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mercoledì 20 nov
  • Self service

    Ebbene sì…siamo arrivati anche a questo. Non c’entra niente, ma mi ricorda un qualche romanzo di Orwell pensare che anche a Palermo abbiamo l’Auchan con le casse self service, come nelle migliori città d’Europa. Tu arrivi all’iper, ti prendi il tuo bel cestello, scegli le tue buste preconfezionate, i tuoi ultimi ritrovati della tecnologia in blister, i tuoi detersivi e ti dirigi alle casse. Pensi «facciamoci sta fila» invece, prodigio della tecnica, sei tra i primi a provare la velocità e la praticità della cassa self service, per gli amici “cassa amica”. Meraviglia delle meraviglie, controllato dall’occhio vigile di una addetta a tre o quattro casse, passi i tuoi acquisti sul lettore, ti passi la carta fedeltà e poi ti paghi la spesa con il bancomat…da solo. Non che abbia qualcosa in contrario, vivo di informatica e questo mi può pure piacere. Nell’automazione lo scopo principale è quello di distogliere le persone dai lavori ripetitivi, farli fare alla macchina e impiegare il personale per attività più, diciamo così, “umane”, tipo l’assistenza ai clienti, anzi customer satisfaction. Tutto ciò mi mette però un po’ di tristezza, mi chiedo quale sia il prossimo passo, forse lo sconto se ti tagli le fette di carne e te le impacchetti da solo, oppure un call center in Romania per ordinare la spesa, pagare con Master Card e ricevere via Air-mail?
    Attenzione, niente di male nel cercare di migliorare e velocizzare un servizio, anch’io apprezzo potermi sbrigare prima, e infatti penso che, se dovessi andare, sfrutterei certamente questo servizio.

    Ma la verità è un’altra, questo mi fa tornare alla mente i vecchi mercati di Palermo. Mi mancano le voci, gli odori, i colori e i sapori che ho potuto apprezzare da bambino, la bellezza di trent’anni fa.
    Abitavo in corso Olivuzza, quando ancora resisteva al toponimo di corso Camillo Finocchiaro Aprile, nome troppo lungo per gli abitanti della zona, affezionati inconsapevolmente al ricordo di una certa Oliva che lì aveva bottega. Un mio caro zio era un cultore della spesa come Dio comanda ed ogni tanto avevo la fortuna di accompagnarlo nel suo peregrinare tra le varie botteghe e bancarelle, specialmente per la spesa in vista della domenica, giorno dedicato al convivio familiare. Nei nostri convivi generalmente non eravamo meno di quattordici tra adulti, picciriddi e parentame vario. Si iniziava allora dal Capo, assolutamente “con la mattinata”, lui aveva turni di lavoro che glielo permettevano. Mai il pomeriggio o dopo le 10:00 sarebbe andato a fare la spesa, sicuramente “curiusieddu” come tipo, un personaggio.
    Si cominciava con l’osservazione della stupenda varietà di merci, da Porta Carini fin quasi a via Sant’Agostino. Nel frattempo aveva valutato, tastato, ciarato, adocchiato tutto quello che aveva intenzione di acquistare. Si risaliva allora nuovamente per il Capo e si prendevano le pesche montagnole dal “putiaro” Caio, l’uva da Tizio, il pesce dove diceva lui e quello che diceva lui e così via. E se niente lo soddisfaceva si passava ai mercati più lontani, Baddarò, Vucciria, Buiggu Viecchiu, Kalsa, per chiudere generalmente dal chianchiere in corso Olivuzza. Tutti lo conoscevano, tutti scambiavano quattro parole, anche se quel giorno non gli comprava niente. Lo avvertivano addirittura: «Virissi ca rumani matina m’arriva ‘a tunnina nustrali ‘i Favignana ch’è mondiale, bella vieru». Mi manca anche questo, il pescivendolo che ti dice da dove viene il pesce, non il cartellino “Zona Fao 27”, il fruttivendolo che quasi ti può dire vita morte e miracoli della frutta che ti sta vendendo, i coppi di carta pesante, la carta oleata appesa ad un chiodo al muro. Mio zio adesso non va più, perché quella Palermo ha mollato, ha ceduto al progresso,quella che sopravvive oggi è niente al suo confronto.
    I colori, le voci e le stadere di quei suq non le scorderò mai, non scorderò mai l’acqua che bagnava le balate, quei profumi caldi e persistenti, il fruttivendolo rinomato per il giochetto sul peso. I vicoletti e i misteriosi antri dove trovavi quello con le olive acciurate, lo zafferano, le sarde salate. Ricordo i banconi con la frutta secca, i sacconi della calia e della simenza, il profumo delle carrube, i coppi di luppini in salamoia. Il salumiere con i caciocavalli accatastati sulla vetrina di quel pertugio che chiamava salumeria, con le mura trasudanti profumi a dir poco inebrianti. La bancarella della cucuzza ghiacciata.
    Ho rivissuto le stesse atmosfere, successivamente, al Cairo, al mercato Khan El Khalili, immutato dal XIV secolo, mi sono quasi commosso.

    Adesso manca il rapporto con la gente, ma siamo troppo indaffarati, troppo di fretta, il mercato è elogio alla lentezza, al mercanteggiare, è quasi un coccolarsi, non ne abbiamo più il tempo, ed è per questo che è morto. Del resto, anche i commessi dei mega-iper-mercati, nella maggior parte dei casi, non hanno il tempo per coccolare i clienti, sono troppo indaffarati a riprezzare le offerte, controllare i taccheggiatori e sedare le risse per i telefonini in offerta, questo vogliono i direttori forse. Uno scaffale vuoto ti dice che la merce che ti interessava è finita, difficilmente c’è qualcuno che può dirti «Passassi rumani ca c’a fazzu truvari» o «Signora mi finieru, pruvassi ni Ron Pippinu».
    E soprattutto…la signora sospettosa…a chi può dire adesso: «Virissi ca s’iddu ‘un su’ buoni… ci veggn’a ttiru ‘nt’a facci!!!».

    Ospiti
  • 18 commenti a “Self service”

    1. provate sabato queste casse,
      mi metto in coda edendo poche persone e la tabella con la scritta SOLO CESTELLI…
      bene davanti in coda trovo il solito con 3 cartoni del latte riempiti di spesa di qualunque tipo, cosi faccio notare all addetta alla clientela la cosa che mi dice, il limite sono i cestelli non il numero di pezzi…
      quindi se io faccio la spesa col carrello e poi la butto per terra per fare la coda alla cassa sarei in regola!
      tra le risate generale di tutti quelli in coda, aspettiamo il signore che svuota le sue scatole…
      e poi tutti a pagare e via!

      in tutto questo ho notato quest addetta (presumo ex-cassiera) che se la rideva parlando con una collega.. e non capiva che non appena tutti noi impareremo come funzionano ste casse lei verrà sostituita da una macchina e potrà restare a casa a farsi le risate…

    2. Al nord queste casse esistono da tempo. La “ex-cassiera” non è stata mandata via, una addetta al controllo, come scritto qui, è stata mantenuta perché può sempre sorgere qualche difficoltà e *come il marketing insegna* il cliente va seguito con coccole e attenzione.
      Ciao,
      Emanuele

    3. Queste casse ci sono nel resto d’italia da almeno 3 anni.
      Certo, senza un addetto che controlli cosa succede, sarebbe l’equivalente di “in questa cassa non si paga”. Già mentre ero in coda per provarla l’addetta aveva i suoi problemi a spiegare che i sacchetti si dovevano pagare e non erano messi lì a disposizione gratuita. Poi ci sono una serie di obblighi da rispettare e ai quali bisogna abituarsi, tipo quello di non poter cominciare a insacchettare prima di aver passato TUTTI gli oggetti sotto lo scanner. Certo, cozza un po’ col senso comune, ma tant’è.
      Certo, in questo modo è sparita la cassa rapida da 10 pezzi, che tanto veniva sempre e comunque ignorata (nel senso che ci si metteva in coda gente coi carrelli pieni e poi, a seguito delle rimostranze dei fessi aventi diritto, si applicava l’escamotage di “vabbè, è lo stesso. 10 li pago io, 10 mia moglie, 10 mia figlia, 10 mia sorella”.

    4. WOW…non vado al’Auchan da secoli, ma questo ritrovato della tecnologia mi sembra quasi un’utopia..scusate on volevo fare la rima. Spero solo che possa davvero funzionare e non svanire via come una bolla di sapone…proprio come succede tutte le volte in cui in città si cerca di fare qualcosa per progredire…

    5. Bella trovata Auchan. Palermo sempre più città europea, ma i palermitani…

    6. 3 casse, un cassiere…e vai col licenziamento!

    7. Aspettate di vedere le casse automatiche dell’Ipercoop (Forum Palermo). Li si prende una “pistola” per i codici a barre wireless e la si porta in giro durante la spesa. Alle casse automatiche è già tutto registrato e lo scontrino è bello e pronto.

    8. Le casse automatiche ci sono in tutta Italia da un bel po’. Continuano ad esistere anche nelle città del sud come Catania, Bari o Napoli. E se continuano ad esistere a Napoli volete che non durino anche a Palermo?

    9. Salve,
      ad essere sincero, avrei gradito il vostro punto di vista sull’abbandono dei mercati storici, più che sulla cassa amica. Sul fatto che vi dispiaccia o meno la sensazione di impersonalità che si prova nella maggior parte degli ODG, come vengono chiamati in un altro post. Sarà un sentimentale, ma a me manca questo aspetto, soprattutto. Voi che ne pensate?

    10. GDO.. scusate, non ODG. Grande Distribuzione Spersonalizzata, utile certamente ma…

    11. i mercati storici hanno la loro tipologia di clientela,ma hanno un problema serio che e’ l’assenza di parcheggio.
      Comunque non credo che cesseranno mai di esistere.
      Sono anche una meta turistica.

    12. La “pistola portatile” da portare con sé durante la spesa esisteva già nella coop che avevo sotto casa a Bologna quasi quattro anni fa, e vi posso assicurare che era proprio un piccolo supermercato

    13. Grazie Giorgio,
      è un piacere per gli occhi.

      🙂

    14. prego,pero’ io sono giorgio,e non Giorgio.
      E’ importante.
      Spero di aggiungere altre belle foto nei prossimi giorni
      sugli altri mercati palermitani,sempre piu visitati dai
      turisti di tutto il mondo.
      La magia di questi posti e’ che sono ubicati tutti e quattro in zone di grande pregio architettonico e storico,in mezzo a Monumenti importanti su cui,pero’, c’e’ ancora tanto da lavorare per iniziarne o completarne il recupero.

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