Aperitivo a Ballarò
(foto tratta da burningmax’s photostream)
Da tempo si parlava di andare a prendere una bomba a Ballarò così, tanto per cambiare aria. Per staccare con la solita Palermo e rinchiudersi tra i vicoli stretti, i ragazzini che giocano a pallone e le signore che urlano dalle finestre.
Io quel mercato lo conosco bene, rappresenta per me gli anni del liceo. Conosco a memoria le maioliche della cupola della chiesa di Santa Maria del Carmine e le ringhiere della casa a primo piano che sta di fronte l’edificio del Benedetto Croce. Dalla finestra del bagno della scuola ho passato ore a meditare sui quei fili della biancheria il senso della mia vita. Perché quando hai sedici anni non pensi che ci sia un cielo che sovrasti la tua testa, e a volte non hai nemmeno contezza di averne una di testa, ti sembra di ragionare solo con il cuore. Almeno quello lo senti pulsare.
Sebbene non siano passati molti anni, adesso Ballarò è un’altra cosa. Ai tempi del liceo nessuno si sarebbe sognato di varcare le soglie di via del Protonotaro dopo le nove di sera. Adesso piazza Ballarò è il posto in cui non devi essere nessuno in particolare: non devi essere necessariamente chic o impegnato o alternativo. Puoi semplicemente essere un palermitano, finito qui per caso, trascinato dagli amici o per gioco, puoi essere uno studente erasmus alla ricerca del brivido folkloristico, un fuorisede sempre in lotta con il budget per campare fino al prossimo weekend (biglietti per il pullman incluso). Qui si beve (la bomba e lo zibibbo soprattutto) e si mangia (tanto) con pochi euro.
Seduti sulle cassette vuote di plastica verde (altro che redesign) ci sono tantissimi ragazzi che ridono, mangiano, scherzano tra di loro in un tripudio di “cuci’&compa” scanditi dal tonfo che fanno le bottiglie di birra vuote quando cadono al suolo. A fare da scenografia a tutto questo tre piccole taverne, una vicino all’altra, che non si rubano la concorrenza tanto c’è un affollamento che tutti possono guadagnare. Mentre il mercato intorno si svuota e in lontananza si sente solo musica afro, la folla continua a crescere: gente che va, gente che viene, qualcuno che resta intrappolato tra la calca come un tonno nella rete da mattanza, ma riesce a divincolarsi e si perde nel buio dei budelli del centro storico.
Si sta qui fino alle tre di notte, poi scatta il coprifuoco. Per due ore vige il silenzio assoluto. Dalle cinque del mattino in poi riprende il mercato, con le sue cassette di legno impilate, i signori panciuti dalle mani nere e graffiate dalla fatica, le etichette dei prezzi fatte con il cartone piegato. Alle otto e un quarto sarà ancora la campanella e l’odore della vanillina della fabbrica di dolci all’angolo di Via Castro. È questa la mia Palermo, di cui conosco persino i segnali stradali, ma che non finisce mai di stupirmi.
Meno male…
ogni tanto c’è qualcuno che ne parla bene…
complimenti…
anch’io avverto gli stessi PROFUMI/ODORI del tuo post…
perchè nel tuo post ce ne sono tanti…
e non solo lì…
grazie…
…e alle cinque di mattina, la domenica, si ricomincia con il mercatino… delle cose rubate, biciclette, notebook, televisori, ecc ecc ecc
delizioso, lauretta… ecco un altro segno della tua palermo.
un altro luogo di palermo dove non andrò mai, e che forse non piace neanche a te, ma che visto con i tuoi occhi, diventa vivo due, tre, dieci volte.
Chi mi conosce sa che non risparmio le critiche e che spesso sono anche pesante nel criticare chi a mio avviso ( secondo i miei personalissimi gusti) scrive banalmente o di banalità o in modo qualunquista…In casi come questo invece lo stile e le atmosfere che si vivono in questo post sono davvero piene di poesia di sentimenti e pezzi di vita che sono nel piu’ profondo di noi palermitani.
mi rivedo nel tuo racconto…
e ti dico, per me è fantastico vedere e vivere la trasformazione di questa piazza… di sera per i giovani amanti delle chiacchiere e della musica… e del Drink Low Cost e la mattina … altro mondo…
metamorfosi di una Piazza… dovrebbero fare un film sulla sua storia, un tempo di notte si vivevano altri odori e altre sensazioni certamente meno sane !
L.
speriamo non lo faccia wim wenders…
ma il drink low cost finchè è zibibbo è ok, ma quando si trasforma in cocktail allora no, porca miseria i cocktail fatti con alcolici da discount no vi prego!
Ho trscorso cinque anni (o forse sei..) della mia vita a studiare al Benedetto Croce.. Quanti ricordi..
tutto verissimo.. quando ero fuori a studiare a Milano, non potete capire quanto ogni cm quadrato di questa città mi sia mancato, con i suoi odori, i suoi controsensi e lo scirocco, che come oggi sembra mutare completamente l’assetto della città, e dopo un’abondante pioggia (magari domani) ce la ridarà uguale a sempre. Grazie Laura..
Per me, che navigo verso i cinquanta, Ballarò è un vero luogo della memoria. Da bambina andavo lì con mio padre a fare la spesa regolarmente e tutto mi affascinava; ricordo ancora che c’era uno che aveva una grande griglia all’aperto e lì arrostiva i pesci che le persone avevano appena acquistato dal pescivendolo: una specie di gastronomia ante tempus, dove con poche lire potevi risparmiare di impuzzare tutta la casa e poi… vuoi mettere il gusto!
Lì ho accompagnato il mio ragazzo che, con i suoi primi soldi guadagnati durante le vacanze scolastiche estive, si esercitava a fare il padre di famiglia; lì ho comprato chili di lana colorata, che veniva venduta a peso, per lavorare a maglia i grossi maglioni che si usavano negli anni Settanta. Sul fatto che fosse lana , nutro qualche dubbio, ho ancora una sciarpa lilla, resistente all’usura, calda, insomma sintetica al cento per cento. A Ballarò è sorto il primo negozio dell’usato, dove c’era tanta roba americana: era un po’ sporca e ci faceva anche un pò schifo,ma ci piaceva così tanto!Ho lasciato la mia città per tanti tanti anni.Ho ritrovato il mercato cambiato, ma sempre vivo, direi al passo con i tempi, globalizzato. Ci sono nuove realtà culturali interessanti, nuove realtà umane e sociali.Ma è sempre un cuore pulsante. Qualche anno fa ho portato a Ballarò, in visita, i miei alunni. Non l’avevano mai visto, solo perchè vivono dall’altra parte della città. Pare incredibile, ma è così.
noto con particolare dispiacere che sai scrivere solo di aperitivi in luoghi fintamente anti-chic.
tra parentesi: ma se i giovani poveri innocenti vittime della crisi economica sono afflitti da penuria di moneta cos’è più saggio fare? evitare di fare l’aperitivo o farlo dove si paga poco? nemmeno ti do la risposta, così ovvia ma forse non più di tanto.
Gomesio noto con particolare dispiacere che ti ostini a leggere cose che non ti piacciono. 😉
Ancora una volta ringrazio tutti i commentatori.. sarò banale, però credo sia dovuto. Mi rende felice sapere che tante persone vivono le cose così come le vivo io.
Ps:Caro Gomesio,il centro non sono gli aperitivi. Semplicemente scrivo quello che vedo.
Io sono nata in via Mongitore 60 anni fa,se qualcuno non la conosce e’ parallela a via Castro,e questo post mi ha riportato alla mia infanzia.Ho frequentato proprio le medie alla scuola Protonotaro e per 2 anni siamo stati trasferiti in un palazzo nobiliare a piazzetta Sett’angeli,ma mai ci sfiorava il pensiero della bellezza del posto dove eravamo,non c’era la cultura del bello e dell’antico, figuratevi che giocavamo nei sotterranei dove erano stati depositati i mobili,neppure i professori ci aiutavano a riflettere che vivevamo in posti storici. Tutto quello che ora è antico allora era vecchio e le famiglie che se lo potevano permettere andavano via. Quanti ricordi!!E comunque quanta nostalgia di un’epoca più umana, per esempio io gia a 7 anni andavo a fare la spesa a Ballarò da sola con il borsone di mamma,senza la paura che potessi essere investita o altro.Bei tempi!!
Cara Laura, senza astio alcuno: una cosa sono i tuoi ricordi di studentessa, la “vita” del sabato notte, e gli aperitivi e le birre di adesso. Un’altra, molto diversa, è la vita, senza virgolette. Io a Ballarò ci abito, e per me significa il cavallo ammazzato pochi giorni fa per fare uno sgarbo ad uno a cui hanno pure sparato, significa tantissima omertà (dalla pedofilia, ti ricordi le denunzie di Padre Meli, alla beatificazioni di “Pasquale e Giuseppe” morti per scappare alla polizia). Significa case che ti possono crollare addosso in ogni momento, significa palermo bon ton che acquista a prezzi altissimi gli appartamenti ristrutturati dalle immobiliari mentre gli abitanti “antichi” continuano ad aspettare la casa popolare. Significa la speculazione sugli affitti “in nero” ai neri. Anche in questo caso, come ti ho già scritto quando hai parlato di Piazza Indipendenza, se vuoi continuo…
Se invece, da giornalista-scrittrice, vuoi capire cosa vogliono dire oggi le parole ballarò, capo, albergheria, vucciria… c’è tanto altro da raccontare.
Ma caro Giuseppe Scuderi…solitamente sono io che scrivo in maniera simile alla tua..ma in questo caso l’autrice del post ha fatto un ritratto di un paesaggio della nostra città pennelando con dei colori per mettere in evidenza certi aspetti e proprio per esaltare quelle tonalità e solo quelli, ha tralasciato il resto. Non credo che Laura avesse l’intenzione o la presunzione di descrivere Ballaro’ nella sua totalità per cui con molto rispetto ti dico che trovo il tuo post fuoriluogo.
Caro Giuseppe,
apprezzo che qualcuno racconti l’altro che io – più o meno volutamente – ho celato. L’intento è, come sottolinea Pippiniello, far emergere una realtà diversa e dalle tinte tenui che esiste in questi posti, sebbene dai più vengano definiti “degradati”.
Cari Laura e Pippiniello (dai, un po’ più di coraggio, nome e cognome, forza!), vi racconto una battuta di Franca Valeri (l’attrice, la ricordate?): “Sono stata in India, che bella, e poi tutti quegli indiani così magri, così asciutti, un fisico perfetto…”. L’amica “Ma sai, è denutrizione”. E lei: “Sarà, ma sono così chic”.
Non possiamo descrivere solo quello che ci piace, senza “far capire” anche quello che non ci piace. Tutto qui
Giuseppe, ma cosa c’entra il coraggio nel dire il nome e cognome…???
Cio’ che contano sono le idee…se poi in un blog mi chiamo Pinco Pallo o Tizio Filano non cambia nulla.
Detto questo dimostri di essere una persona poco elastica e di non avere quel prezioso dono della “sintesi mentale”. Un dono che ti rende capace di capire le sfumature dei contesti che si stanno trattando. La battuta squisita che hai riportato è un paragone che non ci azzecca niente.
Molti altri sono i casi ( film, libri, fumetti, canzoni, poesie etc etc) in cui si sono trattati temi dolorosi e ancor più di quello di Ballaro’ con una leggerezza il cui solo fine ( come ritengo sia in questo caso quello di Laura) è offrire una prospettiva diverso rispetto lo stereotipo a cui la nostra mente è ormai assuefatta.
Aggiungo, che per quanto mi riguarda i rioni di Palermo più poveri e con forti problematiche sono quartieri in cui tra la gente che vi ci abita, esiste una solidarietà ed una capacità di convivere da fare invidia ai quartiere “bene”. Spesso chi abita in Viale Strasburgo pur vivendo nello stesso pianerottolo neanche si saluta. Chiunque abbia studiato anche un poco di sociologia sa benissimo che la società evolve solo grazie ai contesti piu’ difficili e piu’ emarginati. Detto questo per me è piu’ che giusto ogni tanto parlare con leggerezza e con quel pizzico di fascino decadente o bohemien ( che diri si voglia) di questi quartieri della città, fermamente convinto che non potro’ mai donarti quella flessibilità mentale che per natura mai avrai…visto che mi chiedi il nome e cognome in puro stile : ” Ma cu si a cu appartieni!”.
Non ti chiedo per nulla chi sei e a chi appartieni, e ti formulo la domanda in un altro modo (ma con il medesimo fine): io a ballarò ci abito e quindi oltre ai pregi ne conosco, molto bene anche i difetti; chi scrive o parla di ballarò resta, senza che questa sia una colpa, per Laura o per te, “ai margini” (del tempo: poche ore; dello spazio: pochi luoghi).
Quanto a flessibilità mentale, posso solo sorridere (appunto perchè a Ballarò ci abito, e non hai idea di quanta ce ne voglia).
Voglio concludere con una proposta (PS: sono laureato in storia dell’architettura, conosco il quartiere da quando sono nato, la casa in cui vivo era dei miei bisnonni, dei miei nonni, dei miei genitori ecc.): venite a vivere a Ballarò, sai gli abitanti del Centro storico, in tutti e quattro i mandamenti, sono poco più di ventunomila (dati del censimento 2001), ne potrebbe contenere dieci volte tanti. E a proposito di sociologia, cerca in qualche biblioteca il libro “Sociologia di Sagunto”, del Prof. Masini, non il cantante, edizione mi sembra Franco Angeli, pubblicato dopo la celebre omelia del Cardinale Pappalardo.
Buona lettura
E’ la prima volta o quasi che scrivo in un blog, di solito preferisco leggere. Il motivo che mi ha spinto a venire allo scoperto è Ballarò. Ragazzi io a Ballarò ci sono nata e cresciuta fino alla mia dolescenza.
Esattamente sono nata in Via delle Pergole angolo con Via Coll di Maria al Carmine.
Mio nonno mi annacava con la sedia davanti l’uscio di casa in mezzo alle casse di frutta e verdura dei “putiara”. Io quei suoni e quegli odori li ho scolpiti nella mia memoria e non li dimentichero mai! Tempo fa ho voluto fare un tuffo nel passato e sinceramente della mia Ballarò non ho trovato più nulla!
Sono Serena Lao cantautrice popolare siciliana, da un trentennio mi dedico al recupero e alla diffusione delle nostre antiche tradizioni e tra le altre cose ho scritto un racconto musico Teatrale dal titolo: “LUNTANU” (Ballarò, Ballarò) che ho rappresentato a PALAZZO BONAGIA A PALERMO all’interno della programmazioone del Festino di Santa Rosalia 2009.
Ho letto molto entusiasmo in alcuni di voi, mi dite che a Ballarò c’è vita fino alle 3 del mattino, che si beve lo zibibo e si mangia con pochi euro, potrei conoscere dove avviene tutto questo? Sarei felice se qualcuno di voi mi facesse da guida per ritrovare un po’ della mia Palermo.
Con affetto
SERENA LAO
Salve
Qualche sera fa ho inviato un mio commento a proposito di Ballarò. Non capisco come non sia presente tra i vari commenti, forse ho fatto qualche errore nell’inviarlo?? Oppure era troppo lungo??
Cari saluti
SERENA LAO
mi era sfuggito questo post. davvero delizioso e verosimile:)
Ero stupito dalla presenza di questo post in prima pagina, poi ho visto che il post in realtà è del 2009..e questo spiega tutto. Da sempre ballarò mi ha accolto silenziosamente, senza chiedermi nulla. E io non chiedevo altro che una cassetta dove sedermi e la spensieratezza di una serata palermitana. Era il 2009. Ora, se per caso, preso da un po’ di nostalgia, riprovo a tornare all’antica taverna, devo passare un muro di spacciatori che chiama, fischia, rompe. Più che spensieratezza avverto tensione. Più che piacere sento inquietudine. Come sempre a Palermo serve una nuova migrazione verso zone più tranquille. Dove?