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sabato 23 nov
  • E biri chi manci (II)

    Il pane con la milza fatto in casa ha un altro sapore e una volta apprese due tre cose da conoscere assolutamente, sarà un pretesto piacevole per radunare a casa vostra amici di comitiva in gran numero o familiari entusiasti di voi. Provare per credere.
    Per quattro persone, acquistate due kg di polmone e un mezzo chilo, anche meno, di milza, una volta cotto riduce parecchio.
    La prima cosa da fare è mettere il tutto a bollire in una pentola ben capiente e riboccare d’acqua calda man mano che questa evapora. Aspettativi un certo odore caratteristico sui generis…
    Dopo circa due ore di cottura, azziccando la forchetta vi rendere conto se è cotto, spegnere e lasciare dieci minuti a mollo nella sua acqua bollente a riposare.
    Quindi mettere il tutto su uno scolapasta, coprire con un coperchio e lasciare raffreddare bene . Appena si è ben freddato, metterlo in frigorifero.
    L’indomani affetterete milza e polmone in maniera uniforme e sottile con un bel coltellaccio affilato e li disporrete su un ovale separatamente.
    A molti, e io tra questi, piace “’u scannaruzzatu” cioè la parte cartilaginea di trachea che occupa la parte centrale del polmone.
    Anche questa parte mettetela separata su un piatto, chiederete poi quali ospiti la gradiscono o no.
    La fase finale.
    I due tre segreti, che segreti non sono, ve li dico subito, uno è la proporzione tra polmone e milza, io dico 5/6 , cinque sesti, di fettine di polmone e una fettina di milza, dunque in un panino ben consato mettete al massimo due fettine di milza.
    Questa ha un sapore dolciastro e inoltre se caricate troppa milza, l’effetto in bagno dell’indomani è decisamente straordinario.
    Le focaccine, cioè il pane, deve essere il pane che sappiamo…allora ordiniamolo dal fornaio di fiducia dicendogli lo scopo finale.
    Tutti sappiamo dello strutto, essere il grasso di cottura deputato al pane con la milza.
    Sfatiamo un mito.
    Fatelo con un buon olio di semi, sempre senza far raggiungere il punto di “fumo”, quindi fiamma bassissima.
    Vi sparagnerete 400 cl di colesterolo come niente e digerirete il tutto con una velocità sconosciuta.
    Consiamo come? Padella grande abboccata verso la vostra panza, vanno bene i riduttori degli altri fornelli messi a mò di spessore.
    Spargete le fette di polmone nella parte alta della padella, l’olio che sia abbondante,ma devono stare alla calura, non devono cuocere.
    Primo panino, tagliato con coltello seghettato, prendete due fette di milza dall’ ovale, fate fare un giro nella parte bassa della padella, nel frattempo fate cascare una decina di fette di polmone sempre nella parte bassa della padella.
    Appena sono ben caldi, consare veloci e dare subito da mangiare al primo in lista d’attesa, questo è un tipo di mangiare che non si può “aspettare” a mangiare tutti insieme, se no “insiva” e freddo è un chiummo pauroso. Io scaldo anche il pane, cioè le focaccine.
    Poi potete, a chi piace, aggiungere caciocavallo julienne, ricotta, o solo limone, insomma a seconda del gusto. Fatevi assistere da un/una porta piatti, non distogliete l’attenzione dalla padella e avrete un successone da scrivere sul diario o sull’agenda o sul blog personale o su…Rosalio.

    Ospiti
  • 26 commenti a “E biri chi manci (II)”

    1. Suggerisco l’aquisto (o il regalo) dell’apposita quarara
      in vendita ai calderai; rende meglio della padella, fai fiura, e con il bruciatore annesso basta una bombola per manciari pani ca’ mieusa pure a mare, alternativa alla solita (e stravista) teglia di pasta col forno.

    2. Due ore davanti ai fornelli, odori tipici in casa, sporca qua e sporca là e caldo…capito, continuerò a comprarla già fatta.
      Buona milza a tutti.
      😀

    3. Sono d’accordo con Jolanda, capisco il prio di farla in casa (che non ha lo stesso sapore, è inutile che ci prendiamo in giro..la “grascia dei meusari” gli conferisce un sapore tutto suo)e per quello che si combina in casa! ma poi tu Giuanni, ormai sei sardo, devi cucinare solo malloreddus e purceddu.

    4. ciao, sei tu Jolanda che tutti citano e invocano?
      se si, ammetto che avrei letto con piacere un tuo parere, oltre che su fornelli e odori tipici ( che pure apprezzo), sulla ZTL.
      intuisco che ne eri una sostenistrice, quindi servirebbe da contraltare.
      non so, pensaci.

      ciao e mi associo in un buona milaza a tutti.
      (ma come le mettete ste faccine!!)

    5. @Stefania Petyx,
      due punti, segno meno e parentesi tonda destra…ed ecco la faccina.
      Comunque devi sapere che Jolanda fa la colf (parole sue) e quindi sarà impegnata tutto il giorno tra i fornelli e a raccogliere cocci (che notoriamente sono di chi rompe e, si spera, anche paghi) e – non volendo sporcare lo scooter ultima generazione con le mani tutte unte di pane con la milza – cammina molto a piedi (altrimenti detto “passeggiare”)…

    6. mo provo…
      🙂

    7. wowww
      grazie R.M.
      confesso che mi chiedevo da tempo quale fosse il metodo.
      stavo per scrivere a bill gates!
      ma tu a questo punto sei eletto: mio novello bill!
      azie…

    8. prego! è niente rispetto al GRAZIE che ti dobbiamo tutti noi…

    9. beh,chi si accontenta gode!
      a me va bene così 😉 🙂 ;-(

      azie,,

    10. Cu stu cavuro, però, u panino ca meusa…. pesante è!!

    11. polmoni e milza degli animali??? poi è mc donald che vende carne schifiata vero? qualcuno di voi sa se quel polmone e quella milza non siano contaminati da epatiti, tumori, o infezioni varie? essendo scarti, e non essendo inseriti in alcun circuito di vendita, spesso questi “pezzi” vengono dati via senza nessun controllo, poi arriva lo zio tanino che li mette sulla griglia e noi : “mi rassi una stecca i stigghiula zu’ tanino”.

    12. R.M. ti piace il “cortile”, ti ripeto per l’ennesima volta, perchè noto che non hai saputo leggere, che io NON POSSIEDO UNO SCOOTER, è una mia amica che gentilmente SPORADICAMENTE mi da un passaggio.
      Ecco detto questo, aspetto di aver più tempo per leggere tutto il topic della Brava Stefanya Peyx,
      sto collegata poco al pc, visto che devo lavorare e pensare anche a casa mia.
      Un sorriso da parte mia, ciao
      🙂

    13. @Stefania Petyx: chiedo scusa se prima ho scritto male il tuo nome ed il tuo cognome, la tastiera a volte fa i capricci. Comunque, io sono a favore delle ZTL SEMPRE E COMUNQUE. Ciao. 🙂

    14. @Jolanda
      che ci vuoi fare…colpa dell’estrema sintesi di un post con 300 commenti ma comunque un chiaro omaggio alla tua figura!
      Inutile dire che si fa per scherzare…
      Un sorriso anche da parte mia e buon lavoro 🙂

      P.S.
      più che il “cortile” a noi tutti ci appare più interessante la finestra su “certi” cortili…quella che sta cercando di aprire la brava Stefania…

    15. grazie Jolanda, e tranquilla lo sbagliano tutti.
      😉

      vorrei dire, se e anche fosse cortile, definizione atipica ma comica..Meglio essere pollo da cortile che da batteria. non trovate?
      buon lavoro
      ste

    16. @Stefania Petyx
      meglio stare alla finestra a guardare il cortile e non trovarsi ad essere tra i polli.
      anche perchè i polli – che siano da cortile o da batteria – finiscono sempre per avere mortali problemi di torcicollo…

    17. Rob lo snob,cucinerò anche malloreddus, procceddu, angioni, tratalias, longus e mannareddas, ma vuoi mettere cucinare, o tentare di cucinare, il nostro mangiare, i nostri sapori e mettiamoci pure le nostre radici….:):)

    18. mitico,il migliore della citta’ per me e’ a viale regione siciliana dopo via pitre’.
      A seguire porta carbone,san francesco,ballerino e testagrossa.
      Altri non ne conosco,ma lo sapevate che il bred,cechenga end cheese lo mangiano pure in ghana?Dice che e’ tal quale al nostro.

    19. comunque viene molto bene anche con la milza e polmone di cane,se di grossa taglia s’intende.
      Buon appetito

    20. Oddiomio, attendo ricette più “estive”!

    21. “EFFETTO MILZA”

      La scala che portava al mio appartamento era stranamente invasa da un odore inconfondibile per ogni palermitano che tal vuol definirsi (con orgoglio). Già alla seconda rampa la mia testa fu sgombra da qualsiasi pensiero: bollette da pagare, telefonate da fare, scadenze da ricordare… tutto cancellato. Asciugato. Sparito.
      Tutti i miei problemi, come d’incanto, erano scivolati via, senza resistenza, trasportati via in chissà quale altra dimensione da quel profumo prodigioso che ormai aveva invaso completamente lo stabile.
      Però questa tranquillità apparente durò qualche secondo e fece da preludio ad un’ondata di profonda ansia; l’unica preoccupazione che adesso, da sola, premeva contro le pareti del mio cranio, generando in me un’assillante fastidio, come può essere il segnale acustico di avvertimento del mancato utilizzo delle cinture di sicurezza (prima o poi lo disabilito, anche a costo di smontare l’intera auto) (lo so, lo so: basta indossarle e il cicalino sparisce!) era quella di scoprire da dove veniva quel succulento aroma. La domanda che aveva monopolizzato la mia, ormai prossima alla fine, ascesa verso la porta di casa era questa: “Speriamo che la stanno preparando a casa mia!”
      Ravàno (voce del verbo ravanàre) febbrilmente dentro le mie tasche per trovare le chiavi che, finalmente, mi avrebbero svelato l’arcano! Dietro quella porta si nascondeva il più profondo piacere… o la più desolante delusione!
      L’odore legato alla preparazione della milza ha dell’incredibile: emesso dal punto di cottura, che ne delizia immediatamente il suo esecutore materiale ed i vari commensali, riesce a propagarsi velocemente ed a saturare l’ambiente in pochissimo tempo, per poi passare agli ambienti via via più esterni aumentando il suo raggio d’azione così come farebbe il metano…cosicché da impedire a qualsiasi essere vivente di individuarne con esattezza il punto d’origine.
      L’indice della mia mano destra trasmise al mio cervello sicurezza: aveva toccato qualcosa di metallico all’interno della mia tasca. Le chiavi. La salvezza. Emozione che saliva. Avrei potuto suonare il campanello, si certo… ma non sarebbe stato lo stesso. Io sono un “rimandapiaceri” (citazione da “Vanilla Sky”con Tom Cruise) e come tale, paradossalmente, mi delizia ciò che mi fa attendere un po’ di più un evento piacevole… rendendo l’attesa spossante ma, appunto, piacevole. Inserisco la chiave nella toppa con determinazione, lascio che il giro di 180 gradi si compia senza strattoni, con ritrovata apparente serenità spingo la porta in avanti di qualche centimetro per permettere alla straordinaria fragranza di fuoriuscire con più intensità dall’appartamento e così di fornirmi la prova, che sarebbe stata allora certa, che la sua provenienza fosse la cucina di casa mia, ma…
      Entrai in casa trascinandomi come uno zombie nella “Notte dei Morti viventi”. Mia moglie, seduta in salotto reggendo sulle gambe il suo bel portatile, mi fissò per alcuni secondi (il mio viso non doveva essere tra i più rassicuranti), e dopo un silenzio disarmante mi disse, ignara di tutto: “Non ho ancora cucinato nulla, ti ho aspettato così scegliamo insieme cosa fare per cena, ok?”
      Poche parole, ma di una cattiveria immane se ascoltate alla luce di ciò che mi era capitato. Non risposi, e neanche lei se ne stupì tanto. Avanzai fino alla stanza da letto, mi spogliai e facendolo non potei non accorgermi che parte di quell’odore sublime aveva impregnato la mia giacca… L’ultimo “regalo” nostalgico di un’amante ormai lontana…
      Indossati abiti comodi mi proposi di tornare da mia moglie, spiegarle il motivo della mia disillusione, e cercare di risolvere la cena in qualche modo (anche se niente avrebbe sostituito con lo stesso appagamento un bel panino con la milza!) quando la mia attenzione fu attratta da qualcuno fuori dalla finestra.
      Il mio vicino, la cui finestra dista pochi metri dalla mia veranda della cucina, aveva fatto un movimento repentino con le braccia, un movimento familiare: aveva portato tutte e due le mani all’altezza del viso, ma lontane da esso, e spingendole tra esse, come per strizzare qualcosa, le aveva fatte muovere velocemente su e giù per tre volte. Anche se le finestre, la mia e la sua, erano completamente chiuse, e non udii nessun rumore, voce o segnale particolare, mi bastò aspettare cinque secondi e rivedere quel gesto per capire cosa stava accadendo.
      Chi non riconosce la “spremitura” del panino, una volta consato, per mandar via quel po’ di sugna in eccedenza che inevitabilmente rimane tra una fetta di milza e una di polmone, impregnando non poco anche il panino?
      Mia moglie carpì il mio segreto. Deve averlo capito dal bagliore dei miei occhi, dalla scintilla che animò il mio sguardo che dalla finestra del mio vicino si riposò su lei.
      Non si scompose.
      Io non dissi nulla.
      Decidemmo di comune accordo di preparare una frittata e un’insalata per cena. “Stasera manteniamoci leggeri dopo l’Amatriciana di questa mattina” aveva detto. Io non concordavo, ma tanto ormai era andata così. Mi ero preoccupato solo di chiudere la tenda della veranda per evitare, almeno questo, di continuare a vedere questo paradiso a due passi e non poterne far parte.
      15 minuti, ormai, da solo davanti al telegiornale non erano riusciti a farmi dimenticare completamente l’accaduto. Anzi. La mia mente visualizzava ancora il tondo del panino, la sugna colante e odorosa che da esso cadeva dentro la padella in una prelibata cascata unta di colesterolo, le fettine di milza spugnose e dal colore di cioccolato, il polmone più scuro che fa contrasto con il suo particolare disegno di nervature, e lo “scannaruzzatu” che completa l’opera con piccole perle croccanti di profonda voluttà. Tocco finale, a chi piace, leggeri fuscelli di caciocavallo ad imbiancare la sommità della catasta di bovina origine e, a me piace così, spremuta di limone a conferire acidità all’impasto grasso che, da solo, sarebbe troppo forte anche per le papille gustative più smaliziate.
      Ne sentivo ancora l’odore, anche se non mi spiegavo il perché.
      Tutto mi fu chiaro quando vidi provenire mia moglie dalla porta di casa, con quella sua aria da compiaciuta maestrina, stringendo in mano un piattino dal prezioso contenuto. Me lo portò fin sotto il naso e serafica disse: “Appena hai finito dammi una mano a tagliare l’insalata” e andò in cucina.
      Aveva ragione lei. Sempre.
      A volte le cose più semplici sembrano le più difficili da realizzare.
      Potevo farlo io, andare lì, dal mio vicino, armato di sfacciataggine e chiedergli “asilo gastronomico”.
      Ma non lo pensai neanche. Ma questo, si sa, è anche colpa “dell’effetto milza” che ti acceca quando ne sei schiavo, come me!
      Da solo, con il mio panino con la milza in mano, assaporavo la beatitudine che solo l’appagamento di un forte desiderio può darti. Ma soprattutto capivo, ancora una volta e se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, di avere una moglie che mi amava veramente.

      Ciao Giovanni, hai capito chi sono? Un tuo parente… acquisito!
      Un grosso saluto a tutti, e complimenti per il blog.

    22. Alex, questo tuo pezzo mi fa arrivare un odore di pane con la milza dal video del computer, da svenire, anche con 40 gradi e lo scirocco…
      Salutami la casa…..
      Giovanni

    23. Ciao giuanni!
      l’argomento era troppo GUSTOSO per non metterci anche del mio! Quando si parla di milza non capisco più niente. Non potevo leggere e non lasciare un omaggio! Come vedi ti seguo sul blog… che trovo molto “maturo” e piacevole (con qualche eccezione, ci siamo capiti!?)
      Un forte abbraccio a casa.

      A presto.

    24. Ciao! sono di Milano e già da un po’ di tempo ho conosciuto questa splendida ricetta e me ne sono innamorato!! volevo un consiglio, ho letto, saltando da un sito all’altro, che durante la bollitura delle frattaglie si aggiungono aromi…. sapete di che aromi si sta parlando?! grazie!

    25. Succo di limone,vino bianco,foglie di alloro ,pomodorini
      e ,
      facoltativo,
      rape.

    26. Minkia… Mi vinni u’spinnu

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