Facebook, cosa nostra e censura
Come molti di voi sapranno sul social network più famoso del mondo vanno girando gruppi di fessacchiotti che inneggiano a Riina, Provenzano etc etc etc. La cosa si commenta da sola. Come le scritte sui muri dopo “Il capo dei capi”, le scuole “chiuse” con la colla nei catenacci e altre snargiassate del genere a dimostrazione che la cultura della violenza qualche proselito lo fa. Ma il problema è un altro: sulla base di questi episodi, che hanno smosso i commenti più svariati, da Veltroni a Pietro Grasso, emerge una richiesta di oscurare i “gruppi di sostegno” oggetto della polemica. Io penso che su internet si può imparare a costruire un’atomica in cantina, per non parlare delle molotov. Ci si può iscrivere a siti fondamentalisti di oscura composizione. E che dire di certi film (addirittura di certi canali televisivi particolarmente “votati” a questa “mission”) che osannano comportamenti da baby gang e indicano come “strafigo” l’adolescente che si fa giustizia da solo perchè “la vita a volte è tanto dura e quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”. Quelli non li tagliamo? Allora io penso che no, i gruppi che sostengono i boss devono restare in rete. Anzi andiamo a trovarli e diciamo loro quello che pensiamo. La Rete è una giungla semantica con regole intransigenti: nessuno può vietare niente a nessuno. Ma non perché non si deve, ma proprio perché non si può (la moderazione dei siti, compreso Rosalio, è ovviamente un’altra faccenda). Ma questa è la mia opinione. Voi che ne pensate?
Ultimi commenti (172.538)