Il sultano dell’Oman
Nell’attenzione mediatica suscitata dalla visita a Palermo del sultano dell’Oman, c’è qualcosa di più di un ritorno alla memoria ancestrale degli arabi di Sicilia.
Si favoleggia sulle sue ricchezze, persino sul numero delle mogli: Sei, nientedimeno, ha detto qualcuno a un certo punto, e che delusione invece quando si è scoperto che l’unica consorte è pure una ex. Gli si tendono le mani per un’elemosina, gli si offrono le chiavi dell’antimafia. S’è capito che se l’Oman facesse tanto per annettersi la Sicilia, noialtri, insomma, un pensierino ce lo faremmo.
Lo spettacolo è da commedia plebea, alla Franchi e Ingrassia, ma il risvolto malinconico di tutta questa devozione risiede nell’invincibile vocazione dei siciliani alla sudditanza. I due gioiellieri cittadini che hanno portato doni al sovrano sono una piccola metafora di quest’Isola, specializzata nel dare a chi già possiede, sperando che poi paternalisticamente decida di portarci via con sé. I doni dei gioiellieri sono stati rifiutati, stavolta: e questa rappresenta una piccola lezione di civiltà.
(In collaborazione con www.robertoalajmo.it)
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