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lunedì 18 nov
  • La signora dei fiori

    La signora dei fiori amava tutti i suoi figli. Non li costringeva in vasi troppo stretti. I fiori di oggi sono prigionieri da campo di concentramento. Rinsecchiscono in ciotole d’alluminio. Perdono i petali, per una singolare alopecia dell’anima che li rende calvi e brutti prima del tempo. Quando vengono liberati per finire tra le dita di qualcuno, somigliano a certi reduci da lager con le costole ben in vista e un’enciclopedia dell’inumano stampata a sangue sul viso.
    La signora dei fiori amava i suoi figli. Li coccolava. Ci parlava. Raccontava storie di piante altissime, di gerani infiniti che toccavano il cielo, di rose che spingevano l’amore oltre ogni confine stabilito con l’esile forza dello stelo, di gelsomini che lasciavano nell’aria schizzi di profumo, anche se – a detta di tutti – erano appassiti da millenni.
    Stava sempre allo stesso angolo, la signora dei fiori. In un punto preciso tra Villa Barbera e il sole. Era una sentinella di grazia e di bellezza. Era un cardine. Il mondo della mia infanzia le ruotava intorno come una placida costellazione all’inizio della sua esistenza. La mia estate non conosceva né soste, né arsura. Era una passeggiata tra petali di gelsomino immortali.
    E voi avete ricordi così? Io penso di sì. Penso che ognuno di noi abbia avuto una strada e un raggio di sole da chiamare per nome. E quella lama di luce ci è venuta in soccorso mille volte, quando da chissà dove precipitava sui nostri occhi una incorruttibile sera. Io tiro la mia fuori dalla bisaccia. Ora. Ecco il mio chiaro tozzo di pane. Mi serve per respirare, adesso che è di nuovo sera. Mentre leggo di due fratellini morti di freddo e fame in fondo a un pozzo nero. Due bambini come me.

    Palermo
  • 8 commenti a “La signora dei fiori”

    1. Caro Roberto, quant’è piacevole leggerti qui, così, a scrivere di ciò che senti dentro. Grazie per questo frammento poetico, che ci permette di tornare indietro, anche un attimo, a ricordare chi siamo e da dove veniamo. Molto più simpatico questo… che non quello sui Candelai 🙂

    2. Chiamatemi vigliacco, chiamatemi come volete….se penso a quello che è successo sento solo freddo e paura….

    3. Roberto, il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza è l’unico patrimonio che l’uomo possiede. Ad esso si torna sempre e si attinge per percorrere i sentieri dell’esistenza perché una prima età felice è una riserva di forza e di luce che aiuta ad uscire dai luoghi bui in cui spesso andiamo a smarrirci. Le tue sono immagini delicate che accendono il cuore e la fantasia, di quelle che tengono viva la vita.
      Ciao, Antonio

    4. Uff… noioso e retorico, come sempre.

    5. Cara Marina, i Candelai faceva parte della “fredda” cronaca 😉 (faccina esplicativa). E poi uno che fa pipì sui cassonetti può essere tutto, tranne che simpatico 😉 (altra faccina, mi voglio rovinare).

    6. Il pezzo sui Candelai, of course. Ops

    7. “Vai a comprare le uova dalla zia Angelina?”
      Scendo dalla Petriera,svolto a sinistra e appare il pergolato secolare ,i peperoncini e i pomodori secchi appesi al muro,panari e una tavolata di fichi ad asciugare al sole…
      “Zia Angelina,sono la figlia di …”
      Novantacinque anni,un viso abbracciato dalle rughe e una memoria da ragazzina: “Ah si,tu si a figghia ri…comu stanno to patri e to matri..bene?!”
      “Zia Angelina…mi servono venti uova!”
      Entra in casa,la seguo,e l’odore è quello genuino, di campagna e muri di “ciaca”.
      “Ma io ,a sta bedda picciuttedda ci vogghiu rari l’ova chiù duci…”
      Angelina aveva una memoria ferma ma le mani tremanti; sceglieva le uova ,una per una,con precaria delicatezza ,senza fretta.E passò quasi un quarto d’ora così,io che la ammiravo e lei che mi donava pezzettini di cuore immersi in albumi e chiusi in gusci ..
      Lungo la strada del ritorno piansi dalla commozione,non riuscivo a fermarmi..a casa tutti mi guardarono esterefatti e io riuscivo solo a balbettare fra le lacrime: ” La zia…le uova..la zia Angelina..sono le più duci..”

    8. Quando posso cerco i tuoi “pensieri” su rosalio…
      E non me ne pento mai.
      Un abbraccio
      Martino

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