La crociera
Non se ne conosce il nome ma per certe storie questo non è un problema. Quindi chiamiamoli Antonio e Letizia, tanto per dire.
Che si sa di loro? Il poco ci racconta di una coppia di mezza età che vive in un comune del Centro Italia, né piccolo né grande. Antonio e Letizia hanno figli? Lavorano ancora? Sono in pensione? Chissà. Possiamo solo immaginare.
Nel paese dove si tiene ancora la Saga del Sedano Nero, dove si svolge la Festa della Trebbiatura, e quella dell’Ulivo, ci piace immaginare che Antonio è impiegato al consorzio agrario, che ha un pezzetto di terra per la soddisfazione delle cose sue, che Letizia bada alla casa, ha badato ai figli che ormai sono grandi e studiano a Perugia, all’Università.
Tanti sacrifici ma nulla di davvero impegnativo. Terra di contadini pacifici, terra generosa che, alla fine, non ti fa mancare mai nulla di veramente essenziale. Poche grandi ricchezze, praticamente assente la vera povertà. Antonio a capo di una famiglia monoreddito: nulla è facile ma non al punto dall’angustiarti, da importi un pensiero gramo che diventa la colonna sonora di un’esistenza.
Ci sono posti dove il ritmo delle cose diventa il quarzo della propria vita. In questo folle mondo ci si consegna al ciclo del tempo, comunque vada. Certe volte sembra come decidere di vivere su un’altalena. Ma ci si abitua. Ci sono posti dove il ritmo delle cose è la cosa più vicina al Signore che si possa immaginare: impegna ma non affligge.
Così ci piace immaginare che Antonio e Letizia vivono così, col passo breve dei paesani, coi tempi senza fretta come il grano che tanto è inutile perché quello matura quando deve maturare. Antonio se ne va al lavoro ogni mattina, Letizia sfaccenda per casa, tiene accesa la tv sui programmi del mattino, va a prendere qualcosa in salumeria, spettegola con le vicine di casa, quasi ci si aspetta che debba arrivare l’uomo che le propone due fustini al posto di uno, o quello che la cazzia perché non mette il calfort nella lavatrice. Prepara il pranzo per Antonio che quando si siede a mangiare i vicini mettono a posto l’orologio che quello si siede sempre alla stessa ora precisa. Poi il riposino, la sveglia con la tazzina del caffé, di nuovo al lavoro per qualche ora. Letizia rigoverna, telefona ai figli a Perugia ma non perde di vista Uomini e Donne. “Ma che gente – pensa spesso – ma come si fa ad essere così. Ma vedi tu, pensa a una madre con una figlia così… E poi come si vestono… ma è possibile?”. Ma non perde una sillaba e Maria è proprio brava, le sa tutte come quando faceva c’è posta per te che riusciva a fare piangere mezzo mondo. Certo Raffaella era un’altra cosa. Fra una denso pensiero e l’altro, si addensa pure la sera e si prepara cena. E Antonio ritorna e non c’è lite davanti alla tv perché tanto Letizia si mette sul divano a rammendare e lascia a lui il telecomando. E alza gli occhi solo quando sente il fischio della nave dove pare che non fanno altro che bere caffé. Ma lei s’incanta a vedere quel mare grande, quei ponti lucidi, quei capelli mossi dal vento. Neanche una nevicata, che dico? neanche una grandinata e sembra che queste navi portino sempre un buco di tempo lindo proprio sopra i fumaioli.
Una “fissa” innocente, un sogno perché tutti li hanno. In fondo perfino Letizia sa che se si prende la provinciale per Perugia, si finisce in autostrada e lì comincia il mondo di fuori, quello che puoi andare dove vuoi. Che paura. Un brivido. Ma anche un desiderio.
Partire? Ma dai, non se ne parla. Non si toglie neanche un granello al piccolo scrigno di risorse che deve garantire la necessità di dovere fronteggiare un imprevisto, il più malevolo dei fantasmi capaci di irrompere in un sistema di vita così. Ci sono i figli che devono diventare dottori, la casa che ha sempre bisogno di qualche lavoretto anche se Antonio, che Dio lo benedica, sant’uomo, ne sa di tutto un po’ e prima di chiamare un idraulico o un elettricista, cioè uno stormo di arpie, prova sempre a far da sè.
Il sabato tutti vanno all’Iper come la domenica vanno a Messa. Non che l’Iper sia come il Duomo, per carità. Di sicuro per Antonio e Letizia non si tratta solo di una necessità. Perché vai in giro spingendo il carrello e incontri i paesani, scambi due parole, ti aggiorni sull’anagrafe. Uno come Antonio non frequenta il Bar Sport e neanche la Bocciofila. Non è iscritto a nessun partito di quelli che hanno le sezioni in paese. Così la sua sezione e il suo bar sono l’Iper e la risacca dell’umanità di consumatori.
E poi, vuoi mettere?, risparmiare diventa come un Monopoli al contrario, un gioco in cui vince chi spende meno, chi sceglie le offerte più vantaggiose.
In questi casi qualche motivo di attrito si presenta, maligno, a infrangere l’immobile serenità della coppia. Come quando lui vuole approfittare dell’offerta del grana che se ne prende una “mollica” di almeno un chilo, un etto è gratis. Letizia tenta di convincerlo che in due ci metteranno tanto tempo a consumarlo che, alla fine, ne getteranno due etti e, se tanto mi dà tanto… Insomma, cose così.
Ma l’importante è che si possa competere nella “guerra del carrello”. Perché lì lo status symbol non è la bella macchina, o il cellulare ultimo modello, o la parabola di Sky e il 42 pollici al plasma. No, lì vale il carrello alla cassa. Chi lo ha più pieno ostenta la propria opulenza. Ma c’è qualcosa in più: i punti.
C’è poco da ridere, signori miei. L’accumulo dei punto vuol dire tante cose. Intanto, come si accennava prima, che testimoniano di una ragguardevole capacità di consumare. Poi sono il segno della fedeltà all’Istituzione (l’Iper), testimoniano, inoltre, della regolarità che è come dire: noi siamo una famiglia normale, tranquilli, senza colpi di testa, qui ci veniamo, caschi il mondo, una volta alla settimana. Non cercateci di giovedì ma nessuno pensi di non trovarci di sabato. Anche in barella con la bottiglia appesa. Insomma, più punti hai, più puoi vantarti. E poi ci sono i premi, che non è roba da nulla. Basta guardare il catalogo: si va dal set di asciugamani con l’ospite, alla batteria di pentole 58 pezzi, ai dodici preziosissimi flut di cristallo di Boemia. Ma, proprio in ultima pagina, c’è il sogno che Letizia accarezza. Di nascosto, è chiaro, ma lo accarezza da anni: la crociera.
Letizia ci ha sempre pensato con un misto di desiderio e di paura come quando era giovane e guardava un bel ragazzo e… oh mammamia, che sto pensando? La crociera, la grande nave che sembra un condominio che galleggia, le giornata splendenti, il cappellone di paglia sedute in piscina col prosecchino prima del pranzo. Una volta sola, nella vita. Poi si aprano pure i cancelli dell’età in cui lo sguardo in avanti è sempre un po’ più corto di quello dietro, che venga il tempo dell’altopiano, quello che raggiungi alla fine di una lunga salita.
Indescrivibile, dunque, la gioia di quel sabato in cui la cassiera, fatto un rapido calcolo, pronunciò la frase tanto attesa: Signora, con la spesa di oggi avete raggiunto il massimo dei punti. Non c’è regalo del catalogo che non potete prendere. Poi si attaccò all’interfono: Si comunica alla spettabile clientela che un cliente si è appena aggiudicato il massimo delle offerte disponibili nel catalogo dei regali a punti. L’Iper ringrazia per la fedeltà e invita la gentile clientela a proseguire nei proprio acquisti con l’augurio che altri raggiungano presto lo stesso obiettivo”.
Che serata. Il problema era il seguente: un grande premio o tanti più piccoli? Conti e riconti: il servizio di bicchieri tot punti, quello di piatti, tot altri, il frullatore robot di cucina x, la macchinetta del caffé y. Antonio faceva i conti col catalogo appoggiato sulla tavola dove la minestra si stava freddando. Letizia non sembrava convinta, appariva distratta, continuava a dire: ma che ce ne facciamo dei bicchieri? Ce ne mancano forse? E la macchinetta del caffé? E chi la sa usare. I vado benissimo con la tre tazze. Il frullatore? Ma se non usiamo mai neanche il nostro che ci regalarono per le nozze?.
Antonio, cosa che mai, si spazientì: “Ma insomma Letizia, che facciamo, glieli regaliamo?”. Letizia abbassò gli occhi: “Ma certo che no… ma tu, vedi?, non hai considerato tutto”. Antonio la guardò interdetto: “Ma come, a parte la crociera, ho guardato tutti e 107 premi…”. Letizia alzò gli occhi: “Perché a parte la crociera?”
Antonio la guardò come se l’avesse vista per la prima volta, come se all’improvviso davanti ai suoi occhi si fosse materializzata una persona completamente diversa da quella che aveva creduto di avere avuto accanto negli ultimi quarant’anni. “La crociera? Vorresti scegliere la crociera?”. Letizia lo guardò ancora ma stavolta nei suoi occhi c’era perfino una sfumatura di sfida che nel loro rapporto era davvero una novità. “Sì, perché? Non siamo mai andati da nessuna parte. Sempre a sgobbare, a tirare la carretta. Che c’è di male? È un capriccio che ci possiamo permettere perché non togliamo nulla né a noi né ai ragazzi. Se non lo facciamo ora e così, non lo faremo mai. E cosa vuoi che sia? Dice che sono cinque giorni e quattro notti e possiamo scegliere quella di Tunisi o quella di Barcellona. Solo che, lo vedi? Quella di Tunisi parte da Genova mentre quella di Barcellona da Civitavecchia che è più vicino. E poi da Genova a Tunisi c’è un giorno e mezzo di viaggio. A Barcellona si arriva prima”.
Antonio sorrise, male Letizia aveva sostenuto il proprio punto di vista con maggiore convinzione e impegno. E quel sorriso voleva dire pure che ormai era fatta. Andasse per la crociera!
I gabbiani viravano stretti attorno ai fumaioli della grande nave quando Antonio e Letizia arrivarono con i due troller con i quali avevano inaugurato una nuova raccolta di punti all’Iper il sabato precedente. Enorme nave, un palazzo a dieci piani. Una folla indescrivibile: gente variopinta, rumori, risate. Ma anche telecamere, microfoni, giornalisti.
“Vuoi vedere – disse Antonio – che c’è pure qualche persona importante a fare la crociera?”. E Letizia: “Chissà, magari ci sono pure la De Filippi e Maurizio Costanzo”
Le operazioni d’imbarco furono veloci e Antonio e Letizia presero posto nella loro confortevole cabina matrimoniale con oblò sul ponte F. Tirarono fuori i vestiti dai troller e riempirono l’armadio. Chissà perché Antonio aveva portato pure l’abito scuro e tre cravatte. In crociera non si sta forse in bermuda e maglietta? Letizia aveva qualche vestito a fiori, un costume due pezzi che poteva ancora permettersi di indossare perché, sia chiaro, Letizia era una bella donna e la bellezza aveva accompagnato l’età con generosa vicinanza. Ma per assistere alla partenza, mise uno dei vestiti a fiori e indossò subito un grande cappello di paglia e gli occhialoni scuri. Antonio un paio di pantaloni e una polo. Uscirono a esplorare la nave, andarono dappertutto, videro i bar, io ristoranti (tre), il teatro, la discoteca, le sale per i bambini, il casinò. Poi uscirono fuori e passarono dal centro fitness, dalle piscine, dai bar all’aperto, dal campetto da tennis.
La sirena li assordò ma era il segnale che stavano per partire. Si affrettarono verso una paratia e si affacciarono dal lato del molo che videro allontanarsi mentre da terra un sacco di gente salutava e gridava. I rimorchiatori accompagnarono la grande nave fuori dal porto e alla fine della mattinata la prua rincorreva già il sole nella sua corsa verso occidente.
Andarono al ristorante dove c’era il tavolo a loro riservato. Un tavolo da sei. Trovarono già sedute due coppie, Salutarono, si presentarono, chiesero se anche per loro fosse la prima volta, loro riposero di no, che erano andati altre volte, una volta perfino ai Caraibi che Letizia sapeva a stento che erano all’altro capo del mondo. Mangiarono chiacchierando e Letizia già si sentiva rilassata e ansiosa di scoprire tutto quello che c’era da scoprire. Quelle due coppie erano simpatiche ed era contenta di sapere che sarebbero state compagne di tavolo per il resto della crociera. Dopo il caffé le due coppie dissero che era stata una mattinata faticosa e che sarebbero andati a riposare. Così si congedarono. Ma… Successe che i due uomini si allontanarono insieme e le due donne pure. I maschi da una parte, le donne dall’altra.
Antonio rimase perplesso. Letizia sembrava non averci fatto caso e si guardava in giro con aria monella ed eccitata.
“Vieni Letizia, facciamo un giro. Oppure vuoi riposare anche tu?”. “No no, macchè riposare. Qui dormire è una perdita di tempo. Su andiamo in giro”.
La nave la percorsero da cima a fondo e Antonio era sempre più perplesso. Andarono a sedersi in uno dei salotti all’aperto a prua. “Letizia, non hai notato nulla di strano?”. No, Antonio: perché?”. “Adesso fai mente locale e dimmi quante coppie vedi. Uomo e donna, dico, come noi”. Letizia lo guardò con aria interrogativa. “Sì Letizia, guardati intorno. A parte i gruppi, coppie da sole sono tutte uomini con uomini e donne con donne…”. “Be’ – disse Letizia – Forse sono amici, parenti, chi lo sa. Ma qual è il problema?”
Mentre chiacchieravano c’erano due uomini appoggiati alla balaustra del ponte e – a un certo punto – fecero una cosa che Antonio e Letizia mai avevano visto fare in tutta la loro vita: si abbracciarono e si baciarono. Baciarono, dico: in bocce. E con la lingua.
Antonio guardò Letizia che era rimasta inchiodata sui due che ancora si baciavano. “Ecco qual è il problema”, disse alla moglie.
A quel punto guardarono i loro compagni di viaggio con un altro occhio e non ci volle molto per capire che il bacio cui avevano assistito non era un caso ma che tutti i croceristi erano omosessuali o – come si dice adesso – gay.
Antonio partì verso l’ufficio del commissario di bordo come un trattore con l’acceleratore bloccato. Seppe che erano finiti sulla prima crociera gay mai organizzata in Italia, che un’associazione di omosessuali aveva noleggiato gran parte dei posti sulla nave ma non tutti. Antonio protestò sostenendo che avrebbe dovuto essere avvertito, che non gli si poteva imporre questa compagnia se lui non gradiva. Il commissario di bordo fu molto cortese ma irremovibile: non c’era nulla da fare e poi era certo che nessuno dei passeggeri a bordo avrebbe mai dato fastidio o provocato imbarazzo e che lui – in ogni caso – rimaneva a disposizione in caso di ulteriori problemi
Antonio sbuffava, Letizia taceva ma pensava “Non mi farò rovinare la vacanza perché la nave è piena di froci. Mica mordono no?”. Tentò pure una battuta: “Ma dai Antonio, rilassati. Anzi, magari è divertente. E poi c’è un lato positivo: non dovrai essere geloso di me perché qui è difficile che qualcuno mi corteggi”.
Ma Antonio non rise. Né quel giorno né gli altri della crociera. Si guardava in giro come un investigatore che sta raccogliendo prove. Aveva l’aria di chi dice: “Ah…. ecco, lo sapevo!, Segniamo anche questa…”. Ma in realtà da segnare c’era molto poco. Certo, l’ambiente era – è il caso di dire – molto gaio. Gli abbigliamenti variopinti, le esagerazioni. E in teatro la sera gli spettacoli erano a tema. Ma mai disdicevoli né tanto meno volgari.
A tavola i momenti più imbarazzanti. Letizia spiegò ai quattro compagni di tavolo, che loro non sapevano di essersi aggiunti a una crociera, diciamo così, particolare e che questo aveva provocato un certo disagio. Ne nacquero discussioni prevedibili durante le quali i due uomini e le due donne spiegarono, o cercarono di spiegare, ad Antonio e Letizia che i gay sono persone normali che etc. etc..
Letizia ascoltava con sincero interesse e adamantina curiosità. Si ritrovò titolare di una mente aperta che non avrebbe mai sospettato di avere visto che non era mai stata messa alla prova. Antonio invece non riusciva a rilassarsi, mugugnava, evitava gli assembramenti, si comportava come chi ha il terrore di essere coinvolto in uno di quegli stupidi giochi tipo karaoke. In un’altra situazione non avrebbe esitato perché amava le canzoni ed era convinto di avere una bella voce come aveva dimostrato al matrimonio di un nipote dove era stato invitato a cantare.
Per fortuna quattro giorni sono sempre quattro giorni. E passarono anche loro.
Quando la nave attraccò a Civitavecchia, Antonio e Letizia, su richiesta di Antonio, avevano i troller pronti già da molte ore ed erano, come si dice, in prima linea in attesa che si aprissero i portelli che li restituissero alla normalità. A l’uomo era di cattivo umore perché la moglie aveva dimostrato una – a suo parere – eccessiva cordialità con i compagni di tavolo con i quali aveva addirittura scambiato i numeri di telefono perché le due donne abitavano in un casale vicino Foligno, non molto distante dal suo paese.
Il viaggio di ritorno fu silenzioso e Antonio sembrava uno che stesse meditando sui modi migliori per cancellare un ricordo. Letizia non lo voleva cancellare proprio e ci provava: “Ma dai Antonio, non è stato poi così terribile…”
Ma Antonio non aveva apprezzato e la sua normalità ferita – si disse – aveva diritto ad una riparazione.
Fu così che l’indomani varcò la soglie di uno studio legale proponendo all’avvocato di fare causa alla compagnia di viaggio. L’avvocato studiò la situazione. Non deve essersi convinto del tutto se è vero che decise di non muovere causa davanti ad un giudice ma di limitarsi ad una lettera inviata direttamente alla compagnia di viaggio con la richiesta di un risarcimento di euro tremila per il disagio provocato al suo cliente dal fatto di non essere stato avvertito di quello che avrebbe trovato sulla nave.
La cosa, e ti pareva, finì sui giornali e ci fu l’immediata reazione del presidente dell’associazione che aveva organizzato il viaggio. “Siamo noi a chiedere il risarcimento. Questo è l’ennesimo episodio di omofobia”. Esagerato. Esagerato pure Antonio, naturalmente. Non si sa come sia andata a finire. Mi piace pensare che Letizia abbia spiegato ad Antonio di non condividere tanto furore. Mi piace pensare che ci sia riuscita. Ma mi piace pensare pure che la compagnia di viaggi abbia regalato un’altra mini crociera alla coppia. Rassicurandoli stavolta che era una crociera riservata agli impiegati delle Poste in pensione.
Un sabato all’iper l’altoparlante disse: “Si comunica alla spettabile clientela che un cliente si è appena aggiudicato il massimo delle offerte disponibili nel catalogo dei regali a punti. L’Iper ringrazia per la fedeltà e invita la gentile clientela a proseguire nei propri acquisti con l’augurio che altri raggiungano presto lo stesso obiettivo”. Letizia guardò Antonio e sorrise: “Vieni amore mio, andiamo a prendere i pelati. C’è il tre per due”.
Complimenti Billy, una bella storia che fa molto riflettere.
E brava Letizia!!!