La prima volta a Londra è stata un trauma.
Guardavo dal Bus uomini e donne come formiche. Correvano, non camminavano.
Mi pareva impossibile reggere un ritmo tale.
Pensavo e sorridevo, forse anche un po’ amaramente, dei ritmi lenti, lentissimi della mia Sicilia.
Pansavo a quando si chiede un caffè al bar, e se ti finisce bene aspetti, aspetti che si concluda la cronaca post partita, o una delle tante conversazioni sui nullafacenti politici.
Poi sono ritornata in patria, a Palermo. Mi sono resa conto che Londra anche noi ce l’abbiamo nella testa.
Corriamo, corriamo sempre, anche quando non è necessario.
Ci spazientiamo per una pizza che arriva 10 minuti più tardi, per un semaforo rosso che dura un secondo in più rispetto alla nostra tolleranza. Perdiamo la pazienza perfino dinanzi all’acqua che non bolle.
Abbiamo perso il piacere di stare fermi, di pensare, di assaporare le cose.
Di muoverci lentamente e sorridere se l’anziana che attraversa le strisce, non corre, ma passeggia.
È vero, talvolta è necessario correre. Ma sappiamo benissimo che buona parte delle volte non è così. Ci piace trafelarci, ci piace sentirci impegnati. Continua »
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