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giovedì 19 dic
  • ‘A carta ra muorti

    Compravamo la frutta e la verdura da Michele. Lo sapevamo che ha prezzi da gioielliere, carissimo…però ha merce di prima scelta. La putia lascia molto a desiderare, il servizio è lento però io e mio marito ci fermavamo sempre lì, uno perché era vicino casa nostra e due perché il filosofeggiare di Michele ci divertiva e il prezzo esagerato lo mettevamo nel conto “svago e divertimento”. Ne aveva per tutti, politica, economia, morale…con azzardate ipotesi e teorie complesse che alla fine ti rintronava e quasi gli credevi. Non erano cose di tutti i giorni attipo “che caldo…tempo di terremoto!” no, lui ha argomentazioni molto più originali secondo le quali, ad esempio, il caldo era frutto della agitazione delle persone che andavano troppo di corsa e che le donne non cucinano più e per questo lui vende le fave sbucciate e le verdure pulite, eve’? E che fai? Non gli dici avaraggiuni?
    Un giorno però Michele, ce ne siamo accorti subito, aveva un aspetto triste, sbattuto, opaco…e cosa assurda: non parlava! Alle nostre domande rispondeva con monosillabi deboli, sconfortati…ma si capiva che voleva sfogare. Infatti cominciò a raccontare di come la sua vita fosse alla fine, di come stu focu granni lo aveva colpito, così all’improvviso e a tradimento. La barba lunga, l’occhio rosso, l’aspetto ancora più strapazzato del solito mentre ci diceva della sciagura che lo aveva colpito: era andato in ospedale per fare una gnizione n’e spaddi perché il dottore ci domandò questo esame del spinale e lì era maturata la tragedia perché una ‘nfirmera gli aveva fatto firmare “‘a carta ra muorti” dove qualmenti si diceva che lui doveva morire dopo o durante questo esame spinale. Durante non era morto…e quindi ormai che aveva firmato questione di giorni ed era fatta.
    Non c’era da ridere, Michele era in uno stato pietoso, stava veramente male e la disperazione gli si leggeva in faccia. Mio marito interrompendo il racconto gli disse: e perché vossia non ci manda una carta dove chiede di annullare la firma? E Michele lo guardò con interesse estremo dicendo: picchì si può fari? Si annulla? Vieru sta diciennu? Mio marito gli porto all’indomani una bella carta tutta piena di bolli e francobolli e Michele ci misi na bella firma…e mio marito si occupò di spedirla. Fu così che Michele si arripigghiò e ritornò quello di sempre: un fruttivendolo sicuramente milardario perché vive di niente con una sorella avarissima e se vuoi un broccolo, bello però, ci devi posare almeno 5 €. Noi abbiamo cambiato casa e adesso lo vediamo raramente.

    Ospiti
  • 9 commenti a “‘A carta ra muorti”

    1. Ah,ah,ah, troppo forte, veramente!
      Tuo marito, poi, è un genio… 😉

    2. Come dire circonvenzione d’incapace a fin di bene.

    3. come si dice… una bugia a fin di bene 🙂

    4. siceramente bella

    5. Entusiasmante all’inizio ben scritto…opposto la conclusione…un po’..deludente e forse affrettata.Ottima la brace…ma l’arrosto dov’è??

    6. Storia veramente carina.. inoltre concordo sulla genialità di tuo marito, non tutti avrebbero pensato a levar d’impiccio quel disgraziato attanagliato dall’angoscia in modo così brillante!! 😀

    7. Forte tuo marito! Però…un broccolo 5 EURI!!!

    8. Miiiiiiiii, vruocculu a 5 euri……
      Però, molto brillante la carta di annullamento

    9. molto bella, ho notato solo oggi cercando altro. Quando la prossima?

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