Libero Grassi, diciassette anni dopo
Probabilmente molti fatti della Storia accadono perché devono, perché altrimenti la Storia non potrebbe andare avanti. Di certo, vi sono alcuni fatti che segnano il confine tra un prima e un poi. La vicenda di Libero Grassi è una di queste. Se, dopo diciassette anni, la ricorrenza della sua morte non sarà soltanto argomento di trafiletto di giornale o oggetto di necrologio dei familiari; se, ancora una volta, davanti a quel metro di muro di via Alfieri ci saranno le Istituzioni, le associazioni di categoria, i volontari e i tanti giovani, vorrà dire che l’ uccisione di Libero Grassi ha segnato un prima e un poi.
Molti dei giovani e dei volontari che saranno presenti alle diverse manifestazioni che si stanno organizzando in città, sette anni fa non c’erano. Eravamo bambini. Ma tutti gli altri, le Istituzioni, le associazioni di categoria dov’erano?
Ma soprattutto, siamo sicuri che la morte di Libero Grassi è uno di quei fatti della Storia che accadono perché devono?
Eppure non si trattò affatto di un evento inopinato, improvviso. Probabilmente giova ricordare che Grassi, poco tempo prima di essere ucciso, pubblicò sul Giornale di Sicilia una lettera in cui scrisse: “Volevo avvertire il nostro ignoto estorsore che non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia”. Forse è opportuno riportare alla mente che nel corso della trasmissione televisiva Samarcanda, condotta nel 1991 da Michele Santoro sulla terza rete della Rai, l’imprenditore ebbe a dire: “Non sono un pazzo, sono un imprenditore e non mi piace pagare. Rinuncerei alla mia dignità. Non divido le mie scelte con i mafiosi”. E ancora l’intervista alla rivista tedesca.
Ad ogni buon conto, al di là di ciò che non è stato e che poteva essere, una volta giunte nel 2004 le condanne definitive a diversi boss del calibro di Totò Riina, Bernardo Provenzano e Pietro Aglieri, l’unico probabile modo che ci resta per continuare a rendere giustizia al nostro conterraneo è, in un certo senso, tenerlo vivo. A distanza di diciassette anni sono tanti i segni tangibili di un cambiamento. Ecco perché la figura di Libero Grassi ha fatto da spartiacque nel corso della nostra Storia. E non soltanto per la storica diretta a reti unificate Rai Tre – Canale Cinque subito dopo la sua morte (che io ricordi ciò è accaduto soltanto in occasione dei tradizionali discorsi di fine anno dei Presidenti della Repubblica), né per le prese di posizione che ne scaturirono, in un’Italia che doveva fare i conti con Tangentopoli, e che ignorava ciò che ancora l’attendeva.
Piuttosto – direi – a motivo del forte movimento d’opinione (vorrei poter dire “culturale”, come ripeteva Paolo Borsellino) che è sorto nelle coscienze di cittadini e associazioni quali, ad esempio, Confindustria Sicilia (che ha deciso – ricorderete – di espellere i suoi associati che pagano il pizzo), prontamente seguita anche dalla Confcommercio, specie in seguito alla scoperta del cosiddetto “Libro Mastro dei Lo Piccolo”, accompagnate dalle denunce “eccellenti”: il proprietario della più nota focacceria di Palermo che punta il dito contro il suo estorsore in un aula di Tribunale, l’imprenditore che vede in andare in fumo la propria azienda e, in tutta risposta, si affretta a spiegare dalla pagine del Giornale di Sicilia i motivi per cui un cristiano non può pagare il pizzo. Ed altri ancora.
Vi è di più: la nascita di Addiopizzo, la costituzione di Libero Futuro, i giovani che si espongono in prima persona con il loro nome e il loro viso, il coinvolgimento degli studenti delle scuole superiori e delle facoltà universitarie in progetti aventi lo scopo precipuo di diffondere la cultura della legalità come ad esempio l’iniziativa “Istituzioni e società civile contro racket e usura” che si è svolta nel segno del ricordo di Libero Grassi.
La strada da percorrere è ancora lunga, ma come non poter trarre da questi eventi la spinta per “fare ognuno qualcosa”?
La Camera di Commercio ha promesso di divulgare proprio oggi, nel corso di una manifestazione che si terrà nella sede di via Emerico Amari, alcuni importanti dati che sono emersi dall’esame del questionario predisposto in collaborazione con l’Università di Palermo ed inviato a tutte le imprese della provincia.
Forza.
Un grazie grosso grosso a chi, in questi anni, non ha mai smesso di spendersi contro il “pizzo”. E grazie anche ai picciotti di Addio Pizzo, che oggi forse sono la più bella cosa di Palermo.
Grazie Giovanni P.
ti segnalo la lettera scritta dal Com itato addiopizzo pubblicata sul GdS che riporto nel post aperto da Rosalio sull’anniversario di Libero Grassi.
I picciotti continuano a camminare,anzi a pedalare.
ciao
pequod
Perfetto. Vado subito a leggerla. Il mio augurio è che un giorno le strade dei tanti uomini e delle tante donne che amano la nostra città e la nostra isola possano incrociarsi. Magari insieme proveranno a rimboccarsi le maniche e a raddrizzare le cose.