Leggo su Il Sole 24 Ore di sabato 8 agosto un interessante articolo a firma di Gianni Trovati in tema di Enti locali. Si riferisce alla seconda ordinanza di Palazzo Chigi, già pubblicata in Gazzetta Ufficiale, che consentirà al Comune di Palermo di aumentare – già da quest’anno – l’addizionale IRPEF senza passare dal Consiglio comunale, bensì con semplice decisione di Giunta da adottare entro il 30 settembre. L’aumento dell’aliquota, già contrastato in Consiglio, potrà quindi passare dallo 0,4% attuale allo 0,8%: un raddoppio che potrebbe portare 25 milioni nelle casse del Comune. Per affrontare il “caso Palermo”, Palazzo Chigi ha dovuto inventarsi un “passaggio a nord ovest” che dribblasse i vincoli vigenti per gli altri Comuni (blocco degli aumenti IRPEF del maggio 2008), blocco delle aliquote fino al 2011 per via del federalismo fiscale, scadenze dei termini in materia di bilancio, ecc. Tutto con sole due ordinanze “palatine”, la prima di fine giugno. Tutto ciò si aggiunge alla recente delibera del CIPE che ha assegnato alla città quei 150 milioni che richiamano troppo i 130 milioni di buco dell’AMIA accertato dai revisori. Anche in questo caso le risorse del mancato aumento della TARSU che non è passato in Consiglio, ritornano per altre “provvidenziali” vie. In un paese serio, la cattiva amministrazione pubblica è sanzionata dalla procedura fallimentare, ad opera di un commissario, e dal ritorno alle urne. Da noi, invece, piuttosto che incentivare la buona amministrazione, si preferisce premiare la politica orientata alla costruzione clientelare del consenso, secondo l’antico adagio palermitano, tutt’altro che metaforico, del “futti, futti che Dio perdona a tutti”.
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