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giovedì 19 dic
  • Palermo secondo Wenders, secondo me

    Sabato al festival di Cannes prima mondiale di Palermo Shooting, il film che Wim Wenders ha dedicato alla nostra città. Con piacere condivido le mie impressioni,precisando che i giudizi e le opinioni che seguono sono di parte, poiché sono emotivamente legato a questo progetto, e perché ho una sconfinata stima umana e professionale nei confronti di Wenders.

    Pur conoscendo la storia, non nei dettagli comunque, e pur avendo avuto la fortuna di presenziare a quasi tutte le riprese a Palermo, sono rimasto letteralmente spiazzato dal risultato finale.

    Il film non è solo un film, va molto oltre…e se hai la fortuna di entrare in sintonia diventa una vera e propria esperienza, intensa, reale, profonda.

    Wim si mette totalmente a nudo, affronta il senso della vita e della morte, pone un problema esistenziale forte. Il film riproduce in maniera perfetta ed assolutamente personale il senso di soffocamento che proviene da una vita vissuta nell’angosciosa ricerca di quelle risposte, ricerca cui tutti, almeno una volta nella vita, mi auguro!!, ci siamo confrontati. L’angoscia di domande cui non sempre è possibile dare una soluzione, e la contestuale urgenza di porle.
    Il film è quindi in classico stile wendersiano, un viaggio, ma al di la della bipolarità Palermo/Dussendorlf, il viaggio è un viaggio interiore. Finn (il protagonista maschile)/Wenders scende agli inferi, si guarda dentro e lo fa confrontandosi con una città: Palermo, nella quale la morte, tema centrale del film, sembra essere elemento fisso del paesaggio. Cosi il film pur non volendo essere in alcun modo consolatorio, ci mostra la morte quale faccia necessaria della stessa vita.

    L’una non puo esistere senza l’altra, sembra volere dire un passante (interpretato da Leoluca Orlando) proprio al protagonista parlandogli della festa dei morti. Palermo viene mostrata in tutta la sua magica spettralità ed il rapporto intenso con la morte, un rapporto mai ostentato, ma sempre presente, é la strada che il regista sembra volere utilizzare per parlare della grande capacità di vita di questo posto, la tesi é che solo dall’accettazione del lato oscuro possa emergere il senso ultimo dell’esistenza, la capacità di vivere. Palermo ha la consapevolezza necessaria per tenere presente nel suo quotidiano la morte, che appunto diviene presenza necessaria per dare significato alla vita. La morte, rappresentata da Denis Hopper, dice di sé essere una freccia lanciata verso il futuro. La morte, quindi, come compagna progettuale della vita. Cosi le ferite della città, le architetture non risanate, i mercati, la gente, vengono mostrati per come sono, senza la ricerca dell’immagine spettacolare e fine a se stessa.
    Palermo, come il protagonista Finn, come il regista Wenders mette a nudo le sue debolezze, senza timore, e questa é poi la sua forza. Grazie quindi a Franz Lustig, per una fotografia straordinaria, ben lontana dai finti stereotipi cui siamo fin troppo abituati abituati. Finn e Palermo vivono lo stesso dramma, solo che Palermo, più consapevole, lo aiuta ad affrontare se stesso e la morte, e lo fa mostrandosi sensa pudore. A questo proposito bello il momento in cui il fotografo non riesce a fotografare Palermo, troppo vera per chi come lui é abbituato a corrompere le immagini. Simbolico il gesto di un venditore della Vuccirìa che non vuole essere fotografato. Incosciamente spaventato, forse, dalla corruzione che un’immagine finta possa procurargli.
    Da antologia l´abbraccio finale tra Campino ed Hopper, la Morte, mostrata adesso amica e consigliera.
    Palermo è presente e sovrabbondante nel film, i mercati, i quattro canti, tanti interni, l´archivio comunale, Palazzo Branciforti, Cappuccini. Palermo sembra quasi essere la protagonista femminile del film. Anche se una vera protagonista femminile c’è, Flavia interpretata da Giovanna Mezzogiorno: sul suo primo piano si conclude il film, in una scena che a mio avviso è gia storia del cinema. Wim riesce dove credo mai nessun regista aveva prima osato, a rappresentare il riconscimento tra aue esseri umani: quella scintilla del tutto indipendente dai sentimenti
    e dall’amore. Un attimo ipercettibile segnato dalla parole “sei tu” e da uno straordinario gioco di camera.

    E stato scritto: “una poesia non significa è”; questo film ha la capacità di significare di lasciare a ciascuno modo e voglia di cercare le proprie risposte e di porre le proprie domande e pertanto non esiterei a definirlo poesia.

    Come ogni vera opera d’arte non puo lasciare indifferente, ed il senso di fastidio provato da alcuni, sopratutto alcuni critici, é secondo me segnale di quanto sia complesso e faticoso il percorso che porta all’introspezione e di quanto dobbiamo essere grati a Wenders che da grande maestro, ci spinge in quella direzione.

    Per concludere, Campino è un grande interprete e di fatto regge il film quasi da solo, con una interpretazione intensissima e bella; la colonna sonora vale da sola il prezzo del biglietto, con due tributi straordinari a due italianissimi poeti maledetti: Fabrizio de André e la nostra Rosa Balistreri. Bellissime infine le immagini di Ganci.

    Come commentavano alcuni ragazzi della troupe, che pure hanno girato il film a Palermo, dopo avere visto il film la voglia è ritornare per assaporare quell´infinità di sfumature della città che nel film sono così ben rappresentate e che lavorando, come probabilmente accade anche a noi che a Palermo viviamo, non avevano saputo cogliere.

    Da parte mia un sincero grazie a Wim Wenders, per un film veramente ben fatto, per l’opportunita di una riflessione cosi profonda sulla vita, e per un ritratto di Palermo, sincero, che ci restituisce una città sofferente ma paurosamente viva e vera.

    Ospiti
  • 25 commenti a “Palermo secondo Wenders, secondo me”

    1. la critica però lo mazziò al maestro wenders…
      vedremo…

    2. E qualcuno sostiene pure che abbia scopiazzato un altro film, girato da un altro regista tedesco, il cui titolo era “Palermo sussurra”.

    3. Signor Callea,ma è piaciuto solo a Lei questo film?
      Io attendo di vederlo per esprimere un parere personale.
      Intanto quello che ho registrato e’ questo :
      la stampa ha parlato pochissimo di questo film e quando nè ha parlato male,nel migliore dei casi,malissimo quando ha riportato i fischi alla prima proiezione(Repubblica).La Tv ha ignorato il film di Wenders come se si dovesse avere del pudore a parlare male di un film “bucato”dal Maestro.Quindi alla prima uscita da un punto di vista mediatico questo progetto non ha avuto nessun ritorno per la città di Palermo.
      Aspettiamo l’anteprima Nazionale per sperare in un aumento del PIL.A Cannes e’ stato premiato il “realismo” e la denuncia di film come Gomorra e il Divo,e lo stesso film francese che ha vinto la Palma D’oro si pone i problemi reali e urgenti dell’integrazione.La poetica oscura,metaforica e necrofila su Palermo non e’ stata digerita e compresa almeno in questa prima fase.

    4. Sig. Callea non se la prenda con la critica, mi dispiace fare frasi fatte ma purtroppo il genio è spesso incompreso. Il sig. Megna dice che è stato premiato il realismo, non ho visto Palermo Shooting, ma qualcosa mi dici che è un film sulla realtà,ancora più reale dei 2 film italiani suddetti. Tornerò a parlarne volentieri dopo averlo visto. A proposito quando esce nelle sale?

    5. La prima recensione positiva che leggo. Wenders ha girato capolavori e anche qualche film mediocre, pur conservando sempre la sua impronta d’autore. Vedremo, e speriamo bene. Ma il prossimo film su Palermo magari lo facciamo girare a Matteo Garrone.

    6. Callea infatti non è credibile (in buona fede credo)
      considera questo film una sua “creatura”.Il cinema,la musica,il teatro l’opera d’arte in genere ha bisogno di una sua maturazione spontanea,nasce dentro l’artista e non può essere regolata da un POR Regionale o da operazioni di Marketing politico.Questa operazione mi è sempre apparsa una forzatura e mi sono chiesto se il Maestro avrebbe ambientato il film a Palermo su un tema
      così generico e personale se non avesse trovato su un piatto d’argento i circa quattro milioni di Euro elargiti dagli Enti siciliani.Noi non abbiamo avuto la fortuna di vedere ancora il film ma Callea ha perso una buona occasione per starsene in silenzio perchè ancora non possiamo reggere un confronto di merito.
      A chi come te pensa che basta mettere insieme tutte le cose che passano per la testa per produrre opere artistiche dico che invece è molto facile produrre “ibridi”che poi scadono nel banale.Nella musica ad esempio mettere insieme Gianni Gebbia e Ivan Secreto ha prodotto un insignificante ibrido che ha scontentato entrambi i musicisti.O fare cantare i pezzi di Rosa Balistreri ad Antonella Ruggero la possimo chiamare un operazione artistica o una bolla di sapone da vendere al Teatro Massimo?.Ma la stessa Carmen Consoli con un’operazione analoga su scala nazionale.Fumo negli occhi.Caro Callea la prossima volta manda una email a Woody Allen per proporgli un film su Canicattì.Aspettiamo di vedere il film anche noi.

    7. Caro Lelio,
      una precisazione da chi ne sa un pò di più (puoi verificare dalle graduatorie por i fondi elargiti).
      Il budget elargito dal por ammonta a 1 milione di euro e i restanti 3,5 vengono da vari finanziatori internazionali.
      Per mettere su tale operazione qualche vera intenzione di girare a Palermo dovrai riconoscerla al “Maestro”.
      sono daccordo sul fatto che potremo discutere solo quando il film sarà visto da tutti, resta il fatto che un palermitano (sia che abbia partecipato al film sia che non l’abbia fatto) avrà una visione di parte del film in quanto ai giudizi estetici si aggiunge la componente emozionale scaturita dalla rappresentazione della città e delle sue peculiarità.
      ovviamente ciò non basta per rendere bello un film ma non capisco perchè callea dovrebbe stare in silenzio, sta dando una sua visione personale da contraltare ai giudizi dei critici che mi sembrano comunque tutti troppo uguali….

    8. Il caos, spesso, è un ordine da decifrare…

    9. di pepè ce ne sono 2 e io sono pepè I 🙂

    10. Chi lo direbbe? Anche il caos è regolato da delle leggi, quelle termodinamiche 🙂

    11. Due premesse d’obbligo:
      1) non ho visto il film;
      2)considero Wim Wenders un ottimo autore ma alquanto discontinuo per ispirazione e poetica.

      Una cosa vorrei però dirla. Di solito il clima festivaliero non riesce a rendere giustizia a quelle opere che affrontano temi estremi e fondamentali quali il senso della vita, della morte, l’epica del viaggio, l’ineluttabilità del destino dell’individuo (nell’accezione steirneriana magari). E’ negli annali dei festival di tutto il mondo la cronaca di accoglienze freddissime a opere di autori del calibro di bunuel, bergman, Sauset etc. E’nelLAstoria della critica cinematografica prendere solenni cantonatescambiando lucciole (ovvero film di cui bisogna parlare per forza bene, perchè è trendy, perchèneo-neo-neorealiste”) con lanterne (ovvero opere che tentano di fare luce nei recessi della coscienza e dello spirito). Apprezzo le opere di Paolo Sorrentino e mi aspetto molto dal suo ultimo film, ma trovo stucchevole, conformista e idiota questa illogica allegria intorno ad un cinema, quello italiano, morto e sepolto da qualche decennio.

    12. PS: Per Giovanni Callea. Non si preoccupi delle critiche negative (per altro espresse da chi ancora non ha visto il film). Palermo è città difficile. Non è gradita l’azione e il primo peccato è quello di “fare”. Qualche mese or sono abbiamo organizzato una tre giorni dedicata a David Lynch. Il regista americano, cultore della meditazione trascendentale, presentava a Palermo (In esclusiva italiana) un nuovo progetto educativo e una fondazione legata al tema proposto. Noi abbiamo costruito intorno alla sua presenza un progetto che ha coinvolto Ghezzi e le Mab. Ebbene, nonostante la comunicazione sull’evento fosse stata effettuata con efficacia e precisione (grazie alla professionalità della struttura del Montevergini Festival) qualche “osservatore distratto” non ha perso l’occasione per tacere e per risparmiarsi di proferire la stupidaggine di turno. Qualcuno si è lamentato del fatto che Lynch non avesse parlato di cinema, quando invece aveva dato la sua disponibilità ad affrontare qualunque argomento etc. Insomma, Palermo è Palermo (purtroppo). La periferia provinciale dell’Impero. Dove è opportuno tacere piuttosto che dire, non fare piuttosto che agire. Allora, in questo caso, la noncuranza è d’obbligo. Saluti

    13. Mi trovo in accordo con Lei caro Sig.Bagnasco ma mi viene il dubbio che forse sarebbe meglio non presentare films
      d’autore in certi festivals dove quello che conta è
      l’effetto mediatico e il ritorno commerciale.
      Per quanto riguarda la critica nessuno di noi si fida a occhi chiusi e da grandi amatori di Wenders andremo a vedere il film al cinema.Certo che questa stroncatura mediatica non ci voleva.Palermo è una città che si può leggere in tanti modi e forse qualcuno poteva essere affronatato con più coraggio.Ma quando Wenders è venuto a Palermo ha percepito esclusivamente il senso della morte e della vita?.Tutto il resto gli è fuggito?.L’abbandono,l’indifferenza,il ricatto,ma anche volendo essere positivi il riscatto,la tolleranza.Ci sono altri sentimenti che segnano la vita di questa cità che si potevano affrontare senza per questo fare l’ennesimo film sulla mafiosità di cui tanto ci vergogniamo.Personalmente ci trovo molta poesia nel coraggio dei ragazzi di AddioPizzo un coraggio che prima o poi bisognerà documentare,o nel gesto di Conticello che indica con il dito il responsabile dei suoi problemi.Forse abbiamo perso un’occasione di riscatto internazionale in questo momento di riscoperto e indesiderato neo realismo.Fabrizio De Andre?!?

    14. Gentile angela martorana,
      magari il film poteva essere collocato in una sezione collaterale del festival e non lanciato al massacro della competizione a tutti i costi. Anche se – ovviamente – dobbiamo ribadire che si parla di un film che nessuno di noi ha ancora visto.
      Ogni autore segue l’istinto della propria ispirazione. Evidentemente wenders ha percepito della nostra città l’anima surrealista e barocca ( e va benissimo); bisogna vedere semmai come è stato in grado di renderla. il Surrealismo è un terreno franoso, e se non sei bunuel o breton si rischia facilmente il ridicolo. Per il resto, sono convinto che prima o poi un buon documentarista racconterà la rivolta dei ragazzi di addiopizzo o il coraggio degli imprenditori che denunciano.

      ps. Credo che de andrè sia il musicista preferito in assoluto di wenders… l’avrà inserito nella colonna sonora per questo.

      saluti

    15. ps del ps…intendevo musicista italiano ovviamente

    16. Lelio! quanto rancore mal celato, suvvia… preciso, comunque, per amore di verita´, che la Ruggero non ha cantato brani di Rosa Balistreri, ma delle ninne nanne in siciliano di cui due peraltro nel suo repertorio abituale (lei ha un suo concerto costituito proprio da ninna nanne di tutto il mondo che ha solo arricchio con ulteriori tre nuovi brani), quindi mi dai meriti che non ho ma ti ringrazio comunque.
      Ha cantato invece Quannu Moru di Rosa, Teresa Salgueiro, sempre al Teatro Massimo, su mia preghiera, peraltro ringraziandomi per averle fatto conoscere un testo che ha trovato bellissimo.
      Il Teatro neanche sapeva del brano quando ha firmato il contratto, ma se fosse stata una buona idea per vendere il concerto non vedo che male avrei commesso.

      Il mio mestiere e´ creare stimoli, ho proposto a gebbia e segreto di suonare insieme, erano entusiasti perche´ era un progetto che avevano in mente, io ho solo offerto la possibilita´ loro hanno fatto il resto. Che il risultato sia stato molto mediocre non l´ho mai nascosto nenache a loro, peraltro Ivan ha fatto cosa ben diversa da quella concordata, ma la mediocrita´ del risultato artistico non e´ certo colpa mia.

      Stesso discorso vale per Wenders a Palermo, e´ una grande operazione (e tale era considerata da tutti, prima che la critica contestasse il film).
      Un mio amico giornalista mi ha raccontato un aneddoto grazioso, il Giornale di Sicilia quando Garibaldi sbarco´ in sicilia scriveva “un lestofante si agira per le campagne siciliane”, per poi due giorni dopo proclamarlo “grande eroe”. Un film su Palermo si potrebbe intitolare “Va dove ti porta il vento…”:)

      Che Wenders abbia fatto il film motivato solo dal milione di euro e´ da escludere, che quei soldi abbiano catalizzato la sua decisione e´ una certezza. E questo che centra con il prodotto artistico?
      Sono stato vettore in questi mesi di varie proposte ben retribuite che Wenders ha amabilmente rispedito al mittente, non fa markette, ne sono piu´ che certo, anche per vicende che riguardano strettamente il film che non spetta a me divulgare.
      E comunque dalla Regione ha preso appunto un milione (che dovra´ restituire dagli incassi) mentre gli altri 4 provendono dal mercato internazionale, come qualcuno puntualmente precisava. Per cui abbiamo pagato 1 una cosa che costa 5 ed ha un valore inestimabile.

      Ora il fatto che non abbia fatto un film di mafia, mentre la camorra spopola con Gomorra, mi pare un rammarico un po´ superficiale. (Sia ciaro anche io stimo tantissimo Garrone) Cosi come un po´ zoppicante la tesi di Giuseppe Megna che gia´ registra come “non vi sia stato alcun ritorno mediatico alla citta´ di Palermo” quando un film su Palermo e´ stato presentato nel piu´ importante festival del mondo, e il nome Palermo compare da giorni sulla stampa internazionale associato a quello di Wim Wenders (che comunque resta un pezzo della storia del cinema) e non a quello di Toto´ Riina. Ammesso che il film sia veramente un polpettone, finira´ comunque nei libri sulla storia del cinema, perche´ il regista resta sempre Wim Wenders, magari scriveranno deludente film di Wenders su Palermo, ma saremo citati accanto a Berlino e Lisbona. Il film sara´ distibuito su scala internazionale (ad oggi risultano ufficiali i contratti) in Francia, Germania, Italia, Gran Bretagna. E sara´ visto nella peggiore delle ipotesi da centinaia di migliaia di persone.

      Ed infine che il film di Wenders sia gia´ diventato un “ibrido che scade nel banale” mi pare un giudizio quantomeno affrettato.

      Concludo con qualche fatto. Il film e´ stato fischiato alla fine per la dedica ad Antonioni e Bergman, perche´ i criticici l´hanno considerata un gesto presuntuoso.
      Alla prima del 24 (i giornalisti hanno assistito ad una anteprima a loro dedicata il giorno prima) il film e´ stato accolto da dieci minuti di applausi, quindi ad oggi non sono il solo a cui e´ piaciuto.
      Mi e´ piaciuto nonostante sia andato alla prima con il cuore in gola perche´ sapevo delle critiche negative, e quindi ero un po´ prevenuto, concordo infatti con Fabio Bagnasco che Wenders ha alti e bassi e vi sono film pure osannati che a me non sono piaciuti (sopra tutti Fino alla fine del mondo). Certamente non e´ un film piacione, e´lungo, molto mentale, talvolta difficle da seguire (tanto piu´ al festival in quanto era in tedesco con sottotoli in inglese e francese); fa comunque riflettere ed a noi palermitani aiutera a riflettere ancora di piu´.
      Ma che occuparsi del tema della morte faccia del film un film dalla poetica necrofila, e´ come dire che se c´erano i bambini era un film dalla poetica pedofila!

      Sta storia del film di Wenders mi fa pensare quando il Palermo il primo anno di A dopo decenni in serie B ambiva alla coppa campioni ed ha snobbato l´entrata in Uefa; come fossimo abituadi ad avere un film in concorso a Cannes ogni anno siamo gia´ pronti a crocifiggere Wenders per non avere vinto.

      Sinceramente non so, non capisco perche´ alla critica il film non sia piaciuto, vorrei rivederlo subito, concordo con chi sostiene che un palermitano possibilmente guardera´ il film con occhi diversi da uno spettatore normale. Ma questo e´ un di piu´ per noi e non un di meno per gli altri, io credo.

      In ogni caso la mia voce fuori dal coro sarebbe colpevole se non avessi premesso il mio coinvolgimento, ed avere pensato in maniera cosi apertamente contrastante rispetto a tanta blasonata critica internazionale ed avere avuto il fegato di scriverlo mi pare un dato in mio favore.

      Ci rivediamo su questi schermi in autunno dopo che il film sara´ in Italia, e tutti (me incluso) avremo le idee piu´ chiare.

      Nel frattempo mando una mail a Woody Allen per il film su Canicatti; il blog testimone mettero´ nel contratto che Lelio canti un brano di Rosa Balistreri, cosi´, magari, si rilassa un po´… 😉

      P.S. scusate per gli accenti ma sono in Germania e sulla tastiera mancano le lettere accentate.

    17. Un film su Palermo, la vita e la morte, due facce della stessa mediaglia; potrebbe rivelare sulla mafia molto più di quanto un gomorra rivela sulla camorra, gli aspetti intimi, i risvolti psicoanalitici. Non sempre appezzo Wenders ma penso che possa ben permettersi una dedica a due registi che hanno lavorato su temi esistenziali. Il film è debole nella sceneggiatura? Non dovrebbe sorprendere perché è il modo di lavorare di Wenders, la trama e quindi il racconto, la storia risultano penalizzati, esaltati l’espressività e la percezione della gestalt filmica. Oggettività dell’emisfero sinistro o soggettività dell’emisfero destro? Il critico per sua natura è spostato sull’emisfero sinistro, un descrittivo verbale che difficilmente apprezza una “non storia” che può avere tante interpretazioni quante sono le percezioni individuali possibili. Molti registi attraverso il cinema perpetuano la tragos odia, il canto sulla morte del capro devastatore dei campi in occasione delle feste dionisiache, qualche regista cerca di esprimere con musica e immagini filmiche le sue percezioni, riuscendoci più o meno bene. Io penso che chi fa il critico per mestiere dovrebbe essere capace di “suonare” su entrambi i registri e di ciò si dovrebbe occupare, non di fischiare come se fosse allo stadio (ciò dimostra implicitamente il loro senso di tragos odia). Detto questo, l’ultimo di Wenders potrebbe anche essere un cesso, comunque si vedrà 🙂

    18. Forse è meglio sospendere il giudizio e attendere di vedere il film. (Anche se questa unanimità di critica stroncante mette a disagio). Per me il miglior Wenders resta quello di molto tempo fa, quello di Paris, Texas.
      Se il film sarà brutto (oggettivamente brutto) sarà un brutto film di Wenders. Io di Palermo in tutte le salse francamente non ne posso più. E comunque la farei raccontare a chi ha superato e ben elaborato questo trito mix eros/thanatos che ormai dovrebbe imbarazzare anche gli sprovveduti e gli ingenui.

    19. Premesso che non ho visto il film in oggetto, per cui non posso certamente esprimere alcun giudizio in merito, però il dibattito aperto da Callea mi fa riflettere su alcuni punti. Da ciò che si evince dai quotidiani nazionali italiani il film “Palermo Shooting” del regista Wim Wenders presentato a Cannes è stato ritenuto un fiasco totale, non tanto per le posizioni assunte dai vari critici, piuttosto invece per il non gradimento del pubblico in sala, che ha mostrato tutto il proprio disappunto fischiandolo.
      Che io sappia i critici non fischiano né applaudono, mentre recensiscono le opere da loro esaminate pubblicando sui giornali i loro giudizi.
      Pertanto sminuire il risultato negativo ottenuto dal film a Cannes, come se fosse il giudizio tecnico di una sparuta minoranza di addetti ai lavori, mi lascia abbastanza perplesso.
      Nessuno mette in discussione il valore artistico di Wenders, ma certamente è alquanto deludente vedere accostato il nome della città di Palermo al peggior lavoro realizzato dal suddetto regista
      (n.b. Wenders per ben due volte ha vinto la Palma D’oro).
      Pertanto a lei signor Callea , anche se non le è cosa gradita bisogna darne merito o (demerito).
      Inoltre sarebbe interessante approfondire il concetto da lei espresso :”abbiamo pagato uno ciò che vale cinque”, visto che non mi pare possibile che eventuali utili del film possano rientrare in qualche modo nelle casse della città, a meno che lei, Callea, non riesca in qualche modo a spiegare a noi comuni mortali come ciò possa accadere.
      Palermo mostra tutta la propria incoerenza e incapacità a gestirsi, osservando, mentre si attraversa la via Lincoln, una barca posteggiata all’interno di villa Giulia. Lì giace un’opera d’arte realizzata per la città e appartenente alla città da un gradissimo artista quale è Kounellis, eppure evidentemente non avendo l’amministrazione spazi adeguati dove collocarla per farla fruire alla cittadinanza e agli innumerevoli turisti che ogni anno raggiungono Palermo, è sembrato evidentemente più opportuno tenerla in quel punto vicino al mare , così nel più breve tempo possibile non ve ne sarà più traccia, e l’amministrazione comunale avrà un problema gestionale in meno.

    20. Se l’operazione politico/culturale voleva essere “leghiamo la città di Palermo al nome Wenders”
      aspetterei un pò a parlare di “grande operazione”.
      Sig.Callea Lei tratta l’opera d’arte come una scatola di biscotti (pago 1 e porto 4)e per questo mi risulta poco credibile quello che sostiene è troppo coinvolto e fa “bene” solo il suo mestiere.Se il Maestro aveva
      voglia di parlare di Morte era leggittimo che lo facesse ma il tema è cosi universale che stento a credere che sia stata Palermo ad ispirare il tema.
      Mi sono chiesto spesso se aggiungere il logo Palermo nel titolo del film era una clausola del contratto.
      E se il maestro avesse scelto il titolo “Palermo is dead” piuttosto che il più poetico “Palermo sussurra”?
      cosa sarebbe successo nel Palazzo della Politica?

    21. Non ho visto il film… e quindi questa discussione per me è inutile, fino a quando non lo vedrò. Non credo molto al parere della critica, che solitamente è distante anni luce dai gusti del pubblico. La critica ha criticato il film. Questo è già un punto in favore di Wenders. Vedremo…
      Un sussurro palermitano.

    22. spero che Wenders non abbia tagliato la scena con Leoluca Orlando….o lo ha dovuto fare ???? ne sapete qualcosa????
      valeria

    23. Un atto dovuto (per la serie: meglio tardi che mai!)

      Vorrei tentare di fare il resoconto della situazione in base al mio punto di vista e per farlo citerò, commentandole, frasi scritte da chi, prima di me, su questo spazio con altri si è incontrato/scontrato.

      È chiaro che la persona a cui le mie parole sono indirizzate fondamentalmente è Giovanni Callea ed il suo scritto che, per l’occasione, potremmo intitolare “Ode al famoso regista tedesco caduto dal piedistallo” (quanta vuota sublime retorica nelle tue frasi, caro Giovanni!).

      Intanto, per diradare nebbie e dissipare dubbi, dico subito che da sempre (almeno da quando ho raggiunto l’età della Ragione) sono (ero?) stato un fan di Wim Wenders e della sua opera. Ergo nessuno potrà, sulla base di tale mia asserzione di partenza, tacciarmi di settarismo e vicinanza alle frange più o meno estreme dell’orda dei “cattivi” critici cinematografici. Prima e/o dopo la visione di un film l’unica critica da cui mi sono dulcis in fundo fatto influenzare, in qualità di spettatore, è la mia. Il film l’ho visto – screening con dibattito finale, presente Wenders in carne, ossa, occhiali e pastrano – in una piccola sala della città tedesca in cui vivo. La delusione, condivisa anche da spettatori tedeschi che, in quanto tali, poco o per nulla avrebbero potuto condividere il lato emotivo dei palermitani presenti in sala, è stata grande e profonda e con un impatto su più livelli.
      In primo luogo, per uno spettatore accorto, estimatore (e non utilizzo, volutamente, il termine “intenditore”!) di cinema, appare da subito, fin già dal primo fotogramma, il ricorso fatto da Wenders alla citazione, spesso confusa, di due dei suoi modelli prediletti a cui, per altro (e per loro postuma sfortuna!) il film è stato dedicato: Michelangelo Antonioni e Ingmar Bergman. I film, per così dire, “incriminati” sono “Blow up”, pellicola di Antonioni (tra l’altro Palma d’Oro a Cannes) del 1966 e “Det sjunde inseglet” (“Il settimo sigillo”) del 1956 di Bergman. Per i meno intenditori e per capirci: due pietre miliari della storia del cinema. Il film di Wim Wenders si trasforma quindi in un’opera di taglia/incolla, che tra l’altro – per pubblica asserzione dello stesso autore – ha attinto alle fonti quasi al limite del plagio, rendendo il tutto una sorta di apoteosi del Déjà Vu. Immaginiamo per un attimo il Doktor Viktor von Frankenstein che, dopo aver cucito tutti i pezzi della sua Creatura, preso dall’euforia, dimentica di far scoccare la vitale scintilla elettrica senza la quale il tutto rimane inerme, putrida natura morta. Questo è il risultato a cui è approdato Wenders con “Palermo shooting”. Citare non è reato, ma va fatto con fantasia, stile, capacità di rielaborazione delle forme e dei contenuti. Veniamo ora al ritorno d’immagine che Palermo avrebbe ricavato da tale operazione (il film!). Palermo – e lo dicevano anche gran parte dei tedeschi, miei compagni di sventura – più che essere rappresentata come attore vivo, viene scarnificata e ridotta a mera cartolina patinata, senza alito come le mummie delle catacombe che appaiono immerse in un’onirica atmosfera da incubo all’inizio del film. I protagonisti, Campino-Finn e Giovanna Mezzogiorno-Flavia si perdono tra i meandri di una storia senza storia – il copione sembra abbia visto la luce solo quando tutta la troupe, armi e bagagli in spalla, era giunta sulle locations palermitane. Anche in questo caso trattasi di dichiarazione fatta per bocca propria da Herr Wenders -, un constesto rigido assimilabile ad un fondale dell’opera dei pupi e dialoghi da telenovela o, nella migliore delle ipotesi, da sceneggiata napoletana. Su Dennis (per favore Giovanni, con due “N”!) Hopper nella parte della Morte in bianco in versione pallettata tipo “Saturday Night Fever”, stendo un velo pietoso. Arridatecelo come stava in “Easy rider” o “Blue Velvet”! Mai visto un caso più plateale di suicidio artistico. A Campino mi permetto di consigliare di lasciar perdere il cinema e continuare la sua più che dignitosa carriera come cantante dei Toten Hosen, band molto celebre in Germania. Su Giovanna Mezzogiorno (che stimo!) non ho altro da scrivere, se non di evitare ruoli (Flavia, una restauratrice piatta come un affresco dipinto senza rispetto delle prospettive!) che le conferiscono un’aria da mozzarella scaduta e copioni improntati sul principio artistico (solo nel caso in cui ci si riferisca a Marcel Duchamp!) del “Ready-Made” dei bastoncini di pesce surgelato. Belli ed appetitosi a vederli, nefasti per lo stomaco dopo mangiati!
      Per concludere.
      Io, nel mio piccolo di estimatore del Cinema (anche di quello “non-di-qualità” riservato alle masse meno intellettualoidi!), chiederei una cortesia a Wim Wenders: Oh sommo “Maestro” (il virgolettato è una citazione tratta da uno dei commenti di Pepè), la prossima volta si conceda un po’ più di tempo, ritrovi la vena creativa dei Suoi film migliori e non si butti più in operazioni di mercato che di certo Le riempiono le tasche d’argent ma, nel contempo, intaccano la Sua immagine d’artista! E, qualora ciò fosse possibile, gradirei riavere indietro il vile pecunio impegnato per il biglietto!

      Ora passiamo alle “Citazioni commentate”:

      Da “Palermo secondo Wenders, secondo Giovanni Callea, secondo lui (quest’ultimo!)”:

      “Pur conoscendo la storia, non nei dettagli comunque, e pur avendo avuto la fortuna di presenziare a quasi tutte le riprese a Palermo, sono rimasto letteralmente spiazzato dal risultato finale.”
      Lo spiazzamento è in questo caso condiviso e comprensibile. Ma un dubbio sorge spontaneo: Giovanni, abbiamo visto lo stesso medesimo film?
      “Il film non è solo un film, va molto oltre…e se hai la fortuna di entrare in sintonia diventa una vera e propria esperienza, intensa, reale, profonda.”
      Probabilmente avrò l’antenna guasta e non sono riuscito ad entrare in sintonia! Riguardo alla fortuna ne occorrerebbe veramente tanta per vedere in un film piatto ciò che non c’è. Ad essa (la fortuna!) non sarebbe male accompagnare un pizzico di fantasia un po’ meno deformata e deformante di quella dell’attuale Wenders.
      “Wim si mette totalmente a nudo (rimanendovi per tutta la durata della pellicola! N.d.R.), affronta il senso della vita e della morte, pone un problema esistenziale forte. Il film riproduce in maniera perfetta ed assolutamente personale (se si dimenticano le “citazioni” di Antonioni e Bergman! N.d.R.) il senso di soffocamento che proviene da una vita vissuta nell’angosciosa ricerca di quelle risposte, ricerca cui tutti, almeno una volta nella vita, mi auguro!!, ci siamo confrontati (Giovanni, anche i cani, seppure con i loro limiti, si pongono dei quesiti esistenziali!).”
      “Il film è quindi in classico stile wendersiano, un viaggio, ma al di la della bipolarità Palermo/Dussendorlf (ma perchè la maggior parte degli italiani ce l’hanno con ‘sta povera città? Düsseldorf si chiama, Giovanni! E, se sulla tastiera del tuo pc non hai la “ü”, lo puoi scrivere “Duesseldorf”!!!), il viaggio è un viaggio interiore (che di fatto crea dei problemi alle viscere! N.d.R.).” .
      “Palermo viene mostrata in tutta la sua magica spettralità… (io ho visto solo gli spettri! Che fine ha fatto la magia??? N.d.R.)”
      “La morte, rappresentata da Denis Hopper, dice di sé essere una freccia lanciata verso il futuro. La morte, quindi, come compagna progettuale della vita… (a chi devo attribuire la citazione del pensiero di Heidegger? A te, Callea, o a Wenders? E poi, orsù – ed uso un’espressione volutamente vetero-italiota in omaggio a te, Giovanni! -, se si vuol evincere qualcosa sulla tematica del rapporto Vita/Morte nel quotidiano e nell’esistenza tutta di individui e/o gruppi, rimanderei ad un capolavoro (quantomeno trattasi di un cosiddetto “cult film”!) assoluto della cinematografia contemporanea: “Monty Python’s The Meaning of life” di Terry Jones. Almeno si ride ed in modo intelligente… N.d.R.”
      “Grazie quindi a Franz Lustig, per una fotografia straordinaria, ben lontana dai finti stereotipi cui siamo fin troppo abituati abituati. (E rispetto a questo passaggio mi tocca darti ragione, caro Giovanni: perchè accontentarsi di “finti stereotipi” –eh???- quando ne possiamo ricevere di veri?)”. Per la cronaca: l’aggettivo “lustig” in tedesco significa “divertente”. Durante la visione di “Palermo shooting” mi mancavano (manco a crederci!) i film con Alvaro Vitali!
      “Da antologia (del Kitsch hollywoodiano e dei klischees tardo-romantici dei filmoni strappalacrime dell’industria cinematografica indiana! N.d.R.) l´abbraccio finale tra Campino ed Hopper, la Morte (il cui ruolo è importantissimo per la riuscita finale del film, giacchè gli spettatori, per una sorta di eccesso di empatia, muoiono tutti in sala. Di noia. N.d.R.) mostrata adesso amica e consigliera.”
      “…una vera protagonista femminile c’è (dove, per favore??? N.d.R.), Flavia interpretata da Giovanna Mezzogiorno: sul suo primo piano si conclude il film, in una scena che a mio avviso è gia storia del cinema (mi permetto il ricorso ad una comune esclamazione sicula: Minchia!!! Storia del cinema??? Mi sembra di leggere il Dizionario del Cinema del Merenghetti – la cui lettura, caro Giovanni, ti consiglio! -, dopo l’assunzione di LSD! N.d.R.).”
      “E stato scritto: “una poesia non significa è”; questo film ha la capacità di significare (aggiungerei: “insignificanti significati”! Così facciamo contento pure Chomsky! N.d.R.) di lasciare a ciascuno modo e voglia di cercare le proprie risposte e di porre le proprie domande e pertanto non esiterei a definirlo poesia. (Bravo Giovanni! Bel sillogismo aristotelico! Si può applicare anche al ragù alla bolognese??? N.d.R.)”
      “… quanto sia complesso e faticoso il percorso che porta all’introspezione e di quanto dobbiamo essere grati a Wenders che da grande maestro, ci spinge in quella direzione. (Non è che il maestro, oltre agli strumenti psicoanalitici, disponga anche di poteri taumaturgici??? Avrei dei problemini alla schiena… N.d.R.)”
      “… la colonna sonora vale da sola il prezzo del biglietto … (e, difatti, la prossima volta investirò preferibilmente tale somma per andare a vedere un concerto, magari uno organizzato da te, Giovanni! N.d.R.)”
      “…Bellissime infine le immagini di Ganci. (Intanto, Giovanni, si chiama Gangi! Ma che cavolo c’entrava Gangi piazzata nella trama narrativa, con il pretesto della morte della nonna di Giovanna Mezzogiorno-Flavia? E poi, quanti sono i temerari che in Vespa (!!!) ed in due si avventurerebbero in viaggio partendo da Palermo e con destinazione Gangi (paese che mi piace molto!)??? N.d.R.)

      Ultime considerazioni.
      Comprendo, infine, l’Ottimismo della Ragione di Giovanni Callea costretto, seppur armato dele sue doti retoriche migliori, nella sua laudatio per Wenders e “Palermo shooting”, ad arrampicarsi sui ben noti specchi per difendere quella che, a ragione e come “associated producer” del film (vedansi i titoli di coda!), percepisce anche come propria creatura. Non potrò mai, purtroppo per lui ed altri seguaci ad oltranza del Signor Wenders, condividerne le Ragioni dell’Ottimismo.
      Che poi il budget elargito dagli Enti siciliani ammonti a circa quattro o ad un milione di Euro, ben poco conta. Non va comunque dimenticato che è (era!) denaro pubblico, di noi contribuenti speso, come spesso accade, con molto entusiasmo e poco acume (lo stesso vale comunque per la Nordrhein-Westfalen Filmstiftung che dovrebbe in primis garantire fondi a registi esordienti e dopo a quelli ai quali rimane solo un Nome e un’immeritata fama…).
      Concordo inoltre con Lelio quando scrive:
      “… Il cinema,la musica,il teatro l’opera d’arte in genere ha bisogno di una sua maturazione spontanea,nasce dentro l’artista e non può essere regolata da un POR Regionale o da operazioni di Marketing politico.Questa operazione mi è sempre apparsa una forzatura e mi sono chiesto se il Maestro avrebbe ambientato il film a Palermo su un tema
      così generico e personale se non avesse trovato su un piatto d’argento i circa quattro milioni di Euro elargiti dagli Enti siciliani.”
      Mamma mia, Giovanni, terribile la tua uscita riguardo al criterio del “paghi uno e prendi cinque” (questo concetto mi dà fastidio anche se viene applicato alle patate!).
      Dissento invece con Fabio Bagnasco:
      “… trovo stucchevole, conformista e idiota questa illogica allegria intorno ad un cinema, quello italiano, morto e sepolto da qualche decennio.” Faccio notare che il film “Gomorra” (pur non essendo lo scrivente un convinto sostenitore di tale pellicola) ha incassato gran parte dei premi conferiti dalla Giuria del Premio Cinematografico Europeo a Kopenhagen. Se questo si può definire un cinema morto…

      P.S. al P.S. di Giovanni Callea sul tema “Accenti mancanti”:
      “…scusate per gli accenti ma sono in Germania e sulla tastiera mancano le lettere accentate.”
      Caro Giovanni, gli accenti e le lettere accentate (come vedi dal mio scritto!) ci sono sulla tastiera, basta sapere dove trovarli e come attivarli!

    24. Carissimo Salvo, ah ah da non crederci
      Ho letto solo adesso il tuo erudito intervento sul mio post e non ho resistito a risponderti. Naturalmente divertito piuttosto che infastidito, perché sono passati più di venti anni dal liceo e non sei cambiato di nulla. Non è che di hanno surgelato dopo il diploma e scongelato adesso? Ti scrivo comunque ben sapendo che è un messaggio il mio che resterà a galleggiare in Internet come un messaggio in una bottiglia e che potresti non rispondere mai oppure tra altri 20, al prossimo scongelamento :).
      Noto con piacere che sei sempre pronto con le solite citazioni da Aristotele a Chomsky, forse eccessivo per una semplice rispota su un blog.

      Circa gli accenti, io non vivo in Germania, ma vado ogni tanto per lavoro, e quindi non so usare la tastiera tedesca. Precisarlo è stato un gesto di cortesia per chi legge. La necessità che hai avuto per sottolineare che tu invece sai farlo (come anche la storia di duueessendorlf) potrebbe evidenziare a chi legge le nostre differenze di stile, invece rassicuro tutti, non sei cafone, sei proprio fatto così.

      Sorvolo su tutto il tuo intervento, perchè potrei sbeffeggiarti anche io paragrafo per paragrafo. Approfitto per un paio di considerazioni serie: che il cinema possa avere delle forti ricadute in termini di sviluppo territoriale, che poi è quello che riguarda il mio lavoro, lo dimostrano tutte le film commition presenti al mondo. Da tecnico sarei più interessato a discutere del perché Palermo Shooting, non sia stato anche un’occasione per Parlermo (ormai posismo dirlo), al di là dei meriti o demeriti del film, se si pensa al successo, ad esempio, del film di Woody Allen su Barcellona (che io ritengo molto al di sotto della media di Allen). A chi critica l’utilizzo dei fondi per realizzare il film faccio presente che il contributo è stato ottenuto da un bando europeo che finanziava svariati milioni di euro. Di questo progetto stiamo parlando (bello o brutto è finito in un film presentato a Cannes) ma nessuno si chiede che fine hanno fatto gli altri soldi ed altri progetti. È più o meno come quando gestivo Kals’art, tante polemiche perchè costava un milione di euro (solo che l’ufficio Grandi Eventi ai tempi aveva un budget di 13 milioni, e nessuno si interrogava su dove finissero gli altri 12).

      E per concludere, caro Salvo, l’esserti trasferito in Germania non ti ha fatto perdere (e questa sarebbe l’unica vera ragione per lasciare la Sicilia) l’attitudine tutta palermitana di una critica estenuante e sfibrante e nel tuo caso accademica e noiosa fino all’inverosimile, senza alcuna intenzione o capacità di proposte concrete. Così alcuni siamo destinati a progettare e realizzare progetti strampalati come un Film di Wenders su Palermo, altri hanno l’ingrato compito di criticare… e basta. Per concludere, ribadisco, una poesia non significa è. La differenza tra gli uomini la fa la capacità di utilizzare questa lente nell’interpretare un prodotto artistico o un ragù alla bolognese.
      Io provo ad applicarla evvcinandomi ad un testo o un film. Tu continua pure con il ragù.

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