Piazza Vergogna
Gli gnuri sono all’erta sulle loro carrozze, come pescatori pronti a cogliere all’amo di un’invisibile lenza i turisti che si soffermano a guardarli per più di mezzo secondo. I conducenti di pullman confrontano le proprie idee ai piedi dei loro bestioni, faticosamente parcheggiati ai margini di una carreggiata che non sarà mai larga quanto serva a loro. I posteggiatori abusivi si esibiscono in fischi da pecoraro di caverna ed urla da avventore di taverna. I turisti si girano su sé stessi a trecentosessanta gradi, come azionati da un meccanismo invisibile, cercando di non perdersi neanche uno degli scorci di questa fantastica piazza Bellini, piena di arte e di storia.
I più diligenti dei gruppi vacanze sfogliano vorticosamente le pagine della guida verdina, e declamano le descrizioni degli interni della Martorana, e le leggende delle suore cuochine. Accenti padani e cadenze straniere si mischiano ai commenti sarcastici degli autoctoni sfacinnati, impegnati nella consueta attività di attesa clientelare del consigliere comunale di riferimento.
Mi guardo intorno ed ammetto di provare un certo orgoglio. Gonfio persino il petto e mi pavoneggio, cercando di soffocare la consapevolezza di non avere – ahimé – alcun merito nell’interesse che questi stranieri mostrano per la città in cui, del tutto casualmente, il destino ha scelto di farmi nascere e vivere. Ma tanto basta per rallegrare il mio spirito, e mettere finalmente in secondo piano le frustrazioni e le vessazioni quotidiane di una vita da palermitano di strada.
Ma il dovere mi chiama. Lascio la moto sotto la gradinata di Santa Caterina e mi avvio frettolosamente verso piazza Pretoria. Slalomeggio come un azzurro della valanga fra i turisti impegnati ad immortalare le cupole della Martorana, stando ben attento a schivare le pallonate del solito gruppetto di bambini italo-extracomunitari, e ad evitare di invadere il campo visivo del fotografo che intima agli sposini di baciarsi e sorridere spontaneamente. L’orecchio curioso si lascia attrarre dalla voce della guida turistica che spiega al suo auditorio i segreti e le storie delle splendide statue che adornano la piazza “della vergogna”. E mi viene in mente che io, palermitano da due soldi, non sono poi così sicuro del motivo di questo “nome d’arte”. Sarà perché le statue sono nude? O la storia racconta anche qualcos’altro?
È l’occasione giusta per colmare questa lacuna. Allungo l’orecchio, in modo un po’ furtivo, come sono solito fare nei luoghi a vocazione turistica. Mi infiltro con accuratezza, ma solo per rubacchiare qualche informazione. Ogni tanto butto anche un pò l’occhio; così, per vedere se qualcuno mi scopre. Il rischio c’è, in effetti, visto che fra i turisti serpeggia una certa distrazione. Sarà il caldo, sarà che la guida non è forse poi così brava a catturare l’attenzione. E dire che è anche carina. O forse no, non è affatto colpa sua.
I turisti disattenti, infatti, guardano tutti nella stessa direzione. E nei loro volti è disegnata un’espressione di meraviglia, venata da un leggero sconcerto. Ripenso allora all’indimenticabile gag di Totò con l’onorevole Trombetta, e mi viene la tentazione di mettere il dito vicino all’occhio di un turista a caso, e seguire la traiettoria dello sguardo – “Ma dove guarda?” -, per scoprire dove va a finire. Ma non lo faccio.
E meno male. Perché se il dito di Totò completava il suo percorso sulla chiappetta seminuda di Delia Scala, il mio finirebbe invece su quella decisamente meno invitante di un ragazzo malvestito che dorme su una brandina collocata proprio a due metri dal portone del Palazzo del Comune. E, poco più in alto, un altro manifestante pende incatenato al lampione storico che ne sorveglia l’ingresso.
Mi volto nuovamente verso i turisti. E poi verso la guida che fa finta di niente e continua imperterrita a parlare delle vergogne del passato e delle statue ignude. Le vergogne del presente sono illustrate in maniera fin troppo evidente, senza bisogno di parole, dai due concittadini che stazionano in quel modo precario. Un aggettivo che a Palermo è ormai diventato un sostantivo. Ma sarebbe troppo difficile spiegarne il doppio senso ai turisti. Difficile, e decisamente penoso.
O meglio: vergognoso.
Non mi pare ci siano molte alternative per risolvere il problema.
O si sposta la sede del Comune oppure si cambia il sindaco…
E a proposito di vergogna, legata al Comune di Palermo e alla sua gestione, il nostro Sindaco inconsapevolmente avrebbe ammesso che il Comune di Palermo è vicino al dissesto finanziario.
Mi spiego meglio. Sul Giornale di Sicilia di oggi si scrive che, date le difficoltà economiche delle famiglie palermitane, il nostro lungimirante Sindaco ha deciso di non raddoppiare l’addizionale Irpef. Per superare le evidenti difficoltà finanziarie di bilancio ci si affiderà al Governo nazionale e a un emendamento al Decreto salva Napoli. In quel decreto sarebbero previsti aiuti finanziari a quei comuni capoluogo a ridosso del dissesto finanziario. Dato che il nostro Sindaco spera di ottenere quei fondi, in pratica sta certificando il quasi dissesto finanziario. Evviva la sincerità, un po’ contorta, da leggere tra le righe, ma sempre sincerità!
La soluzione è semplice; si è liberi di manifestare il proprio dissenso ma proteste come quelle che deturpano luoghi di interesse pubblico non vanno mai accettate, in tutte le città d’europa si verrebbe arrestati in un secondo. Se non ci credete provate ad appendervi con la catena al cancello di Buckingham Palace, in 5 minuti senza se e senza ma via in galera.
La verità è che le nostre forze dell’ordine e la polizia municipale sembrano avere le mani legate,non li possono toccare. C’è chi occupa la cattedrale per protesta, chi spacca le fontane di piazza pretoria, chi occupa edifici comunali, addirittura gli stessi uffici di palazzo delle acquile. E nessuno li può toccare…in questi casi rimpiango lo Schutzhaft della gestapo, il potere di imprigionare le persone senza procedimento giudiziario.
Evidentemente ognuno ha i rimpianti che si merita…