Ho lasciato Carlo, mio amico dall’infanzia, su un cartone di frigorifero combinato bello lungo dove passava le notti d’estate. Era la sua casa. Mi hanno detto che ora ha un tetto in un centro sociale ma le sue insofferenze ad orari, norme e la sua sregolatezza lo spingono a rifugiarsi di tanto in tanto al suo paesello di origine, vicino Palermo.
Come faccio ad augurargli buon Natale? Dove glieli mando i miei pensieri, le mie speranze di vederlo sereno, in salute ed in pace con il mondo? Ci separano centinaia di miglia marine, la vita ci ha separato impietosamente. Lo vedo assieme a me fare colletta al Giardino Inglese per comprarci i gettoni dell’autoscontro, poi prendere il 28 ed andare a farci il bagno a Sferracavallo e il panino con le panelle, i cortei contro il carobus, l’occupazione al Liceo. Lo abbiamo trascinato appena dopo la Maturità in quel viaggio in…, dividendo le spese per dodici anziché tredici, pur di non privarci della sua allegria, senza farglielo pesare, lo imboscavamo nei campeggi, sugli autobus, perfino nel traghetto… Mi chiedo se di quei dodici compagni di liceo qualcuno gli stia vicino, ma mi viene difficile pensare che l’avvocato, il medico,il giudice, il funzionario, il capoaerea, che oggi sono quegli studenti, abbiano il tempo per farlo…
So che la famiglia lo ha abbandonato, nonostante lui, cuore immenso di padre, dia i quattro euro che gli passano i servizi sociali alla figlia per finire gli studi universitari.
Dove sei, Carlo? Continua »
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