Da oggi nelle sale “La siciliana ribelle”
Esce oggi nelle sale cinematografiche La siciliana ribelle del regista palermitano Marco Amenta e interpretato da Veronica D’Agostino, Gerard Jugnot, Marcello Mazzarella, Lucia Sardo ed Emanuela Mulè.
Il film parla della storia di Rita che una mattina di novembre del 1991, ad appena 17 anni si presenta al procuratore di Palermo per vendicare gli assassini del padre e del fratello, entrambi mafiosi. Per la prima volta una ragazzina proveniente da una famiglia mafiosa si ribella apertamente all’organizzazione tradizionalmente maschilista. Da questo momento in poi i giorni di Rita sono contati. Come tutte le altre donne siciliane cresciute in ambienti mafiosi, Rita dovrebbe piegarsi alla legge della famiglia e del silenzio. Dovrebbe chiudere gli occhi, sottomettersi, come sua madre e la madre di sua madre. Ma Rita non è come loro.
Rinnegata e minacciata dal paese e persino dalla madre, Rita è costretta ad abbandonare la Sicilia e a fuggire clandestinamente a Roma. Il procuratore antimafia diventa la sua figura di riferimento, la prende sotto la sua protezione e la sostiene nel suo percorso, come fosse un padre. Incontra Lorenzo, nasce un amore e riscopre la voglia di vivere come un’adolescente spensierata. Ma gli eventi la mettono di fronte all’assurdità della vita ed alla dismisura della sua battaglia.
Il film è ispirato alla storia di Rita Atria. Il procuratore nella realtà era Paolo Borsellino.
La nipote di Rita Atria ha preso le distanze dal film e dal regista.
«Mi chiamo Vita Maria Atria e sono la nipote di Rita Atria, Testimone di giustizia che il 26 luglio 1992, in un estremo atto di resistenza, si è lanciata dal settimo piano del civico 23 di viale Amelia a Roma. Nel ’92 ero veramente piccola ma nella mia mente i ricordi sono vividi: lo “zio Paolo” [Paolo Borsellino], la zia Rita, la mamma [la Testimone di giustizia Piera Aiello] che mi chiedeva di non dire il mio nome, per la paura e il timore di essere scoperte.
Da quando sono maggiorenne ho continuato a vivere nell’anonimato e non avevo ritenuto opportuno fare dichiarazioni pubbliche, affidando il mio impegno e la mia scelta ad un gesto: essere tra i soci fondatori di una associazione dedicata a mia zia e lavorare dietro le quinte, anche perché sono una ragazza dalle poche parole e ho preferito finora stare nell’anonimato per poter vivere una vita tranquilla e “normale”, sempre fino a quando è possibile.
Oggi, mio malgrado, sono costretta ad affidare all’Associazione Antimafie “Rita Atria” (anche perché non lo posso fare direttamente vivendo in località segreta) un comunicato per esprimere in maniera netta e determinata la mia posizione sul film di Marco Amenta dal titolo “La siciliana ribelle”, stanca di leggere sui giornali e sui siti web che “è rimasto toccato dalla vicenda”, stanca di veder speculare sulla memoria di mia zia, una ragazzina-donna che ha avuto il coraggio di credere nei propri princìpi e di fare determinate scelte, a discapito di se stessa, perché credeva che ci potesse essere un mondo migliore al di fuori del “suo”, un mondo onesto, ma a quanto pare si sbagliava.
Al signor Amenta vorrei dire che se proprio ci tiene a mia zia allora perché da 12 anni non restituisce materiale privato che in buona fede gli era stato affidato per la produzione di quel film documentario (“Diario di una siciliana ribelle”) che per noi alla fine ha rappresentato l’ennesima prova del fatto che nella vita interessano solo le vittime morte, persone che hanno servito lo stato e che ora finiscono nel dimenticatoio o, nelle migliori delle ipotesi, vengono ricordate solo per scopi che poco hanno a che fare con il fare memoria in modo disinteressato.
Nonostante il signor Amenta in presenza di testimoni avesse garantito che “Diario di una siciliana ribelle” sarebbe stato distribuito esclusivamente all’estero e nonostante avesse messo per iscritto che nel materiale filmato contenente immagini private dei miei familiari avrebbe alterato i visi e, inoltre, avrebbe reso irriconoscibile la voce e l’immagine di mia madre nell’intervista girata per il film documentario, non ha messo in atto quanto dichiarato sulla distribuzione esclusivamente estera, e non ha sufficientemente alterato visi e voci come sottoscritto. Così facendo ha invece messo in serio pericolo me e mia madre.
Non mi interessa sapere se la storia di mia zia abbia toccato il signor Amenta, ma l’amore per una storia, per un impegno civile e morale, si dimostra con i fatti e non con la ricerca del successo, della gloria, degli applausi o della fama. Non credo che tutto questo serva a ricordare mia zia (e soprattutto una trama che è molto lontana dall’essere la sua storia), ma serva solo per scopi economici e io questo non lo ritengo opportuno.
Spero che il signor Marco Amenta comprenda e accetti questa mia decisione, che viene dettata dal mio cuore e dal profondo amore e rispetto che nutro nei confronti della mia cara zia e della sua scelta.
Appunto, una scelta di resistenza».
Vita Maria Atria
L’ho visto. Se fosse stato un prodotto per la tv lo avrei promosso…Al cinema, da siciliano, mi sento un po’ offeso da certi “adattamenti” e luoghi comuni. Ma d’altra parte dopo “Agrodolce” si accetta il peggio di tutto. Voto 6 (perché sono un “buono”).
Io per rispetto sia di Rita che di sua nipote Vita Maria non andrò a vedere il solito film sulla mafia.
Anche se la storia è forte e densa di significati (quella vera intendo!!!) serve soprattutto rispetto per chi vive nascosto e piange ancora le conseguenze di chia ha osato un gesto di “normale” coraggio.
Assolutamente daccordo con Inno. Non vedrò il film, neanche gratis!!
veramente non riesco a capire ne Robydick ne Inno: ho visto il film ieri sera e ho pensato a Rita per tutta la giornata di oggi; devo però dire che non sono siciliana anche se vivo in Sicilia da tanti anni; la spiegazione è forse qua.
Scusa cricri, ma se leggi quello che ha scritto la nipote di Rita Adria forse la penserai come me e Inno.
Mi fai sapere se poi hai cambiato idea?
Ciao
da telejato
http://www.youtube.com/watch?v=jJtWhRIf-_0&feature=related