“A ponente di Termini vi è un abitato che si chiama Trabìa, incantevole soggiorno con acque perenni e parecchi mulini. Trabìa ha una pianura e vasti poderi, nei quali si fabbricano tanti vermicelli (itriyah) da approvvigionare, oltre ai paesi della Calabria, quelli dei territori musulmani e cristiani, dove se ne spediscono moltissimi carichi per nave”.
Quella riportata qui sopra è la più antica testimonianza storica relativa alla produzione di pasta essiccata: è tratta dal “Libro per chi si diletta di girare il mondo” scritto dal geografo arabo Al Idrisi per Ruggero II di Sicilia (1154).
Il procedimento adottato per l’essicazione della pasta prevedeva che essa fosse esposta al sole per qualche tempo, quindi posta in luoghi chiusi riscaldati per mezzo di bracieri, garantendo così, come dice Al Idrisi: “di affrontare anche viaggi verso destinazioni lontane senza deteriorarsi”. Viene così smentita l’antica credenza secondo cui sia stato Marco Polo a introdurre, di ritorno dalla Cina (1295), gli spaghetti, uno dei simboli dell’Italia nel mondo. Pare che persino i maccheroni derivino dal siciliano maccarruni, da “maccari”, ossia schiacciare, l’azione fatta lavorando la pasta di semola di grano duro. Continua »
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