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martedì 19 nov
  • Quaderno di Palermo

    Da un anno e mezzo sono a Palermo, in Sicilia, di nuovo in Italia, e da un anno e mezzo neanche un giorno smetto di pensare a questa città, a quest’isola, a questa penisola che, tutte e tre, mi hanno accolto perché io certamente l’ho desiderato, l’ho scelto, l’ho voluto. Tante volte in vita mia ho pensato alla possibilità di vivere nel mito che questa realtà può suscitare in uno straniero come me e tante volte ho dovuto rimandare questo pensiero fino al momento di prendere quella decisione che dietro ogni azione futura sa aspettare nel suo rumoroso silenzio con cautela o spensieratamente o addiritura con tanta paura. Perché la vostra isola, la vostra città, il vostro paese, per un occidentale sono – o forse dovrei dire erano – i luoghi degli origini, quei luoghi assoluti dove tutti noi un giorno siamo nati. Sì, perché noi condiviamo gli stessi antenati, vale a dire il mondo greco e quello latino – a dire il vero da qualche tempo ormai trapassati – e ogni occidentale ha succhiato non soltanto il loro latte, ma innanzitutto il loro verbo e il loro sguardo. Perciò, inconsapevolmente, avevo tanta nostalgia dello spazio primitivo, io che sono venuto a questo nostro mondo in un arido angolo di terra del nord della Spagna più di cinquant’anni fa.
    La prima volta che sono arrivato in questa città, dopo un lungo ed estenuante viaggio da Napoli in treno, è stato quattro o cinque giorni prima del Capodanno del 1995. Stavo per lasciare Parigi in quel periodo e mi accingevo a trasferirimi nella città del Vesuvio. Il fatto è che nella capitale siciliana ci sono rimasto per tre giorni, e per tutto quel tempo non ho mai smesso di guardare e sentire il suo spazio con emozione, con appartenenza. Se da una parte alcuni palazzi mi ricordavano ovviamente città come Valencia o Barcellona, o anche Maiorca, e quindi la riva di ponente del Mediterraneo (mi trattengo per il momento dal fatto di alludere alla Corona d’Aragona), dall’altra vedevo che si trattava di un luogo invariato nel suo movimento quotidiano. Mano a mano che percorrevo le trafficate vie e le piazze abbandonate e i vicoli storti che formano questa vecchia pelle palermitana, i miei sensi nomadi cominciavano a svegliarsi e ad attivarsi come dei radar che, tutti insieme, mi procuravano una gioia inaspettata, un piacere immenso, quasi paradisiaco. Come se finalmente, dopo tanti anni di esplorazione della geografia sensoriale europea, essi rilevassero un corpo che, sebbene non aderisse in maniera totale alla mia scontenta percezione, almeno era dotato di angoli e di forme che mi davano tanta soddisfazione. Dunque, quei brevi giorni erano bastati all’inizio ad avvicinarmi a questo corpo, quindi ad accarezzarlo, infine a penetrarlo, tanto che più mi addentravo, più ci tenevo a spingermi fino in fondo. Così, quando quell’inverno lontano ho dovuto riprendere il treno per tornare in continente, io ero diventato tutta una favilla che aveva cominciato a spandere il suo fuoco dentro di me e che in dodici anni di assenza mai avrebbe smesso di bruciare una nostalgia che nonostante tutto mi ha spinto a tornare e a rimanere e pertanto a conoscerlo questo corpo in cui più mi addentro più perplesso mi sta lasciando.

    Rispecchiamento.

    Ospiti
  • 7 commenti a “Quaderno di Palermo”

    1. Complimenti per lo stile. L’osservatore imparziale nuota in questo mare e scopre che ciò che sembra non è e ciò che non sembra è, una collezione di paradossi.

      http://www.inventati.org/amprodias/txt/sicilia/pellegrino.htm

    2. E QUINDI?

    3. complimenti per l’italiano e benvenuto.

    4. Belle sensazioni… le provo anch’io passeggiando per Palermo, però quando smetto di sognare mi accorgo che c’è tanto da fare per questa città.

    5. Complimenti per il post e soprattutto per la verità che esso coglie di una città logora e mitica come Palermo. Anche io riesco a percepire il mito che ci circonda ma non sono un turista. Certo, ho viaggiato un bel pò e ciò mi ha aiutato a vedere questa realtà da diversi punti di vista. Alla fine ho giurato amore per sempre a una vera Terra Madre, la Sicilia. I suoi paesaggi montani e marini possiedono una carica mitica ancora più suggestiva di quella della città. Se si vuole rappresentare il Paradiso in chiave terrena, non si può che ricorrere, tra altri, agli spettacolari paesaggi siciliani riflessi negli occhi di (aimè) pochi ma buoni, ottimi turisti dall’espressione esterrefatta.

    6. Apreciado Eduardo,
      Ho letto con interesse il tuo articolo. Sono nato nella cittá che apprezzi e nella quale vivi ed ho vissuto diversi anni nel “Levante” a Valencia ed in Catalogna a Barcellona. Giá da diversi anni non vivo piú in Spagna ma vi mantengo un contatto quasi quotidiano a livello culturale e personale. Considero l´emotivitá con la quale hai scritto di per sé rispettabilissima ma inadeguata per stabilire considerazioni oggettive tra realtá a prima vista simili ma, di fatto, legate a cicli e culture attualmente diverse ed aggiungerei divergenti. Mi riferisco a Palermo e la Spagna o, magari con un tantino piú di precisione “los antiguos territorios de la corona de Aragón” ossia la Catalogna, il Levante e le Baleari. Non inganniamoci, la Spagna sta attraversando, economicamente parlando, un momento economicamente difficile come, se non piú dell´Italia e di vari paesi europei.
      La differenza basilare che riscontro sta nella volontá di riscatto e nella impostazione pragmatica della moderna societá spagnola rispetto alle inerzie relative ad una realtá che certuni vorrebbero circoscrivere a Palermo e al sud ma che, in realtá, ormai sono un fenomeno di carattere nazionale esteso a tutto il territorio italiano. La Spagna della “movida” aveva un passato scomodo da dimenticare con tre guerre civili (includendo le due guerre carliste del secolo XIX) un embargo economico e culturale al termine del dopoguerra europeo. L´affluire di capitali della CE negli anni 80 rappresentava una opportunitá storica che una gran parte della societá spagnola é stata in grado di apprezzare e di mettere a frutto. Viceversa l´afflusso di denaro fresco al sud é sempre stato visto come una contropartita di ingiustizie storiche (verissime e decisive in ogni caso) che hanno avuto luogo nella seconda metá del secolo XIX grazie alla poco elegante politica economica e sociale dell´a suo tempo recentemente formato Regno D´Italia. Guardare al passato puó aiutare peró é necessaria una determinazione oggi purtroppo assente in gran parte della gente che vive nella cittá che ami. Peccato perché le carte per il riscatto ci sono. Mi riferisco all´intelligenza dei siciliáni ed alle bellezze naturali dell´isola. Forse bisognerá avere solo la pazienza di vedere terminare un ciclo come é successo in Spagna. Auguro a coloro i quali ci credano di trovarsi nella generazione giusta. Un cordiale saluto a tutti quelli che condivideranno e no il mio pensiero.

    7. Apreciado Eduardo…
      y apreciado Toni,
      los comentarios tienen que ser, para mi, un poquito mas esenciales, icasticos(?!?).
      Aspetto il Quaderno 3.

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