fare il blog….o no ?
Saluti belli
Giuanni
Bravo! Sveglio e lucido Donato Didonna, ( che non conosco) potrebbe essere certamente un ottimo consulente per la ns. Regione.
Proponiamolo!
Assolutamente d’accordo con Didonna, e con un concetto diverso di “turismo” da quello che si e’ pensato finora.
I turisti non vengono in Sicilia mentre i Viaggiatori la adorano o la adorerebbero… e i Viaggiatori sono tanti, piu’ di quelli che possiamo immaginare… Concordo in pieno anche la disanima su cosa e’ necessario fare per promuovere questo tipo di turismo in Sicilia.
Qualcosa di turismo la mastico anch’io…….emblematico è il fatto che verso Aprile/Maggio la gente entra in agenzia di viaggi con l’intenzione di prenotare una settimana di mare in sicilia, nel classico villaggio ed esce col biglietto aereo per la croazia, tunisia o spagna. Avete idea di quanto ci voglia per passare la settimana centrale di Agosto in un buon villaggio siciliano? Dai 1000 ai 1500 euro! A persona! E’ chiaro che la sfida è persa in partenza! Non possiamo neanche lontanamente paragonare le strutture siciliane con quelle tunisine…e quando troviamo qui in sicilia belle strutture (non faccio i nomi per non fare pubblicità) non sono per niente supportate dai servizi e dalla gestione che spesso non corrispondono alle stelle assegnate alla struttura! Manutenzioni sommarie, personale sgarbato e impreparato, è normale che il turista incoming si guardi un pò spaesato e stordito tra la bellezza suggestiva di questa terra e la incapacità di sfuttare tutto ciò dai suoi abitanti.
La cura? Non sono un economista, ma io penso che ci vorrebbero capitali, grossi capitali, anche stranieri,anzi sopratutto stranieri, da investire nelle strutture esistenti nei loro servizi, nell’aereoporto, nei trasporti interprovinciali, assurdo che non esista un collegamento Palermo/Trapani Birgi specialmente ora che la Ryanair sta potenziando quello scalo.
come si possono abbattere se sono state regolarmente autorizzate o, peggio, condonate?
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CON I RISARCIMENTI
Ormai Donato è diventato un punto di riferimento valido di questo blog in fatto di “ben vivere”.
Le sue analisi stimolano le coscienze soggettive e lanciano input di qualità.
E questa è una degli funzioni migliori che un blog puo esercitare, a mio modo di vedere.
“BEN VIVERE”
Questa è ormai la parola d’ordine che trovo nei suoi mini trattati su Rosalio.
E questo concetto del BEN VIVERE dovrebbe guidare la politica di pianificazione e gestione del territorio siciliano.
Ma come mettere in pratica le linee guida di Donato ? Come farle diventare pragmatismo ?
La settimana scorsa ho assistito ad un 1° meeting sui “luoghi della creatività” a Palazzo Comitini organizzato dalla Provincia sul quale Cristina Alaimo ha dedicato un suo post su Rosalio.
Presenti anche alcuni nomi noti (Daverio, De Masi)
Alla fine della giornata ho capito una cosa: che la Sicilia non è oggi terra di opportunità creativa per chi la vive. Si compra creatività esterna ma non se ne produce in loco. Quindi non è luogo di creatività!
Tante idee valide e tanti fantasiosi in giro, ma di far diventare queste idee economia della cultura e della conoscenza, neanche a parlarne !!!
Questo è stato detto dagli addetti ai lavori in maniera nuda e cruda senza giri di parole. Le accuse sono state lanciate a 360°, a cominciare dall pubbliche istituzioni a finire ai giovani.
Questo è lo scenario locale. Mancano le opportunità, perchè le opportunità le creano gli individui intelligenti che sono consapevoli delle vocazioni di un territorio.
E quindi 4 fantasiosi a Milano cercano 4 concreti e realizzano 4 progetti, mentre a Palermo 10 fantasiosi autoreferenziali si guardano bene dal cercare altri 10 concreti per insieme costruire 10 progetti. In sintesi Milano con meno fantasiosi di Palermo costruisce economia della cultura attraverso la creatività, a differenza di Palermo che ha un numero di fantasiosi, sembra, superiore.
In questo quadro:
– il mondo accademico è sempre piu’ autoreferenzialmente accademico e lontano dalla gente, e dalle pubbliche amministrazioni;
– il mondo della pubblica amministrazione non cerca cervelli fantasiosi locali per costruire opportunità capaci di generare economia della cultura;
– gli individui addetti alla cultura locale non capaci di organizzarsi in reti interconnesse (internet come strumento fondamentale) non sono capaci di unirsi in progetti collettivi, in quanto vige l’autoreferenzialita che se io sono bravo chi me lo fa fare ad unirmi a te, che poi mi copi il progetto ? ( e io rispondo ma magari ci cominciassimo a copiare i progetti l’un l’altro !!!). E in questo scenario gli individui addetti alla cultura aspettano la fico in bocca dal politico di turno (come tradizione vuole) o emigrano (quelli più creativi).
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Che c’entrano tutte queste impressioni generate alla fine di un “meeting dei luoghi della cultura” con il post di Donato sulla vocazione territoriale siciliana del “turismo di qualità” ?
Risposta:
Se ogni attore di questa società (pubbliche amministrazioni – università – addetti alla cultura – ….) non contribuisce in maniera spontanea alla creazione di queste opportunità a livello locale non ci saranno mai le condizioni per modificare la rotta attuale e alimentare quei sentieri che portano ai luoghi della creatività potenziali della Sicilia.
Chi non ha peccato scagli il primo romolone !
Qualche giorno fa ho scritto che secondo me un centro antico come quello di Palermo dovrebbe vivere di se.. risolto il degrado e organizzata una decente offerta culturale.
Quello che scrive Donato, dunque, lo condivido pienamente.
In particolare quando dice che le strategie per il turismo coincidono perfettamente con quelle a sostegno della vivibilità e della qualità della vita.
In quanto alla nostra classe politica.. vi cito solo due casi:
1)la oramai mitica proposta del parco mistico di Segesta.. ridicola!!!
2) Le tratte sociali pagate dal pubblico per i voli (da Roma e Milano, non parlo dei voli Ryanair!!) sull’aeroporto di Trapani: scandaloso!!!
Bella’a verità!
A Palermo si dice così, no?
Alle isole Azzorre non ci sono mai stato e ho sempre pensato che non sono poi così attrattive, ma degli amici mi hanno raccontato di una specie di Svizzera con abitanti che si curano del decoro dei luoghi e di un gran numero di operai impiegati per mantenere le cittadine e i paesi in condizioni perfette e i boschi in uno stato tale da farli sembrare delle selve finto-vere dove non si capisce dove finisce la natura e inizia l’intervento umano. Così le Azzorre che pur non possono vantare né tante sole né tanta cultura attraggono tanti viaggiatori (più che turisti) in proporzione alle loro piccole dimensioni. Che voglio dire? La cura del luogo in cui si abita bisogna averla nell’animo, un animo che si prende cura, condizione necessarie per creare il clima che attrae il viaggiatore da due settimane. Io non riesco a immaginare il modo per far venire fuori questo amore, questo rispetto altrui, ai tanti siciliani che ogni giorno distruggono coi loro atti l’isola in cui abitano, tanto da farmi concludere che in fondo la odiano.
Scusate ma il punto della bella riflessione di Donato e’ che non si puo’ pretendere da un posto quello che non possiede.
Se gli abitanti di un luogo vivono in una situazione orrenda come quella palermitana, perche’ mai i turisti ci vorrebbero venire? Pagando pure un botto di soldi in piu’ rispetto ad altre mete mediterranee mille volte migliori?
Si, e’ vero, tutti noi abbiamo avuto ospiti che sono rimasti innamorati della citta’. Una settimana e forse meno. E se si fossero innamorati, invece, di questo sentimento lancinante che abbiamo noi palermitani nei confronti di Palermo? Che ci facciamo in mille per nascondere le schifezze e far stare i nostri ospiti come imperatori…
Ancora: si puo’ parlare agevolmente di marketing culturale ma non di cultura. Per il primo ci vogliono “soltanto” soldi. Si possono pensare stagioni culturali ad hoc per soli turisti finanziate in molti modi e orientate verso differenti obiettivi. Certo, non andrebbero bene per i palermitani che, di cultura ed arte non ne vogliono manco a brodo.
Si parla, in altri topic, di liberty e giu’ indietro di splendori passati: ma cerchiamo un po’ di umilta’. Non ci possiamo paragonare a niente in questo momento. Stiamo sotto qualunque fascia competitiva, stiamo ancora che dobbiamo raccogliere la munnizza per le strade! E gia’ parliamo di turismo di fascia medio-alta!
Picaro.. non sarai un pò troppo pessimista?
Io vorrei ragionare con te, ma tu sei in una di quelle situazioni (credo di averla vissuta anche io come te, salvo poi uscirne con il pensiero che io farò comunque la mia parte per evitare l’ineluttabile gattopardiano destino…) in cui credi Palermo irredimibile. Invece io penso che non sia così.
Ad esempio, io ho studiato e so quanto vale il centro storico di Palermo. Senza retorica ma in città esistono 4 o 5 punti monumentali di livello internazionale… Esiste il materiale su cui lavorare. Questo è quello che ti voglio dire.
Poi, nessuno di noi ha parlato di stagioni culturali per turisti, ma tutti parliamo di strategie per dare senso alla nostra città. esattamente quello che dici tu.
Prima di tutto via la munnizza dalle strade.
Poi, esempio, chiudi al traffico i 4 canti? E magari l’ingresso di porta Nuova… sino alla Cattedrale?
Ma per fare questo serve un nuovo piano traffico.. serve qualche strada.. un’infrastruttura… Ecco che si comincia a migliorare la vivibilità di una città rendendola appetibile anche turisticamente.
Hai ragione Giovanni, scusami, stando lontano da tanti anni il senso di fallimento si avverte ancora di piu’.
Tanto amore per un solo luogo non credo di averne mai dato e non credo che in tante altre citta’ del mondo vivano questa condizione di amanti abbandonati perenni.
Consoco, senza falsa modestia, ogni palazzo, chiesa, monumento, balata che e’ sopravvissuto oltre alla storia di quelli preesistenti. Ma sono 20 anni che sento solo stupidaggini dai preposti al rispetto di regole minime, come raccogliere la munnizza, appunto che le analisi intelligenti mi fanno solo piu’ incazzare. Non sembri paradossale; mai messo in dubbio che ci siano persone brave, intelligenti e volenterose a Palermo anzi spesso piu’ ancora che in altri posti mi e’ capitato di incontrarne di eccellenti. Sara’ il sonno gattopardiano che citavi tu, saranno i meccanismi economici deviati e malavitosi, sara’ un ritardo di sviluppo difficilmente colmabile se non con investimenti davvero staordinari. Davvero, non lo so.
Tutte le cose che hai detto sono eccellenti. Ne potrei aggiungere a valanga cosi’ come molti altri. Poi sento mia madre al telefono che mi dice che sono pieni di spazzatura dovunque e coi ratti e i cani che ci rovistano dentro e finiscono i sogni.
Picaro anche a me sparda il cuore a vedere Palermo n’grasciata, quelle volte che riesco a scendere dal mio ultraventennale esilio.
Quello che è peggio della munnizza è l’indifferenza alla stessa, da parte di una grandissima maggioranza di palermitani.
Semplicemente se ne fottono. A cominciare dalla carta del ghiacciolo o del cornetto a mare, che si fa a prima a vurricarla sotto la sabbia o al liberare la vescica nella stessa acqua dove poi ci si fa il bagno.I cassonetti a scomparsa ? Idea straordinaria, un pò costosa mi dicono, pazienza, ma se hanno la lucetta rossa accesa vuol dire che sono pieni e non sono stati svuotati, quindi la munnizza in mezzo alla strada, peggio del Burundi.
Mai il palermitano medio chiamerà l’Amia a dire : “Guardate che in Via Spicchio dei Pupi c’è il cassonetto interrato pieno, vi degnate a passare ?”.
Viene la rabbia a pensare i nostri gioielli architettonici rovinati dall’indifferenza, dalla strafottenza e dall’ignoranza consapevole.
La fascia medio-alta ? Ma mi faccia il piacere, direbbe il Principe, per tante cose bisogna andare ad ammucciarsi e solo un amore viscerale per questa Città a volte mi fa essere un po tollerante…ma quando mi dicono “Quì le macchine le guardiamo noi, due euro” a Piazza Marina, e io gli rispondo faccia a faccia e “E lei chi è ?” “Sono un disoccupato, non c’è ne lavoro quì., dopo aver visto la targa “forestiera” e di quindici anni fa, la mia, “Le posso dare un euro, ma picchì ci vuogghiu rari iu, non perchè lei lo pretende, e ne vuole pure due…”
“Avi raggiùni dutturi, mi ha preso per chi sa chi, ma a famigghia com’a campu ?”.
Si, va bene, forse fuori tema, ma Rosalio sopporta anche gli sfoghi, vero ?
Picaro non smettiamo mai di sognare…in che parte sei del mondo ?
Giuanni.
Sto in America da quasi un anno ma da 12 anni sono fuori da Palermo in giro per il vasto mondo.
Il centro storico si sta lentamente sviluppando intorno ad alcuni assets turistici concentrati in microzone. In ciascun quartiere ci sono zone, magari piccole, dove si sono concentrati i restauri e, con essi: locali, b&b, hotels, ristoranti, ecc. La struttura puo’, forse fozosamente, essere accostata ai distrietti industriali del nord-est di qualche anno fa. Come allora, anche oggi a Palermo le varie fonti di intrattenimento turistico si potrebbero confedererare su progetti singoli: musei, pass comuni, taxi sharing, mostre, ecc, in modo da produrre un valore aggiunto anche solo per la loro microarea. I finanziamenti dovrebbero essere di project financing e ruotare attorno a banche locali.
Chissa’, la butto li’…
Anche se sta discussione non mi pare che vada molto avanti..
Ciao
Mi sembra una buona idea quella dei micro-poli, forse per farli sviluppare sarebbero utili iniziative di microfinanza, penso a qualcosa di analogo alla Grameen Bank di Muhammad Yunus ma tarata sulla nostra economia. Non credo che il sistema creditizio convenzionale può aiutare chi vuole avviare un’attività economica e ha poco o nulla da dare in garanzia.
Sostengo, come ho sempre fatto, che la soluzione di tutto sta nella mente di chi viaggia!
Se vogliamo che la Sicilia offra un turismo veramente di qualità è necessario voltarci verso il passato e riferirci a tutti coloro che nei secoli scorsi hanno visitato la nostra terra con occhio clinico, diligente, naturale e diretto. Ed è proprio con questo spirito che il turista di oggi, “distratto” dalla frenesia della vita attuale, dovrebbe percorrere il mondo: con lo sguardo di chi si sofferma consapevolmente su ciò che ha davanti. Infatti, se un tempo le scomodità incontrate durante il cammino tendevano a fare rallentare il viaggiatore, allo stesso tempo gli permettevano di assaporare con più coscienza le caratteristiche culturali degli indigeni e di instaurare vere “relazioni” non solo commerciali; gli consentivano, insomma, di “leggere” la realtà che lo circondava, di Re-interpretarla, e di attribuirle, quindi, un proprio personalissimo significato.
Oggi il turista ama visitare celebri città “da non mancare”, tappe obbligate del curriculum di ogni buon vacanziere, ma anche località esotiche meno rinomate, sulle orme dei suoi idoli del momento, “veline” e calciatori. Forse, piuttosto che “visita”, sarebbe più appropriato dire che “soggiorna”. Le sue visite si limitano, infatti, a luoghi comuni, intesi come luoghi nei quali molti altri sono passati prima di lui, di cui ha sentito favoleggiare dai molti che lo hanno preceduto e la cui conoscenza potrà essere oggetto di condivisione con altri suoi simili.
Basta con il turismo “dei luoghi comuni”. Il turismo è, come io spesso sono solito definirlo, relazione ospite-ospite, ovvero tra l’ospite che visita e l’ospite che accoglie. Un viaggiatore che mette piede per la prima volta sulla nostra isola deve assolutamente essere accolto da un individuo che abita l’Isola e non semplicemente spedito dentro un pacchetto da chi si definisce “operatore turistico” e che in realtà ha visto la Sicilia solo tramite sistemi mediatici.
Credo che debba finire l’epoca del turismo indiscriminato, che si debba lavorare e operare perché il turista sia veramente un cittadino del mondo nel senso più ampio, disposto a vivere questa meravigliosa esperienza che la mobilità ci dà sempre di più, ma con perfetta coscienza, con consapevolezza, con senso di responsabilità.
La bulimia del visitare posti costringe spesso il turista a guardare tutto senza vedere niente, visitando luoghi con la stessa frenesia di chi sta tentando di entrare nel guinness dei primati “per il più alto numero di immagini catturate in un’ora”.
Allora è necessario, a mio avviso, non guardare il nostro mare come unica risorsa turistica. Nonostante l’Isola offra 1400 Km di coste, il potenziale turistico siciliano sta tuttavia nell’interno della nostra regione. L’introsiculo, se valorizzato e animato dai piccoli centri, può divenire un moltiplicatore di attività, di produttività e di innovazione imprenditoriale.
Pertanto credo doveroso mirare ai piccoli paesi, ai piccoli centri turistici piuttosto che alle città e ai grandi alberghi dove possono risultare più difficoltosi i rapporti interpersonali e l’integrazione con il territorio.
Per questo motivo da qualche mese con l’A.SI.P.A – Associazione Siciliana Paese Albergo mi sto occupando di rilanciare il Turismo nei piccoli centri, fornendo assistenza e consulenza a operatori turistici, Enti privati e pubblici per il recupero di masserie, bagli, ville, paesi albergo, borghi rurali, B&B etc., promuovendo le attività artigianali e le produzioni tipiche locali come sta facendo anche Natura Express a cui il mio amico Donato ha già accennato.
Ciao Meta, e’ possibile ma solo per interventi molto piccoli. Se lo sviluppo, anche di una microarea, deve esserci, mi parrebbe importante convincere una banca a finanziare un progetto in cui il lato manageriale e gestionale sia affidato ai facenti parte della confederazioine e gli utili ridistribuiti ai finanziatori.
Es.: costruzione di un restauro di parti della citta’ orientate all’alta tecnologia, una sorta di museo della alta tecnologia distribuito per la citta’ cofinanziato dall’industria pesante e da alcune banche, come sta per accadere a Torino.
In generale: una grossa iniziativa che dia lavoro e utili alla zona in cui va inserita.
Terrei lo stato lontano mille miglia da qualunque idea di intervento.
[…] globalizzata, va altrove. Non voglio ripetere idee già espresse su queste pagine in tema di turismo, ma una cosa è certa: l’inaffidabilità di certi nostri amministratori pubblici è davvero senza […]