Civette
Ambarabà cicci cocò, tre civette sul comò. Una è severa e mi chiede attività. L’altra è ruffiana e mi coccola: resta a dormire, mi dice col suo fischio lugubre. La terza non dice niente e mi guarda con gli occhi grandi e il becco che sembra un naso di vecchia. Allunga un’ala, le sue piume mi carezzano, gentili mentre le altre due starnazzano come galline in un pollaio.
Psyco. Le civette non stanno più sul comò, ma in salotto, appese al muro, imbalsamate. “La figlia del dottore ” ( la chiamano così, ironicamente, giù al paese…) è impazzita. Non ha accettato la sua dipartita ( il dottore non stava bene, si ammalò…), gli ha messo buffi capelli di paglia e i denti di uno squalo. E’ sua la voce che sentiamo ogni tanto, camuffata in modo maldestro: è un suono sinistro. Qualcuno ieri ha provato a fotografarla. Aveva grandi occhiali da sole, neri. Qualcuno l’ha sentita, mentre parlava da sola : ” Bisogna che lo porti giù in cantina, ho la sensazione che quanto prima verranno a fare delle indagini…”.