Sicily: inseguendo le stereoscopie?
Ho scoperto le stereoscopie.
Scopro che la Sicilia può essere in tre dimensioni, che non esiste solo quella patinata e delle feste mondane, ma esiste anche quella delle grotte e dei solchi creati dalle ruote delle carrozze. Una Sicilia in bianco e nero.
Ma, mi domando, le immagini stereoscopiche del cofanetto rosso, edito da Kalós, Un fotografo americano in Sicilia, è un ricordo del passato o esiste ancora?
La Sicilia del 1908 fotografata, per conto della Stereo-Travel Co. di New York, è solo una cartolina d’epoca o alla fontana le donne ci vanno ancora a piedi scalzi? Cinquant’anni dopo, Corona, il tranquillo sobborgo di New York, dove aveva sede l’agenzia stampa che produsse le stereoscopie, ospitò la grande Fiera Mondiale, e Palermo?
Si avviava al boom…ovvero al “botto” dei palazzi? O qualcosa di più e meglio?
Con le stereoscopie, già nell’1880, fu possibile vedere immagini tridimensionali su superfici bidimensionali. I due termini che compongono il termine stereòs, “solido” o “tridimensionale”, e skopeion, “vedere”, racchiudono il successo della tecnica e della diffusione sul mercato di queste piccole opere d’arte: 500.000 pezzi venduti in pochi mesi. In pochi anni nelle case delle famiglie borghesi si diffusero le foto, i cofanetti e gli stereoscopi da tenere in salotto e da portare in viaggio.
Si diffuse la moda: guardare lo stesso oggetto o panorama con due immagini scattate contemporaneamente da punti di ripresa diversi. Il segreto: una foto per ciascun occhio e il cervello per ricomporle per dare l’effetto tridimensionale. La stereoscopia permise di viaggiare e vedere il mondo dando l’illusione che gli oggetti uscissero fuori dalle foto, tanto da poter essere toccati.
Mi domando: ma se fosse possibile vedere contemporaneamente lo stesso oggetto o lo stesso scorcio di panorama della nostra città, scegliete voi quale, ma scattato in anni differenti, avremmo noi una visione tridimensionale rilassante o rischieremmo qualche crisi d’identità?
Nel 1908 la Stereo-Travel Co., come tante altre agenzie fotografiche d’oltre oceano, mandò i suoi fotografi per realizzare reportage sulla Sicilia, vista da un lato come un continente lontano ed esotico, separato dal resto dell’Europa, e dall’altra patria d’origine di quei tanti migranti che affollavano Ellis Island, per entrare in America.
Le foto tracciano una mappa visiva che corre dalla Sicilia occidentale a quella orientale: dal porto di Palermo a quello di Messina, pochi mesi prima del terremoto.
La Sicilia, legata alla campagna, svela figure di pastori baffuti, di ragazzini–pastori con i fucili, in stile baby guerriglieri, ma anche di ragazzini che giocano scalzi. Testimoniano tragicamente la fatica dei pescatori e la presenza di una marineria spinta dalla forza del vento più che dal carbone, utilizzato in tutta le marine d’Europa e del mondo.
E così scopriamo un tempo segnato dai ritmi lenti di una terra che si ferma davanti alla mungitura delle vacche e che carica le stive delle navi con la sola forza lavoro dei carusi.
Il cofanetto si chiude e rimane come ultima vista, alquanto significativa, quella dei migranti, ognuno nella propria classe d’appartenenza: giocano a carte per terra o guardano il futuro attraverso una bottiglia di champagne.
E noi dove andiamo?
Link utili:
http://it.wikipedia.org/wiki/Stereoscopia
http://www.archiviostereoscopicoitaliano.it/home.htm
http://www.gri.it/storia/stereo.htm
Noi?
Qui si è dimenticato che su quelle barche che affondano nel mediterraneo, ci rappresentano da vicino, molto da vicino….
Noi ?
Chi siamo ?
Dovremmo sapere almeno questo prima di chiederci dove andiamo.