Sono stato testimone, nei vent’anni in cui ho lavorato nel mondo delle banche e dei servizi finanziari e – ancor prima – come figlio di dirigente bancario, di una significativa rivoluzione culturale. Ricordo, da ragazzino, che una sera mio padre si scandalizzò di una pubblicità a Carosello della Banca di Roma: era la prima volta che un’istituzione seriosa come la banca anni ’60 scendeva allo stesso livello di comunicazione dei produttori/venditori dei più banali generi di consumo. Chi lavorava in quel mondo aveva una consapevolezza del ruolo istituzionale della banca e della sua essenziale funzione economica e sociale. D’altra parte, i testi di economia insegnavano che il reddito delle famiglie si divideva in consumi, investimenti e risparmi, ma, evidentemente, non potendo pensare di spingere molto oltre i consumi di una società neoconsumista, ma risparmiatrice per tradizione, si è trasformato lo stesso risparmio in un prodotto di largo…consumo, pubblicizzato alla stregua dei pannolini e dei detersivi.
Il marketing era entrato nell’attività bancaria.
Qualcosa di simile, a mio avviso, è avvenuto anche nel mondo della politica: a quella politica grave e seriosa delle “tribune politiche” condotte in TV da Jader Jacobelli, è subentrata, negli anni ’80, la politica dall’immagine accattivante, personalizzata dal politico-prodotto e promossa, da Bettino Craxi e ancor più poi da Silvio Berlusconi, con efficace tecnica comunicativa.
Il marketing era entrato nella politica. Continua »
Ultimi commenti (172.538)