L’onore dei pizzini
Ho partecipato ad una sagra dinanzi all’antica focacceria San Francesco. Musica, gente, odori, sapori. La settimana scorsa. Mi piacciono le sagre, si mangia tanto e si paga poco. E poi si incontrano degli amici, o dei convitati ignoti coi quali si intavolano discussioni. Talvolta si dibatte, altre volte si annuisce, spesso si tenta di uscire, imbarazzati, dal dialogo.
Ho pagato otto euro, quattro pizzini. Era lo standard, otto euro. Chi c’è stato sa come funziona. Ogni pizzino vale una, mezza o un quarto di pietanza. In due abbiamo consumato due panini con le panelle, un ottavo di pizza e una cocacola. Otto euro. Poi ho fatto la prova del nove, altrove, e con la stessa cifra si sarebbe mangiato di più. E la sagra?
Qualcosa non quadra. Non c’è misura. O la sagra non conviene, o il pizzino è diventato retorico ed è caduto, fritto, nel suo stesso olio. Non si specula sulle sagre, e nemmeno sulla cultura antimafia. Il rischio è evidente, lo abbiamo corso, e coinvolge una vera coscienza civile. Bisogna uscirne presto.
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