Palermo 1997
C’era un qualcosa nell’estate del 1997 che oggi sarebbe difficile spiegare. O meglio: nell’estate del 1997 si era fondamentalmente, indissolubilmente giovani.
Dai a un giovane una porzione di terriccio semibuio, quattro gazebo con la birra, una cover band di rock psichedelico e quegli occhi ventenni vedranno Woodstock.
C’era questo Palermo Fest – forse c’è ancora ma è un’altra cosa – e si ballava, si cantava, ci si faceva le canne. Proprio come Woodstock. Però, quella era l’estate del 1997. L’estate della birra da Benito, uno stato di post-adolescente appannamento neurologico con occhi a fessura intenti a guardare le tartarughine moribonde che soccombevano in uno pseudo acquario. Era un artifizio estetico, l’unico che il buon Benito si era concesso per dare un tono a la page al suo chiosco ai Leoni.
Era il periodo delle corse dei cavalli e di tutta una serie di cliché almost beat da romanzo bukowskiano d’annata.
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